979 resultados para Felino - Metabolismo


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Le conoscenze relative al controllo ormonale del metabolismo epatico dei pesci sono ancora piuttosto limitate e per molti anni sono state controverse. Per lungo tempo si è ritenuto che le catecolamine, adrenalina e noradrenalina, agissero nel fegato dei pesci soltanto attraverso i recettori adrenergici di tipo β. Quindi l’assetto recettoriale dei mammiferi, che comprende recettori α e β, era considerato frutto di un processo evolutivo che non aveva ancora avuto luogo nei pesci. Successivamente, nel fegato di vari teleostei è stata dimostrata la presenza di recettori sia α che β. Tuttavia il ruolo fisiologico dei due tipi di recettori non è ancora chiaro. Per esempio, in acciughe e sgombri non è stato fatto alcuno studio sulla risposta alle catecolamine ottenuta attraverso i recettori α e β, nel fegato di trota i recettori α non sono accoppiati alla cascata fisiologica che porta al rilascio di glucosio, e in anguilla e pesce gatto l’azione delle catecolamine attraverso recettori β è predominante rispetto a quella attraverso recettori α. L’utilizzo di ligandi farmacologici non ha portato a chiarimenti significativi, perché la loro specificità per i recettori di mammifero non trova sempre riscontro nei pesci. In questo studio, quindi, abbiamo studiato l’espressione dei geni codificanti per i recettori α e β adrenergici attraverso la tecnica della PCR real time, ottenendo i primi dati in letteratura per quanto riguarda la loro quantificazione assoluta. L’organismo modello utilizzato è stata l’anguilla, teleosteo caratterizzato da un ciclo biologico molto particolare in cui si distinguono nettamente una fase gialla ed una argentina. Le anguille argentine non sono mai state studiate a tale proposito, e date le estreme differenze nella disponibilità e nell’uso delle risorse energetiche in questi due stadi di crescita, il presente studio ha mirato a valutare la differente sensibilità alle catecolamine da parte degli epatociti isolati da anguille gialle ed argentine. I nostri dati hanno confermato quanto solo ipotizzato nei vari studi pubblicati negli ultimi due decenni, ma mai avvalorato da risultati sperimentali, cioè che i recettori α e β sono contemporaneamente espressi negli epatociti dell’anguilla, sia gialla che argentina, e la proporzione tra loro giustifica il ruolo significativamente maggiore giocato dai recettori β. Nelle anguille argentine infatti, come nelle gialle, l’effetto dell’adrenalina sul rilascio di glucosio ottenuto attraverso recettori β è chiaramente predominante. Inoltre, i nostri dati indicano che in due diverse fasi del ciclo vitale dell’anguilla, così come si osserva nell’ontogenesi dei mammiferi, i recettori adrenergici sono espressi in quantità differente.

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In questo lavoro, sono stati analizzati come caso di studio due tipi di salami fermentati italiani (tipo Felino e tipo Milano). Lo scopo è stato quello di valutare l’effetto di diverse condizioni ambientali nelle celle d’asciugamento e l’effetto di diverse colture starter sulle caratteristiche dei salami di produzione industriale. Alla fine della maturazione, i salami ottenuti sono stati analizzati per determinare i conteggi microbici, l’accumulo di ammine biogene (AB) e il profilo aromatico volatile, mediante l’utilizzo delle analisi SPME-GC. Questi profili sono stati confrontati con i risultati di un gruppo panel esperto. I salami tipo Felino, inoculati solo con Stafilococchi, sono stati caratterizzati da un lento abbassamento del pH e dalla presenza di alti contenuti di AB. Inoltre, sono state osservate le attività enzimatiche specifiche degli Stafilococchi, come il metabolismo della fenilalanina, che hanno modificato radicalmente i profili volatili del prodotto. Anche le diverse condizioni d’asciugamento applicate sono state in grado d’influenzare alcune caratteristiche sensoriali dei prodotti finali come la durezza e la masticabilità che mostrano diverse cinetiche di perdita d’acqua.

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Introduction:Persistent Hyperparathyroidism after transplantation (HPT),bone disease and vertebral fractures are an important clinical problem in renal transplant patients. Several factors such as renal osteodystrophy, immunosuppressive therapy, deficit/insufficiency Vitamin D may contribute to that.In literature are described different percentages of HPT, vertebral fractures and Osteoporosis/Osteopenia that may be due to the different therapy and to the different employ of steroid. We analyzed 90 patients who received a renal graft between 2005 e 2010. Patients and Methods: 44 male and 46 female. Average age 52,2± 10,1 years, follow-up 31,3±16,6 months, time on dialysis 37±29,6 months. Patients who had creatinine level greater than 2,5 mg/dl were excluded. Immunosuppressive therapy was based on basiliximab, steroids (1.6 to 2 mg/kg/day progressively reduced to 5 mg/day after 45 days from the transplantation) in all patients + calcineurin inhibitor+ mycophenolate mophetil/mycophenolic acid in 88,8% of patients or Everolimus± calcineurin inhibitor in the others. Patients were studied with X-ray of the spine, dual-energy-X-ray, PTH, 25(OH)VitD. Results: 41,1% had HPT; 41,1% had osteopenia at femoral neck and 36,7% at vertebral column; 16,7% had osteoporosis at femoral neck and 15,6% at vertebral column. 10 patients (11%) had vertebral fractures. Patients with normal bone mineral density, compared to those with osteoporosis/osteopenia, are more younger (average age 46,4±11,7 years vs 54.3±8,6); they have spent less time on dialysis (26,5±14,8 months vs 40,7±32,6) and they have values of 25(OH)VitD higher (22,1±7,6 ng/ml vs 17,8±8,5). Patients with vertebral fractures have values of 25(OH)VitD lowest (14,1±6,4 ng/ml vs 19,7±8,5) and they had transplant since more time (29,1±16,2 vs 48,1±8,7 months). There is a significant correlation between HPT and PTH pre transplantation; HPT and levels of VitD (p<0,05) Conclusion: Prevention of Bone disease and vertebral fractures after renal transplant includes: a)treatment before transplantation b)supplementation of vitamin D with cholecalciferol or calcidiol c)shorten the dialysis time.

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Las diferencias individuales ante cualquier estímulo son parte de la condición humana, y reflejan nuestra diversidad genética, así como la influencia del entorno. Conocer el papel que juegan las variaciones genéticas o polimorfismos, es vital para entender de forma integral la respuesta del organismo al ejercicio. Por tanto, el presente trabajo tiene como objetivo fundamental definir el posible rol de tres variantes genéticas en el metabolismo energético durante la realización de ejercicio físico. Más concretamente, los objetivos principales son, por un lado, observar si existen diferencias en la respuesta láctica en sangre capilar y venosa en función del polimorfismo A1470T del gen del Transportador de Monocarboxilatos 1 (MCT1) (rs1049434). Por otro lado, el segundo objetivo es estudiar si presencia del polimorfismo del gen MCT1 determina parcialmente la máxima concentración de lactato en sangre venosa alcanzada durante diferentes protocolos de circuitos de fuerza. Por último, los objetivos tercero y cuarto se centran en analizar si existen diferencias en las ratios de acilcarnitinas en sangre, que reflejan la actividad de la Carnitina Palmitoiltransferasa II (CPTII), en función de los polimorfismo Val368Ile (rs1799821) y Met647Val (rs1799822) del gen de la CPTII (CPT2) durante la realización de una sesión de Circuito Mixto de musculación-aeróbico. Para la consecución de estos objetivos se realizaron dos estudios (Piloto y General). En el primero de ellos (Estudio Piloto) 10 hombres estudiantes de la Licenciatura en Ciencias de la Actividad Física y del Deporte (CCAFD) realizaron 6 sesiones de fuerza en circuito. En días no continuados y a una intensidad diferente (30%, 40%, 50%, 60%, 70% u 80% de la 15 repetición máxima, 15RM), los sujetos ejecutaron tres vueltas a un mismo circuito de 8 ejercicios. A lo largo de la sesión se tomaron muestras de sangre capilar para el análisis de la concentración de lactato. En el Estudio General, 15 hombres y 14 mujeres estudiantes de la Licenciatura en CCAFD realizaron 3 protocolos de fuerza en circuito, al 70% de la 15 RM y al 70% de la reserva de la frecuencia cardiaca. Cada día ejecutaron un protocolo diferente: Circuito de Máquinas, Circuito de Peso Libre o Circuito Mixto de musculación- aeróbico, completando en cada uno tres vueltas. Durante cada una de las sesiones se extrajeron muestras de sangre venosa para el análisis de la concentración de lactato y del perfil de acilcarnitinas. Los resultados del presente trabajo evidencian que los sujetos portadores del polimorfismo A1470T del MCT1 (genotipos AT y TT) tienen un comportamiento de lactato diferente que los sujetos no portadores (genotipo AA) cuando se someten a diferentes circuitos de fuerza. En el Estudio Piloto los portadores tuvieron mayor pendiente de acumulación de lactato capilar a la intensidad del 80% de la 15RM, mientras que en el Estudio General los sujetos homocigotos para la variante genética (TT) registraron menores concentraciones de lactato venoso que los homocigotos normales (AA) durante el Circuito de Máquinas. No podemos concluir si esta diferencia de resultados se deriva del tipo de sangre analizada (capilar VS. venosa), de la existencia de un efecto umbral para el transportador o de una bidireccionalidad del MCT1, aunque la hipótesis de bidireccionalidad parece la más integradora. En el grupo de mujeres, no se observó un patrón claro de diferencias entre grupos genéticos por lo que no podemos concluir si el polimorfismo tiene efecto o no en este sexo. En el estudio 2 del Estudio General, la inclusión la variante del MCT1 como variable predictora cuando las variables dependientes fueron la máxima concentración de lactato venosa en los tres protocolos en conjunto, o la máxima concentración venosa durante el Circuito de Máquinas, confirma su influencia en los entrenamientos con elevada producción de lactato. No obstante, en los entrenamientos con concentraciones de lactato más bajas, parece que existen factores más determinantes para la máxima concentración que el polimorfismo del MCT1. Por último, los resultados del tercer estudio del Estudio General, aunque preliminares, sugieren que la presencia de las variantes polimórficas del CPT2 podría influir sobre el transporte de los ácidos grasos durante la realización de actividad física, particularmente en hombres. Aún así, son necesarios más estudios para confirmar, especialmente en mujeres, la influencia de ambos polimorfismos en la actividad de la CPTII.

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El aceite de pescado ha sido la principal fuente de grasa incluida en la dieta de salmón Atlántico ya que su uso optimiza el crecimiento y aporta grandes cantidades de ácidos grasos poliinsaturados (PUFA) omega 3, principalmente los ácidos eicosapentaenoico (EPA) y docosahexaenoico (DHA). En los años 90 se utilizaba un 24% de aceite de pescado en los piensos para salmón, sin embargo la escasez del recurso y la presión comercial sobre su demanda por parte de distintos sectores ha dado lugar a una progresiva reducción de su inclusión teniendo la industria como objetivo llegar a utilizar en 2020 tan sólo un 8%. Al reducir los niveles de aceite de pescado disminuye el contenido de EPA y DHA aportado, por lo que se hace necesario diseñar estrategias que permitan maximizar la retención de EPA y DHA en los tejidos del animal. De esta forma, la optimización del uso de antioxidantes para prevenir la peroxidación lipídica de los ácidos grasos poliinsaturados de cadena larga (LC-PUFA), puede ser una estrategia a seguir. Entre los antioxidantes empleados en acuicultura destaca la vitamina E. Aunque el α-tocoferol es el isómero principal de la vitamina E, estudios recientes sugieren que el γ-tocoferol presenta igualmente una potente actividad antioxidante. Sin embargo, hasta la fecha no hay muchos estudios con salmón Atlántico empleando γ-tocoferol como principal isómero añadido en la dieta. Además de su función como antioxidante, en investigaciones recientes la vitamina E ha mostrado capacidad para inducir de manera directa o indirecta la expresión de genes que codifican enzimas implicadas en el metabolismo de los ácidos grasos. Con esta perspectiva el presente trabajo tiene como principal objetivo determinar si la incorporación de 300 ppm de γ-tocoferol a la dieta del salmón da lugar a una mayor capacidad antioxidante en los tejidos del animal, disminuyendo la oxidación lipídica in vivo y afectando tanto a la composición como al metabolismo lipídico. Un total de 180 esguines de salmón Atlántico (Salmo Salar) con un peso inicial de 137,4 ± 1g fueron distribuidos al azar y uniformemente en 6 tanques y fueron alimentados con una de las tres dietas experimentales. Se aportó agua salada a los tanques y la temperatura se mantuvo a 12°C. Las dietas experimentales se formularon para tener: bajo contenido en EPA y DHA (CB); alto en EPA y DHA (CA); y con bajos niveles de EPA y DHA pero con un suplemento de 300 ppm de γ-tocoferol como antioxidante (CB+γtoc). Las dietas fueron suministradas en tanques duplicados durante 14 semanas. Al final del experimento, se sacrificaron 4 peces de cada tanque y se tomaron muestras de hígado y filete izquierdo para realizar el análisis de ácidos grasos y de expresión génica. A pesar de que los peces alimentados con la dieta CB+γtoc presentaron 3 veces más concentración de γ-tocoferol en los tejidos, la administración de esta dieta no tuvo un efecto significativo (P>0.05) sobre la composición de EPA, DHA y ácido araquidónico (ARA) en los tejidos del salmón. Los resultados del análisis de expresión de genes mostraron que la incorporación de 300 ppm de γ-tocoferol dio lugar a una cierta inhibición del metabolismo lipídico tanto de genes relacionados con la β-oxidación como de aquellos relacionados con la síntesis de LC-PUFA. En cuanto al sistema de defensa antioxidante GPx4, los resultados indicaron que no hubo efecto estimulatorio del γ-tocoferol sobre el mismo. Sin embargo, se observó un aumento de omega 3 totales (P<0.05) en el músculo del animal. La incorporación de 300 ppm de γ-tocoferol tuvo un efecto limitado sobre la composición lipídica y un efecto inhibitorio del metabolismo lipídico a nivel de expresión.

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Lagartos teiú eclodem no verão e enfrentam o desafio de crescer e armazenar substratos em um curto período de tempo, antes do início do período de jejum e depressão metabólica (≈80%) a temperaturas amenas durante o inverno (≈17 °C). No despertar, o aumento do metabolismo e a reperfusão de órgãos favoreceriam a ocorrência de estresse oxidativo. Na primeira parte do presente estudo investigou−se os ajustes que compatibilizam as demandas em teiús neonatos, especialmente na pré-hibernação, por meio da gravação do comportamento em vídeo e da análise da massa dos corpos gordurosos abdominais e do nível plasmático de corticosterona (CORT) durante o primeiro ciclo anual. No início do outono a massa corpórea dos teiús foi 27 g e o comprimento rostro−cloacal 9,3 cm e aumentaram 40% e 20%, respectivamente, ao longo do outono, enquanto que as taxas diminuíram progressivamente até atingirem o valor zero no início do inverno. Na primavera, a massa corpórea dos teiús aumentou 80% em relação ao despertar e dobrou em relação ao final do verão; o comprimento acumulou um aumento de 27% em relação ao final do verão. A massa relativa dos corpos gordurosos foi 3,7% no início do outono e diminuiu nos meses subsequentes; no despertar, este estoque acumulou uma perda de 63% da sua massa. No início do outono 74% dos teiús estavam ativos por 4,7 h e permaneceram 2 h assoalhando diariamente; ao longo do outono o número de animais ativos e o tempo em atividade diminuíram até que todos se tornaram inativos. Na primavera 83% dos teiús estavam ativos por 7 h e permaneceram 4 h assoalhando. Um padrão sazonal similar foi observado na atividade locomotora e na alimentação. No outono, a alimentação cessou antes da atividade diária e os teiús tornaram−se afágicos algumas semanas antes da entrada em hibernação. Os maiores níveis de CORT foram observados no início do outono, reduzindo progressivamente até valores 75 e 86% menores na dormência e despertar, respectivamente; na primavera os níveis de CORT foram 32% menores em comparação com o início do outono. Este padrão sugere um papel da CORT nos ajustes que promovem a ingestão de alimento e a deposição de substratos energéticos no outono. A redução da atividade geral no final do outono contribuiria para a economia energética e manutenção da massa corpórea, apesar da redução da ingestão de alimento. O curso temporal das alterações fisiológicas e comportamentais em neonatos reforça a ideia de que a dormência sazonal nos teiús é o resultado da expressão de um ritmo endógeno. Na segunda parte do estudo foi investigada a hipótese de que ocorreriam ajustes das defesas antioxidantes durante a hibernação, em antecipação ao despertar. Foram analisados marcadores de estresse oxidativo e antioxidantes em vários órgãos de teiús em diferentes fases do primeiro ciclo anual. A CS, um indicador do potencial oxidante, não variou no fígado e foi menor no rim e no pulmão na hibernação. As enzimas antioxidantes revelaram (1) um efeito abrangente de redução das taxas na hibernação e despertar; por exemplo, GR e CAT foram menores em todos órgãos analisados e a GST tendeu a diminuir no fígado e no rim, embora constante no coração e no pulmão. A G6PDH no fígado e no rim não variou. (2) No fígado, a GST, a Se−GPX e o teor de TBARS foram maiores na atividade de outono em relação à primavera e a Se−GPX permaneceu elevada na hibernação. (3) No fígado, a SOD foi maior na hibernação e despertar em relação ao outono e a Mn−SOD seguiu este padrão. Em contraste, no rim, coração e pulmão a SOD foi menor na hibernação e as taxas se recuperaram no coração e pulmão no despertar. A Mn−SOD seguiu este padrão no pulmão. A concentração e o estado redox da glutationa não variaram no fígado, rim e coração; no pulmão o teor de Eq−GSH e GSH foi menor na hibernação, com tendência à recuperação no despertar. O teor de PC no rim foi maior na hibernação e diminuiu no despertar. No fígado, as alterações no jejum se assemelham às sazonais, como sugerem a inibição da CAT e GR e aumento da Se−GPX. Os efeitos do jejum na primavera no rim diferem dos efeitos sazonais, como sugerem a redução do teor de Eq−GSH e GSH e o aumento da razão GSSG:GSH, a redução da G6PDH e o aumento de PC. No conjunto, houve um efeito predominante de redução das taxas enzimáticas na hibernação e no despertar, exceto pelas taxas aumentadas da SOD e Se−GPX no fígado e pela recuperação da SOD no coração e da GR, SOD e Mn−SOD no pulmão no despertar. As elevadas taxas das enzimas antioxidantes no teiú em comparação a outros ectotermos e a ausência de evidências de estresse oxidativo no despertar sugerem que a atividade enzimática remanescente é suficiente para prevenir danos aos tecidos face às flutuações do metabolismo

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Introdução: A polpa farinácea do jatobá-do-cerrado (Hymenaea stigonocarpa Mart.) apresenta alto teor de fibra alimentar, em média 60 g/100 g, que são importantes para a redução do risco e controle de doenças crônicas não transmissíveis (DCNT). A extrusão termoplástica neutraliza aromas intensos, proporciona a formação de amido resistente, aumenta a fibra alimentar solúvel e melhora a textura do produto final. Objetivo: Estudar o efeito das farinhas de jatobá-do-cerrado in natura (FIN) e extrusada (FE) no metabolismo lipídico e parâmetros fermentativos em hamsters, bem como verificar a resposta glicêmica em humanos após a extrusão. Métodos: Processo de extrusão: velocidade de 200 rpm; matriz com 4 mm de diâmetro; taxa de compressão 3:1; alimentação constante de 70 gramas/minuto; temperatura de 150 °C; proporção farinha de jatobá-do-cerrado e amido de milho: 70:30 por cento e umidade a 25 por cento . Foi realizado um experimento animal com hamsters durante 21 dias, em que se analisou alguns parâmetros do metabolismo lipídico e colônico (fermentativos) dos animais, divididos em quatro grupos experimentais, se diferenciando pela dieta. As dietas controle (GC), in natura (GFI) e extrusada (GFE) eram hipercolesterolemizantes (13,5 por cento de gordura de coco e 0,1 por cento de colesterol) e a dieta referência (GR) com óleo de soja como fonte lipídica, não. Todas as dietas apresentavam 15 por cento de fibra alimentar, sendo que as dietas GR e GC tinham como fonte de fibra a celulose, e as dietas GFI e GFE tiveram as próprias fibras como fonte. A resposta glicêmica em humanos foi verificada por meio do ensaio do índice glicêmico e carga glicêmica da FE, com dez voluntários saudáveis que consumiram 25 gramas de carboidratos disponíveis do alimento teste (farinha extrusada) ou do pão branco como alimento controle. Resultados: Não foi observada diferença significativa entre o peso final, ingestão diária média e total, ganho de peso e CEA entre os animais dos quatro grupos. A concentração de triglicerídeos foi menor em 41 por cento e 38 por cento nos animais que receberam as dietas GFI e GFE, em relação aqueles que receberam a dieta GC, assim como também para o colesterol total (55 por cento e 47 por cento ), LDL-c (70 por cento e 53 por cento ) e não-HDL-c (63 por cento e 49 por cento ) séricos, lipídeos totais hepáticos (39 por cento e 45 por cento ) e o peso dos fígados dos animais também foi menor (21 por cento em ambos os grupos). Não houve diferença no colesterol hepático e excretado nas fezes dos animais dos quatro grupos. Os animais do GFE excretaram 57 por cento mais ácidos biliares nas fezes que os animais do GC. Com relação aos parâmetros fermentativos, observou-se maior excreção de fibras (1,24 ± 0,08 e 1,52 ± 0,09 gramas) nos animais dos grupos GR e GC respectivamente, em relação aos do GFI e GFE (0,50 e 0,48 gramas), porém o escore fecal (3,50 ± 0,19 e 3,38 ± 0,18) e o grau de fermentação (54 e 52 por cento ) foi maior nos animais dos grupos GFI e GFE. Houve uma maior produção de AGCC no ceco dos animais dos grupos GFI e GFE (80 e 57,5 µmol/g de ceco respectivamente) e maior diminuição do pH no conteúdo cecal nos animais do grupo GFI (7,49 ± 0,10), em relação ao GC (8,06 ± 0,13). Os ácidos acético e propiônico, estiveram presentes em maior quantidade no ceco dos animais dos grupos GFI (58,5 e 6,1 µmol/g de ceco) e GFE (42,5 e 6,6 µmol/g de ceco) e os animais do GFI produziram mais ácido butírico (15 µmol/g de ceco), em relação aos demais grupos. Quanto à resposta glicêmica da farinha pós extrusão, não houve diferença entre a área de resposta glicêmica da farinha extrusada e do pão branco, o índice glicêmico da farinha extrusada (glicose como controle) foi classificado como moderado, e a carga glicêmica (na porção de 30 gramas), baixa. Conclusão: As FIN e FE favoreceram a redução do colesterol total, LDL-c, não-HDL-c e dos triglicerídeos séricos, além da diminuição do acúmulo de lipídeos hepáticos. Foi observado também aumento expressivo na formação de AGCC e no grau de fermentação. A FE proporcionou um aumento na excreção de ácidos biliares nas fezes e apresentou índice glicêmico moderado e baixa carga glicêmica.

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O estudo químico das folhas e dos frutos de P. richardiaefolium resultou no isolamento de oito lignanas, sendo duas lignanas furofurânicas (sesamina e kobusina), quatro lignanas dibenzilbutirolactônicas (hinokinina, kusunokinina, arctigenina e haplomirfolina), duas lignanas dibenzilbutirolactólicas (cubebina e 3,4- dimetoxi-3,4-desmetilenodioxicubebina), dois cinamatos de bornila (ferulato de bornila e cumarato de bornila) e na identificação de duas amidas (piplartina e diidropiplartina). Das folhas de P. richardiaefolium foi extraído e analisado o óleo volátil. As estruturas das substâncias isoladas foram identificadas através de métodos espectroscópicos (RMN de 1H e de 13C e espectrometria de massas). O estudo de análise de componentes principais (PCA) das espécies Piper (P. truncatum - k 616, P. richardiaefolium - k 290, P. richardiaefolium - k 350, P. richardiaefolium - k 593, P. truncatum - k 597, P. pseudopotifolium - k 598, P. richardiaefolium - k 854, P. richardiaefolium - k 610, P. truncatum - k 112, P. pseudopotifolium - k 211 e P. cernuum - k 137) permitiu agrupar as espécies em dois grandes grupos e quatro subgrupos em relação à similaridade entre elas. Ligninas do caule de seis espécies de Piper foram extraídas utilizando o método de degradação de Klason e método de Bjorkman, e analisadas por métodos espectroscópicos (IV, RMN de 1H e de 13C). O método de degradação por oxidação por nitrobenzeno foi o escolhido para determinar a relação entre os monolignóis siringila e guaiacila. Os principais metabólitos das espécies estudadas foram comparados com os tipos de ligninas das mesmas espécies e os resultados sugeriram uma independência entre as vias biossintéticas de ligninas e lignanas.

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A elevada concentração de cloro das bifenilas policloradas provoca alta toxicidade do composto, o qual dificulta sua biodegradação. A contaminação de PCB no Brasil foi confirmada em estudo realizado na Bahia de Santos-São Vicente (São Paulo), o qual revelou a necessidade de um plano de ação para o controle e remoção de PCB no Brasil. Pretendeu-se assim, na realização da presente pesquisa, verificar quatro hipóteses: (1) A técnica de Microextração em fase sólida é uma metodologia eficaz para avaliação de bifenilas policloradas de amostras de reatores; (2) A condição fermentativa-metanogênica abriga comunidade resistente ao PCB, e removê-lo; (3) A condição desnitrificante abriga comunidade resistente ao PCB, e removê-lo e (4) A remoção de PCB, bem como, a composição microbiana é distinta em cada condição metabólica. Para tanto, reatores em batelada foram montados separadamente com biomassa anaeróbia proveniente de reator UASB usado no tratamento de água residuária de avicultura e biomassa de sistemas de lodos ativados de tratamento de esgoto sanitário. Os reatores operados em condição mesófila foram alimentados com meio sintético, co-substratos, sendo etanol (457 mg.L-1) e formiato de sódio (680 mg.L-1) para os reatores anaeróbios, e somente etanol (598 mg.L-1) para os reatores anóxicos, além de PCB padrão Sigma (congêneres PCBs 10, 28, 52, 153, 138 e 180) em diferentes concentrações, dependendo do objetivo do ensaio. A aplicação do método de extração por SPME com análise em cromatógrafo gasoso com detector por captura de elétrons foi adequada para a determinação dos seis congêneres de PCB. Obteve-se ampla faixa de linearidade, seletividade frente aos vários interferentes, além da robustez do método, utilidade e confiabilidade na identificação e quantificação específica dos seis congêneres de PCB. A Hipótese 1 foi aceita; ou seja, por meio da aplicação da metodologia SPME foi possível quantificar os PCB nos reatores em batelada. Apesar de ter sido comprovada a inibição metanogênica na presença de PCB, com IC50 de 0,03 mg.L-1 (concentração na qual 50% da atividade metanogênica é inibida), a partir da análise dos reatores metanogênicos no Ensaio de Remoção, foi confirmada a remoção de 0,92 mg.L-1, 0,19 mg.L-1, 0,18 mg.L-1, 0,07 mg.L-1, 0,55 mg.L-1 e 0,47 mg.L-1 para os PCBs 10, 28, 52, 153, 138 e 180, respectivamente, para 1,5 mg.L-1 inicial. Thermotogaceae, Sedimentibacter, Anaerolinaceae e Pseudomonas, foram identificadas nos reatores anaeróbios por meio da plataforma Illumina. Representantes de Thermotogaceae e Sedimentibacter foram identificados em sistemas com elevada taxa de remoção de PCB, e representantes do filo Chloroflexi (grupo no qual representantes da Anaerolineae estão inseridos) foram os primeiros microrganismos desalogenadores de PCB identificados. Assim a Hipótese 2 foi aceita; ou seja, por meio de ensaios em batelada foi comprovada a toxicidade do PCB sobre a comunidade anaeróbia, a alteração da composição microbiana influenciada pela presença de PCB e a remoção nesta condição. Verificou-se ainda que na presença de PCB ocorreu a desnitrificação e comparando-se diferentes relações C/N-NO3-, foi estipulado a relação 6,95 como ideal na presença de PCB. Mesmo sendo confirmada a inibição da comunidade anóxica na presença de PCB com IC50 de 1,0 mg.L-1, verificou-se remoção de 1,02 mg.L-1, 0,85 mg.L-1, 1,31 mg.L-1, 1,02 mg.L-1, 0,03 mg.L-1, e 0,09 mg.L-1, para os PCBs 10, 28, 52, 153, 138 e 180, respectivamente, para 1,5 mg.L-1, inicial. Bactérias semelhantes a Aeromonadaceae, Lutispora, Sedimentibacter e Thermotogaceae foram identificadas nos reatores desnitrificantes. Representantes de Aeromonadaceae e Lutispora estão relacionados com o metabolismo desnitrificante e representantes de Thermotogaceae e Sedimentibacter foram identificados em sistemas com elevada taxa de remoção de PCB. A Hipótese 3 foi também aceita; ou seja, por meio de ensaios em batelada foi calculada a relação C/N-NO3- ideal na presença de PCB e foi comprovada a toxicidade do PCB sobre a comunidade anóxica, a alteração da composição microbiana influenciada pela presença de PCB e a remoção nesta condição. A maior remoção de PCB foi verificada para a condição anaeróbia (entre 45% a 100%), quando comparada com a condição anóxica (entre 10% a 95%). Bactérias semelhantes a Sedimentibacter e pertencentes a família Thermotogaceae foram identificadas nas duas condições nutricionais. Entretanto, mesmo verificando-se elevada abundancia relativa desses grupos nos reatores, evidenciou-se distinção entre as biomassas em cada condição. Assim, a Hipótese 4 foi aceita; ou seja, por meio de ensaios em batelada foi comprovada maior eficiência de remoção sob condição anaeróbia e distinta composição microbiana em cada condição.

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As principais propriedades farmacológicas da Casearia sylvestris, uma espécie de árvore cujas folhas são utilizadas na medicina popular, já foram descritas na literatura. Recentemente foi demonstrada a potente atividade citotóxica in vitro da casearina X (CAS X), o diterpeno clerodânico majoritário isolado das folhas de C. sylvestris, contra linhagens de células tumorais humanas. Apesar dos resultados promissores, sua potente atividade citotóxica in vitro não pode ser extrapolada para uma potente atividade in vivo, a menos que possua boa biodisponibilidade e duração desejável do seu efeito. Tendo em vista que o avanço nas pesquisas de produtos naturais requer a avaliação pré-clínica de propriedades farmacocinéticas, no presente trabalho foi realizada a caracterização in vitro do metabolismo e da absorção intestinal da CAS X, com o objetivo de prever sua biodisponibilidade in vivo. Para os estudos de metabolismo in vitro, foi utilizado o modelo microssomal hepático de ratos e de humanos. Foi desenvolvido um método analítico para a quantificação da CAS X em microssomas, empregando a precipitação de proteínas com acetonitrila no preparo das amostras e a cromatografia líquida de alta eficiência para as análises. O método foi validado de acordo com os guias oficiais da Agência Nacional de Vigilância Sanitária e da European Medicine Agency (EMA). A CAS X demonstrou ser substrato para as reações de hidrólise mediada pelas carboxilesterases (CES) e apresentou um perfil cinético de Michaelis-Menten. Foram estimados os parâmetros de Vmax e KM, demonstrando que o clearance intrínseco em microssomas hepático de humanos foi 1,7 vezes maior que o de ratos. O clearance hepático foi estimado por extrapolação in vitro-in vivo, resultando em mais de 90% do fluxo sanguíneo hepático em ambas as espécies. Um estudo qualitativo para a pesquisa de metabólitos foi feito utilizando espectrometria de massas, pelo qual foi possível sugerir a formação da casearina X dialdeído como produto de metabolismo. Nos estudos de absorção intestinal in vitro foi utilizado o modelo de monocamadas de células Caco-2. Um método analítico por cromatografia líquida acoplada a espectrometria de massas foi desenvolvido e validado de acordo com o EMA, para as etapas de quantificação da CAS X no sistema de células. Os parâmetros cinéticos de permeabilidade aparente absortiva e secretória da CAS X foram estimados em um sistema celular, no qual a atividade hidrolítica da CES foi inibida. Assim, a CAS X foi capaz de permear a monocamada de células Caco-2, provavelmente por transporte ativo, sem a ocorrência de efluxo, mas com significativa retenção do composto dentro das células. Em conjunto, os ensaios in vitro realizados demonstraram a susceptibilidade da CAS X ao metabolismo de primeira passagem, como substrato para as CES específicas expressas no fígado e intestino.

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Objetivou-se avaliar a suplementação dietética de ácidos graxos saturados e insaturados sobre o metabolismo, e desempenhos produtivo e reprodutivo no período de transição e início de lactação de vacas leiteiras. Foram utilizadas 36 vacas da raça holandesa distribuídas aleatoriamente para receber uma das três dietas experimentais. No período pré-parto as dietas foram: Controle (CON), sem adição de gordura e 2,8% de extrato etéreo baseado na matéria seca; Gordura Saturada (SAT), com inclusão de 2,4% de MAGNAPAC® (Tectron Ltda.) com 4,7% de EE baseado na MS; Gordura Insaturada (INS), com inclusão de 11% de grão de Soja, com 4,7% de EE baseado na MS. No período pós-parto, Controle (CON), sem adição de gordura e com 2,8% de EE baseado na MS; Gordura Saturada (SAT), com inclusão de 2,6% de MAGNAPAC® (Tectron Ltda.) com 5,0% de EE baseado na MS; Gordura Insaturada (INS), com inclusão de 13% de Grão de Soja, com 5% de EE baseado na MS. As dietas foram fornecidas 35 dias da data prevista do parto até 90 dias de lactação. No período pré-parto foi utilizada silagem de milho como volumoso, em uma relação volumoso:concentrado de 70:30, enquanto que no período pós-parto foram utilizados 5% de feno de tifton e 45% de silagem de milho como fontes de volumoso, com uma relação entre volumoso:concentrado de 50:50. A produção de leite foi mensurada diariamente durante todo o período experimental. As amostras utilizadas para análise da composição e o perfil de ácidos graxos do leite foram coletadas semanalmente, sendo provenientes das duas ordenhas diárias. As amostras de sangue para análise dos metabólitos sanguíneos foram coletadas semanalmente. Do dia 14 ao dia 90 pós-parto foi realizado avaliação da dinâmica folicular por ultrassonografia. Nos dias 30, 60 e 90 foram realizadas aspirações foliculares, com posterior fertilização in vitro dos oócitos. Todas as variáveis mensuradas foram avaliadas pelo procedimento PROC MIXED do SAS (2004) utilizando-se os seguintes contrastes ortogonais: Controle vs Fontes de Lipídeo (C1); Fonte de ácidos graxos saturados x Fonte de ácidos graxos insaturados (C2). Foi utilizado nível de 5% de significância. No período pós-parto, a suplementação de lipídeos aumentou as concentrações de AGNE quando comparada a dieta CON. O tratamento INS reduziu as concentrações de proteínas totais e de BHB quando comparado ao SAT. Houve interação entre tempo e dieta paras as variáveis colesterol total, LDL e BHB. Houve redução da produção de leite corrigida para 3,5% de gordura, na produção total de gordura e de proteína, e no teor de gordura do leite quando comparado o tratamento INS com o SAT. A suplementação de lipídeo reduziu as concentrações do somatório dos ácidos graxos saturados (Σ A.G. Saturados), dos ácidos graxos com menos de 16 carbonos (>C16), e da relação entre ácidos graxos saturados com insaturados (Σ SFA/(MUFA+PUFA)); e aumentou as concentrações de ácidos graxos acima de 16 carbonos (>C16), de ácidos graxos insaturados com 18 carbonos, da somatória dos ácidos graxos insaturados e dos ácidos graxos poli-insaturados (Σ A.G. Poli-insaturados). O tratamento INS aumentou a concentração de ácidos graxos poli-insaturados totais (Σ A.G. poli-insaturados), e reduziu o total de ácidos graxos de 16 carbonos (C16) em relação ao tratamento SAT. Houve redução no número de folículos classe 1, e folículos totais (NC1 e NTFol) com suplementação de lipídeo. O tratamento SAT aumentou o número de folículos classe 5 (NC5), em relação ao INS. Não houve alteração na qualidade oocitária e embrionária com a suplementação de lipídeo e entre as duas fontes de lipídeo. A suplementação de lipídeos insaturados através da suplementação via grão de soja cru e integral, quando comparada à suplementação de lipídeos saturados, para vacas no período de transição e início de lactação, não interferiu na dinâmica folicular e qualidade oocitária e embrionária; e reduziu o desempenho produtivo, devido às reduções na produção de gordura do leite a na produção de leite corrigida para 3,5% dos animais suplementados

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Dissertação para obtenção do grau de Mestre no Instituto Superior de Ciências da Saúde Egas Moniz

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Conselho Nacional de Desenvolvimento Científico e Tecnológico - CNPq

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Esta memoria doctoral versa sobre los estudios que se realizaron para evaluar los efectos de reestructurados cárnicos (RP) enriquecidos con glucomanano y espirulina sobre crecimiento, tamaño y estructura de órganos, glucemia, insulinemia, resistencia a la insulina, metabolismo lipoproteico y estrés oxidativo en un modelo de síndrome metabólico como es la rata Zucker fa/fa. Para ello se diseñaron diferentes dietas hipersaturadas, añadidas o no con agente hipercolesterolemiante, conteniendo 15% de RP control, 15% de RP enriquecido con glucomanano o 15% de RP con glucomanano más 3 g de espirulina/kg. Los animales, de cinco semanas de edad y aproximadamente 120 g de peso, se mantuvieron en jaulas metabólicas individuales a una temperatura de 22,3 ± 1,8 2C, en ciclos de 12 horas de luz/oscuridad. Las ratas recibieron pienso estándar de crecimiento durante un periodo de adaptación de una semana a las condiciones ambientales. Posteriormente se distribuyeron en seis grupos experimentales homogéneos y se sometieron durante 7 semanas a las dietas experimentales. Al finalizar dicho periodo se procedió a su sacrificio y extracción de sangre y órganos seleccionados para su estudio...