1000 resultados para variación estacional de la dieta
Resumo:
Programa de doctorado: Estudios interdisciplinares de lengua, literatura, cultura, traducción y tradición clásica
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La proliferazione di strutture di difesa costiere ha determinato un interesse crescente circa l’ecologia di questi ambienti artificiali. Ricerche precedenti svolte lungo le coste del Nord Adriatico avevano evidenziato che mentre i substrati naturali in questa regione sono abbondantemente colonizzati da specie algali, i substrati artificiali tendono ad essere quantitativamente poveri di specie algali e dominati da specie di invertebrati. La seguente tesi ha analizzato l’ipotesi che tali differenze nella crescita di alghe tra habitat naturali ed artificiali potessero essere legate ad una iversa pressione da parte di organismi erbivori. Il lavoro si è focalizzato sulla specie Cystoseira barbata che è naturalmente presente nella regione di studio, ma che negli ultimi 70 anni ha subito una significativa regressione. Si volevano pertanto analizzare i fattori che possono favorire o inibire la crescita di Cystoseira su strutture artificiali di difesa costiera, al fine di poter valutare la possibilità di utilizzare questi substrati artificiali come mezzo per la conservazione di questa specie. I principali obiettivi del lavoro erano: 1. individuare e caratterizzare le potenziali specie erbivore presenti nei siti di studio che potessero limitare la crescita di C. barbata 2. analizzare se ci sono differenze nell’abbondanza di erbivori tra i siti artificiali e quelli naturali. 3. testare se il diverso stadio di sviluppo dell’alga o le modalità di trapianto potessero influenzarne la suscettibilità alla predazione. Mediante esperimenti in campo ho testato gli effetti dell’esclusione di erbivori sulla sopravvivenza e la crescita di Cystoseira barbata. Ho inoltre effettuato test in laboratorio determinare per individuare il potenziale ruolo come erbivori di varie tipologie di organismi, quali anfipodi, paguri e pesci. I risultati confermano l’importanza dell’erbivoria nel determinare il successo dei trapianti e ci dicono che gli erbivori da ricercare superano 1 cm di grandezza. In più, si è osservato che modalità di trapianto che distanzino i talli dal fondo aumentano la sopravvivenza dei talli, mentre non sono state osservate differenze in funzione della taglia dell’alga. Attraverso i test di laboratorio è stato possibile escludere gli Anfipodi come potenziali erbivori mentre Pagurus bernardus ha dimostrato un’effettiva azione di consumo dell’alga. Al contrario, i tests effettuati per approfondire la dieta di alcune specie di blennidi, composta almeno in parte da alghe, non hanno fornito conferme, almeno per il momento. Mediante visual census, si è inoltre escluso il ruolo di grandi erbivori quali ricci e salpe, scarsi nei siti di studio. Il lavoro fino a qui svolto indica, tuttavia, chiaramente che gli ambienti artificiali possono essere influenzati dall’azione di organismi predatori in maniera maggiore rispetto agli ambienti rocciosi circostanti. Questa ipotesi è particolarmente interessante in quanto rappresenterebbe una differenza fondamentale nel funzionamento delle strutture artificiali rispetto agli ambienti rocciosi naturali.
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Il BPA è un composto aromatico precursore di materiali plastici e additivi chimici, ed è entrato a far parte della categoria dei contaminanti che alterano il sistema endocrino con molteplici effetti negativi sulla salute umana (azione di mimesi estrogenica, alterazioni della funzione tiroidea e dei sistemi riproduttivo, nervoso ed immunitario). Nella fase produttiva industriale si hanno emissioni accidentali di BPA durante il trattamento e la lavorazione dei monomeri plastici. Piccole frazioni di BPA possono essere ingerite dall’uomo poiché la sostanza migra nel tempo dal contenitore alimentare al contenuto (es. bevanda in lattina o contenitore per microonde) soprattutto se esposto ad alte temperature. Anche il contatto con composti acidi o basici, la presenza di elevati livelli di cloruro di sodio o di oli vegetali, è in grado di provocare un incremento del rilascio di BPA dai materiali polimerici. Il BPA viene rilasciato dai biberon in policarbonato, che in molti Paesi sono stati ritirati dal commercio nel 2011, e da bottiglie di acqua riutilizzabili. Infine, la carta termica degli scontrini e delle fotocopie rilasciano BPA. Nell’adulto la tossicità del BPA sembra modesta, tuttavia l'esposizione nel feto e nel neonato può risultare deleteria. Al di là della tossicità, l'aspetto che al momento preoccupa maggiormente è l'effetto che il BPA ha anche a basse dosi sul metabolismo: diversi studi in tutto il mondo correlano questa sostanza all'incidenza di diabete, ipertensione, obesità e problemi cardiaci. L’attenzione per il BPA è piuttosto recente a livello umano, mentre è assai ridotta per la salute dell’ecosistema. Tuttavia è noto che il BPA è presente anche come contaminante dei suoli, e pur essendo stato documentato il suo bioaccumulo negli organismi vegetali, non sono disponibili informazioni precedenti relativi agli effetti del BPA sugli organismi animali del suolo, in linea con il fatto che il suolo è stato una matrice ambientale molto trascurata. Il presente lavoro di tesi quindi si pone come uno studio pilota per valutare la possibile tossicità del BPA su organismi modello che vivono in questa matrice. In questo studio è stato scelto come bioindicatore “sentinella” il lombrico Eisenia andrei, il comune verme rosso, come suggeriscono le linee guida internazionali (OECD, OCSE). I possibili effetti biologici del Bisfenolo A nei lombrichi sono stati indagati sia attraverso endpoint del ciclo vitale (accrescimento, riproduzione e mortalità), sia attraverso una batteria di biomarker (generali e specifici). Data la mancanza di osservazioni precedenti si è scelto un approccio integrato tra i parametri del ciclo vitale, in genere meno sensibili ma ecologicamente più rilevanti, e i biomarker, risposte più sensibili che possono rappresentare segnali precoci di allarme inerenti l’esposizione a contaminanti ambientali o l’effetto di questi ultimi sugli organismi indagati, ma non necessariamente predittivi sulla salute della comunità. Al momento non esistono batterie di biomarker specifiche per questa sostanza, quindi un ulteriore scopo della ricerca è stato quello di evidenziare biomarker utili ad indagare eventuali alterazioni biochimiche e funzionali nei lombrichi in risposta all’esposizione a dosi crescenti di bisfenolo A. Le risposte biologiche indagate sono: - la diminuzione della stabilità delle membrane lisosomiali, che indica una riduzione dello stato di salute generale degli organismi; - l’alterazione dell’attività degli enzimi catalasi e glutatione-S-trasferasi, indice di stress ossidativo o induzione di meccanismi di detossificazione; - la diminuzione dell’attività dell’enzima acetilcolinesterasi, la quale indica neurotossicità; - l’accumulo di lipofuscine o lipidi neutri, che è sintomo rispettivamente di stress ossidativo o alterazioni del metabolismo; - la variazione della malondialdeide, composto intermedio della perossidazione lipidica, indica un stress ossidativo in corso. Sulla base dei dati ottenuti possiamo dire che il BPA, alle concentrazioni ambientali, non costituisce un elemento di rischio ecologico per gli organismi sentinella Eisenia andrei. Alle concentrazioni più elevate (che superano quelle ambientali di almeno 10 volte) si osservano delle alterazioni sui livelli di lipidi neutri e lipofuscine che pur non essendo preoccupanti dal punto di vista ecologico sono indice di vulnerabilità, dato che si tratta di alterazioni del metabolismo in conseguenza delle quali gli animali accumulano residui normalmente degradati a livello lisosomiale. Questo accumulo nei lisosomi delle cellule del tessuto cloragogeno dei vermi, che rivestono il tubo digerente, sembrano indicare una esposizione attraverso la dieta a seguito della ingestione del terreno. E’interessante il fatto che l’accumulo di lipidi è in linea con le caratteristiche obesogene del BPA, ben manifestate nei mammiferi, uomo compreso. Tuttavia non ci sono ancora conoscenze sufficienti per stabilire se questo accumulo nei vermi sia dovuto ad una specifica alterazione degli enzimi di sintesi dei lipidi oppure più genericamente ad un aumento dello stress ossidativo. Molti studi stanno valutando la capacità del BPA di alterare la sintesi e il rilascio di lipidi in cellule umane e di ratto, ma non ci sono ancora studi di questo tipo per gli organismi edafici. E’ auspicabile che questo aspetto venga approfondito, ed eventualmente venga identificato un nuovo biomarker specifico dell’azione del BPA sull’accumulo di lipidi. Un altro aspetto che sarà interessante approfondire è il bioaccumulo: la valutazione del rischio ecotossicologico di una sostanza si basa anche sul potenziale di BCF che può essere pericoloso per il biota (incluso l’uomo) per trasferimento nella catena trofica. Considerando che non esistono ancora studi specifici del bioaccumulo del BPA in organismi del suolo, ed avendo messo in luce che l’assunzione della sostanza è avvenuta (probabilmente per via alimentare) ci si pone l’obiettivo futuro di valutare questo parametro nei lombrichi, in modo da avere un quadro più ampio degli effetti associati a questo interferente endocrino nei suoli.
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La mandioca (Manihot esculenta Crantz) constituye la cuarta fuente mundial de calorías en la alimentación humana, es apta para la nutrición animal y para extracción de biocombustible. Este artículo tiene como objetivo evaluar el comportamiento de un modelo de tiempo térmico (TT) para caracterizar las fases fenológicas (FF) de dos cultivares de mandioca en un ciclo de crecimiento de 280 días, cultivados bajo condiciones de campo en Corrientes, Argentina. Las observaciones se realizaron durante las campañas 2007/2008 y 2008/2009. El cálculo del TT se basó en el método residual, la temperatura base fue 16°C. Entre ambos cultivares se observaron diferencias en los grados-día (GD) acumulados para cumplir las FF de expansión de la primera (00-01) y novena hoja (00-02 H9), y en la de engrosamiento de raíces (00-04 ERR), esta última relacionada con el índice de área foliar (IAF). Para completar el ciclo de crecimiento los cultivares Palomita y Amarilla requirieron entre 2027 y 2096 GD, respectivamente. El patrón de crecimiento y desarrollo fenológico de los cultivares de mandioca basado en los GD acumulados, puede utilizarse para caracterizar el progreso del cultivo en el bioambiente de Corrientes.
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Se determinó la composición de la dieta de verano de bovinos pastoreando en sistemas formados por bosques de Nothofagus pumilio (lenga) y mallines, del noroeste del Chubut. Se estimó la disponibilidad forrajera de los mallines y del sotobosque mediante cortes de biomasa aérea, y se determinó la composición dietaria mediante análisis microhistológico de heces. La dieta está integrada principalmente por especies de gramíneas y graminoides, que disminuyeron su frecuencia al final del verano, mientras que los renovales de lenga y otras especies leñosas la aumentaron. El ganado selecciona gramíneas en ambos períodos, y al final del verano también los renovales de lenga. La ganadería constituye una importante y creciente forma de subsistencia para los pobladores rurales del noroeste del Chubut. Este trabajo aporta elementos para avanzar en la búsqueda de herramientas que permitan la sustentabilidad de los bosques de lenga.
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El presente estudio tiene como finalidad determinar en qué medida influye el estilo de vida en la hipertensión arterial, en la población atendida regularmente en el centro de salud Los Campamentos. Esta comunidad es rural, se encuentra a 16 km de la ciudad de General Alvear, en la provincia de Mendoza. Para determinar dicha influencia se utiliza un diseño metodológico cuantitativo, de tipo descriptivo con un corte transversal. La muestra se extrajo de toda la población adulta que se encuentra registrada con HTA. Los datos se obtuvieron por medio de una encuesta estructurada a través de la cual se pudo obtener resultados sobre la prevalencia de la patología según sexo y edad, el nivel educativo alcanzado, la realización de actividades físicas, la dieta hipo sódica que requiere la HTA y el apoyo y contención que el paciente recibe por parte de la familia. Por último se detalla un análisis de los resultados, la interpretación de los mismos y se realizan recomendaciones.
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La expansión de la frontera agropecuaria y el impulso de la olivicultura empresarial en el Departamento Pomán (Catamarca) desarrollada a partir de la década del noventa (favorecida por la Ley Nacional de Desarrollo Económico, Ley N°22021), ha generado concentración de la demanda de fuerza de trabajo, estimulando una intensa movilidad estacional de la población migrante transitoria desde la región y el país. Estas nuevas dinámicas socio-espaciales, ponen en evidencia contradicciones, complementariedades y cooperaciones entre el sistema de objeto y el sistema de acciones, impactando en el territorio mediante la ocupación y apropiación del lugar. De allí la necesidad de identificar los actores del sector público, privado, de la ciudadanía y trabajadores migrantes que intervienen en este singular proceso político, económico y social vigente en Pomán. La conformación de esta tríada social (procesos, lugares y actores), como propuesta teórico-metodológica, nos permite analizar, desde un plano micro, la confrontación de diversos actores (sector público, privado y trabajadores migrantes) con necesidades, identidades, significaciones y expectativas diversas, frente al fenómeno migratorio estacional. La demanda y oferta de mano de obra, favoreció la constitución de territorios migratorios, en donde se destacan importantes cambios vinculados a los aspectos morfológicos locales y en las necesidades de legitimar socialmente esta nueva materialidad, cargada de sentidos contradictorios. Desde este contexto se pueden observar las disputas, tensiones y nuevos arreglos que operan de manera novedosa en los procesos políticos, económicos y sociales a partir de los resultados de las acciones de los distintos actores en ese territorio. Queda de manifiesto la necesidad de participación de la comunidad mediante un triple proceso de construcción de sujetos, proyectos y territorios que tiendan hacia una transformación con inteligencia territorial
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La expansión de la frontera agropecuaria y el impulso de la olivicultura empresarial en el Departamento Pomán (Catamarca) desarrollada a partir de la década del noventa (favorecida por la Ley Nacional de Desarrollo Económico, Ley N°22021), ha generado concentración de la demanda de fuerza de trabajo, estimulando una intensa movilidad estacional de la población migrante transitoria desde la región y el país. Estas nuevas dinámicas socio-espaciales, ponen en evidencia contradicciones, complementariedades y cooperaciones entre el sistema de objeto y el sistema de acciones, impactando en el territorio mediante la ocupación y apropiación del lugar. De allí la necesidad de identificar los actores del sector público, privado, de la ciudadanía y trabajadores migrantes que intervienen en este singular proceso político, económico y social vigente en Pomán. La conformación de esta tríada social (procesos, lugares y actores), como propuesta teórico-metodológica, nos permite analizar, desde un plano micro, la confrontación de diversos actores (sector público, privado y trabajadores migrantes) con necesidades, identidades, significaciones y expectativas diversas, frente al fenómeno migratorio estacional. La demanda y oferta de mano de obra, favoreció la constitución de territorios migratorios, en donde se destacan importantes cambios vinculados a los aspectos morfológicos locales y en las necesidades de legitimar socialmente esta nueva materialidad, cargada de sentidos contradictorios. Desde este contexto se pueden observar las disputas, tensiones y nuevos arreglos que operan de manera novedosa en los procesos políticos, económicos y sociales a partir de los resultados de las acciones de los distintos actores en ese territorio. Queda de manifiesto la necesidad de participación de la comunidad mediante un triple proceso de construcción de sujetos, proyectos y territorios que tiendan hacia una transformación con inteligencia territorial
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La expansión de la frontera agropecuaria y el impulso de la olivicultura empresarial en el Departamento Pomán (Catamarca) desarrollada a partir de la década del noventa (favorecida por la Ley Nacional de Desarrollo Económico, Ley N°22021), ha generado concentración de la demanda de fuerza de trabajo, estimulando una intensa movilidad estacional de la población migrante transitoria desde la región y el país. Estas nuevas dinámicas socio-espaciales, ponen en evidencia contradicciones, complementariedades y cooperaciones entre el sistema de objeto y el sistema de acciones, impactando en el territorio mediante la ocupación y apropiación del lugar. De allí la necesidad de identificar los actores del sector público, privado, de la ciudadanía y trabajadores migrantes que intervienen en este singular proceso político, económico y social vigente en Pomán. La conformación de esta tríada social (procesos, lugares y actores), como propuesta teórico-metodológica, nos permite analizar, desde un plano micro, la confrontación de diversos actores (sector público, privado y trabajadores migrantes) con necesidades, identidades, significaciones y expectativas diversas, frente al fenómeno migratorio estacional. La demanda y oferta de mano de obra, favoreció la constitución de territorios migratorios, en donde se destacan importantes cambios vinculados a los aspectos morfológicos locales y en las necesidades de legitimar socialmente esta nueva materialidad, cargada de sentidos contradictorios. Desde este contexto se pueden observar las disputas, tensiones y nuevos arreglos que operan de manera novedosa en los procesos políticos, económicos y sociales a partir de los resultados de las acciones de los distintos actores en ese territorio. Queda de manifiesto la necesidad de participación de la comunidad mediante un triple proceso de construcción de sujetos, proyectos y territorios que tiendan hacia una transformación con inteligencia territorial
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Los aceites vegetales se utilizan en la alimentación de gallinas ponedoras para aumentar la concentración energética de los piensos y como fuente de ácido linoleico. Además, Mateos y Sell (1981) han demostrado que la inclusión de grasas ralentiza la velocidad de tránsito de la digesta lo que favorece el contacto entre los nutrientes de la dieta y las enzimas digestivas, mejorando su utilización digestiva. Como consecuencia, la inclusión de grasas es una práctica común en la formulación de piensos comerciales para aves de puesta. El aceite de soja (AS) debido a su alto contenido energético y en ácido linoleico es el aceite de elección en piensos para avicultura pero su alto coste limita su utilización en piensos comerciales. Dos co-productos de la industria del aceite de soja, las oleínas (OAS) y el aceite de freiduría (ASR) podrían sustituir al AS en piensos para avicultura. El objetivo de este trabajo es determinar el contenido en energía metabolizable aparente (EMA) de estos aceites y comparar los resultados obtenidos utilizando dos metodologías de cálculo.
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La harina de soja (HS) es la fuente de proteína de elección en dietas para cerdos. La HS contiene diversos factores anti nutricionales (FAN), tales como los inhibidores de tripsina (IT; Huisman y Jansman, 1991) y los oligosacáridos (Clarke y Wiseman, 2005) que afectan al crecimiento y limitan los niveles de inclusión en dietas para lechones. El procesado térmico del haba y su composición (De Coca Sinova et al., 2008) afectan al contenido de nutrientes así como la respuesta de los animales a su inclusión en piensos. Morgan et al. (1984) y Dilger et al. (2004) han demostrado que un aumento en el contenido de fibra bruta de la dieta o de la HS utilizada disminuye la digestibilidad de los nutrientes en monogástricos y De Coca et al. (2008) observaron una relación lineal entre el contenido de proteína bruta (PB) y la digestibilidad de los aminoácidos en HS. Por lo tanto, la inclusión de HS de alto contenido en PB (AP-HS) en sustitución de HS de menor contenido proteico (BP-HS) podría mejorar el crecimiento de los lechones. Los concentrados de soja (CPS) tienen un alto contenido en PB y bajo contenido de fibra bruta y en FAN (Shon et al., 1994). Por lo tanto, la sustitución de HS por CPS, podría mejorar el rendimiento de los cerdos al destete. Los efectos del tamaño medio de partícula (GMD) del pienso sobre el crecimiento es un tema de debate (Goodband et al., 1995). La mayoría de estudios llevados a cabo con cereales han encontrado una relación directa positiva entre la GMD y el índice de conversión (IC) en cerdos (Goodband y Hines, 1988; Healy et al., 1994). Sin embargo, los resultados disponibles sobre los efectos de la molturación fina de la HS sobre la productividad en lechones son escasos y no concordantes (Fastinger y Mahan, 2003; Lawrence et al., 2003; Valencia et al., 2008). El objetivo de este experimento fue evaluar los efectos de la inclusión de diferentes tipos de soja en los que variaba el contenido de PB y el tamaño de partícula sobre el crecimiento de los lechones.
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Uno de los principales problemas a los que se enfrentan las comunidades rurales en los países en vías de desarrollo en el ámbito agrícola es la falta de acceso a la asistencia técnica y la capacitación entre de los pequeños agricultores. La disponibilidad de alimentos en Nicaragua es el 72% de la media del Suministro de Energía Alimentaria (SEA), aunque en las zonas de montaña esta cifra baja al 65% del SEA nacional. Este trabajo analiza el impacto que las escuelas de campo para agricultores (ECAs) están teniendo sobre la seguridad alimentaria y nutricional, así como su relación con el margen bruto agrario y la diversificación de cultivos y usos del suelo en las comunidades rurales de montaña de San José de Cusmapa. En 2010 se realizaron 80 encuestas semiestructuradas y se midieron indicadores ecológicos, económicos y sociales. La formación y capacitación proporcionada por las ECAs a lo largo del tiempo, ha resultado tener un efecto positivo sobre el incremento de la agrobiodiversidad, que se asociada a una mejora en el suministro de energía y nutrientes en la dieta. También se ha observado un efecto positivo en el margen bruto agrario de las familias en ECAs con más de cuatro años de actividad.
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El proyecto ha sido realizado dentro del Programa de Proyectos Fin de Carrera para el Desarrollo (PFCD), correspondiente a la IV Convocatoria. Se realizó en el marco del proyecto financiado por la Universidad Politécnica de Madrid,“Reducción de la vulnerabilidad alimentaria de las familias rurales de San José de Cusmapa”. Con el título de “Manuales técnicos para la elaboración dehuertos de patio sostenibles y trasformación de la producción”, elproyecto está formado por tres documentos, la memoria y sus anejos, presupuesto y manuales técnicos diseñados. Este proyecto no sólo tiene el carácter académico de Proyecto Fin de Carrera, sino también, educativo y humano. Es una herramienta para el desarrollo humano, que mediante la educación agronómica (uno de los objetivos específicos), trata de mejorar los índices de desarrollo (objetivo general). Durante el periodo de nueve meses(octubre 2010 a junio 2011) se realizó el trabajo de campo, mediante la recogida de información, aprendizaje de técnicas, ensayos, y otras experiencias vividas. Con los objetivos y el análisis de la situación actual se realizaron tres manuales técnicos, resultado final del proyecto. El primero,recoge las técnicas de elaboración de un huerto y los cultivos que se pueden sembrar. El segundo, está centrado en el control y prevención de plagas y enfermedades. El tercero se divide en dos bloques, el primero de conservación y trasformación de alimentos, de forma casera, y el segundo bloque la importancia de la dieta y la nutrición. Los manuales han sido diseñados para que estén al alcance de las personas que lo necesiten y de las cuales, muchas de ellas, han colaborado en su realización. El compromiso no solo es académico, sino también humano y emocional. El trabajo diario, los ensayos,los errores y aciertos, la convivencia con los beneficiarios y el aprendizaje continuo, me han permitido obtener una educación profesional y social, ayudándome a desarrollarme como persona.
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El objetivo principal de esta tesis fue incrementar el valor proteico para rumiantes de la harina de girasol mediante tratamientos combinados con ácidos y calor para proteger sus proteínas frente a la degradación ruminal. Estos estudios comprenden dos experimentos realizados sobre ovinos mediante tecnologías in vitro (experimento 1) o in situ e in vivo (experimento 2), empleando siempre dos ácidos: málico u ortofosfórico. Aprovechando este último experimento, también se consideraron otros objetivos de carácter metodológico con el fin de mejorar la precisión de las estimas de i) la degradabilidad ruminal y la digestibilidad intestinal de la proteína y los aminoácidos (AAs) de los alimentos y ii) la síntesis microbiana ruminal y su contribución al flujo post-ruminal de nutrientes al animal. En el experimento 1 (capítulo 2) se efectuaron cuatro ensayos in vitro para estudiar la influencia de distintos factores que puedan afectar la eficacia de estos tratamientos. En cada ensayo se utilizó una réplica por tratamiento (dos para el tratamiento control) y dos bolsas vacías (empleadas para corregir la contaminación microbiana) en cada una de las cuatro botellas del incubador (ANKOM Daisy II). Cada botella contenía 2 l de medio de incubación, saturado con CO2 para asegurar la anaerobiosis. Este medio consistió en una mezcla de solución McDougall y liquido ruminal filtrado en relación 4:1. El liquido ruminal fue obtenido de 2 corderos canulados en rumen, utilizándose bien solo o mezclado con el del otro cordero en una relación 3:1. Así, cada botella de incubación contenía un inoculo ruminal diferente. Las incubaciones se realizaron a 39 ºC durante 20 h, siendo las bolsas lavadas con agua corriente y almacenadas a -20 ºC. Tras ser descongeladas, se lavaron 3 veces durante 5 min en una mini-lavadora de turbina, se desecaron a 80 ºC durante 48 h y se destinaron íntegras al análisis de N-Kjeldahl. En el ensayo 1 se estudió el efecto del volumen de disolución de dos dosis de ácido ortofosfórico (0,4 y 1,2 equivalentes gramo (eq)/kg de harina de girasol), testando cinco volúmenes de disolución (80, 160, 240, 320 and 400 ml/kg de harina) para cada dosis, desecándose las harinas a 60 ºC hasta sequedad al tacto. La proteína bruta (PB) indegradada se incremento con la dosis de ácido empleada y también (como tendencia, P < 0,1) con el volumen de dilución. En base a ello en los siguientes ensayos se utilizo el volumen de dilución mayor (400 ml/kg). En el ensayo 2 se estudió el efecto de la dosis y del tipo de ácido a cuatro dosis (1,2; 2,4; 3,6 y 4,8 eq/kg), secándose igualmente las muestras tratadas a 60 ºC. La PB indegradada aumentó con la dosis de ácido, siendo también mayor para el ácido málico, tanto en este ensayo como en los posteriores. En el ensayo 3 se estudiaron los efectos de los dos ácidos, cuatro concentraciones (0,6; 1,2; 1,8 y 2,4 eq/kg) y tres tratamientos térmicos para el secado de las muestras (100, 150 and 200 ºC durante 60, 30 y 20 minutos, respectivamente). Con los tratamientos térmicos a 100 y 150 ºC no hubo un incremento de protección para concentraciones superiores a 0,8 eq/kg para ambos ácidos. Para incrementar la protección fue necesario aumentar la temperatura a 200 ºC y la dosis a 1,2 eq/kg, no observándose un aumento de protección a dosis mayores. En el ensayo 4 se estudiaron los efectos sobre la lisina disponible, la solubilidad de la PB en saliva artificial de McDougall y la PB indegradada in vitro de tratar la harina solo con agua o con disoluciones de ambos ácidos a dosis de 0,8 eq/kg y temperaturas de secado de 100 ó 150 ºC en las mismas condiciones que en el ensayo 3. No se apreciaron efectos sobre la lisina disponible para ninguno de los tratamientos. El efecto específico de los ácidos quedo demostrado tanto por la fuerte reducción de la solubilidad de la PB como por el aumento de la PB indegradada frente al tratamiento con agua. En conjunto, los resultados de este experimento mostraron que la eficacia de estos tratamientos depende del tipo y dosis de ácido y de su dilución, así como de las condiciones de secado. Como tratamiento de mayor interés a aplicar posteriormente en el experimento 2 se consideró una dosis de 0,8 eq/kg de harina, aplicada en un volumen de 400 ml/kg (correspondiente a soluciones 1 M y 0,67 M para los ácidos málico y ortofosfórico, respectivamente) y desecación a 150 ºC. El experimento 2 (capítulos 3 a 7) se realizó con un diseño en cuadrado latino 3x3, empleando tres corderos canulados en rumen y duodeno y tres dietas isoproteicas: U, M y P, que incluían harinas de girasol sin tratar (control) y tratadas con acido málico u ortofosfórico, respectivamente. La harina de girasol se trató en las condiciones ya indicadas siendo necesarias 6 horas para su secado en estufa. Las dietas incluían 40% de heno de raigrás italiano y 60% de concentrado a base de harina de girasol (tratada y/o sin tratar), trigo y corrector vitamínico-mineral, siendo suministradas a 75 g/kg P0.75 (equivalente a 2,3 × mantenimiento). La relación harina de girasol sin tratar y tratada fue de 100:0 en la dieta U y entorno a 40:60 en las dietas M y P. Tras 10 días de adaptación a la dieta, se estudiaron sucesivamente: i) el tránsito hasta el duodeno de las partículas del heno (solo en la dieta control) y de la harina de girasol marcadas previamente con europio e iterbio, respectivamente; ii) la fermentación ruminal durante el periodo postprandial, iii) la degradación ruminal in situ de la harina de girasol específica de cada dieta (y del trigo y el heno en la dieta control) y iv) la magnitud y composición del contenido ruminal mediante el vaciado manual del rumen-retículo. Durante todo el periodo experimental se infundio de forma continua una solución de sulfato amónico enriquecido en 15N (98 átomos %) para corregir la contaminación microbiana ruminal en los estudios in situ y para establecer las diferencias de composición química entre las bacterias libres (BAL) y adherentes (BAS) del rumen. Esta solución incluyó en los dos últimos días Li-Cr- EDTA para determinar la tasa de dilución ruminal. Posteriormente, y tras un periodo de al menos 10 días para eliminar el enriquecimiento en 15N de la digesta, se estudió la digestibilidad intestinal de los distintos alimentos mediante la técnica de bolsas móviles. La determinación del bypass (BP) o de la degradabilidad efectiva (DE) de la materia seca (MS) y de la PB se realizó por el método tradicional de integración matemática; estos valores se obtuvieron también para la PB y los AAs generando una muestra representativa del flujo post-ruminal del alimento en estudio en cada animal. Ello se realizó mediante la mezcla de los distintos residuos de incubación en base a la función que describe el flujo de alimento indegradado que abandona el rumen. Todos estos trabajos se realizaron considerando la tasa de salida de partículas del rumen (kp) y, según casos, considerando también la tasa de conminución y mezcla de las partículas en este compartimento (kc). Para este último caso se ha desarrollado también el modelo matemático que describe este flujo y permite este cálculo. Los valores no corregidos por la contaminación microbiana del BP (o de DE) de la PB resultantes de ambos métodos se han comparado tanto en las harinas de girasol como en los restantes alimentos de la dieta, obteniéndose valores similares, sin apreciarse desviaciones sistemáticas. Sobre las muestras compuestas representativas de la composición química del BP se determino la digestibilidad intestinal efectiva (DIE) de la MS, PB y AAs. Todos los valores resultantes de esta técnica fueron corregidos para la contaminación microbiana de las partículas que tiene lugar en el rumen. Los estudios de transito digestivo se realizaron tras suministrar en el comedero a los corderos una dosis simple de los alimentos marcados, seguida de la toma de muestras de la digesta duodenal durante 82 h. En la dieta testigo se suministraron simultáneamente el heno de raigrás y la harina de girasol, mientras que en las otras dietas solo se suministró esta última. La harina de girasol mostro un mayor valor para kc frente al heno (0,5766 v. 0,0892, /h), mientras que no hubo diferencias entre los dos alimentos para kp (0,0623 v. 0,0609, /h). Para la harina de girasol no se apreciaron diferencias entre dietas para kc, pero si se redujo de manera moderada la tasa kp con los tratamientos, siendo ésta también menor al utilizar ácido ortofosfórico frente al uso de ácido malico (0,0577 v. 0,0600, /h). El empleo de las harinas tratadas no modifico los parámetros de fermentación ruminal, la composición de los contenidos ruminales o la tasa de dilución del rumen. Los valores efectivos del BP y de DIE de la MS, PB y AAs de las harinas de girasol se obtuvieron considerando kc y kp, conjuntamente. Los tratamientos de protección incrementaron el BP de MS y PB en 48,5 y 268% de media, respectivamente. Estos incrementos se debieron principalmente al descenso de la fracción soluble y de la velocidad de degradación, pero también al aumento de la fracción indegradable, especialmente usando ácido ortofosfórico. Con los tratamientos se incrementó también la DIE de la MS (108% de media) y de la PB con gran diferencia entre los ácidos málico y ortofosfórico (20,7 v. 11,8%). Como consecuencia de estos cambios la protección aumentó la fracción realmente digerida en el intestino en 211% (MS) y 325% (PB), sin efectos entre ambos ácidos. Considerando la reducción del suministro de energía fermentable para los microorganismos ruminales asociada a la protección y los parámetros indicados por el sistema PDI francés para la síntesis de proteína microbiana digestible, la eficacia de conversión de PB en proteína metabolizable aumentó de 0,244 a 0,559 y 0,515 con el tratamiento con acido málico y ortofosfórico, respectivamente. El contenido en aminoácidos (AAs) fue similar en todas las harinas salvo por una disminución de lisina en las harinas tratadas. De forma análoga a la PB, los tratamientos de protección incrementaron el BP y la DIE de la mayoría de AAs. El aporte de AAs metabolizabes de la harina se multiplico en 3,87 para los AAs azufrados y en menor medida (2,5 veces) para la lisina, como consecuencia de las pérdidas sufridas a consecuencia del tratamiento térmico. Estos tratamientos se muestran, por tanto, útiles para incrementar el valor proteico de la harina de girasol, si bien su empleo junto con concentrados proteicos ricos en lisina bypass digestible mejoraría el perfil de la proteína metabolizable. La corrección de la contaminación microbiana de las partículas que tiene lugar en el rumen se asoció en todos los alimentos testados y, de forma general, con reducciones del BP y de su DIE en todas las fracciones estudiadas. Estas reducciones fueron pequeñas en todos los concentrados, de forma acorde con los muy pequeños niveles de contaminación registrados tanto en las harinas de girasol como en el grano de trigo. Por el contrario, esta contaminación, al igual que los efectos de su corrección, fueron muy importantes en el heno de raigrás. Esta contaminación aumentó al tener en cuenta kc. Así, para la proporción de PB de origen microbiano existente en las muestras compuestas representativas del BP, este aumento fue significativo para el heno de raigrás (0,463 v. 0,706) y solo numérico para la harina de girasol (0,0170 v. 0,0208). La reducción de las estimas de DIE al corregir esta contaminación fue consecuencia de la eliminación de forma casi completa de los microorganismos adherentes en todos los residuos testados. Así, esta biomasa se redujo en 96,1% como media de 7x3 observaciones. Como resultado de las diferencias acumulativas a nivel del rumen e intestino, la no corrección de la contaminación microbiana junto con la no consideración de kc condujo a fuertes sobrestimaciones de la PB digerida en el intestino. Ésta fue de 39% en la harina de girasol (0,146 v. 0,105) y de 761% en el heno de raigrás (0,373 v. 0,0433). Estos resultados muestran que es necesario considerar tanto kc como corregir la contaminación microbiana para obtener estimas in situ precisas en forrajes, mientras que en concentrados, siempre que la contaminación microbiana sea pequeña, es más importante considerar kc. La elevada contaminación microbiana observada en el heno de raigrás se asoció también con importantes errores a nivel del N asociado a la fibra neutro (FND) y ácido (FAD) detergente (NDIN y ADIN, respectivamente) e incluso de estas fracciones de fibra, evidenciándose que estos métodos no eliminan completamente la contaminación microbiana que sufren los alimentos en su paso por el retículorumen. Así, en la muestra compuesta representativa de la composición química del flujo postruminal antes descrita, la sobrevaloración por no corregir la contaminación microbiana fue de 99,8; 24,2; 3,34 y 0,48% para NDIN, ADIN, FND y FAD, respectivamente. Las subvaloraciones asociadas para su DE fueron 34,1; 8,79; 4,41 y 0,51%, respectivamente. La DE corregida del NDIN y ADIN (0,743 y 0,728, respectivamente) mostró un aprovechamiento ruminal elevado de estos compuestos, si bien menor al de la PB total (0,85). El estudio de este aprovechamiento sobre los residuos de incubación ruminal a 6 y 72 h demostró, además, una más rápida degradación del ADIN frente al NDIN, así como un mayor potencial de degradación de este último en este alimento. Para comprobar si la digestión en el abomaso eliminaba la contaminación microbiana en la FND y FAD se estudio esta contaminación y sus posibles errores en muestras liofilizadas de contenidos ruminales y duodenales correspondientes a una dieta mixta de similar composición a la utilizada en el experimento 2, comparándose, además, las diferencias entre la extracción secuencial o directa de la FAD. Utilizando como referencia las BAS se apreciaron elevadas contaminaciones en la FND y FAD y su N asociado tanto en las muestras ruminales como en las duodenales. Sin embargo, los resultados de enriquecimiento en 15N de las partículas fueron intermedios entre los correspondientes a BAS y BAL lo que evidencia una elevada contaminación con BAL en estas muestras probablemente durante el proceso de liofilización. Ello conlleva una sobrevaloración de esta estimación. El método de extracción directa de FAD se mostró, por otra parte, marcadamente menos eficaz en la eliminación de la contaminación microbiana. Los resultados muestran la necesidad de corregir la contaminación microbiana para obtener estimaciones precisas de la degradabilidad de las proteínas de las paredes celulares vegetales. Estos errores deberían ser también considerados para FND y FAD en estudios in situ e in vivo. La elevada tasa fraccional de degradación del grano de trigo (60,9 y 42,0%/h para MS y PB, respectivamente) implico que su flujo de material indegradado (calculado solo en base a la kp obtenida para la harina de girasol) se redujera muy rápidamente, de forma que es casi nulo a 8 h tras la ingestión. Los valores corregidos de PB digerida en el intestino (0,15) representan solo el 18,7% de la proteína metabolizable, lo que muestra que el valor proteico del grano de trigo está estrechamente ligado a la síntesis de proteína microbiana derivada de su fermentación. En el experimento 2 se observaron menores concentraciones para materia orgánica, lípidos y PB, así como en la proporción N-AAs/N total en BAL que en BAS, siendo, por el contrario, mayor su enriquecimiento en 15N. Estos últimos resultados se utilizaron (junto con los de otros trabajos previos de este equipo) para validar una predicción preexistente del enriquecimiento en 15N de las BAS a partir de este valor en las BAL. Esta ecuación, de muy alta precisión (R2 = 0.995), permite calcular la subvaloración que se comete en los aportes de nutrientes correspondientes a las BAS al usar las BAL como muestra de referencia. Esta subvaloración representa aproximadamente 21, 32,5 y 60% para PB, proteína verdadera y lípidos.
Resumo:
La semilla es el principal órgano reproductivo de las plantas espermatofitas, permitiendo la dispersión de las poblaciones y asegurando su supervivencia gracias a su tolerancia a la desecación y a su capacidad para germinar bajo condiciones ambientales óptimas. El rendimiento y valor económico de los cereales, que constituyen la primera cosecha mundial, depende, en buena medida, de la eficacia con que se acumulan en la semilla sustancias de reserva: proteínas, carbohidratos y lípidos. El principal carbohidrato acumulado en la semilla de cebada es el almidón y la fracción mayoritaria de proteínas es la de las prolaminas (solubles en etanol al 70%); estas proteínas tienen muy bajo contenido en lisina, un aminoácido esencial en la dieta de animales monogástricos. Con el fin de mejorar el valor nutricional de la semilla de cebada, se han obtenido diferentes mutantes con un mayor contenido en este aminoácido. Riso 1508 es un mutante de cebada rico en lisina cuya mutación lys3a, de efectos pleiotrópicos, segrega como un único gen mendeliano. Entre otros, presenta una reducción drástica de la expresión de algunos genes que codifican proteínas de reserva de tipo prolamina, en concreto, presenta reducida la expresión de los genes que codifican B-, C- y ϒ-Hordeínas y del inhibidor de tripsina CMe, pero no tiene alterada la expresión del gen que codifica las D-Hordeínas. Este último gen carece en su promotor del motivo GLM (5’‐(G/A)TGA(G/C)TCA(T/C)‐3’), que es reconocido por factores transcripcionales bZIP. En este trabajo, el mutante de cebada Riso 1508 se ha utilizado como herramienta para profundizar en el conocimiento de la regulación génica en semillas durante las fases de la maduración y la germinación. Para ello, en una primera aproximación, se llevó a cabo un análisis transcriptómico comparando el genotipo mutante con el silvestre durante la maduración de la semilla. Además de confirmar variaciones en los genes que codifican proteínas de reserva, este análisis indicó que también estaban afectados los genes relacionados con metabolismo de carbohidratos. Por ello se decidió caracterizar la familia multigénica de sacarosas sintasa (SUSy) en cebada. Se anotaron dos nuevos genes, HvSs3 y HvSs4, cuya expresión se comparó con la de los genes HvSs1 y HvSs2, previamente descritos en el laboratorio. La expresión de los cuatro genes en tejidos diferentes y su respuesta a estreses abióticos se analizó mediante RT-qPCR. HvSs1 y HvSs2 se expresaron preferencialmente durante el desarrollo del endospermo, y HvSs1 también fue un tránscrito abundante durante la germinación. HvSs1 se indujo en hojas en condiciones de anoxia y HvSs3 por estrés hídrico, y ambos genes se indujeron por tratamientos de frío. La localización subcelular de las cuatro isoformas no fue sólo citoplásmica, sino que también se localizaron en zonas próximas a retículo endoplásmico y en la cara interna de la membrana plasmática; además, se observó una co-localización de HvSS1 con el marcador de mitocondrias. Estos datos sugieren un papel distinto aunque parcialmente solapante de las cuatro Sacarosa Sintasas de cebada, descritas hasta la fecha. Las cinéticas de expresión de los genes que codifican los TFs más importantes implicados en la regulación génica durante el desarrollo del endospermo de cebada, se analizaron por RT-qPCR en ambos genotipos, demostrando que los TFs de la clase DOF aparecieron desregulados durante todo el proceso en Riso 1508 comparado con el cv. Bomi, aunque también se observaron diferencias significativas en algunos de los que codifican bZIPs. Estudios previos indicaban que el ortólogo de BLZ2 en maíz, O2, se regula post-traduccionalmente mediante un mecanismo de fosforilación/defosforilación reversible, y que la forma defosforilada es la fisiológicamente activa. En este trabajo se demostró que BLZ2 está sujeto a este tipo de regulación y que la proteín-fosfatasa HvPP2C2 está implicada en el proceso. La interacción de HvPP2C2 y BLZ2 tiene lugar en el núcleo celular únicamente en presencia de 100 μM ABA. En el mutante Riso 1508, BLZ2 se encuentra en un estado hiperfosforilado tanto durante la maduración como durante la germinación de la semilla, lo que dificultaría la unión de BLZ2 a las secuencias GLM en los promotores de los genes que codifican B-, C-,y ϒ- Hordeínas y CMe. Summary The seed is the main reproductive organ of spermatophyte plants allowing the spread of populations and ensuring their survival through its desiccation tolerance and because of their ability to germinate under optimum environmental conditions. Yield and economic value of cereal crops, that constitute the first world crop, depend largely on the efficiency with which they accumulate in the seed reserve substances: proteins, carbohydrates and lipids. The main carbohydrate accumulated in the barley seed is starch and the major protein fraction is that of prolamins (soluble in 70% ethanol); these proteins have a very low lysine content, an essential amino-acid for the diet of monogastric animals. In order to improve the nutritional value of the barley seed, different mutants have been obtained with a higher content of this amino-acid. Riso 1508 is one lysine-rich mutant whose mutation (lys3a) segregates as a single Mendelian gene with pleiotropic effects, such as a drastic reduction of genes encoding the trypsin inhibitor CMe and the B-, C-and ϒ-hordeins, but has not altered the expression of the gene encoding the D-hordeins. This latter gene lacks in its promotor the GLM motif (5’‐(G/A)TGA(G/C)TCA(T/C)‐3’), that is recognised by bZIP transcription factors In this work we have used the barley mutant Riso 1508 as a tool for better understanding gene regulation in seeds during the maturation and germination phases. To this aim, a transcriptomic analysis was performed comparing wild and mutant genotypes during seed maturation. Besides confirming variations in the expression of genes encoding reserve proteins, this analysis indicated that some genes related with carbohydrate metabolism were also affected. It was therefore decided to characterize the multigene family of sucrose synthases (SUSy) in barley. Two new genes were annotated, HvSs3 and HvSs4, and its expression was compared with that of genes HvSs1 and HvSs2, previously described in our laboratory. The expression of the four genes in different tissues and in response to abiotic stresses was analyzed by RTqPCR. HvSs1 and HvSs2 were preferentially expressed during the development of the endosperm, and the HvSs1 transcript was also abundant upon germination. HvSs1 was induced in leaves by anoxic conditions, HvSs3 by water stress, and both genes were induced by cold treatments. The subcellular localization of all four isoforms was not only cytoplasmic, but they could be found along the endoplasmic reticulum and at the inner side of the cell membrane; HvSS1, was also associated with the mitochondrial marker. These data suggest a distinct but partially overlapping roles for the barley sucrose synthases, described so far. The expression kinetics of the genes encoding the most important TFs involved in gene regulation during barley endosperm development was analyzed by RT-qPCR in both genotypes. These data show that the genes encoding DOF TFs were mis-regulated throughout the process in Riso 1508, although significant differences were also found among some of those encoding bZIPs. Previous studies indicated that the BLZ2 orthologue in maize, O2, was post-translationally regulated by reversible phosphorylation/dephosphorylation and that the dephosphorylated protein is the physiologically active form. In this work we demostrate that BLZ2 is under a similar regulation and that the proteinphosphatase HvPP2C2 is implicated in the process. The interaction between HvPP2C2 and BLZ2 takes place in the cell nucleus only in the presence of 100 μM ABA. In the Riso 1508 mutant, BLZ2 is found in a hyperphosphorylated state in the maturation phase and upon seed germination; because of this, the BLZ2 binding to the GLM promoter sequences of genes encoding B-, C- y ϒ- Hordeins and CMe would be decreased in the mutant.