251 resultados para Inativação do fosforo


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Ottimizzazione di un protocollo di anticoagulazione regionale con citrato in CRRT Introduzione: La necessità di un'anticoagulazione continua e l'ipofosforemia in corso di trattamento sono problemi costranti in corso di CRRT. Il nostro studio ha cercato di dimostrare l'efficacia e la sicurezza dell'anticoagulazione regionale con citrato in CVVH basato sull'utilizzo di una soluzione di citrato (18 mmol/L) associata ad una soluzione di reinfusione contenente fosfato, recentemente disponibile in commercio, al fine di ridurre l'ipofosfatemia in corso di CRRT. Metodi: Abbiamo utilizzato il nostro protocollo basato sull'utilizzo di una concentrazione di citrato contenente 18 mmol/l associata ad una soluzione di reinfusione contenente fosfato in un piccolo gruppo di pazienti ricoverati in terapia intensiva post-cardiochirurgica, sottoposti a CRRT per insufficienza renale acuta. Risultati: Il nostro protocollo ha garantito un'adeguata durata del circuito ed un ottimo controllo dell'equilibrio acido-base in ogni paziente. E' stata necessaria solo una minima supplementazione di fosforo in alcuni dei pazienti trattati. Conclusioni: Il nostro protocollo basato sull' utilizzo di una soluzione a concentrazione di citrato maggiore (18 mmol/l), permette un miglior controllo dell'equilibrio acido-base rispetto all'utilizzo della soluzione a più bassa concentrazione di citrato. L'uso di una minore dose di citrato ed il mantenimento di un target maggiore di calcio ionizzato all'interno del circuito sono comunque associati ad un'adeguata durata del circuito. I livelli di fosforemia sono rimasti sostanzialmente stabili nella maggior parte dei pazienti trattati, grazie alla presenza di fosfato nella soluzione utilizzata come reinfusione in post-diluizione.

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Lo studio CAVE PTX ha lo scopo di valutare la reale prevalenza della paratiroidectomia nei pazienti dializzati in Italia, verificare l’aderenza ai targets ematochimici proposti dalle linee guida internazionali K/DOQI e ricercare la presenza di fratture vertebrali e calcificazioni vascolari. Al momento attuale riportiamo i dati preliminari sulla prevalenza e le caratteristiche cliniche generali dei pazienti finora arruolati. Il nostro studio ha ricevuto contributi da 149 centri dialisi italiani, su un totale di 670, pari al 22%. La popolazione dialitica dalla quale sono stati ottenuti i casi di paratiroidectomia è risultata pari a 12515 pazienti;l’87,7% dei pazienti effettuava l’emodialisi mentre il 12,3% la dialisi peritoneale. Cinquecentoventotto, pari al 4,22%, avevano effettuato un intervento di paratiroidectomia (4,5%emodializzati, 1,9% in dialisi peritoneale;p<0.001). Abbiamo considerato tre gruppi differenti di PTH: basso (<150 pg/ml), ottimale (150 -300 pg/ml) ed elevato (>300 pg/ml). I valori medi di PTH e calcemia sono risultati significativamente diversi (più alti) tra casi e controlli nei due gruppi con PTH basso (PTX = 40±39 vs controllo = 92±42 pg/ml; p<.0001) e PTH alto (PTX= 630 ± 417 vs controllo 577 ±331; p<.05). La percentuale di pazienti con PTH troppo basso è risultata più elevata nei pazienti chirurgici rispetto al resto della popolazione (64vs23%; p<0.0001), mentre la percentuale dei casi con PTH troppo alto è risultata significativamente più alta nel gruppo di controllo (38%vs19%; p<0.003). Il 61% dei casi assumeva vitamina D rispetto al 64 % dei controlli; l’88% vs 75% un chelante del fosforo ed il 13%vs 35% il calciomimentico. In conclusione, la paratiroidectomia ha una bassa prevalenza in Italia, i pazienti sono più spesso di sesso femminile, in emodialisi e con età relativamente giovane ma da più tempo in dialisi.

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Negli ultimi anni si è assistito ad un miglioramento della qualità di vita dei piccoli animali che, oltre ad aumentarne l'aspettativa di vita, ha determinato un aumento della frequenza di patologie associate all'età medio-avanzata, quali le patologie renali croniche. Il presente studio si fonda sulla necessità, sempre più sentita nella pratica clinica veterinaria, di poter fornire al proprietario del paziente affetto da CKD, una serie di parametri che, oltre a fungere da target terapeutico, possano aiutare a comprenderne la prognosi. Lo studio ha valutato una popolazione di cani affetti da CKD e ne ha seguito o ricostruito il follow-up, per tutto il periodo di sopravvivenza fino al momento dell’exitus. Di tali soggetti sono stati raccolti dati relativi ad anamnesi, esame clinico, misurazione della pressione arteriosa, diagnostica per immagini, esami ematochimici, analisi delle urine ed eventuale esame istologico renale. È stato possibile individuare alcuni importanti fattori prognostici per la sopravvivenza in pazienti con CKD. Oltre a fattori ben noti in letteratura, come ad esempio elevati valori di creatinina e fosforo, o la presenza di proteinuria, è stato possibile anche evidenziare il ruolo prognostico negativo di alcuni parametri meno noti, ed in particolare delle proteine di fase acuta positive e negative, e del rapporto albumina/globuline. Una possibile spiegazione del valore prognostico di tali parametri risiede nel ruolo prognostico negativo dell’infiammazione nel paziente con CKD: tale ruolo è stato suggerito e dimostrato nell’uomo e avrebbe alla base numerosi possibili meccanismi (sviluppo di anemia, complicazioni gastroenteriche, neoplasie, etc.), ma dati analoghi sono mancanti in medicina veterinaria. Una seconda possibile spiegazione risiede nel fatto che potenzialmente i livelli delle proteine di fase acuta possono essere influenzati dalla presenza di proteinuria nel paziente con CKD e di conseguenza potrebbero essere una conferma di come la proteinuria influenzi negativamente l'outcome.

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In questo lavoro di tesi abbiamo studiato la relazione esistente tra la concentrazione di drogante in un wafer di silicio e l’energia superficiale del suo ossido nativo. 
La strumentazione utilizzata per la misura dell’energia superficiale è il tensiometro ottico, uno strumento semplice ma efficace per valutare le proprietà chimico-fisiche dell’interfaccia liquido-solido.
 Il tensiometro ottico misura l’angolo di contatto statico e dinamico. La misura dell’angolo statico ci ha permesso di valutare l’energia superficiale dell’ossido nativo attraverso il metodo di Owen-Wendt. Per valutare l’omogeneità chimica/fisica dell’ossido abbiamo invece misurato l’isteresi dell’angolo di contatto in configurazione dinamica. Le misure di angolo statico e dinamico sono state realizzate su 10 frammenti di wafer di silicio a concentrazione crescente da 10^13 a 10^19 atomi/cm^3 di entrambi i tipi di drogante (ossia di tipo p - boro - e di tipo n - fosforo -). E’ stato osservato che, per i substrati drogati con boro, l’energia superficiale presenta un picco corrispondente ad una concentrazione di circa 10^15 atomi/cm^3 nell’intervallo di concentrazione 2 · 10^13 − 1.6 · 10^16 atomi/cm^3. Mentre i campioni drogati con fosforo presentano un andamento dell’energia superficiale leggermente crescente al crescere della concentrazione di drogaggio nell’intervallo di concentrazione 6.5 · 10^14 − 1.5 · 10^19 atomi/cm^3. Questo risultato è stato correlato alla diffusione degli atomi di drogante nell’ossido che raggiunge l’interfaccia SiO2 − Aria. 
 L’osservazione sperimentale che l’energia superficiale dell’ossido dipenda dalla concentrazione di drogante è avvalorata dal confronto fra la componente polare e dispersiva, in particolare la componente polare presenta lo stesso picco osservato nell’energia superficiale. Le impurità nell’ossido, determinate dagli atomi di drogante, conferiscono quindi polarità alla superficie aumentando l’energia superficiale totale. 
Dal confronto fra le misure dei campioni as received con le misure dell’ossido ricostruito dopo 7 e 21 giorni di esposizione all’aria, ricaviamo che gli atomi di drogante diffondono nel tempo e, in particolare, la polarità superficiale ritorna alle con- dizioni as recived dopo 21 giorni dalla rimozione dell’ossido. 
E’ stata simulata numericamente una goccia su una superficie, comprendendo come il picco osservato nell’energia superficiale corrisponde ad un minimo dell’energia di Gibbs per i campioni di tipo p. 
Infine, l’isteresi aumenta in valor medio per i campioni con ossido ricostruito rispetto ai campioni as recived, ad indicare una possibile variazione dell’omogeneità chimico-fisica delle superfici.

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Esta Tesis trata sobre el desarrollo y crecimiento -mediante tecnología MOVPE (del inglés: MetalOrganic Vapor Phase Epitaxy)- de células solares híbridas de semiconductores III-V sobre substratos de silicio. Esta integración pretende ofrecer una alternativa a las células actuales de III-V, que, si bien ostentan el récord de eficiencia en dispositivos fotovoltaicos, su coste es, a día de hoy, demasiado elevado para ser económicamente competitivo frente a las células convencionales de silicio. De este modo, este proyecto trata de conjugar el potencial de alta eficiencia ya demostrado por los semiconductores III-V en arquitecturas de células fotovoltaicas multiunión con el bajo coste, la disponibilidad y la abundancia del silicio. La integración de semiconductores III-V sobre substratos de silicio puede afrontarse a través de diferentes aproximaciones. En esta Tesis se ha optado por el desarrollo de células solares metamórficas de doble unión de GaAsP/Si. Mediante esta técnica, la transición entre los parámetros de red de ambos materiales se consigue por medio de la formación de defectos cristalográficos (mayoritariamente dislocaciones). La idea es confinar estos defectos durante el crecimiento de sucesivas capas graduales en composición para que la superficie final tenga, por un lado, una buena calidad estructural, y por otro, un parámetro de red adecuado. Numerosos grupos de investigación han dirigido sus esfuerzos en los últimos años en desarrollar una estructura similar a la que aquí proponemos. La mayoría de éstos se han centrado en entender los retos asociados al crecimiento de materiales III-V, con el fin de conseguir un material de alta calidad cristalográfica. Sin embargo, prácticamente ninguno de estos grupos ha prestado especial atención al desarrollo y optimización de la célula inferior de silicio, cuyo papel va a ser de gran relevancia en el funcionamiento de la célula completa. De esta forma, y con el fin de completar el trabajo hecho hasta el momento en el desarrollo de células de III-V sobre silicio, la presente Tesis se centra, fundamentalmente, en el diseño y optimización de la célula inferior de silicio, para extraer su máximo potencial. Este trabajo se ha estructurado en seis capítulos, ordenados de acuerdo al desarrollo natural de la célula inferior. Tras un capítulo de introducción al crecimiento de semiconductores III-V sobre Si, en el que se describen las diferentes alternativas para su integración; nos ocupamos de la parte experimental, comenzando con una extensa descripción y caracterización de los substratos de silicio. De este modo, en el Capítulo 2 se analizan con exhaustividad los diferentes tratamientos (tanto químicos como térmicos) que deben seguir éstos para garantizar una superficie óptima sobre la que crecer epitaxialmente el resto de la estructura. Ya centrados en el diseño de la célula inferior, el Capítulo 3 aborda la formación de la unión p-n. En primer lugar se analiza qué configuración de emisor (en términos de dopaje y espesor) es la más adecuada para sacar el máximo rendimiento de la célula inferior. En este primer estudio se compara entre las diferentes alternativas existentes para la creación del emisor, evaluando las ventajas e inconvenientes que cada aproximación ofrece frente al resto. Tras ello, se presenta un modelo teórico capaz de simular el proceso de difusión de fosforo en silicio en un entorno MOVPE por medio del software Silvaco. Mediante este modelo teórico podemos determinar qué condiciones experimentales son necesarias para conseguir un emisor con el diseño seleccionado. Finalmente, estos modelos serán validados y constatados experimentalmente mediante la caracterización por técnicas analíticas (i.e. ECV o SIMS) de uniones p-n con emisores difundidos. Uno de los principales problemas asociados a la formación del emisor por difusión de fósforo, es la degradación superficial del substrato como consecuencia de su exposición a grandes concentraciones de fosfina (fuente de fósforo). En efecto, la rugosidad del silicio debe ser minuciosamente controlada, puesto que éste servirá de base para el posterior crecimiento epitaxial y por tanto debe presentar una superficie prístina para evitar una degradación morfológica y cristalográfica de las capas superiores. En este sentido, el Capítulo 4 incluye un análisis exhaustivo sobre la degradación morfológica de los substratos de silicio durante la formación del emisor. Además, se proponen diferentes alternativas para la recuperación de la superficie con el fin de conseguir rugosidades sub-nanométricas, que no comprometan la calidad del crecimiento epitaxial. Finalmente, a través de desarrollos teóricos, se establecerá una correlación entre la degradación morfológica (observada experimentalmente) con el perfil de difusión del fósforo en el silicio y por tanto, con las características del emisor. Una vez concluida la formación de la unión p-n propiamente dicha, se abordan los problemas relacionados con el crecimiento de la capa de nucleación de GaP. Por un lado, esta capa será la encargada de pasivar la subcélula de silicio, por lo que su crecimiento debe ser regular y homogéneo para que la superficie de silicio quede totalmente pasivada, de tal forma que la velocidad de recombinación superficial en la interfaz GaP/Si sea mínima. Por otro lado, su crecimiento debe ser tal que minimice la aparición de los defectos típicos de una heteroepitaxia de una capa polar sobre un substrato no polar -denominados dominios de antifase-. En el Capítulo 5 se exploran diferentes rutinas de nucleación, dentro del gran abanico de posibilidades existentes, para conseguir una capa de GaP con una buena calidad morfológica y estructural, que será analizada mediante diversas técnicas de caracterización microscópicas. La última parte de esta Tesis está dedicada al estudio de las propiedades fotovoltaicas de la célula inferior. En ella se analiza la evolución de los tiempos de vida de portadores minoritarios de la base durante dos etapas claves en el desarrollo de la estructura Ill-V/Si: la formación de la célula inferior y el crecimiento de las capas III-V. Este estudio se ha llevado a cabo en colaboración con la Universidad de Ohio, que cuentan con una gran experiencia en el crecimiento de materiales III-V sobre silicio. Esta tesis concluye destacando las conclusiones globales del trabajo realizado y proponiendo diversas líneas de trabajo a emprender en el futuro. ABSTRACT This thesis pursues the development and growth of hybrid solar cells -through Metal Organic Vapor Phase Epitaxy (MOVPE)- formed by III-V semiconductors on silicon substrates. This integration aims to provide an alternative to current III-V cells, which, despite hold the efficiency record for photovoltaic devices, their cost is, today, too high to be economically competitive to conventional silicon cells. Accordingly, the target of this project is to link the already demonstrated efficiency potential of III-V semiconductor multijunction solar cell architectures with the low cost and unconstrained availability of silicon substrates. Within the existing alternatives for the integration of III-V semiconductors on silicon substrates, this thesis is based on the metamorphic approach for the development of GaAsP/Si dual-junction solar cells. In this approach, the accommodation of the lattice mismatch is handle through the appearance of crystallographic defects (namely dislocations), which will be confined through the incorporation of a graded buffer layer. The resulting surface will have, on the one hand a good structural quality; and on the other hand the desired lattice parameter. Different research groups have been working in the last years in a structure similar to the one here described, being most of their efforts directed towards the optimization of the heteroepitaxial growth of III-V compounds on Si, with the primary goal of minimizing the appearance of crystal defects. However, none of these groups has paid much attention to the development and optimization of the bottom silicon cell, which, indeed, will play an important role on the overall solar cell performance. In this respect, the idea of this thesis is to complete the work done so far in this field by focusing on the design and optimization of the bottom silicon cell, to harness its efficiency. This work is divided into six chapters, organized according to the natural progress of the bottom cell development. After a brief introduction to the growth of III-V semiconductors on Si substrates, pointing out the different alternatives for their integration; we move to the experimental part, which is initiated by an extensive description and characterization of silicon substrates -the base of the III-V structure-. In this chapter, a comprehensive analysis of the different treatments (chemical and thermal) required for preparing silicon surfaces for subsequent epitaxial growth is presented. Next step on the development of the bottom cell is the formation of the p-n junction itself, which is faced in Chapter 3. Firstly, the optimization of the emitter configuration (in terms of doping and thickness) is handling by analytic models. This study includes a comparison between the different alternatives for the emitter formation, evaluating the advantages and disadvantages of each approach. After the theoretical design of the emitter, it is defined (through the modeling of the P-in-Si diffusion process) a practical parameter space for the experimental implementation of this emitter configuration. The characterization of these emitters through different analytical tools (i.e. ECV or SIMS) will validate and provide experimental support for the theoretical models. A side effect of the formation of the emitter by P diffusion is the roughening of the Si surface. Accordingly, once the p-n junction is formed, it is necessary to ensure that the Si surface is smooth enough and clean for subsequent phases. Indeed, the roughness of the Si must be carefully controlled since it will be the basis for the epitaxial growth. Accordingly, after quantifying (experimentally and by theoretical models) the impact of the phosphorus on the silicon surface morphology, different alternatives for the recovery of the surface are proposed in order to achieve a sub-nanometer roughness which does not endanger the quality of the incoming III-V layers. Moving a step further in the development of the Ill-V/Si structure implies to address the challenges associated to the GaP on Si nucleation. On the one hand, this layer will provide surface passivation to the emitter. In this sense, the growth of the III-V layer must be homogeneous and continuous so the Si emitter gets fully passivated, providing a minimal surface recombination velocity at the interface. On the other hand, the growth should be such that the appearance of typical defects related to the growth of a polar layer on a non-polar substrate is minimized. Chapter 5 includes an exhaustive study of the GaP on Si nucleation process, exploring different nucleation routines for achieving a high morphological and structural quality, which will be characterized by means of different microscopy techniques. Finally, an extensive study of the photovoltaic properties of the bottom cell and its evolution during key phases in the fabrication of a MOCVD-grown III-V-on-Si epitaxial structure (i.e. the formation of the bottom cell; and the growth of III-V layers) will be presented in the last part of this thesis. This study was conducted in collaboration with The Ohio State University, who has extensive experience in the growth of III-V materials on silicon. This thesis concludes by highlighting the overall conclusions of the presented work and proposing different lines of work to be undertaken in the future.

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El objetivo de este trabajo de investigación fue evaluar el efecto de la aplicación de lodos residuales procedentes de una planta de tratamiento de aguas residuales acondicionados como biosólido para el abonado de tres cultivos agrícolas. Esto se realizó a través del estudio de las variables de producción (desarrollo vegetal de cada cultivo) y de la comparación de las características de los suelos utilizados antes y después de los ensayos experimentales. A través de la investigación se confirmó la mejora en la calidad del suelo y mejor rendimiento de cultivo debido a los biosólidos procedentes de tratamiento de aguas residuales. Este trabajo de investigación de tipo descriptivo y experimental, utilizó lodos optimizados que fueron aplicados a tres cultivos agrícolas de ciclo corto. Fueron evaluados dos cultivos (sandía y tomate) bajo riego y un cultivo (arroz) en secano. En la primera fase del trabajo se realizó la caracterización de los lodos, para ellos se realizaron pruebas físico químicas y microbiológicas. Fue utilizado el método de determinación de metales por espectrometría de emisión atómica de plasma acoplado inductivamente, (ICP-AES) para conocer las concentraciones de metales. La caracterización microbiológica para coliformes totales y fecales se realizó utilizando la técnica del Número más probable (NMP), y para la identificación de organismos patógenos se utilizó el método microbiológico propuesto por Kornacki & Johnson (2001), que se fundamenta en dos procesos: pruebas presuntivas y prueba confirmativa. Tanto los resultados para la determinación de metales y elementos potencialmente tóxicos; como las pruebas para la determinación de microorganismos potencialmente peligrosos, estuvieron por debajo de los límites considerados peligrosos establecidos por la normativa vigente en Panama (Reglamento Técnico COPANIT 47-2000). Una vez establecido la caracterización de los lodos, se evalúo el potencial de nutrientes (macro y micro) presentes en los biosólidos para su potencial de uso como abono en cultivos agrícolas. El secado de lodos fue realizado a través de una era de secado, donde los lodos fueron deshidratados hasta alcanzar una textura pastosa. “La pasta de lodo” fue transportada al área de los ensayos de campo para continuar el proceso de secado y molida. Tres ensayos experimentales fueron diseñados al azar con cinco tratamientos y cuatro repeticiones para cada uno de los tres cultivos: sandía, tomate, arroz, en parcelas de 10m2 (sandía y tomate) y 20 m2 (arroz) para cada tratamiento. Tres diferentes dosis de biosólidos fueron evaluadas y comparadas con un tratamiento de fertilizante comercial y un tratamiento control. La dosis de fertilizante comercial utilizada en cada cultivo fue la recomendada por el Instituto de Investigación Agropecuaria de Panamá. Los ensayos consideraron la caracterización inicial del suelo, la preparación del suelo, semilla, y arreglo topográfico de los cultivos siguiendo las recomendaciones agronómicas de manejo de cultivo establecida por el Instituto de Investigación Agropecuaria. Para los ensayos de sandía y tomate se instaló el sistema de riego por goteo. Se determinaron los ácidos húmicos presentes en los cultivos, y se estudiaron las variables de desarrollo de cada cultivo (fructificación, cosecha, peso de la cosecha, dimensiones de tamaño y color de las frutas, rendimiento, y la relación costo – rendimiento). También se estudiaron las variaciones de los macro y micro nutrientes y las variaciones de pH, textura de suelo y MO disponible al inicio y al final de cada uno de los ensayos de campo. Todas las variables y covariables fueron analizadas utilizando el programa estadístico INFOSAT (software para análisis estadístico de aplicación general) mediante el análisis de varianza, el método de comparaciones múltiples propuesto por Fisher (LSD Fisher) para comparar las medias de los cultivares y el coeficiente de correlación de Pearson que nos permite analizar si existe una asociación lineal entre dos variables. En la evaluación de los aportes del biosólido a los cultivos se observó que los macronutrientes N y P se encontraban de los límites requeridos en cada uno de los cultivos, pero que los niveles de K estuvieron por debajo de los requerimientos de los cultivos. A nivel de la fertilización tradicional con fertilizante químico se observó que la dosis recomendada para cada uno de los cultivos del estudio estaba sobreestimada en los tres principales macronutrientes: Nitrógeno, Fosforo y Potasio. Contenían concentraciones superiores de N, P y K a las requeridas teóricamente por el cultivo. El nutriente que se aporta en exceso es el Fósforo. Encontramos que para el cultivo de sandía era 18 veces mayor a lo requerido por el cultivo, en tomate fue 12 veces mayor y en el cultivo de arroz, 34 veces mayor. El fertilizante comercial tuvo una influencia en el peso final y rendimiento final en cada uno de los cultivos del estudio. A diferencia, los biosólidos tuvieron una influencia directa en el desarrollo de los cultivos (germinación, coloración, tamaño, longitud, diámetro, floración y resistencia a enfermedades). Para el caso de la sandía la dosis de biosólido más cercana al óptimo para el cultivo es la mayor dosis aplicada en este ensayo (97.2 gramos de biosólido por planta). En el caso de tomate, el fertilizante comercial obtuvo los mejores valores, pero las diferencias son mínimas con relación al tratamiento T1, de menor dosis de biosólido (16.2 gramos de biosólido por planta). Los resultados generales del ensayo de tomate estuvieron por debajo del rendimiento esperado para el cultivo. Los tratamientos de aplicación de biosólidos aportaron al desarrollo del cultivo en las variables tamaño, color y resistencia a las enfermedades dentro del cultivo de tomate. Al igual que el tomate, en el caso del arroz, el tratamiento comercial obtuvo los mejores resultados. Los resultados finales de peso y rendimiento del cultivo indican que el tratamiento (T2), menor dosis de biosólido (32.4 gramos por parcela), no tuvo diferencias significativas con los resultados obtenidos en las parcelas con aplicación de fertilizante comercial (T1). El tratamiento T4 (mayor dosis de biosólido) obtuvo los mejores valores para las variables germinación, ahijamiento y espigamiento del cultivo, pero al momento de la maduración obtuvo los menores resultados. Los biosólidos aportan nutrientes a los cultivos y al final del ensayo se observó que permanecen disponibles en el suelo, aportando a la mejora del suelo final. En los tres ensayos, se pudo comprobar que los aportes de los biosólidos en el desarrollo vegetativo de los cultivos. También se encontró en todos los ensayos que no hubo diferencias significativas (p > 0.05) entre los tratamientos de biosólidos y fertilizante comercial. Para obtener mejores resultados en estos tres ensayos se requeriría que a la composición de biosólidos (utilizada en este ensayo) se le adicione Potasio, Calcio y Magnesio en las cantidades requeridas por cada uno de los cultivos. ABSTRACT The objective of this investigation was to evaluate the effect of residual sewage sludge obtained from the residual water of a treatment plant conditioned as Biosolid used on three reliable agricultural crops. The effect of the added sewage sludge was evaluated through the measurement of production variables such as crop plant development and the comparison of the soil characteristics used before and after the experimental tests. This investigation confirmed that biosolids from wastewater treatment can contribute to the growth of these crops. In this experimental approach, optimized sludge was applied to three short-cycle crops including two low-risk crops (watermelon and tomato) and one high-risk crop (rice) all grown on dry land. In the first phase of work, the characteristics of the sludge were assessed using chemical, physical and microbiological tests. The concentrations of metals were determined by atomic emission spectrometry inductively coupled plasma, (ICP-AES). Microbiological characterization was performed measuring total coliform and fecal count using the most probable number technique (NMP) and microbiological pathogens were identified using Kornacki & Johnson (2001) method based on two processes: presumptive and confirmatory tests. Both the results for the determination of metals and potentially toxic elements, as testing for the determination of potentially dangerous microorganisms were below the limits established by the applicable standard in Panama (Technical Regulate COPANIT 47-2000). After the metal and bacterial characterization of the sludge, the presence of macro or micronutrients in biosolids was measured to evaluate its potential for use as fertilizer in the growth of agricultural crops. The sludge was dehydrated via a drying process into a muddy slurry. The pulp slurry was transported to the field trial area to continue the process of drying and grinding. Three randomized experimental trials were designed to test with five treatment regimens and four replications for each of the crops: watermelon, tomato, rice. The five treatment regimens evaluated were three different doses of bio solid with commercial fertilizer treatment control and no fertilizer treatment control. Treatment areas for the watermelon and tomato were 10m2 plots land and for rice was 20m2. The amount of commercial fertilizer used to treat each crop was based on the amount recommended by Agricultural Research Institute of Panama. The experimental trials considered initial characterization of soil, soil preparation, seed, and crop topographical arrangement following agronomic crop management recommendations. For the tests evaluating the growth of watermelons and tomatoes and drip irrigation system was installed. The amount of humic acids present in the culture were determined and developmental variable of each crop were studied (fruiting crop harvest weight, size dimensions and color of the fruit, performance and cost effectiveness). Changes in macro and micronutrients and changes in pH, soil texture and OM available were measured at the beginning and end of each field trial. All variables and covariates were analyzed using INFOSAT statistical program (software for statistical analysis of general application) by analysis of variance, multiple comparisons method as proposed by Fisher (LSD Fisher) to compare the means of cultivars and the Pearson ratio that allows us to analyze if there is a linear association between two variables. In evaluating the contribution of biosolids to agricultural crops, the study determined that the macronutrients N & P were within the requirements of crops, but K levels were below the requirements of crops. In terms of traditional chemical fertilizer fertilization, we observed that the recommended dose for each study crop was overestimated for the three major nutrients: nitrogen, phosphorus and potassium. Higher concentrations containing N, P and K to the theoretically required by the crop. The recommended dose of commercial fertilizer for crops study contained greater amounts of phosphorus, crops that need. The level of phosphorous was found to be18 times greater than was required for the cultivation of watermelon; 12 times higher than required for tomato, and 34 times higher than required for rice cultivation. Phosphorus inputs of commercial fertilizer were a primary influence on the weight and performance of each crop. Unlike biosolids had a direct influence on crop development (germination, color, size, length, diameter, flowering and disease resistance). In the case of growth of watermelons, the Biosolid dose closest to the optimum for cultivation was applied the highest dose in this assay (97.2 grams of bio solids per plant). In the case of tomatoes, commercial fertilizer had the best values but the differences were minimal when compared to treatment T1, the lower dose of sewage sludge (Biosolid 16.2 grams per plant). The overall results for the tomato crop yield of the trial were lower than expected. Additionally, the application of biosolids treatment contributed to the development of fruit of variable size, color and disease resistance in the tomato crops. Similar to the tomato crop, commercial fertilizer treatment provided the best results for the rice crop. The final results of weight and crop yield for rice indicated that treatment with T2 amount of biosolids (34.2 grams per plot) was not significantly different from the result obtained in the application plot given commercial fertilizer (T1). The T4 (higher dose of bio solid) treatment had the best values for the germination, tillering and bolting variables of the rice crop but for fruit ripening yielded lower results. In all three trials, biosolids demonstrated the ability to contribute in the vegetative growth of crops. It was also found in all test no significant differences (p>0.05) between treatment of bio solid and commercial fertilizer. Biosolids provided nutrients to the crops and even at the end of the trial remained available in the ground soil, contributing to the improvement of the final ground. The best results from these three trials is that the use of bio solids such as those used in this assay would require the addition of potassium, calcium and magnesium in quantities required for each crop.

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As contaminações por leveduras selvagens e por bactérias no processo de produção de etanol combustível no Brasil causam prejuízos ao rendimento fermentativo e aumento de custos pelo uso de biocidas. No entanto, poucos estudos tem focado no efeito das contaminações conjuntas de leveduras selvagens e bactérias e as possíveis interações entre os micro-organismos, especialmente em função dos diferentes substratos de fermentação e das formas de controle. Este trabalho teve por objetivos verificar o efeito do substrato (caldo de cana e melaço) sobre o desenvolvimento das contaminações pela levedura da espécie Dekkera bruxellensis e pela bactéria Lactobacillus fermentum, em co-culturas com Saccharomyces cerevisiae (linhagem industrial PE-2) e possíveis formas de controle do crescimento dos contaminantes (pelo uso de metabissulfito de potássio e adição de etanol ao tratamento ácido) sem afetar a levedura do processo. Os testes foram realizados em condições de crescimento (substrato com 4 °Brix, culturas agitadas) e fermentação com reciclo celular (substrato com 16 °Brix, culturas estáticas). Houve interação entre as leveduras e a bactéria quando crescidas em caldo de cana 4 °Brix. A levedura industrial não foi afetada pela presença dos micro-organismos contaminantes, no entanto, para D. bruxellensis a presença de L. fermentum interferiu positivamente no crescimento, com aumento no número de UFC, e consequentemente inibição do crescimento da bactéria. Em melaço, houve um estímulo ao crescimento de L. fermentum quando em co-cultura com S. cerevisiae. Houve influência das contaminações sobre os parâmetros avaliados no experimento (pH, açúcar redutor total, etanol, glicerol e crescimento das células) e a contaminação conjunta de L. fermentum e D. bruxellensis potencializou o efeito das contaminações pelos micro-organismos isoladamente, tanto em caldo quanto em melaço. A adição de 13% de etanol à solução de ácido sulfúrico pH 2,0 no tratamento celular resultou em uma diminuição significativa no número de UFC de D. bruxellensis (entre 90-99%). A levedura PE-2 foi pouco afetada pelo tratamento proposto. A bactéria L. fermentum teve seu crescimento afetado em todas as combinações testadas. Como os experimentos foram feitos em co-culturas, verificouse que pode haver influência de um micro-organismo sobre a viabilidade do outro, dependendo da reação ao tratamento ácido-etanol. O metabissulfito de potássio (MBP), no intervalo entre 200-400 mg/L, foi eficaz para controlar o crescimento de D. bruxellensis dependendo do meio de cultura e linhagem. Quando adicionado (250 mg/L) à solução ácida (pH 2,0) no tratamento celular, um efeito significativo foi observado nas culturas mistas, pois ocorreu a inativação do SO2 pela S. cerevisiae e uma provável proteção das células de D. bruxellensis, não sendo essa levedura prejudicada pelo MBP. A resposta fisiológica de S. cerevisiae na presença de MBP pode explicar a diminuição significativa na produção de etanol. Quando o MBP foi adicionado ao meio de fermentação, resultou no controle da D. bruxellensis mas não em sua morte, com efeito menos intensivo sobre a eficiência fermentativa. Em cocultura com a adição de MBP, a eficiência fermentativa foi significativamente menor do que na ausência de MBP.

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Este estudo avaliou a eficiência da oleuropeína (OLE) (composto fenólico extraído das folhas de Oliveira) isolada e associada aos sanitizantes comerciais ácido peracético 2% (APA), hipoclorito de sódio 2% (HS), peróxido de hidrogênio 3% (PH), digluconato de clorexidina 2% (DC), cloreto de benzalcônio 1% (CB) e iodofor 2% (IO), para inativação de células em suspensão e biofilmes monoespécie e multiespécie formados em superfícies de aço inoxidável ou microplaca de poliestireno por Listeria monocytogenes (ATCC 7644), Staphylococcus aureus (ATCC 25923) e Escherichia coli (ATCC 25922), todas classificadas como fortes produtores de biofilmes. Os isolados foram semeados em caldo TSB (caldo tripticase soja), incubados (37°C/24h) e corrigidos a ~108células/mL (escala 0,5 McFarland). Para bactérias em suspensão, a resistência a sanitizantes foi determinada pela Concentração Inibitória Mínima (CIM) em tubos e pelo método de Disco Difusão em Ágar (DDA), no qual as bactérias foram plaqueadas em ágar TSA contendo discos de 6mm de papel filtro embebidos nos sanitizantes. Após a incubação, a medição dos halos de inibição foi feita com paquímetro. Para os ensaios de resistência dos biofilmes aos compostos sanitizantes, foram utilizadas microplacas de poliestireno 96 poços, as quais foram preparadas para incubação-fixação dos biofilmes e submetidas à leitura em espectrofotômetro de ELISA (600 nm). Em seguida, as placas foram lavadas com solução salina tamponada (PBS, pH 7.4) e os sanitizantes inseridos por 1 minuto. Após neutralização com tiossulfato de sódio (5 minutos), as placas foram lavadas com PBS e metanol, coradas com cristal violeta 1% e coradas com ácido acético glacial (33%) para nova leitura a 570nm. A eficácia da remoção do biofilme pelos sanitizantes foi comparada pelo índice de formação de biofilme (IFB). As imagens do aço inoxidável após tratamento com sanitizante foram feitas através de Microscopia Eletrônica de Varredura (MEV) e Microscopia Confocal, para visualizar a persistência dos biofilmes. Os valores de CIM (diluição 1:2) mostraram que OLE não teve atividade bactericida. No método DDA, L. monocytogenes, foi resistente à OLE, enquanto E. coli e S. aureus apresentaram resistência intermediária. Os sanitizantes comerciais apresentaram boa atividade bactericida nos ensaios de CIM e DDA, sendo que as associações de OLE aos sanitizantes comerciais aumentaram o efeito germicida. Nos ensaios com biofilmes em monoespécie, somente os sanitizantes comerciais, isolados ou associados com OLE, foram eficazes de reduzir o valor de BFI em microplaca de poliestireno. Em biofilmes multiespécie, OLE apresentou efeito antimicrobiano, sobretudo sobre a associação de L. monocytogenes + E. coli + S. aureus (redução: 91,49%). Nenhum dos compostos avaliados foi capaz de inativar completamente os biofilmes nas superfícies de aço inoxidável, uma vez que células viáveis foram observadas após os tratamentos com os sanitizantes, indicando persistência dos biofilmes. Os resultados indicam que a oleuropeína apresentou potencial para incrementar o efeito bactericida de sanitizantes comerciais para eliminação de biofilmes em superfícies inertes, sendo necessários estudos para compreender os mecanismos de ação dessas combinações.

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Tese de mestrado, Medicina Legal e Ciências Forenses, Universidade de Lisboa, Faculdade de Medicina, 2016

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Quattro sistemi pilota, cilindrici, rappresentanti SFS a flusso verticale sono stati adoperati in parallelo per attività di ricerca. Il refluo trattato, defluente dalla sede di Ingegneria di via Terracini e classificabile come urbano, è stato immesso negli SFSV a valle di una sedimentazione primaria. Segue una breve descrizione dei sistemi. 1. VFF - Vertical Flow Filter - Reattore assimilabile ad un filtro a sabbia; 2. VFCWW - Vertical Flow Constructed Wetland with worms - Reattore dotato sia di piante (tipologia Phragmites Australis) sia di vermi (lombrichi); 3. VFCW - Vertical Flow Constructed Wetland - Reattore dotato di piante (tipologia Phragmites Australis); 4. VFFW - Vertical Flow Filter with worms - Reattore assimilabile ad un filtro a sabbia dotato di vermi (lombrichi). Il rendimento offerto da ciascun sistema è stato calcolato sulla base dei risultati forniti dalle analisi eseguite in laboratorio su campioni prelevati in input ed output da ciascun reattore. L'obiettivo dello studio è stato quello di valutare l'efficienza dei sistemi in relazione ai parametri misurati (azoto e fosforo totale, solidi sospesi, COD, ione ammoniacale, ortofosfato).

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Los cultivos de cobertura (CC) constituyen una práctica conservacionista actualmente revalorizada a nivel local e internacional. En la Región Pampeana surgen como una alternativa para compensar, al menos parcialmente, los efectos negativos del monocultivo de soja. En siembra directa aún se desconocen los efectos de esta práctica sobre algunas propiedades y procesos físico-químicos y biológicos del suelo. En esta tesis se llevaron a cabo experimentos de campo en el Oeste de la Región Pampeana para evaluar la descomposición de biomasa y liberación de distintas fracciones de fósforo (P) desde los residuos y las propiedades físicas de suelo en distintos momentos de la secuencia Soja/CC. Los CC incrementaron el carbono orgánico, la actividad y biomasa microbiana (13-53 por ciento) de la capa superficial del suelo y estimularon la descomposición de residuos de soja (7,3 por ciento). Los residuos de los CC liberaron cantidades agronómicamente significativas de P (5-16 kg ha-1) durante el período de crecimiento de soja, a la vez que mantuvieron elevados niveles de cobertura (1200 - 4500 kg ha-1). Una parte importante del P liberado inicialmente (53-100) proviene de la fracción inorgánica, cuya liberación estaría parcialmente desacoplada del proceso de descomposición. Las tasas empíricas de liberación de las fracciones de P podrían ser incorporadas en modelos de predicción de la contribución del P de los residuos a la disponibilidad del P del suelo. Los CC cuyas raíces fueron más gruesas incrementaron la macroporosidad y la tasa de infiltración del suelo. Las propiedades físicas presentaron variaciones temporales independientemente del efecto de los tratamientos. La cantidad y calidad de los residuos aéreos, así como las características del sistema radical de cada especie de CC regularían su efectividad en el mantenimiento de la cobertura y el mejoramiento de las propiedades físicas del suelo, que, en última instancia, contribuyen a la conservación del recurso.

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En este trabajo se presenta la descripción e investigación en la evaluación de vetiver (Chrysopogon zizanioides) y la elefanta (Pennisetum purpureum) en el diseño de humedales artificiales. Para el tratamiento de aguas residuales de origen doméstico, siendo la vegetación uno de los principales componentes de estos sistemas de tratamientos no convencionales. Muchos \sistemas naturales" están siendo considerados con el propósito del tratamiento del agua residual y control de la contaminación del agua, debido a su alta fiabilidad ambiental y los bajos costos de construcción y mantenimiento, es el caso de los humedales artificiales. El interés en los sistemas naturales está basado en la conservación de los recursos asociados con estos sistemas como opuesto al proceso de tratamiento convencional de aguas residuales que es intensivo respecto al uso de energía y químicos. Los wetlands o humedales artificiales constituyen una alternativa de tratamiento debido a su alta eficiencia de remoción de contaminantes, a su bajo costo de instalación y mantenimiento y a su alta fiabilidad ambiental, generalmente un humedal artificial esta constituido por un medio de soporte el cual generalmente es arena o grava, vegetación y microorganismos o biopelícula los cuales llevan los diferentes procesos bioquímicos para remover los contaminantes del afluente. El objetivo general de este trabajo ha sido: Evaluar la eficiencia de remoción de materia orgánica, sólidos, nitrógeno y fósforo total de dos especies de plantas: vetiver (Chrysopogon zizanioides) y la elefanta (Pennisetum purpureum), en el diseño de humedales artificiales para el tratamiento de aguas residuales de origen doméstico. Los humedales artificiales o sistemas pilotos, se encuentran ubicados en la universidad de Medellín y reciben una preparación de agua sintética, que asemeja a las características de un agua residual de origen doméstico. En el presente trabajo se evalúa el porcentaje de remoción de la carga orgánica de aguas residuales, en un sistema de tratamiento por humedales artificiales con dos especies vegetales. El sistema fue diseñado con tres módulos instalados de manera adjunta. En el primero no se integra ninguna especie vegetal, solo el medio de sustrato el cual constituye el blanco (-), en el segundo se integraron organismos de la especie vetiver (Chrysopogon zizanioides), en el tercer sistema piloto, organismos de la especie elefanta (Pennisetum purpureum) y en el cuarto organismos de la especie papiro japones (Cyperus alternifolius), los cuales constituyen el control positivo (+). Los módulos experimentales fueron limpiados, cortados y adecuados acorde al montaje inicial de las plantas y al espacio requerido para su disposición. A cada sistema piloto se le agrega medio de soporte constituido por grava (5 a 10 cm) y arena (15 a 20 cm), el sustrato es evaluado y caracterizado por su diámetro nominal, posterior en cada sistema se siembran las especies en un área de 3x3 y cada humedal por dos semanas se adecua bajo la solución de Hoagland y Arnon y régimen de humedad. En el agua sintética se analizaron los siguientes parámetros: pH, sólidos totales, sólidos suspendido totales, sólidos disueltos totales, demanda química de oxígeno (DQO), demanda bioquímica de oxígeno (DBO5), nitrógeno total (NTK) y fosforo total (PT). También se realizó la determinación del crecimiento de las plantas a partir del incremento de biomasa, porosidad de la raíz y de igual forma se determina NTK y PT. Los resultados demostraron que el sistema es una opción para la remoción de la carga orgánica y de nutrientes en aguas residuales de origen doméstico, de bajo costo de operación y mantenimiento, especialmente se observa que las plantas que crecen en sistemas de régimen de humedad ácuico y ústico, tienden a tener una mayor recepción y adaptación en los humedales artificiales pilotos, es el caso de la elefanta (Pennisetum purpureum), el cual presenta las más altas tasas de remoción de contaminantes y nutrientes en el afluente, seguido por el papiro japonés (Cyperus alternifolius) y el vetiver (Chrysopogon zizanioides), respecto a tasas de remoción. La remoción de contaminantes que se presentan más altos respectivamente, constituyen sólidos en primera instancia, seguido por la demanda bioquímica de oxigeno (DBO5), demanda química de oxígeno (DQO), nitrógeno total (NTK) y fósforo total (PT), estos últimos presentan una baja tasa de remoción, debido a la naturaleza misma del contaminante, a los organismos que realizan la remoción y absorción y al tiempo de retención que se elige, el cual influye en la tasa de remoción del contaminante siendo menor en la concentración de fósforo, pero se encuentranen el rango esperado para estos sistemas de tratamiento no convencionales.

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Resumen El presente artículo es una revisión de la Hipocalcemia Puerperal Bovina en el cual se estudia la fisiopatología,los mecanismos reguladores del Ca, control hormonal, factores que influyen en la homeostasis sanguínea del Ca, factores predisponentes, desarrollo de la enfermedad, medidas profilácticas y pérdidas económicas

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Los niveles de glucosa , calcio, fósforo y magnesio, son los que más variación tienen en las primeras horas de vida en todos los recién nacidos, los mismos que son más pronunciados en los niños de bajo peso al nacer. Estos cambios son estudiados en 30 recién nacidos de peso adecuado y 30 recién nacidos de peso bajo, en el Hospital Vicente Corral Moscoso, en 1994, al nacimiento y a las seis horas de vida. Los niños con peso inferior a 2500 gramos fueron catalogados como niños de peso bajo al nacer, y los pesos superiores a este valor fueron adecuados. Todos los niños fueron a término, con Apgar >- 7, y sin patología ni malformaciones congénitas. Los niños que no cumplían con estas características fueron excluidos del estudio. Se estudiaron además la edad de la madre, enfermedades durante el embarazo, el uso de drogas intraparto, paridad y procedencia de la madre y sexo del recien nacido; variantes que no incidieron significativamente en los cambios metabólicos estudiados. La glucosa fue el elemento que más variación presentó a las seis horas con cifras importantes de hipoglicemia y porcentajes superiores a otros estudios. El calcio y el magnesio disminuyen sus niveles a las seis horas de vida, en porcentajes similares a la literatura, siendo estas disminuciones más frecuentes en el niño de peso bajo; sin que sean estadísticamente significativas. El fósforo fue el elemento estudiado más estable, posiblemente porque este mineral necesita más de seis horas para presentar que variaciones séricas

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O objetivo da simulação é confrontar os instruendos com situações que permitam recriar as condições mais próximas da realidade, para que o processo de aprendizagem possa atingir os objetivos da formação. As polícias estrangeiras já utilizam simuladores nas áreas do ensino da condução, tiro, inativação de engenhos explosivos e fiscalização rodoviária. Cada equipamento ensina e desenvolve as capacidades dos agentes policiais, que por sua vez, contribui para a promoção da eficácia policial. Este estudo estabelece a ligação entre os conceitos de simulação e de formação no sentido de tentar desenvolver as linhas orientadoras da formação policial da GNR com recurso à simulação. Abstract: The intent of simulations is to immerse trainees in situations wich provide to recreate conditions similar to reality, for the purpose that the training process would reach training objectives. Law enforcement agencies abroad already use simulators for driver training, shooting, explosive ordinance disposal and road and transport enforcement. Each equipment teaches and enhance skills of individual officers which, in turn, will contribute to promote police effectiveness. This study aims to link the concepts of simulation and training in order to develop the guidelines of the GNR police training using simulators.