273 resultados para riqualificare, sostenibilità
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Riqualificare un’area come quella delle ex officine del gas a Bologna significa confrontarsi inevitabilmente con tre sistemi antitetici che vivono in maniera isolata all’interno del tessuto urbano: il centro storico, la periferia, la ferrovia. La sfida principale del progetto è stata quella di mettere a sistema questi tre mondi attraverso pochi segni, molto chiari che nascono dalla lettura delle tracce urbane esistenti. Partendo da un’area specifica, ovvero l’attuale sede dell’Hera, il progetto ha poi subito un ampliamento planimetrico quasi naturale, andando ad inglobare altri brani di città. Al tema iniziale della riqualificazione urbana, molto vasto di per sè, si sono aggiunti quelli dell’inclusione della ferrovia all’interno di un sistema architettonico più ampio, il potenziamento del collegamento tra centro storico e periferia e la sistemazione di Porta Mascarella. Leggere l’area limitandola ai suoi confini precostituiti avrebbe portato ad un progetto isolato, e non avrebbe contribuito ad una vero cambiamento ma solo ad aggiungere nella città un altro episodio che sarebbe andato a sommarsi agli altri che costellano Bologna. Il progetto mostra il tentativo di ordinare il caos che caratterizza diversi isolati del XX secolo attraverso un impianto architettonico di inclusione della ferrovia. Il carattere di questo sistema viene delineato dalla composizione di due architetture urbane, pensate come quinte sceniche della città, due elementi fissi sui quali si attestano diverse situazioni di Bologna.
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Il presente lavoro si pone come conclusione del Laboratorio di Sintesi “Riqualificare la città del dopoguerra”, nel corso del quale si sono condotte analisi sulla città di Ravenna con una attenzione particolare al suo asse stradale ‘Via di Roma’ e ai possibili scenari di riqualificazione dei suoi spazi pubblici. L’intento di questo lavoro è, dunque, rigenerare gli spazi pubblici dei quartieri risalenti al periodo del ‘dopoguerra’– i quali si trovano lungo l’asse di Via di Roma – intervenendo direttamente su di essa con un progetto che si ponga in continuità con la città esistente e che abbia l’obiettivo di migliorarne qualitativamente alcuni suoi aspetti, senza di fatto voler modificare le preesistenze architettoniche.La strategia di riqualificazione dell’area si sostanzia in una focalizzazione del progetto sugli spazi pubblici. È proprio la fruizione di questi luoghi, unitamente all’attaccamento ad essi da parte della collettività, ad aver guidato e motivato l’intervento. Esso è, dunque, concepito come un sistema unitario, in quanto elemento che uniforma Via di Roma, che tuttavia non ignora la tripartizione di questa area. È infatti possibile indentificare nell’intervento due diverse tipologie di azioni, dettate dal contesto cittadino circostante. A nord e a sud viene preso in considerazione il tessuto periferico progettato e costruito nel ‘dopoguerra’, mentre nella parte di città compresa tra le porte l’intervento mira a valorizzare la posizione centrale rispetto al nucleo Romano originale. Ne risulta una suddivisione del paesaggio urbano simmetrica rispetto al centro storico ed in armonia con la pre-esistente tripartizione sopra menzionata.
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Il concetto di agricoltura biologica in Europa esisteva già da prima che la Comunità Europea promulgasse un regolamento in materia. Già nel 1946, infatti, seguendo le teorie di Steiner e l’operato della Soil Association, si diffuse l’idea di come una gestione alternativa al convenzionale utilizzo intensivo dei terreni, potesse garantire una produzione sostenibile, salvaguardando ambiente, fertilità del suolo e biodiversità. A seguito di ciò, infatti, nacque il primo disciplinare privato tra produttori afferenti l’associazione inglese. Successivamente, altri disciplinari privati si diffusero in tutta Europa, che vedrà anche nascere IFOAM, una organizzazione tesa a garantire l’armonizzazione dei principi e degli obiettivi della disciplina biologica adottata dai diversi disciplinari privati nei diversi Stati. La CE intervenne promulgando dapprima il Reg CE 2092/91, a cui è seguito l’attuale Reg. UE 834/07, un importante caposaldo legislativo nel quale si estende l’applicazione a produzioni prima esclusi e si allineano in modo mirato gli obbiettivi e gli scopi originari. Più recentemente, la costante evoluzione dimensionale del settore, l’entrata in vigore di piani di sostenibilità e le criticità riscontrate per alcuni aspetti nell’attuale regolamento aprirono di fatto la strada ad un iter di revisione e di lavori istituzionali sfociati, il 30/05/18, nell’entrata in vigore del nuovo Reg. 848/18 in applicazione a partire da gennaio 2022. Il presente lavoro si prefigge di analizzare l’evoluzione della normativa relativa all’agricoltura biologica ponendo in risalto le ragioni che hanno portato alle recenti modifiche ed illustrando alcune delle novità più importanti introdotte dal REG UE 848/18, fra i quali le eccezioni al disciplinare biologico, la certificazione di gruppo, il principio di conformità in materia di importazioni e soprattutto l’allargamento del campo d’applicazione a nuovi prodotti non più strettamente connessi al settore alimentare
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Negli ultimi anni la gestione del suolo in viticoltura si è evoluta fino a divenire uno strumento chiave per incrementare la sostenibilità dell’ecosistema vigneto e dei comprensori viticoli. Il lavoro di tesi ha investigato diverse strategie di gestione del suolo, incentrate sulla semina autunnale, con modalità ed epoche differenti, di trifoglio brachicalicino nel sottofila, e di sulla, orzo, segale, nell’interfilare. Gli esperimenti sono stati condotti in condizioni ambientali e colturali diverse, in tre vigneti della Romagna, allo scopo di ridurre l’impiego sensibilmente l’impiego di pesticidi e fertilizzanti, incrementare la biodiversità, migliorare la salute, in un contesto di transizione agroecologica. La tesi ha previsto attività formative finalizzate all’acquisizione di conoscenze e competenze sul pascolo ovino con l’obiettivo di introdurre tale pratica nei vigneti che hanno ospitato la sperimentazione. Sono stati condotti rilievi sulla composizione floristica, rilievi vegetativi sulle viti, osservazioni al microscopio ottico su sezioni di tralci, osservazioni sugli animali. I primi dati sperimentali evidenziano le potenzialità delle strategie agroecologiche adottate e la rilevanza della conoscenza per superare la dipendenza da pesticidi e fertilizzanti nella prospettiva di progettare, gestire e disseminare sistemi agrari complessi e arricchire la formazione universitaria attraverso il pensiero sistemico.
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L’utilizzo di biomasse come fonte di chemicals nell’industria chimica mira a rendere più sostenibili i processi industriali e i materiali prodotti. In particolare, l’acido crotonico (AC), impiegato come building block nella produzione di vernici e rivestimenti, è prodotto tradizionalmente da fonti fossili. La domanda globale ammonta a circa 1000 tonnellate ed è in continuo aumento, rendendo prioritaria l’individuazione di una sintesi alternativa e sostenibile. In questo studio, l’analisi del ciclo di vita (life cycle assessment, LCA) è stata applicata per stimare la carbon footprint e la domanda cumulativa di energia relative ad una sintesi innovativa dell’AC, basata sulla conversione termica di un precursore derivato da biomasse di scarto. In particolare, il processo prevede l’applicazione di un trattamento termochimico a poli-idrossi-butirrati (PHB) prodotti da colture batteriche miste a valle del processo B-PLAS. Sono stati modellati due scenari comparativi con l’obiettivo di (i) valutare la sostenibilità ambientale della sintesi alternativa nella tecnologia B-PLAS, considerando una condizione “base” di processo (con un contenuto di PHB pari al 30% nello slurry in ingresso al processo) e una “ottimale” (con un contenuto di PHB pari al 60%); (ii) confrontare gli impatti ambientali del processo di sintesi alternativo per entrambi gli scenari con quelli di sintesi dell’AC da fonti fossili. I risultati dell’LCA mostrano che nel processo B-PLAS, giunti alla produzione dello slurry (fango) arricchito in PHB, si possono avere due strade equivalenti estraendo i PHB o convertendoli in AC con una lieve preferenza per il processo estrattivo (0.71MJ/kgslurry vs 1.11MJ/kgslurry) nella condizione di base e (0.69MJ/kgslurry vs 1.17MJ/kgslurry) in quella ottimale. Estendendo la comparazione alla produzione dell’AC da fonti fossili, quello bioderivato comporta un impatto ambientale ampiamente inferiore, stimato in 159.6 MJ/kgAC e 204.6 MJ/kgAC per gli scenari “base” e “ottimale”.
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Riqualificare gli spazi dimenticati della periferia bolognese significa confrontarsi con problematiche cittadine fino ad ora mai affrontate.L’area militare di Santa Viola rappresenta in pieno questa situazione e racchiude al suo interno un contesto completamente distaccato dal resto del quartiere, cristallizzato nel tempo a causa del suo muro di recinzione; intervenire in un contesto così distaccato dal contesto rappresenta una sfida per chiunque ci si voglia avvicinare. Le recenti proteste contro il disboscamento dell’area ovest dei Prati di Caprara e l’urbanizzazione intensiva di quest’ultima hanno fornito spunti importanti su quale fosse la strada migliore da perseguire. Il progetto propone la realizzazione di un nuovo complesso pubblico che diventi portavoce della relazione, al giorno d’oggi frammentato, fra centro abitato e le aree verdi che lo circondano, e lo fa attraverso una rete di percorsi ciclopedonali semplici, in stretta connessione con i nuovi sistemi di mobilità pubblica, in particolare la tramvia e la stazione ferroviaria previsti dal PUMS di Bologna. Col fine di portare nuova linfa vitale al quartiere, l’area diventerà un nuovo polmone verde fruibile dalla cittadinanza, ospitando al suo interno la nuova scuola di Design ed il museo della memoria per la strage del 2 agosto. Il grande spazio di carattere pubblico genera un corridoio verde che parte del parco fluviale e giunge in prossimità di Porta San Felice, congiungendo sia idealmente che fisicamente il nuovo polo attrattore del quartiere a quelli già presenti in zona: la fondazione MAST e l’Opificio Golinelli.Insieme collaborano per restituire una nuova immagine al quartiere Santa Viola, culturalmente attiva e strattamente connessa alla città storica.
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In questo lavoro di tesi sono stati analizzati campioni di orate (Sparus aurata) da acquacoltura allevate con differenti diete, commerciali o innovative, con lo scopo di verificare se le diverse formulazioni dei mangimi hanno un effetto sul profilo molecolare dei pesci. A tal proposito, è stata utilizzata la spettroscopia di Risonanza Magnetica Nucleare (1H NMR) accoppiata ad un approccio metabolomico poiché, rispetto ad altre tecniche, consente la determinazione simultanea di un’ampia classe di metaboliti che caratterizzano il campione attraverso la generazione di spettri che contengono un ampio spettro di informazioni. Questo lavoro di tesi si sposa bene con l’attuale tendenza di sviluppo dell’acquacoltura, che viene vista come uno strumento interessante per fornire cibo e migliorare la sicurezza alimentare, ma allo stesso tempo esso è in accordo anche con la sempre più elevata attenzione verso sostenibilità, qualità e conformità alle richieste dei consumatori, che sono oggi le principali tendenze nel settore alimentare. Negli ultimi anni si è assistito ad un ampio sviluppo dell’acquacoltura e questo ha portato alla necessità di ricercare strategie per migliorare l’efficienza, la produttività, ma anche la sostenibilità di questi sistemi. Questo ha condotto ad un elevato aumento delle ricerche riguardanti questi aspetti dell’acquacoltura, e l’impatto che la dieta ha sul metabolismo dei pesci è uno di questi. I dati spettroscopici sono stati interpretati attraverso analisi statistica multivariata, nello specifico attraverso l’analisi delle componenti principali, PCA, per individuare eventuali differenze significative tra i tre gruppi a seguito della diversa tipologia di alimentazione. Dal presente lavoro di tesi è stato possibile concludere che i campioni vengono distribuiti e classificati in funzione della dieta. Inoltre, è stato possibile individuare i metaboliti che maggiormente determinano questa separazione.
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Nell’elaborato viene studiato il fenomeno dell’incidentalità singola delle utenze deboli sulla strada (perdita di controllo, scivolamento ecc..ecc..), con particolare enfasi nell’analizzare le conseguenze traumatiche dovute all’impatto con la superficie stradale. Una nuova tecnologia viene sviluppata per rendere le pavimentazioni di piste ciclabili, marciapiedi e zone pedonali con capacità di assorbimento degli impatti, prevenendo, o riducendo drasticamente, la probabilità e entità di eventi traumatici a seguito di una caduta. Attraverso una stesa di prova avvenuta ad Imola (BO), si sono analizzate e risolte le problematiche dovute alle discrepanze riscontrate fra “costruzione” in laboratorio e costruzione nella realtà urbana. La nuova tecnologia, infatti, è stata studiata come “construction-friendly”, permettendo alle società di costruzione e pavimentazione di stendere il nuovo manto protettivo con strumenti e macchinari tradizionali. Infine l’asfalto modificato è stato testato nei laboratori svedesi del KTH – Royal Institute of Technology per provarne l’efficacia in termini di assorbimento degli impatti. Nel “Drop Impact Test”, test specifico per l’approvazione dei caschi protettivi da bicicletta, l’asfalto modificato ha performato ben al di sotto della soglia di approvazione dei caschi da ciclista, e si colloca in un range di valore di accelerazione lineare perfino al di sotto della soglia di “Low Risk of Injuries”. La nuova tecnologia, inoltre, fa utilizzo di gomma granulata riciclata da pneumatici fuori uso. Tale dettaglio conferisce maggiore sostenibilità al progetto: oltre all’utilizzo di legante a freddo, che diminuisce le emissioni di CO2, e di incentivare l’utilizzo della mobilità dolce attraverso una più sicura rete infrastrutturale, l’utilizzo di gomma riciclata dà nuova vita al materiale che altrimenti andrebbe in discarica e prolunga, così, la vita utile del materiale.
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Caviro Extra è un’azienda con sede a Faenza, impegnata nella lavorazione dei sottoprodotti derivanti dalla vinificazione e nella produzione di energia sostenibile ottenuta sia dai propri scarti di lavorazione che da rifiuti agroalimentari di aziende terze. Lo stabilimento svolge autonomamente il trattamento dei reflui abbattendo le sostanze inquinanti e permettendo così lo scarico in pubblica fognatura. Lo scopo della tesi è quello di studiare la fattibilità, tramite lo studio bibliografico, dell’implementazione di un bioreattore aerobico a membrana (MBR) come soluzione impiantistica atta a fronteggiare l’alto carico idraulico ed ammoniacale gestito durante il periodo della campagna di vinificazione. In un’ottica di sostenibilità ambientale si è presentato un secondo scopo , cioè quello di andare a recuperare le acque reflue tramite osmosi inversa. Dallo studio di letteratura scientifica riguardo la capacità di nitrificazione del bioreattore a membrana si hanno risultati favorevoli. Indicando tale sistema come una soluzione efficiente e stabile che può essere applicata nella nitrificazione di acque reflue contenenti un’alta concentrazione di azoto ammoniacale. L’integrazione di un sistema MBR con un’osmosi inversa ha, altresì, dimostrato miglioramenti ulteriori della qualità dell'acqua trattata; dimostrando di fornire un’alta reiezione di nitrato come di cloruri e di solfati ad alta concentrazione iniziale come nel caso in esame e di poter essere la soluzione impiantistica per alleggerire il carico ammoniacale al settore biologico e allo stesso tempo recuperare acqua riducendo la necessità di emungimento da pozzi artesiani. L’azienda verificherà mediante l’attività di testing la reale fattibilità in termini di potenziale miglioramento di depurazione, costi operativi e semplicità di gestione attraverso l’implementazione di impianti pilota sia sulla tecnologia analizzata (MBR+RO) sia su un processo MBBR di tipo ibrido fango attivo/biomassa adesa.
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Lo sviluppo della tesi intende analizzare tre tematiche che si ritengono essere cruciali nel ruolo che il diritto penale può avere per tutelare l’ambiente: in primo luogo la focalizzazione delle responsabilità in materia ambientale, tanto della persona fisica quanto della persona giuridica/ente in cui è maturata la violazione, sia essa meramente contravvenzionale, quanto delittuosa, di pericolo o di danno. In secondo luogo la prevenzione: strutturare sistemi organizzati per cogliere allerte e strutturare metodi organizzati di gestione del rischio-reato è la risposta cui l’ordinamento tende per anticipare la commissione di fattispecie dotate di potenzialità dannose a diffusività esponenziale, anche per il tramite di ipotesi di reati presupposto “sentinella”, idonei a far eventualmente scattare strumenti di prevenzione di reati più gravi, cui le stesse sono, nella prassi, prodromiche. Da ultimo, la riparazione: l’analisi delle tendenze legislative e, conseguentemente, dottrinali e giurisprudenziali di spazi per percorsi condivisi di riparazione del danno cagionato all’ambiente da parte tanto di persone fisiche quanto (e soprattutto, nell’intendimento del presente lavoro) da parte degli enti, strutture collettive che, ove organizzate, costituiscono le prime realtà a presidio tanto della prevenzione, quanto della riparazione dell’eventuale danno cagionato all’ambiente e spesso verificatosi nell’ambito della propria attività produttiva, ove lo scopo della massimizzazione del profitto deve necessariamente fare i conti, al giorno d’oggi, con la sostenibilità ambientale.
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Lo spazio pubblico urbano potrebbe essere visto come una scenografia mutevole in cui la società rappresenta sé stessa. Soprattutto nei centri storici della città, si perde l’identità di luoghi specifici, così come la coscienza dei cittadini, che porta ad un uso improprio dello spazio causato principalmente dall’assenza di una cultura architettonica. In questo senso, l’obiettivo finale dell’architettura è quello di essere educativa nello spiegare il motivo per cui è stata concepita. La tesi di ricerca tenta di studiare la dimensione educativa e la forza che l’architettura ha nell’influenzare comportamenti spontanei e non spontanei. L’obiettivo è trovare metodi di progettazione e legali in grado di migliorare gli spazi pubblici in termini di qualità della vita dei suoi utenti. Il riconoscimento e la trasmissione dell’architettura, attraverso l’uso dell’architettura stessa, tenta di arginare un’assenza di cultura architettonica e un uso sempre più improprio dei suoi spazi. La domanda a cui, dunque, si tenta di rispondere è: Può la dimensione evocativa dell’architettura stimolare processi di rigenerazione urbana? La tesi si sviluppa in tre parti: la prima presenta alcune riflessioni teoriche sulla progettazione dello spazio pubblico alle quali fanno riferimento altrettanti progetti portati avanti nei mesi di ricerca Dai workshops realizzati sono emerse diverse problematiche riguardo l’effettiva realizzazione di tali progetti evidenziando soprattutto una carenza di tipo normativo che fa “cadere” gli entusiasmi legati al completamento delle opere per la comunità e di conseguenza decade il valore teorico dei progetti. Per questo motivo, nella seconda parte, si tenta di approfondire il tema legislativo per trovare soluzioni alternative agli arresti burocratici che sovente disincentivano le azioni corali della cittadinanza. La terza parte si concentrerà su un progetto per un’area di Bologna da riqualificare, i Prati di Caprara, per i quali si sfrutteranno tutte le conoscenze teoriche precedentemente esposte.
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The way we live has revealed a lot about the choices made in the last decades. These choices are mostly based on a predatory socioeconomic structure, based on the pillars of anthropocentrism and inconsistent with the principles of global sustainability. This structure based on fossil fuels degrades the environment and directly and indirectly impacts the biomes. According to The International Energy Agency (2020), the sector was responsible for more than a third of global energy consumption and 40% of total GHG emissions into the atmosphere (directly and indirectly). This thesis presents the main effects of climate change observed in the built environment and at the urban territorial scale, through a review of the state of the art of the subject in the last decade (2010-2021). The thesis breaks down the projectual process seeking to identify how the architect and urban planner can mitigate the effects of climate change, adapting existing structures or in projects, and also promoting the expansion of the resilience of these building systems.
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Nowadays, the scientific community has devoted a consistent effort to the sustainable development of the waste management sector and resource efficiency in building infrastructures. Waste is the fourth largest source sector of emissions and the municipal solid waste management system is considered as the most complex system to manage, due to its diverse composition and fragmentation of producers and responsibilities. Nevertheless, given the deep complexity that characterize the waste management sector, sustainability is still a challenging task. Interestingly, open issues arise when dealing with the sustainability of the waste sector. In this thesis, some recent advances in the waste management sector have been presented. Specifically, through the analysis of four author publications this thesis attempted to fill the gap in the following open issues: (i) the waste collection and generation of waste considering the pillars of sustainability; (ii) the environmental and social analysis in designing building infrastructures; (iv) the role of the waste collection in boosting sustainable systems of waste management; (v) the ergonomics impacts of waste collection. For this purpose, four author publications in international peer – reviewed journals were selected among the wholly author's contributions (i.e., final publication stage).
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L’elaborato approfondisce il diritto alla salute nell’ordinamento dell’Unione europea, con la consapevolezza che il settore della sanità, nella complessità di una tensione perdurante tra la sua matrice sociale e l’applicazione di logiche europee di mercato, rappresenta un ambito da sempre sottratto all’intervento diretto e vincolante delle istituzioni. Contemporaneamente, prende spunto dall’osservazione della transizione digitale dei sistemi sanitari nazionali per proporre una rilettura dei tradizionali equilibri istituzionali tra ordinamenti e constatare il grado di influenza dell’Unione oltre la dimensione transfrontaliera. Infatti, per le attuali esigenze di sostenibilità dei sistemi di tutela della salute e per il valore aggiunto riconosciuto alle azioni europee nel corso della gestione della pandemia da Covid-19, l’eHealth ha rappresentato l’occasione per una vigorosa intrusione delle istituzioni europee entro prerogative tipicamente statuali, fino all’emersione di una eGovernance sanitaria europea. Pertanto, la trattazione compie un percorso evolutivo che muove dalla Direttiva 2011/24 sull’assistenza transfrontaliera e l’assistenza sanitaria online, in combinato disposto con il complesso degli atti di soft law connessi, per verificarne l’esiguo impatto sui sistemi sanitari degli Stati membri e, alla luce dei recenti investimenti strategici ed interventi normativi rilevanti in tema di tecnologie applicate alla sanità, riconoscerne il sostanziale superamento. In particolare, il confronto tra l’insufficiente livello di digitalizzazione raggiunto finora nei sistemi sanitari degli Stati membri ed il tenore della Proposta di regolamento sullo European Health Data Space suggerisce l’evoluzione dell’impianto di governo dei dati sanitari stabilito nella Direttiva, a partire dalla previsione di una disciplina comune sulla cartella sanitaria. A questo proposito, l’interoperabilità tra tecnologie diviene un presupposto operativo indefettibile, che corrobora la natura ‘tecnologicamente condizionata’ del diritto alla salute e propone l’idea che la sanità digitale rappresenti un passo in avanti verso un’assistenza europea uniforme.
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Although there is broad agreement on the need to transition to a fairer agro-food system, consumer potential in shaping a fair food system has often been overlooked. There is no unique definition of the concept of fairness from the consumer’s perspective. In addition, there are no scales in the academic literature that address fairness in its broad sense, as the existing scales focus on specific and limited aspects that provide a partial picture of the concept. Lack of a true and trustworthy measurement of the notion has been a significant barrier to the knowledge of fairness in agro-food systems from the individual-differences perspective. The individual-differences perspective helps explain why some individuals are more likely than others to put emphasis on the extent to which agro-food chains are fair. Individual consumer perception of an ethical problem is followed by the perception of various alternatives that might lead to a solution. Therefore, the current research intends to make two significant contributions by resolving these constraints. First, advance the literature by providing a new viewpoint to understand fairness in the agro-food chain. Indeed, the research provides a comprehensive conceptualisation of fairness that embraces different aspects of fairness and describes the concept in all its facets and nuances. Second, the research provides a valid, reliable, and invariant measurement of the individual disposition toward fairness in agro-food chains by rooting the items in the theoretical underpinnings of the fairness literature. Overall, this research provides a comprehensive suite of approaches and tools to enhance the resilience, integrity and sustainability of agro-food chains.