227 resultados para Riprogettazione, apparecchio radiologico, titanio
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La ricerca biomedica è arrivata attualmente a un bivio che vede contrapposte sperimentazione in vitro e in vivo. Per ovviare a questo problema è nata la sperimentazione su biochip che, attraverso l'impiego di apparecchiature dedicate, permette di ottenere misure su campioni che ripropongano le condizioni fisiologiche dei tessuti umani in vivo superando il problema della sperimentazione animale e quello delle misure in vitro, che non rispecchiano le condizioni reali delle cellule in esame. Il perfezionamento dell'apparecchio in questione richiede la comparazione delle condizioni create nel biochip con quelle riscontrate nei tessuti cellulari di pazienti umani. Il fine della comparazione è quello di riuscire ad eguagliare i due sistemi per poter sfruttare il dispositivo come un fantoccio su cui verificare gli effetti di farmaci in fase sperimentale e misurare grandezze con un grado di precisione molto più alto rispetto ai metodi messi in opera fino a ora. Questo lavoro di tesi propone uno studio preliminare sulla fattibilità di misure di concentrazioni di ossigeno e glucosio attraverso i radiofarmaci 64Cu-ATSM e 18F-FDG impiegati su pazienti sottoposti a PET-CT. Nello specifico, dopo aver illustrato i processi cellulari che coinvolgono il glucosio e l'ossigeno all'interno dei tessuti umani, si passa a descrivere le metodologie di misura impiegate, nell'ambito dell'imaging diagnostico, e le caratteristiche che motivano la scelta dei radiofarmaci utilizzati come mezzo di contrasto. Successivamente viene considerato un modello compartimentale a due tessuti per descrivere la cinetica dei radiofarmaci e per ottenere una stima delle concentrazioni da rapportare alle grandezze rilevate con la PET. Infine sono tracciati dei profili sulle slice dei volumi PET elaborati che diano dei valori di concentrazione delle molecole studiate.
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Negli ultimi anni, parallelamente allo sviluppo di calcolatori elettronici sempre più performanti, la fluidodinamica computazionale è diventata uno strumento di notevole utilità nell’analisi dei flussi e nello sviluppo di dispositivi medici. Quando impiegate nello studio di flussi di fluidi fisiologici, come il sangue, il vantaggio principale delle analisi CFD è che permettono di caratterizzare il comportamento fluidodinamico senza dover eseguire test in-vivo/in-vitro, consentendo quindi notevoli vantaggi in termini di tempo, denaro e rischio derivante da applicazioni mediche. Inoltre, simulazioni CFD offrono una precisa e dettagliata descrizione di ogni parametro di interesse permettendo, già in fase di progettazione, di prevedere quali modifiche al layout garantiranno maggiori vantaggi in termini di funzionalità. Il presente lavoro di tesi si è posto l’obiettivo di valutare, tramite simulazioni CFD, le performances fluidodinamiche del comparto sangue “camera venosa” di un dispositivo medico monouso Bellco impiegato nella realizzazione di trattamenti di emodialisi. Dopo una panoramica del contesto, è presentata una breve descrizione della disfunzione renale e dei trattamenti sostitutivi. Notevole impegno è stato in seguito rivolto allo studio della letteratura scientifica in modo da definire un modello reologico per il fluido non-Newtoniano preso in considerazione e determinarne i parametri caratteristici. Il terzo capitolo presenta lo stato dell’arte delle apparecchiature Bellco, rivolgendosi con particolare attenzione al componente “cassette” del dispositivo monouso. L’analisi fluidodinamica del compartimento “camera venosa” della cassette, che sarà presa in considerazione nei capitoli quinto e sesto, si inserisce nell’ambito della riprogettazione del dispositivo attualmente in commercio: il quarto capitolo si incentra sul suo nuovo design, ponendo specifico interesse sul layout della camera venosa di nuova generazione. Per lo studio dei flussi che si sviluppano internamente ad essa ci si è avvalsi del modulo CFD del software COMSOL multiphysics® (versione 5.0); la definizione del modello implementato e della tipologia di studio effettuato sono presi in considerazione nel quinto capitolo. Le problematiche di maggior impatto nella realizzazione di un trattamento di emodialisi sono l’emolisi e la coagulazione del sangue. Nell'evenienza che si verifichino massivamente occorre infatti interrompere il trattamento con notevoli disagi per il paziente, per questo devono essere evitate. Nel sesto capitolo i risultati ottenuti sono stati esaminati rivolgendo particolare attenzione alla verifica dell’assenza di fenomeni che possano portare alle problematiche suddette.
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Come ogni campo dell'ingegneria, anche quello inerente allo sviluppo di motori aerei, è in continuo sviluppo, e, di volta in volta, la progettazione richiede nuove soluzioni per rendere sempre più efficienti ed affidabili i velivoli, mantenendo ridotti i costi di produzione e manutenzione. In particolare, si è pensato di porre rimedio a queste molteplici necessità introducendo l'utilizzo di motori diesel di derivazione automobilistica: economici dal punto di vista della manutenzione e della produzione, in quanto largamente diffusi e testati, ben si prestano all'adattamento ad uso aeronautico. Nel caso specifico del progetto che intendo affrontare, si tratta di un motore Audi V12 tdi, elaborato fino a raggiungere i 900 hp e velocità su albero motore 5,000 rpm. Naturalmente, l'adattamento di tale motore implica una riprogettazione del riduttore, affinché si ottenga in uscita una velocità di 1185 rpm. Infatti, la rotazione dell'elica non dovrebbe mai superare i 2700-2800 giri al minuto, in quanto ad una velocità di rotazione superiore, le pale dell'elica raggiungerebbero una velocità prossima a quella del suono, creando rumori insopportabili e fastidiose vibrazioni, nonché la perdita dell'efficacia dell'elica stessa. La mia tesi nasce dal lavoro precedentemente sviluppato da un mio collega, il quale aveva elaborato un riduttore in grado di modificare la potenza in entrata da 600 a 900 hp, riprogettando le ruote dentate e selezionando nuovi cuscinetti, pur mantenendo i carter iniziali, opportunamente modificati. Il mio obiettivo è quello di elaborare ulteriormente il compito da lui svolto, sviluppando un nuovo riduttore in grado di utilizzare sempre la potenza in entrata di un motore da 900 hp ma di rendere il riduttore nel suo insieme, più compatto e leggero possibile.
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L’oggetto di questa tesi di laurea è un intervento di recupero e riprogettazione di un edificio non completato, destinato a 24 alloggi di edilizia residenziale pubblica, situato a Rovigo. Questo è stato oggetto di una lunga ed articolata vicenda caratterizzata da continue interruzioni del cantiere, principalmente causate da una cattiva esecuzione dei lavori da parte dell’impresa costruttrice. Allo stato attuale è presente la sola struttura metallica assemblata sulle fondazioni in calcestruzzo armato; tutto il fabbricato risulta abbandonato e congelato da diversi anni dopo i primi collaudi che hanno stabilito la non idoneità del telaio in acciaio. L’obiettivo del progetto è dunque quello di recuperare le fondazioni esistenti e di riprogettare l’edificio in una chiave più attuale e sostenibile. E’ stato effettuato un sopralluogo per comprendere più da vicino le problematiche relative all’area di progetto, oltre ad un’attenta analisi delle documentazioni riguardanti il progetto originario in modo da correggere eventuali punti deboli. Le strategie non hanno tenuto conto dunque solamente di un’ottima efficienza energetica o di un’offerta di alloggi adeguata alla domanda della situazione abitativa attuale, ma anche di tutte le problematiche che sono derivate dalla cattiva gestione del progetto originario. Le scelte progettuali, infatti, sono state il risultato anche delle necessità di limitare tempi e costi di un intervento per il quale sono state sprecate fin troppe risorse, soprattutto economiche. La fase progettuale è stata affiancata dalla realizzazione di simulazioni effettuate tramite software di calcolo (Termolog EpiX 6 e DIALux evo) che hanno permesso di ottenere ottimi risultati per quanto riguarda prestazione energetica e comfort luminoso indoor.
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Il progetto di questa tesi affronta le tematiche relative agli interventi di riqualificazione, adeguamento e rigenerazione urbana di un edificio residenziale di 15 unità abitative situato nella zona della Bolognina in Via Tibaldi. Le condizioni di vetustà dell’edificato e l’evoluzione economico sociale del quartiere hanno portato negli anni all’insorgere di nuove situazioni di criticità. Si sono riscontrati problemi relativi alle dimensioni degli alloggi (troppo grandi per le esigenze dei nuovi nuclei familiari), ai bassi livelli di comfort interni (rapporti illuminanti non rispettati e dimensioni dei vani non confacenti a normativa), all’accessibilità (vano ascensore inefficiente) e alla bassa efficienza energetica, che produce elevati costi di esercizio. L’analisi degli spazi esterni invece ha evidenziato uno stato di abbandono della corte, caratterizzata dalla disorganizzazione dei percorsi e delle aree verdi oltre a una carenza del numero di posti auto necessari agli abitanti dell’isolato. L’obiettivo che si pone la tesi è quello di adeguare l’area alle nuove esigenze dell’utenza e di migliorare gli standard qualitativi dell’edificato, considerando la fattibilità dell’intervento e ipotizzando misure che si pongano in alternativa ad una demolizione completa dell’edificio. Inoltre, le soluzioni proposte sono state studiate in modo da poter essere applicate non solo sul caso studio, ma anche sull’intero isolato, in un’ottica di riqualificazione urbana.Per gli spazi interni, le scelte adottate riguardano la demolizione e ricostruzione puntuali delle murature non portanti o collaboranti e l’ampliamento delle superfici finestrate, conformando a normativa i vani degli alloggi, dotandoli di una maggior superficie utile e riducendo la condizione di discomfort luminoso interno. La stessa strategia è stata adottata anche per ridefinire e diversificare il taglio degli alloggi. Infine per migliorare l’accessibilità all’edificio e agli alloggi le soluzioni prevedono l’inserimento un sistema loggiato per rendere raggiungibili direttamente dal vano ascensore preesistente, che presentava uno sbarco solo interpiano, due appartamenti per piano (dal primo al quarto). Per raggiungere invece le unità abitative collocate nel piano rialzato si è previsto di innalzare la quota del terreno fino all’altezza della soglia di ingresso ai vani. Parallelamente ci si è occupati della riprogettazione degli spazi esterni, optando per un’azione a scala urbana. La riorganizzazione delle aree è avvenuta attraverso l’inserimento di nuovi percorsi pedonali di collegamento all’edificato e mediante la progettazione e riqualificazione di spazi per la socializzazione. Infine, per arginare le problematiche relative al fabbisogno di parcheggi, si è agito diversificando e ponendo su livelli differenti la viabilità carrabile e gli spazi verdi attraverso l’inserimento di un parcheggio seminterrato.
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Il progetto affronta le tematiche relative agli interventi di riqualificazione, adeguamento e rigenerazione urbana di un edificio residenziale degli anni ’20, di 15 unità abitative situato a Bologna, nella zona della Bolognina in Via Pellegrino Tibaldi. In tale edificio i problemi riscontrati riguardavano le dimensioni degli alloggi, i bassi livelli di comfort interni, l’accessibilità e la bassa efficienza energetica. Dall’analisi degli spazi esterni invece si evidenziava uno stato di abbandono della corte, caratterizzata dalla disorganizzazione dei percorsi e delle aree verdi oltre che dalla carenza di posti auto necessari agli abitanti dell’isolato. Per quanto concerne gli spazi interni, le scelte adottate riguardano la demolizione e la ricostruzione puntuale delle murature non portanti o collaboranti e l’ampliamento delle superfici finestrate mentre per riconfigurare e diversificare il taglio degli alloggi si è intervenuti solo sul quarto piano dove sono stati ricavati degli appartamenti di taglio inferiore. Infine per migliorare l’accessibilità all’edificio e agli alloggi si è previsto un sistema loggiato che rende raggiungibili direttamente dal vano ascensore preesistente, che presentava uno sbarco solo interpiano, due appartamenti per piano (dal primo al quarto). Per raggiungere invece le unità abitative collocate nel piano rialzato si è previsto di innalzare la quota del terreno fino all’altezza della soglia di ingresso ai vani. Parallelamente ci si è occupati della riprogettazione degli spazi esterni dotando le aree di nuovi percorsi pedonali di collegamento all’edificato e progettando spazi per la socializzazione. Infine, per arginare le problematiche relative al fabbisogno di parcheggi, si è agito diversificando e ponendo su livelli differenti la viabilità carrabile e gli spazi verdi attraverso l’inserimento di un parcheggio seminterrato.
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Uno dei concetti chiave dell'impiego della nanotecnologia è quello dell'ingegnerizzazione dei materiali alla nano-scala. Si procede così alla realizzazione di materiali aventi morfologia, struttura e composizione ottimizzate per migliorarne specifiche proprietà in maniera controllata. In questo lavoro sono stati realizzati campioni nanoparticellari a base di magnesio con la tecnica (R-)IGC (Reactive or Inert Gas Condensation) allo scopo di studiare come l'atmosfera nella quale vengono sintetizzati ne influenzi le proprietà morfologiche e strutturali, al fine di poterne controllare la crescita per impieghi specifici. In particolare, si sono voluti analizzare i risultati ottenuti in diverse situazioni: nel caso in cui la sintesi avvenga in un'atmosfera contenente una piccola concentrazione di ossigeno e nel caso della coevaporazione di magnesio e titanio in atmosfera inerte o contenente idrogeno. I campioni sono poi stati analizzati dal punto di vista morfologico, composizionale e strutturale mediante microscopia a scansione elettronica e diffrazione a raggi X. E' stato mostrato che la presenza controllata di ossigeno durante la sintesi permette di realizzare strutture core-shell di dimensione media 40nm e che la co-evaporazione di magnesio e titanio permette la sintesi di nanoparticelle di dimensioni medie anche inferiori ai 12nm. La presenza di idrogeno durante l'evaporazione permette inoltre di crescere nanoparticelle contenenti idruro di titanio senza dover ricorrere ad una idrurazione successiva. Le proprietà termodinamiche e cinetiche di (de)-idrurazione dei campioni sintetizzati sono state misurate utilizzando sia un apparato barometrico Sievert, sia effettuando un'analisi direttamente nel sito di crescita. I campioni realizzati non mostrano una termodinamica significativamente diversa da quella del magnesio bulk, mentre le cinetiche dei processi di assorbimento e desorbimento risultano notevolmente più rapide.
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Il presente progetto è stato svolto in collaborazione con la Cineteca di Bologna e verte sulla riprogettazione dell'odierna interfaccia Web, in funzione della sua visualizzazione mobile non considerata nella progettazione del 2008, in particolare nella sua parte che concerne la programmazione degli spettacoli in ambito cinematografico. Raccolti i suggerimenti degli utenti e approfondite le richieste della Cineteca, affrontando con i responsabili IT della Fondazione le criticità emerse, la ristrutturazione delle sezioni presenti e l'aggiunta di nuove funzionalità, si è impostato il lavoro come segue. In primis, si è eseguita una ricerca, avvalendosi di fonti autorevoli nella letteratura di settore, con un focus incentrato sull’Usabilità. Questa ha portato a presentare una panoramica di tale tematica, per concentrarsi poi sulle peculiarità dei dispositivi mobili, toccando vari aspetti: da un approfondimento dalle caratteristiche dell’uso fino una collocazione anche storica alla realtà mobile. Successivamente, si è proseguito analizzando nel dettaglio tutti i vari elementi da includere, sia dal punto di vista concettuale che posizionale, in riferimento a varie soluzioni proposte dalla letteratura di settore. Ciò preferendo i modelli principalmente utilizzati, dunque maggiormente familiari agli utenti, e i metodi normalizzati per la risoluzione di singole problematiche frequenti nella presentazione delle informazioni. Il risultato è un progetto di interfaccia più vicina all'esperienza quotidiana dell'utente, concretizzatosi con la realizzazione di un prototipo per mezzo di applicativi che simulano un device e mostrano anteprime grafiche dell'interfaccia medesima, nella fattispecie della natura e della collocazione dei singoli componenti sullo schermo. Il lavoro, pertanto, si pone l’obiettivo di rispondere a comuni e debite aspettative dell'utenza in fatto di comodità, efficienza e immediatezza di consultazione della Programmazione anche in mobilità.
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Il lavoro di questa tesi si propone di esaminare i dati di immagini cerebrali ricevuti da due differentii bobine RF per l'imaging in risonanza magnetica. La strumentazione utilizzata é: un apparecchio di RMN che utilizza uno scanner a 1.5T (GE Medical System signa HDx 15) e due differenti bobine a radiofrequenza: 1) 8-channel brain phased array coil GE (1.5T HD 8 Channel High Resolution Head Array per il GE HDx MR System); 2) GE Quad HEAD Birdcage Coil. I software utilizzati invece sono stati quattro, due per la segmentazione e la parcellizzazione dei dati dalle acquisizioni di MRI (FSL e Freesurfer), e due per l'analisi dei dati (SPSS e Microsoft Excel). I tool utilizzati di FSL sono stati SIENA, per un'indagine sulla variazione percentile della totalitá del volume cerebrale; SIENAX invece permette una segmentazione di volumi di 6 sotto regioni: sostanza grigia (GREY), sostanza bianca (WHITE), totalitá del cervello (BRAIN), liquor cerebrospinale dei ventricoli (vcsf), scaling volumetrico (vscaling), sostanza grigia periferica (pgrey). Freesurfer invece parcellizza la corteccia cerebrale e segmenta le zone della sostanza grigia profonda cerebrale. Lo scopo ultimo era quello di analizzare come la differenza di segnale acquisito dalle due bobine variasse i risultati delle analisi volumetriche delle immagini e vedere se il t-test evidenziasse variazioni sistematiche. Questa analisi aveva come scopo quello di determinare la possibilità di confrontare i soggetti i cui dati sono stati ottenuti con due bobine differenti. I dati analizzati non hanno evidenziato particolari differenze tra le due bobine, se non per i valori del liquor dei ventricoli che sono risultati variare, verosimilmente, per i processi fisiologici di atrofia della sostanza grigia cerebrale che avvengono nel tempo intercorso tra un'acquisizione e l'altra.
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Evaluar la contaminación por metales pesados en los ecosistemas permite conocer la capacidad bioindicativa de especies vegetativas. El objetivo fue determinar la concentración de metales pesados en Prosopis laevigata, Acacia spp. y Schinus molle bajo el efecto de usos suelo y temporalidad. El área se sitúa en la colindancia de los Municipios de Soledad de Graciano Sánchez y San Luis Potosí fragmentada por usos de suelo: agropecuario, comercio y servicios, residencial urbano y minero. Fueron tomadas muestras de hojas de las tres especies en las estaciones de verano, otoño, invierno y primavera y se evaluó la concentración de metales pesados a través de la técnica de ICP-MS. Los análisis estadísticos indicaron niveles de Aluminio (Al) > Cinc (Zn) > Plomo (Pb) > Cobre (Cu) > Titanio (Ti) > Vanadio (V) > Arsénico (As) > Cromo (Cr) > Cadmio (Cd) > Cobalto (Co). Los elementos Al, As, Cd, Cr, Pb y Ti presentaron niveles por encima del umbral normal en vegetación. El uso de suelo tuvo efecto significativo con Al, Ti, Cd, As y Pb; los árboles ubicados en los usos de suelo minero, comercio y servicios tuvieron la mayor concentración. La especie tuvo efecto significativo con Al y Pb siendo Acacia spp. el que presentó la mayor capacidad de acumulación. La temporada del año impactó significativamente en la acumulación de As, Cd, Co, Cu, Cr y Ti en las tres especies. La dinámica antropogénica de los diferentes usos de suelo genera partículas y residuos con metales pesados impactando en la disponibilidad y acumulación en las especies evaluadas. Se contribuye a evaluar el impacto ambiental en el sistema fragmentado recomendando dar continuidad a este tipo de estudios.
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Los aluminuros de titanio aparecen como una alternativa al empleo de aleaciones base níquel en trabajos a elevada temperatura, debido a que en estas condiciones son capaces de retener sus propiedades mecánicas, presentando además un mejor comportamiento a corrosión, oxidación y fluencia. En el presente trabajo se exponen los resultados obtenidos en la investigación llevada a cabo para determinar el comportamiento de una aleación �-TiAl en condiciones de alta temperatura y analizar el efecto de la velocidad de deformación. Para ello, se realizaron ensayos estáticos de tracción de referencia a baja velocidad de deformación y ensayos de tracción a alta velocidad de deformación mediante el dispositivo experimental de la barra Hopkinson, a temperaturas comprendidas entre los 25ºC y los 850ºC. Para ayudar a explicar el comportamiento mecánico obtenido, se hizo un estudio de las superficies de fractura mediante microscopía electrónica de barrido, en el que se observó una doble tipología microestructural del material, laminar y dúplex. Los resultados obtenidos en los ensayos muestran una influencia clara de la velocidad de deformación en la tensión máxima, pero no así de la temperatura; además se ha observado que la deformación máxima obtenida depende del tipo de microestructura predominant
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En este Trabajo fin de master se explicará el funcionamiento de la fotocatálisis que presentan los materiales con adición de óxido de titanio en tamaño de nanopartículas, el cual les confiere ciertas cualidades especiales. Una vez conocido el funcionamiento de la fotocatálisis se estudiará la influencia de ciertos factores, que no han sido tratados en profundidad hasta el momento en los materiales en base cemento, para mejorar las propiedades autolimpiantes, como son; el tipo de cemento o la rugosidad superficial, ya que sin duda, la composición que tenga el cemento y la rugosidad que se le confiera en los acabados, influirá en el comportamiento autolimpiante, por ello se hace necesario un estudio en el que se evaluarán que cementos proporcionan una mayor efectividad en función de sus composición y que rugosidad superficial funciona mejor en la autolimpieza, debido a esto se estudiarán morteros con acabados lisos y con distintas rugosidades hasta 1.5mm de irregularidad. Para poder realizar este estudio se elaborará una caracterización de los morteros, que se utilizarán en la evaluación de las cualidades autolimpiantes, comparándolos con otros de idéntica dosificación, pero sin adición de oxido de titanio. Posteriormente sabiendo cuantitativamente cuales son sus características y si la adición de oxido de titanio modifica alguna de sus propiedades, pasar a evaluar sus características autolimpiantes, esto se hará, añadiendo a las probetas perfectamente curadas por inmersión durante mas de 28 días, distintos colorantes en disoluciones acuosa, como son la Rodamina B y el Azul de metileno. Una vez coloreadas las probetas, se medirá la degradación del color mediante un aparato conocido como espectrofotómetro, el cual nos dirá la variación de color en escala CIELAB. Con estos datos se podrá cuantificar de una manera más o menos precisa cuales son los cementos que presentan unas cualidades autolimpiantes mejores y cuales son los acabados superficiales, que presentan mayor autolimpieza, datos importantes de conocer a la hora de fabricar elementos a los cuales se les quiera dotar de este tipo de cualidades.
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El gran desarrollo industrial y demográfico de las últimas décadas ha dado lugar a un consumo crecientemente insostenible de energía y materias primas, que influye negativamente en el ambiente por la gran cantidad de contaminantes generados. Entre las emisiones tienen gran importancia los compuestos orgánicos volátiles (COV), y entre ellos los compuestos halogenados como el tricloroetileno, debido a su elevada toxicidad y resistencia a la degradación. Las tecnologías generalmente empleadas para la degradación de estos compuestos presentan inconvenientes derivados de la generación de productos tóxicos intermedios o su elevado coste. Dentro de los procesos avanzados de oxidación (Advanced Oxidation Processes AOP), la fotocatálisis resulta una técnica atractiva e innovadora de interés creciente en su aplicación para la eliminación de multitud de compuestos orgánicos e inorgánicos, y se ha revelado como una tecnología efectiva en la eliminación de compuestos orgánicos volátiles clorados como el tricloroetileno. Además, al poder aprovechar la luz solar como fuente de radiación UV permite una reducción significativa de costes energéticos y de operación. Los semiconductores más adecuados para su empleo como fotocatalizadores con aprovechamiento de la luz solar son aquellos que tienen una banda de energía comparable a la de los fotones de luz visible o, en su defecto, de luz ultravioleta A (Eg < 3,5 eV), siendo el más empleado el dióxido de titanio (TiO2). El objetivo principal de este trabajo es el estudio de polímeros orgánicos comerciales como soporte para el TiO2 en fotocatálisis heterogénea y su ensayo para la eliminación de tricloroetileno en aire. Para ello, se han evaluado sus propiedades ópticas y su resistencia a la fotodegradación, y se ha optimizado la fijación del fotocatalizador para conseguir un recubrimiento homogéneo, duradero y con elevada actividad fotocatalítica en diversas condiciones de operación. Los materiales plásticos ensayados fueron el polietileno (PE), copolímero de etil vinil acetato con distintos aditivos (EVA, EVA-H y EVA-SH), polipropileno (PP), polimetil (metacrilato) fabricado en colada y extrusión (PMMA-C y PMMA-E), policarbonato compacto y celular (PC-C y PC-Ce), polivinilo rígido y flexible (PVC-R y PVC-F), poliestireno (PS) y poliésteres (PET y PETG). En base a sus propiedades ópticas se seleccionaron el PP, PS, PMMA-C, EVA-SH y PVC-R, los cuales mostraron un valor de transmitancia superior al 80% en el entorno de la región estudiada (λ=365nm). Para la síntesis del fotocatalizador se empleó la tecnología sol-gel y la impregnación multicapa de los polímeros seleccionados por el método de dip-coating con secado intermedio a temperaturas moderadas. Con el fin de evaluar el envejecimiento de los polímeros bajo la radiación UV, y el efecto sobre éste del recubrimiento fotoactivo, se realizó un estudio en una cámara de exposición a la luz solar durante 150 días, evaluándose la resistencia química y la resistencia mecánica. Los resultados de espectroscopía infrarroja y del test de tracción tras el envejecimiento revelaron una mayor resistencia del PMMA y una degradación mayor en el PS, PVC-R y EVA SH, con una apreciable pérdida del recubrimiento en todos los polímeros. Los fotocatalizadores preparados sobre soportes sin tratamiento y con tres capas de óxido de titanio mostraron mejores resultados de actividad con PMMA-C, PET y PS, con buenos resultados de mineralización. Para conseguir una mayor y mejor fijación de la película al soporte se realizaron tratamientos químicos abrasivos con H2SO4 y NaOH y tratamientos de funcionalización superficial por tecnología de plasma a presión atmosférica (APP) y a baja presión (LPP). Con los tratamientos de plasma se consiguió una excelente mojabilidad de los soportes, que dio lugar a una distribución uniforme y más abundante del fotocatalizador, mientras que con los tratamientos químicos no se obtuvo una mejora significativa. Asimismo, se prepararon fotocatalizadores con una capa previa de dióxido de silicio con la intervención de surfactantes (PDDA-SiO2-3TiO2 y SiO2FC-3TiO2), consiguiéndose buenas propiedades de la película en todos los casos. Los mejores resultados de actividad con tratamiento LPP y tres capas de TiO2 se lograron con PMMA-C (91% de conversión a 30 ppm de TCE y caudal 200 ml·min-1) mejorando significativamente también la actividad fotocatalítica en PVC-R y PS. Sin embargo, el material más activo de todos los ensayados fue el PMMA-C con el recubrimiento SiO2FC-3TiO2, logrando el mejor grado de mineralización, del 45%, y una velocidad de 1,89 x 10-6 mol· m-2 · s-1, que dio lugar a la eliminación del 100 % del tricloroetileno en las condiciones anteriormente descritas. A modo comparativo se realizaron ensayos de actividad con otro contaminante orgánico tipo, el formaldehído, cuya degradación fotocatalítica fue también excelente (100% de conversión y 80% de mineralización con 24 ppm de HCHO en un caudal de aire seco de 200 ml·min-1). Los buenos resultados de actividad obtenidos confirman las enormes posibilidades que ofrecen los polímeros transparentes en el UV-A como soportes del dióxido de titanio para la eliminación fotocatalítica de contaminantes en aire. ABSTRACT The great industrial and demographic development of recent decades has led to an unsustainable increase of energy and raw materials consumption that negatively affects the environment due to the large amount of waste and pollutants generated. Between emissions generated organic compounds (VOCs), specially the halogenated ones such as trichloroethylene, are particularly important due to its high toxicity and resistance to degradation. The technologies generally used for the degradation of these compounds have serious inconveniences due to the generation of toxic intermediates turn creating the problem of disposal besides the high cost. Among the advanced oxidation processes (AOP), photocatalysis is an attractive and innovative technique with growing interest in its application for the removal of many organic and inorganic compounds, and has emerged as an effective technology in eliminating chlorinated organic compounds such as trichloroethylene. In addition, as it allows the use of sunlight as a source of UV radiation there is a significant reduction of energy costs and operation. Semiconductors suitable to be used as photocatalyst activated by sunlight are those having an energy band comparable to that of the visible or UV-A light (Eg <3,5 eV), being titanium dioxide (TiO2), the most widely used. The main objective of this study is the test of commercial organic polymers as supports for TiO2 to be applied in heterogeneous photocatalysis and its assay for removing trichloroethylene in air. To accomplish that, its optical properties and resistance to photooxidation have been evaluated, and different operating conditions have been tested in order to optimize the fixation of the photocatalyst to obtain a homogeneous coating, with durable and high photocatalytic activity. The plastic materials tested were: polyethylene (PE), ethyl vinyl acetace copolymers with different additives (EVA, EVA-H and EVA -SH), polypropylene (PP), poly methyl (methacrylate) manufactured by sheet moulding and extrusion (PMMA-C and PMMA-E), compact and cellular polycarbonates (PC-C PC-Ce), rigid and flexible polyvinyl chloride (PVC-R and PVC-F), polystyrene (PS) and polyesters (PET and PETG). On the basis of their optical properties PP, PS, PMMA-C, EVA-SH and PVC-R were selected, as they showed a transmittance value greater than 80% in the range of the studied region (λ = 365nm). For the synthesis of the photocatalyst sol-gel technology was employed with multilayers impregnation of the polymers selected by dip-coating, with intermediate TiO2 drying at moderate temperatures. To evaluate the polymers aging due to UV radiation, and the effect of photoactive coating thereon, a study in an sunlight exposure chamber for 150 days was performed, evaluating the chemical resistance and the mechanical strength. The results of infrared spectroscopy and tensile stress test after aging showed the PMMA is the most resistant sample, but a greater degradation in PS, PVC-R and EVA SH, with a visible loss of the coating in all the polymers tested. The photocatalysts prepared on the untreated substrates with three layers of TiO2 showed better activity results when PMMA-C, PET and PS where used. To achieve greater and better fixation of the film to the support, chemical abrasive treatments, with H2SO4 and NaOH, as well as surface functionalization treatments with atmospheric pressure plasma (APP) and low pressure plasma (LPP) technologies were performed. The plasma treatment showed the best results, with an excellent wettability of the substrates that lead to a better and uniform distribution of the photocatalyst compared to the chemical treatments tested, in which no significant improvement was obtained. Also photocatalysts were prepared with the a silicon dioxide previous layer with the help of surfactants (SiO2- 3TiO2 PDDA-and-3TiO2 SiO2FC), obtaining good properties of the film in all cases. The best activity results for LPP-treated samples with three layers of TiO2 were achieved with PMMA-C (91% conversion, in conditions of 30 ppm of TCE and 200 ml·min-1 air flow rate), with a significant improvement of the photocatalytic activity in PVC-R and PS samples too. However, among all the materials assayed, PMMA-C with SiO2FC-3TiO2 coating was the most active one, achieving the highest mineralization grade (45%) and a reaction rate of 1,89 x 10-6 mol· m-2 · s-1, with total trichloroethylene elimination in the same conditions. As a comparative assay, an activity test was also performed with another typical organic contaminant, formaldehyde, also with good results (100% conversion with 24 ppm of HCHO and 200 ml·min-1 gas flow rate). The good activity results obtained in this study confirm the great potential of organic polymers which are transparent in the UV-A as supports for titanium dioxide for photocatalytic removal of air organic pollutants.
Resumo:
La presente memoria de tesis tiene como objetivo principal la caracterización mecánica en función de la temperatura de nueve aleaciones de wolframio con contenidos diferentes en titanio, vanadio, itria y lantana. Las aleaciones estudiadas son las siguientes: W-0.5%Y2O3, W-2%Ti, W-2% Ti-0.5% Y2O3, W-4% Ti-0.5% Y2O3, W-2%V, W- 2%Vmix, W-4%V, W-1%La2O3 and W-4%V-1%La2O3. Todos ellos, además del wolframio puro se fabrican mediante compresión isostática en caliente (HIP) y son suministradas por la Universidad Carlos III de Madrid. La investigación se desarrolla a través de un estudio sistemático basado en ensayos físicos y mecánicos, así como el análisis post mortem de las muestras ensayadas. Para realizar dicha caracterización mecánica se aplican diferentes ensayos mecánicos, la mayoría de ellos realizados en el intervalo de temperatura de 25 a 1000 º C. Los ensayos de caracterización que se llevan a cabo son: • Densidad • Dureza Vicker • Módulo de elasticidad y su evolución con la temperatura • Límite elástico o resistencia a la flexión máxima, y su evolución con la temperatura • Resistencia a la fractura y su comportamiento con la temperatura. • Análisis microestructural • Análisis fractográfico • Análisis de la relación microestructura-comportamiento macroscópico. El estudio comienza con una introducción acerca de los sistemas en los que estos materiales son candidatos para su aplicación, para comprender las condiciones a las que los materiales serán expuestos. En este caso, el componente que determina las condiciones es el Divertor del reactor de energía de fusión por confinamiento magnético. Parece obvio que su uso en los componentes del reactor de fusión, más exactamente como materiales de cara al plasma (Plasma Facing Components o PFC), hace que estas aleaciones trabajen bajo condiciones de irradiación de neutrones. Además, el hecho de que sean materiales nuevos hace necesario un estudio previo de las características básicas que garantice los requisitos mínimos antes de realizar un estudio más complejo. Esto constituye la principal motivación de la presente investigación. La actual crisis energética ha llevado a aunar esfuerzos en el desarrollo de nuevos materiales, técnicas y dispositivos para la aplicación en la industria de la energía nuclear. El desarrollo de las técnicas de producción de aleaciones de wolframio, con un punto de fusión muy alto, requiere el uso de precursores de sinterizado para lograr densificaciones más altas y por lo tanto mejores propiedades mecánicas. Este es el propósito de la adición de titanio y vanadio en estas aleaciones. Sin embargo, uno de los principales problemas de la utilización de wolframio como material estructural es su alta temperatura de transición dúctil-frágil. Esta temperatura es característica de materiales metálicos con estructura cúbica centrada en el cuerpo y depende de varios factores metalúrgicos. El proceso de recristalización aumenta esta temperatura de transición. Los PFC tienen temperaturas muy altas de servicio, lo que facilita la recristalización del metal. Con el fin de retrasar este proceso, se dispersan partículas insolubles en el material permitiendo temperaturas de servicio más altas. Hasta ahora se ha utilizado óxidos de torio, lantano e itrio como partículas dispersas. Para entender cómo los contenidos en algunos elementos y partículas de óxido afectan a las propiedades de wolframio se estudian las aleaciones binarias de wolframio en comparación con el wolframio puro. A su vez estas aleaciones binarias se utilizan como material de referencia para entender el comportamiento de las aleaciones ternarias. Dada la estrecha relación entre las propiedades del material, la estructura y proceso de fabricación, el estudio se completa con un análisis fractográfico y micrográfico. El análisis fractográfico puede mostrar los mecanismos que están implicados en el proceso de fractura del material. Por otro lado, el estudio micrográfico ayudará a entender este comportamiento a través de la identificación de las posibles fases presentes. La medida del tamaño de grano es una parte de la caracterización microestructural. En esta investigación, la medida del tamaño de grano se llevó a cabo por ataque químico selectivo para revelar el límite de grano en las muestras preparadas. Posteriormente las micrografías fueron sometidas a tratamiento y análisis de imágenes. El documento termina con una discusión de los resultados y la compilación de las conclusiones más importantes que se alcanzan después del estudio. Actualmente, el desarrollo de nuevos materiales para aplicación en los componentes de cara al plasma continúa. El estudio de estos materiales ayudará a completar una base de datos de características que permita hacer una selección de ellos más fiable. The main goal of this dissertation is the mechanical characterization as a function of temperature of nine tungsten alloys containing different amounts of titanium, vanadium and yttrium and lanthanum oxide. The alloys under study were the following ones: W-0.5%Y2O3, W-2%Ti, W-2% Ti-0.5% Y2O3, W-4% Ti-0.5% Y2O3, W-2%V, W- 2%Vmix, W-4%V, W-1%La2O3 and W-4%V-1%La2O3. All of them, besides pure tungsten, were manufactured using a Hot Isostatic Pressing (HIP) process and they were supplied by the Universidad Carlos III de Madrid. The research was carried out through a systematic study based on physical and mechanical tests as well as the post mortem analysis of tested samples. Diverse mechanical tests were applied to perform this characterization; most of them were conducted at temperatures in the range 25-1000 ºC. The following characterization tests were performed: • Density • Vickers hardness • Elastic modulus • Yield strength or ultimate bending strength, and their evolution with temperature • Fracture toughness and its temperature behavior • Microstructural analysis • Fractographical analysis • Microstructure-macroscopic relationship analysis This study begins with an introduction regarding the systems where these materials could be applied, in order to establish and understand their service conditions. In this case, the component that defines the conditions is the Divertor of magnetic-confinement fusion reactors. It seems obvious that their use as fusion reactor components, more exactly as plasma facing components (PFCs), makes these alloys work under conditions of neutron irradiation. In addition to this, the fact that they are novel materials demands a preliminary study of the basic characteristics which will guarantee their minimum requirements prior to a more complex study. This constitutes the motivation of the present research. The current energy crisis has driven to join forces so as to develop new materials, techniques and devices for their application in the nuclear energy industry. The development of production techniques for tungsten-based alloys, with a very high melting point, requires the use of precursors for sintering to achieve higher densifications and, accordingly, better mechanical properties. This is the purpose of the addition of titanium and vanadium to these alloys. Nevertheless, one of the main problems of using tungsten as structural material is its high ductile-brittle transition temperature. This temperature is characteristic of metallic materials with body centered cubic structure and depends on several metallurgical factors. The recrystallization process increases their transition temperature. Since PFCs have a very high service temperature, this facilitates the metal recrystallization. In order to inhibit this process, insoluble particles are dispersed in the material allowing higher service temperatures. So far, oxides of thorium, lanthanum and yttrium have been used as dispersed particles. Tungsten binary alloys are studied in comparison with pure tungsten to understand how the contents of some elements and oxide particles affect tungsten properties. In turn, these binary alloys are used as reference materials to understand the behavior of ternary alloys. Given the close relationship between the material properties, structure and manufacturing process, this research is completed with a fractographical and micrographic analysis. The fractographical analysis is aimed to show the mechanisms that are involved in the process of the material fracture. Besides, the micrographic study will help to understand this behavior through the identification of present phases. The grain size measurement is a crucial part of the microstructural characterization. In this work, the measurement of grain size was carried out by chemical selective etching to reveal the boundary grain on prepared samples. Afterwards, micrographs were subjected to both treatment and image analysis. The dissertation ends with a discussion of results and the compilation of the most important conclusions reached through this work. The development of new materials for plasma facing components application is still under study. The analysis of these materials will help to complete a database of the features that will allow a more reliable materials selection.
Resumo:
Un caloducto en bucle cerrado o Loop Heat Pipe (LHP) es un dispositivo de transferencia de calor cuyo principio de operación se basa en la evaporación/condensación de un fluido de trabajo, que es bombeado a través de un circuito cerrado gracias a fuerzas de capilaridad. Gracias a su flexibilidad, su baja masa y su mínimo (incluso nulo) consumo de potencia, su principal aplicación ha sido identificada como parte del subsistema de control térmico de vehículos espaciales. En el presente trabajo se ha desarrollado un LHP capaz de funcionar eficientemente a temperaturas de hasta 125 oC, siguiendo la actual tendencia de los equipos a bordo de satélites de incrementar su temperatura de operación. En la selección del diseño optimo para dicho LHP, la compatibilidad entre materiales y fluido de trabajo se identificó como uno de los puntos clave. Para seleccionar la mejor combinación, se llevó a cabo una exhaustiva revisión del estado del arte, además de un estudio especifico que incluía el desarrollo de un banco de ensayos de compatibilidad. Como conclusión, la combinación seleccionada como la candidata idónea para ser integrada en el LHP capaz de operar hasta 125 oC fue un evaporador de acero inoxidable, líneas de titanio y amoniaco como fluido de trabajo. En esa línea se diseñó y fabricó un prototipo para ensayos y se desarrolló un modelo de simulación con EcosimPro para evaluar sus prestaciones. Se concluyó que el diseño era adecuado para el rango de operación definido. La incompatibilidad entre el fluido de trabajo y los materiales del LHP está ligada a la generación de gases no condensables. Para un estudio más detallado de los efectos de dichos gases en el funcionamiento del LHP se analizó su comportamiento con diferentes cantidades de nitrógeno inyectadas en su cámara de compensación, simulando un gas no condensable formado en el interior del dispositivo. El estudio se basó en el análisis de las temperaturas medidas experimentalmente a distintos niveles de potencia y temperatura de sumidero o fuente fría. Adicionalmente, dichos resultados se compararon con las predicciones obtenidas por medio del modelo en EcosimPro. Las principales conclusiones obtenidas fueron dos. La primera indica que una cantidad de gas no condensable más de dos veces mayor que la cantidad generada al final de la vida de un satélite típico de telecomunicaciones (15 años) tiene efectos casi despreciables en el funcionamiento del LHP. La segunda es que el principal efecto del gas no condensable es una disminución de la conductancia térmica, especialmente a bajas potencias y temperaturas de sumidero. El efecto es más significativo cuanto mayor es la cantidad de gas añadida. Asimismo, durante la campaña de ensayos se observó un fenómeno no esperado para grandes cantidades de gas no condensable. Dicho fenómeno consiste en un comportamiento oscilatorio, detectado tanto en los ensayos como en la simulación. Este efecto es susceptible de una investigación más profunda y los resultados obtenidos pueden constituir la base para dicha tarea. ABSTRACT Loop Heat Pipes (LHPs) are heat transfer devices whose operating principle is based on the evaporation/condensation of a working fluid, and which use capillary pumping forces to ensure the fluid circulation. Thanks to their flexibility, low mass and minimum (even null) power consumption, their main application has been identified as part of the thermal control subsystem in spacecraft. In the present work, an LHP able to operate efficiently up to 125 oC has been developed, which is in line with the current tendency of satellite on-board equipment to increase their operating temperatures. In selecting the optimal LHP design for the elevated temperature application, the compatibility between the materials and working fluid has been identified as one of the main drivers. An extensive literature review and a dedicated trade-off were performed, in order to select the optimal combination of fluids and materials for the LHP. The trade-off included the development of a dedicated compatibility test stand. In conclusion, the combination of stainless steel evaporator, titanium piping and ammonia as working fluid was selected as the best candidate to operate up to 125 oC. An LHP prototype was designed and manufactured and a simulation model in EcosimPro was developed to evaluate its performance. The first conclusion was that the defined LHP was suitable for the defined operational range. Incompatibility between the working fluid and LHP materials is linked to Non Condensable Gas (NCG) generation. Therefore, the behaviour of the LHP developed with different amounts of nitrogen injected in its compensation chamber to simulate NCG generation, was analyzed. The LHP performance was studied by analysis of the test results at different temperatures and power levels. The test results were also compared to simulations in EcosimPro. Two additional conclusions can be drawn: (i) the effects of an amount of more than two times the expected NCG at the end of life of a typical telecommunications satellite (15 years) is almost negligible on the LHP operation, and (ii) the main effect of the NCG is a decrease in the LHP thermal conductance, especially at low temperatures and low power levels. This decrease is more significant with the progressive addition of NCG. An unexpected phenomenon was observed in the LHP operation with large NCG amounts. Namely, an oscillatory behaviour, which was observed both in the tests and the simulation. This effect provides the basis for further studies concerning oscillations in LHPs.