254 resultados para Megathyrsus maximus
Resumo:
L’arteria principale dell’antica Regio VIII si è dimostrata l’elemento cardine per la fondazione delle città in epoca romana. Le città che nascono sulla via Emilia entrano in un rapporto di simbiosi e di dipendenza con la strada antica, tanto che quest’ultima diventa l’asse generatore di tutta la forma urbis. Questo tracciato generatore è rimasto immutato se non per alcune sporadiche eccezioni e si è consolidato, nella sua forma e funzione, andando a creare così un’integrazione perfetta con l’imago urbis. Anche la città di Claterna deve la sua fondazione alla presenza di questo importante segno, tracciato nel 187 a.C.; un segno che nasce da un’astrazione e dal possesso dell’idea di linea retta da parte dei romani, il cui compito è dare ordine allo spazio che consideravano un caos, e come tale doveva essere organizzato in maniera geometrica e razionale. La via Emilia diventa l’asse generatore della città, la quale segue appunto l’orientamento fornito dall’asse stesso che assume il ruolo di decumanus maximus per l’insediamento, e sulla quale si baserà la costruzione della centuriazione claternate. Il tracciato così forte e importante dal punto di vista funzionale assume però in contemporanea un ruolo di divisione della civitas, in quanto va a separare in maniera netta la zona sud da quella nord. Questa situazione è maggiormente percepibile oggi rispetto al passato, vista la situazione di incolto che prevale sull’area. L’area di progetto risulta infatti tagliata dalla strada statale ed è di conseguenza interessata da problematiche di traffico veicolare anche pesante; tale situazione di attraversamento veloce non permette al viaggiatore di cogliere una lettura completa e unitaria di quello che era l’antico insediamento romano. Inoltre la quota di campagna, che racchiude il layer archeologico, è più bassa rispetto alla quota di percorrenza della strada e non essendoci alcun elemento visivo che possa richiamare l’attenzione di chi percorre questo tratto di via Emilia, l’area d’interesse rimane completamente nascosta e inserita nel contesto paesaggistico. Il paesaggio diventa l’unico immediato protagonista in questo frangente di via Emilia; qui è diverso da molte altre situazioni in cui l’abitato si accosta alla strada, o ancora da quando la strada antica, e ciò si verifica nei maggiori centri urbani, viene ad essere inglobata nel reticolo cittadino fatto di strade ed edifici e con esso si va a confondere ed integrare. Infatti nella porzione compresa tra il comune di Osteria Grande e la frazione di Maggio, ci si trova di fronte ad un vero e proprio spaccato della conformazione geomorfologica del territorio che interessa tutta la regione Emilia Romagna: rivolgendosi verso sud, lo sguardo è catturato dalla presenza della catena appenninica, dove si intravede il grande Parco dei Gessi, che si abbassa dolcemente fino a formare le colline. I lievi pendii si vanno a congiungere con la bassa pianura che si scontra con il segno della via Emilia, ma al di là della quale, verso nord, continua come una distesa senza limite fino all’orizzonte, per andare poi a sfumare nel mare Adriatico. Questi due aspetti, la non percepibilità della città romana nascosta nella terra e la forte presenza del paesaggio che si staglia sul cielo, entrano in contrasto proprio sulla base della loro capacità di manifestarsi all’occhio di chi sta percorrendo la via Emilia: la città romana è composta da un disegno di tracce al livello della terra; il paesaggio circostante invece diventa una vera e propria quinta scenica che non ha però oggetti da poter esporre in quanto sono sepolti e non sono ancora stati adeguatamente valorizzati. Tutte le città, da Rimini a Piacenza, che hanno continuato ad esistere, si sono trasformate fortemente prima in epoca medievale e poi rinascimentale tanto che il layer archeologico romano si è quasi completamente cancellato. La situazione di Claterna è completamente diversa. La città romana è stata mano a mano abbandonata alla fine del IV secolo fino a diventare una delle “semirutarum urbium cadavera” che, insieme a Bononia, Mutina, Regium e Brixillum fino a Placentia, Sant’Ambrogio ha descritto nella sua Epistola all’amico Faustino. Ciò mostra molto chiaramente quale fosse la situazione di tali città in età tardo-antica e in che situazione di degrado e abbandono fossero investite. Mentre alcune di queste importanti urbes riuscirono a risollevare le loro sorti, Claterna non fu più interessata dalla presenza di centri abitati, e ciò è dovuto probabilmente al trasferimento degli occupanti in centri e zone più sicure. Di conseguenza non si è verificato qui quello che è successo nei più importanti centri emiliano-romagnoli. Le successive fasi di sviluppo e di ampliamento di città come Bologna e Piacenza sono andate ad attaccare in maniera irrecuperabile il layer archeologico di epoca romana tanto da rendere lacunosa la conoscenza della forma urbis e delle sue più importanti caratteristiche. A Claterna invece lo strato archeologico romano è rimasto congelato nel tempo e non ha subito danni contingenti come nelle città sopra citate, in quanto il suolo appunto non è stato più interessato da fenomeni di inurbamento, di edificazione e di grandi trasformazioni urbane. Ciò ha garantito che i resti archeologici non venissero distrutti e quindi si sono mantenuti e conservati all’interno della terra che li ha protetti nel corso dei secoli dalla mano dell’uomo. Solo in alcune porzioni sono stati rovinati a causa degli strumenti agricoli che hanno lavorato la terra nell’ultimo secolo andando ad asportare del materiale che è stato quindi riportato alla luce. E’ stata proprio questa serie di ritrovamenti superficiali e fortunati a far intuire la presenza di resti archeologici, e che di conseguenza ha portato ad effettuare delle verifiche archeologiche con sondaggi che si sono concluse con esiti positivi e hanno permesso la collocazione di un vincolo archeologico come tutela dell’area in oggetto. L’area di progetto non è quindi stata contaminata dall’opera dell’uomo e ciò ha garantito probabilmente, secondo le indagini degli archeologi che lavorano presso il sito di Claterna, un buono stato di conservazione per gran parte dell’insediamento urbano e non solo di alcune porzioni minori di città o di abitazioni di epoca romana. Tutto questo attribuisce al sito una grande potenzialità visto che i casi di ritrovamenti archeologici così ampi e ben conservati sono molto limitati, quasi unici. Si tratterebbe quindi di riportare alla luce, in una prospettiva futura, un intero impianto urbano di epoca romana in buono stato di conservazione, di restituire un sapere che è rimasto nascosto e intaccato per secoli e di cui non si hanno che altre limitatissime testimonianze.
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Elasmobranchs are an important by-catch of commercial fisheries targeting bony fishes. Fisheries targeting sharks are rare, but usually almost all specimen bycatched are marketed. They risk extinction if current fishing pressure continues (Ferretti et al., 2008). Accurate species identification is critical for the design of sustainable fisheries and appropriate management plans, especially since not all species are equally sensitive to fishing pressure (Walker & Hislop 1998). The identification of species constitutes the first basic step for biodiversity monitoring and conservation (Dayrat B et al., 2005). More recently, mtDNA sequencing has also been used for species identification and its use has become widespread under the DNA Barcode initiative (e.g. Hebert et al. 2003a, 2003b; Ward et al. 2005, 2008a; Moura et al 2008; Steinke et al. 2009). The aims of this work were: 1) identify sharks and skates species using DNA barcode; 2) compare species of different provenance; 3) use DNA barcode for misidentified species. Using DNA barcode 15 species of sharks (Alopias vulpinus, Centrophorus granulosus, Cetorhinus maximus, Dalatias licha, Etmopterus spinax, Galeorhinus galeus, Galeus melastomus, Heptranchias perlo, Hexanchus griseus, Mustelus mustelus, Mustelus punctulatus, Oxynotus centrina, Scyliorhinus canicula Squalus acanthias, Squalus blainville), 1 species of chimaera (Chimaera monstrosa) and 21 species of rays/skayes (Dasyatis centroura, Dasyatis pastinaca, Dasyatis sp., Dipturus nidarosiensis, Dipturus oxyrinchus, Leucoraja circularis, Leucoraja melitensis, Myliobatis aquila, Pteromylaeus bovinus, Pteroplatytrygon violacea, Raja asterias, Raja brachyura, Raja clavata, Raja miraletus, Raja montagui, Raja radula, Raja polystigma, Raja undulata, Rostroraja alba, Torpedo marmorata, Torpedo nobiliana, Torpedo torpedo) was identified.
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OBJECTIVE The aim of the therapy is mechanical and functional stabilization of high dislocated hips with dysplasia coxarthrosis using total hip arthroplasty (THA). INDICATIONS Developmental dysplasia of the hip (DDH) in adults, symptomatic dysplasia coxarthrosis, high hip dislocation according to Crowe type III/IV, and symptomatic leg length inequality. CONTRAINDICATIONS Cerebrospinal dysfunction, muscular dystrophy, apparent disturbance of bone metabolism, acute or chronic infections, and immunocompromised patients. SURGICAL TECHNIQUE With the patient in a lateral decubitus position an incision is made between the anterior border of the gluteus maximus muscle and the posterior border of the gluteus medius muscle (Gibson interval). Identification of the sciatic nerve to protect the nerve from traction disorders by visual control. After performing trochanter flip osteotomy, preparation of the true actetabulum if possible. Implantation of the reinforcement ring, preparation of the femur and if necessary for mobilization, resection until the trochanter minor. Test repositioning under control of the sciatic nerve. Finally, refixation of the trochanteric crest. POSTOPERATIVE MANAGEMENT During hospital stay, intensive mobilization of the hip joint using a continuous passive motion machine with maximum flexion of 70°. No active abduction and passive adduction over the body midline. Maximum weight bearing 10-15 kg for 8 weeks, subsequently, first clinical and radiographic follow-up and deep venous thrombosis prophylaxis until full weight bearing. RESULTS From 1995 to 2012, 28 THAs of a Crow type IV high hip-dislocation were performed in our institute. Until now 14 patients have been analyzed during a follow-up of 8 years in 2012. Mid-term results showed an improvement of the postoperative clinical score (Merle d'Aubigné score) in 86 % of patients. Good to excellent results were obtained in 79 % of cases. Long-term results are not yet available. In one case an iatrogenic neuropraxia of the sciatic nerve was observed and after trauma a redislocation of the arthroplasty appeared in another case. In 2 cases an infection of the THA appeared 8 and 15 months after index surgery. No pseudoarthrosis of the trochanter or aseptic loosening was noticed.
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Vorlage d. Digitalisats aus d. Besitz d. Theol. Hochschule St. Georgen
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Este artículo se ocupa de la oda 4, 1 de Horacio. En primer lugar, el autor considera que esta oda posee un claro valor programático: en este libro se encontrará nuevamente poesía amorosa, a pesar de lo sostenido en los versos iniciales de la oda 3, 26 Y en la primera epístola. Sigue luego un comentario detallado de la oda, en el que se propone confirmar y ampliar tal interpretación. Se desarrolla especialmente el sentido de la súplica a Venus y el papel que cumple en tal súplica la juventud y riqueza de Paulo Máximo. En los dos últimos parágrafos se discuten la estructura del poema y su clasificación como apopompé, recusatio o renuntiatio amoris; también la característica que diferencia, aun considerando el poema como renuntiatio amoris, a Horacio de los poetas elegíacos
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Este artículo se ocupa de la oda 4, 1 de Horacio. En primer lugar, el autor considera que esta oda posee un claro valor programático: en este libro se encontrará nuevamente poesía amorosa, a pesar de lo sostenido en los versos iniciales de la oda 3, 26 Y en la primera epístola. Sigue luego un comentario detallado de la oda, en el que se propone confirmar y ampliar tal interpretación. Se desarrolla especialmente el sentido de la súplica a Venus y el papel que cumple en tal súplica la juventud y riqueza de Paulo Máximo. En los dos últimos parágrafos se discuten la estructura del poema y su clasificación como apopompé, recusatio o renuntiatio amoris; también la característica que diferencia, aun considerando el poema como renuntiatio amoris, a Horacio de los poetas elegíacos
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Este artículo se ocupa de la oda 4, 1 de Horacio. En primer lugar, el autor considera que esta oda posee un claro valor programático: en este libro se encontrará nuevamente poesía amorosa, a pesar de lo sostenido en los versos iniciales de la oda 3, 26 Y en la primera epístola. Sigue luego un comentario detallado de la oda, en el que se propone confirmar y ampliar tal interpretación. Se desarrolla especialmente el sentido de la súplica a Venus y el papel que cumple en tal súplica la juventud y riqueza de Paulo Máximo. En los dos últimos parágrafos se discuten la estructura del poema y su clasificación como apopompé, recusatio o renuntiatio amoris; también la característica que diferencia, aun considerando el poema como renuntiatio amoris, a Horacio de los poetas elegíacos
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1. Polleninventar: Erstmals wurde der Sporomorpheninhalt der Süssbrackwassermolasse und der Oberen Süsswassermolasse Südbayerns einer umfassenden Sichtung unterzogen. Von den überprüften 92 Fundstellen erwiesen sich 55 als sporomorphenführend. Nur 15 davon waren so ergiebig, daß ihr Inhalt quantitativ erfaßt und als Grundlage für die Erstellung eines Diagramms herangezogen werden konnte. Dennoch weist der systematische Katalog 272 Formen auf. Dies ist eine im Vergleich mit anderen, in neuerer Zeit bearbeiteten neogenen Pollenfloren Mitteleuropas sehr große Zahl, wie folgende Angaben belegen: Niederrheinische Braunkohle 175 Arten, Braunkohle der Oberpfalz 138 Arten, subalpine Flözmolasse Bayerns 93 Arten und subalpine Molasse der Ostschweiz und der zentralen und westlichen Paratethys 219 Arten. Dieser Reichtum erklärt sich unschwer aus der Größe des Untersuchungsgebietes, das vom Allgäu im Westen bis an die Salzach im Osten reichte. Überwiegend gehören die nachgewiesenen Formen gutbekannten Arten bzw. Formenkreisen an. Deshalb wurde lediglich die Aufstellung von 2 neuen Gattungen, 19 neuen Arten sowie 5 Neukombinationen nötig. Neue Genera: Nr. (165) Ludwigiapollis Nr., (248) Caesalpiniaceaepollenites, 311 Neue Spezies: (039) Polypodiaceoisporltes subtriangularis, (046) P. pityogrammoides, (067) Perinomonoletes imperfectus, (124) Cycadopltes gemmatus, (125) C. concinus, (133) Lillacidites tener, (137) Nupharipollenites microechinatus, (150) Polyporopollenites nanus, (161) Porocolpopollenites subrotundus, (165) Ludwigiapollis labiatus, (169) Sporotrapoidites cucculatus, (190) Tricolpopollenites cribosus, (192) T. variabilis, (204) Tricolporopollenites pulcher, (210) T. operculiferus, (213) T. pseudomarcodurensis, (217) T. magnolaevigatus, (245) Umbelliferaepollenites achldorfensis, (248) Caesalpiniaceaepollenites antiquus Neukombinationen: (081) Pityosporites koraensis, (128) Magnoliaepollenites magnolioides, (130) M. graciliexinus, (168) Sporotrapoidites erdtmannii, (177) Chenopodipollis psilatoides. Für die meisten der vorgefundenen Sporomorphen sind die Lieferpflanzen bereits bekannt. Dennoch gingen parallel zur Bestimmung, d.h. der Zuordnung der Funde zu Gruppen des morphographischen Sporomorphensystems, die Bemühungen auch dahin, solche Lieferpflanzen, v.a. der selteneren oder neu gefundenen Sporomorphen, zu ermitteln; einige der neuen Arten sind in ihrer Verwandtschaft eindeutig, was durch die Benennung zum Ausdruck gebracht wird (s.o). Für die Mehrzahl der neuen Spezies und für viele bisher in ihrer Verwandtschaft unklare Formen ließ sich die botanische Deutung zumindest eingrenzen. Dies gelang für 148 Formen. Es handelt sich dabei teils um subtropisch-tropische Gewächse, teils aber auch um Pflanzen gemäßigter Klimata. Für genaue Zuweisungen sind jedoch umfangreiche Rezentvergleiche nötig, die einer eigenen Bearbeitung vorbehalten bleiben müssen. Auch einige als Sammelgruppen behandelte Formenkreise erfordern für eine Aufgliederung detailliertere Untersuchungen als sie in diesem Rahmen durchführbar waren. (z. B. Tricolpopollenites asper, T. sp. 2 u.a.). Andere Formen und Gattungen wiederum erwiesen sich dagegen als viel zahlreicher und leichter differenzierbar als bisher angenommen (z. B. Pinaceen, Magnoliaceen, Cyperaceen). In diesem Zusamenhang ist auch zu erwähnen, daß von Hemitrapa zwei Arten mit offensichtlich stratigraphischer Aussagekraft unterscheidbar sind; die Interpretation von Tricolporopol1enltes wackersdorfensis sensu MOHR & GREGOR (1984) als Gleditsia muß nach vorliegenden Erkenntnissen dagegen in Frage gestellt werden. Für 36 Formspezies blieb die Lieferpflanze völlig unbekannt oder es lassen sich höchstens vage Vermutungen anstellen. 2. Biostratigraphie: Fragen der Brauchbarkeit von Mikrofloren für die stratgraphische Gliederung der jüngsten Molassesedimente Südbayerns bildeten den zweiten Schwerpunkt vorliegender Bearbeitung. a) Reichweite: Die Fülle des gefundenen Sporomorphenmaterials brachte es mit sich, daß bei etlichen Formen eine weitere stratigraphische Reichweite als bisher angenommen festgestellt wurde. Zum Teil wurde diese Revision durch die Neugliederung des Paratethys-Miozäns nötig. b) Palynologische Gliederung: Im Laufe der Untersuchungen zeigte sich bald, daß allein auf der Basis der mikrofloristischen Bearbeitung kein von anderen Fossilresten unabhängiges stratigraphisches Gliederungsschema zu finden war. Weder die von anderen Autoren favoritisierte Leitformen-Methode, noch die Aufgliederung nach Klimaelementen ergab ein brauchbares Bild. Lediglich die bekannte generelle Abnahme der miozänen, paläotropischen und thermophilen Elemente und die Zunahme der pliozänen, arktoteriären und gemäßigten während des Neogens ließ sich deutlich ausmachen. Dagegen ermöglicht die Berücksichtigung des Sporomorpheninhalts eine Ergänzung und Deutung der vertebrat-stratigraphisch ausgeschiedenen Abfolgen. Voraussetzung ist die Möglichkeit einer Zuordnung zu einer natürlichen Art, Gattung oder wenigstens Familie und daraus ableitbar wiederum die Zuordnung zu einer oder mehreren Pflanzengesellschaften. Aufgeteilt nach Diversität, Dominanz und Verhältnis von 'Feuchtpflanzen' bzw. autochthonen Gemeinschaften zu mesophilen Phanerophyten bzw. allochthonen Gemeinschaften lassen sich in Südbayern fünf Pollenbilder erkennen, die mit den MN-Einheiten der Zoostratigraphie in Beziehung gebracht werden können. Die Pollenbilder 1 und 2, ungefähr entsprechend den Säugereinheiten 4b und 5, dokumentieren gattungsreiche, polydominante Mikrofloren, deren Lieferpflanzen vor allem verschiedenen Naß- und Feuchtgesellschaften angehören. Dementprechend sind Pteridaceen, Schizaeaceen, Cyperaceen und Poaceen relativ häufig. Das Pollenbild 1 (Langenau und Rauscheröd) zeichnet sich durch eine gewisse Artenarmut aus, wohingegen im Pollenbild 2 (Hitzhofen und Rittsteig) die Diversität zunimmt und Palmenpollen neben anderen mesophilen Akzessorien eine merkliche Rolle spielt. Bemerkenswert ist in den Entnahmeprofilen das Vorkommen kohliger Sedimente. Bezeichnend für Sporomorphenbild 3 sind oligodominante Mikrofloren, zusammengesetzt aus Elementen artenarmer Au- und Sumpfwälder (Taxodiaceen, Cyperaceen) sowie mesophiler 'Pionierwälder' (Pinaceen, Leguminosen). Fehlende Kohlebildung und das Zurücktreten mesophiler, d. h. allochthoner Lieferpflanzen sind weitere Charakteristika. Dieses Sporomorphenbild mit den Fundpunkten Gallenbach und Unterneul enspricht ungefähr der Säugereinheit MN 6. Die beiden stratigraphisch jüngsten Pollendiagramme 4 und 5 setzen sich deutlich von dem vorhergehenden ab. Belegt sind nun wiederum gattungsreiche, polydominante Pflanzenge seIl schaften feuchter, aber nicht nasser Biotope, in denen es ebenfalls mancherorts zur Kohlebildung kam. Gegenüber den Sporomorphenbildern und 2 ist der Anteil mesophiler Lieferpflanzen deutlich erhöht auf Kosten der Feuchtelemente. Letzteres gilt vor allem für das Sporomorphenbild 5 (Leonberg), in dem Fagaceen Pollen (Quercus, Fagus) vorherrscht. sporomorphenbild 4 entspricht annähernd MN 8 mit den Fundpunkten Hassenhausen und Achldorf, während Leonberg, nahe Marktl gelegen, MN 9 zugehört. Auf dem Umweg über diese an der Säugetierstratigraphie 'geeichten' Mikrofloren gelingt es, stratigraphisch unsichere Fundpunkte, wenn sie nur genügend formen- und individuenreich sind (Burtenbach, Lerchenberg, Wemding), einzuordnen. Auf diese Weise ergibt sich die in Diagramm 10 dargestellte Reihung vom Liegenden zum Hangenden. Dürftige Sporomorphenfloren oder Floren, die ausschließlich autochthone Feuchtelemente zeigen, können pollenstratigraphisch nicht sicher angesprochen werden, weil ihr Pollendiagramm undeutlich bleiben muß. Entsprechend der anerkannten Unterstellung, daß Phytostratigraphie zugleich Klimastratigraphie ist, läßt die dargestellte, im Grunde auf der Ausscheidung verschiedener Ukotypen basierende Gliederung sich auch paläoklimatisch interpretieren: Danach ist das verarmte Sporomorphenbild 3 in Südbayern als Ausdruck des vegetationsgeschichtlichen Pessimums anzusehen. Da die nachgewiesenen Sippen noch höhere Wärmeansprüche besitzen, ist nicht ein Temperaturrückgang, sondern ein Absinken der Niederschlagsmenge als begrenzender Faktor am wahrscheinlichsten und auf diese Weise das Ausbleiben von Pollen mesophiler Phanerophyten des Hinterlandes einleuchtend. 3. Paläogeographie: Bei dem Versuch, mit benachbarten Gebieten stratigraphische Beziehungen herzustellen, ergab sich, daß dies zwar über eine kürzere Entfernung recht gut gelingt, daß aber vor allem zu den Mikrofloren der niederrheinischen Braunkohle ein signifikanter Unterschied besteht: In Süddeutschland lassen die Pollendiagramme auf eine raschere Veränderung in der Zusammensetzung der Wälder schließen. Mit anderen Worten: altersgleiche Mikrofloren in Nordwestdeutschland täuschen ein höheres Alter vor. Erst im Obersarmat ähneln sich die jeweiligen Sporomorphenbilder. Damit erklärt sich auch, daß frühere Bearbeiter Schwierigkeiten hatten, mikrofloristische Befunde aus Süd- und Nordwestdeutschland miteinander zu korrelieren. Als Ursache für dieses überraschende Phänomen einer mittelmiozänen Diagrammverschiebung wird die stärkere, sprich länger andauernde maritime Beeinflussung des Niederrheingebietes angesehen.
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Southern China, especially Yunnan, has undergone high tectonic activity caused by the uplift of Himalayan Mountains during the Neogene, which led to a fast changing palaeogeography. Previous study shows that Southern China has been influenced by the Asian Monsoon since at least the Early Miocene. However, it is yet not well understood how intense the Miocene monsoon system was. In the present study, 63 fossil floras of 16 localities from Southern China are compiled and evaluated for obtaining available information concerning floristic composition, stratigraphic age, sedimentology, etc. Based on such reliable information, selected mega- and micro-floras have been analysed with the coexistence approach to obtain quantitative palaeoclimate data. Visualization of climate results in maps shows a distinct spatial differentiation in Southern China during the Miocene. Higher seasonalities of temperature and precipitation occur in the north and south parts of Southern China, respectively. During the Miocene, most regions of Southern China and Europe were both warm and humid. Central Eurasia was likely to be an arid center, which gradually spread westward and eastward. Our data provide information about Miocene climate patterns in Southern China and about the evolution of these patterns throughout the Miocene, and is also crucial to unravel and understand the climatic signals of global cooling and tectonic uplift.
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The conservation of birds and their habitats is essential to maintain well-functioning ecosystems including human-dominated habitats. In simplified or homogenized landscapes, patches of natural and semi-natural habitat are essential for the survival of plant and animal populations. We compared species composition and diversity of trees and birds between gallery forests, tree islands and hedges in a Colombian savanna landscape to assess how fragmented woody plant communities affect forest bird communities and how differences in habitat characteristics influenced bird species traits and their potential ecosystem function. Bird and tree diversity was higher in forests than in tree islands and hedges. Soil depth influenced woody species distribution, and canopy cover and tree height determined bird species distribution, resulting in plant and bird communities that mainly differed between forest and non-forest habitat. Bird and tree species and traits widely co-varied. Bird species in tree islands and hedges were on average smaller, less specialized to habitat and more tolerant to disturbance than in forest, but dietary differences did not emerge. Despite being less complex and diverse than forests, hedges and tree islands significantly contribute to the conservation of forest biodiversity in the savanna matrix. Forest fragments remain essential for the conservation of forest specialists, but hedges and tree islands facilitate spillover of more tolerant forest birds and their ecological functions such as seed dispersal from forest to the savanna matrix.