984 resultados para García Lorca, Federico. La casa de Bernarda Alba - Crítica e interpretación


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El presente estudio toma como ejemplo la casa popular de Quito para desarrollar un conocimiento que combina tres áreas del conocimiento: la cultura, la arquitectura y la comunicación. A partir de un sistema de referentes visuales y de tradición familiar, el estudio encuentra que la casa popular “comunica”, tanto por fuera como por dentro, que la forma no está separada de las prácticas culturales cotidianas –mediación, reciclaje; significación de espacios y objetos- que se operan en la casa, que ha sido construida mediante autoconstrucción, ubicada generalmente en los bordes de la ciudad. Desde el conjunto arquitectónico hasta el objeto doméstico, y tanto en el exterior como en el interior, el estudio identifica que hay una vocación natural y creativa de realizar lo que Lévi-Strauss denomina el “bricolage”, en este caso un bricolage cultural, aplicando un proceso de ensayo e invención, a partir de la utilización de diferentes materiales, formas y significados de los objetos de reciclaje que al final lo comparten, lo exhiben, lo copian y lo vuelven a reciclar entre quienes practican este “modo de vida”. Mediante varios ejemplos se pone en evidencia la versatilidad con la que la cultura popular decodifica los cánones culturales de otros grupos sociales, a fin de incorporarlos en su vida diaria, como una manera de superar su condición de subalternidad.

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El presente texto busca dilucidar las tratativas diplomáticas entre García Moreno y la Santa Sede que ocurrieron entre el 1861 y 1866 y cuyo fin era conseguir el Concordato: un pacto que el Presidente ecuatoriano consideraba fundamental para la realización de su proyecto de reformas. Frente a un país lacerado por luchas internas y dividido entre sí, era necesario un cambio enérgico para establecer el orden social y la unión nacional. Paladino de la reforma debía ser, según García Moreno, el clero a su vez reformado y vuelto ejemplo de virtud para restituir el orden y la moral al país entero. Entonces, era primordial un Concordato con la Santa Sede para imponer la reforma del clero y establecer los límites entre poder religioso y estatal. No obstante el Concordato no representó una solución fácil e inmediata al cambio, en cuanto planteó una serie de contrastes, discusiones, reformulaciones y cambios que desvelaron los intereses que rodeaban al poder estatal y religioso en el país. En este contexto la Santa Sede iba a representar una fuente legitimadora del poder religioso, demostrando su preferencia en tratar las cuestiones con el Presidente ecuatoriano y su legítimo gobierno, marginando el parlamento. El Concordato resultó ser un documento que permitió a García Moreno fortalecer su control sobre la Iglesia ecuatoriana y mediar con la Santa Sede algunas cuestiones, sobre todo la inherente el diezmo, obteniendo una mayor ventaja económica para el Estado. Soluciones que, no fueron definitivas, sino que dejaron abierta la discusión para ulteriores tratativas.

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Dentro del movimiento teatral de Quito, se ha posicionado un discurso en torno a la figura del delegado italiano de la UNESCO Fabio Pacchioni, basado en la afirmación de que este director y gestor teatral fuel el creador del llamado Nuevo Teatro Ecuatoriano y que su impulso es el cimiento de gran parte del teatro actual. Esta afirmación no toma en cuenta que el teatro y el arte, en general, no responden a la labor de una sola persona, sino se inscribe dentro de unos discursos y un sistema cultural. En este contexto el trabajo de investigación realizado tiene por objetivo develar las relaciones existentes entre el discurso de desarrollo de los años 60 y la legitimación social que se le otorgó al llamado Nuevo Teatro Ecuatoriano. El desarrollo de la tesis consta de cinco capítulos. El capítulo uno es el marco teórico donde se define la relación entre el sistema cultural y sus productos culturales. El capítulo dos demuestra el rol del teatro dentro del contexto revolucionario y el papel de la Casa de la Cultura Ecuatoriana en la legitimación del arte. El capítulo tres gira en torno al movimiento teatral deslegitimado por el Nuevo Teatro Ecuatoriano. En el capítulo cuatro se muestran los resultados de las entrevistas realizadas y el relacionamiento de variables. Finalmente, a partir del análisis de los resultados de la investigación, en el capítulo cinco se generan conclusiones.

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Estructura de Teleformación

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Questa tesi di laurea vuole fornire delle ipotesi per un possibile riutilizzo della casa del Dopolavoro nella città di Imola. Di questo edificio, dismesso ormai da anni, verrà fatta un'analisi storica attraverso i documenti di archivio, riviste dell'epoca e disegni originali, e verranno avanzate ipotesi progettuali sulla base di disegni storici e rilievi attuali. Per meglio render comprensibili gli interventi previsti da questa tesi di laurea, il progetto prevede la suddivisione degli spazi in quattro macrozone principali, ognuna delle quali viene affrontata singolarmente. Di ogni macrozona viene fatto un confronto tra stato di fatto e progetto, identificandone i fattori più rilevanti e spiegando le motivazioni che hanno portato ad eventuali interventi di ripristino od alla nuova destinazione d'uso, così da poterne meglio identificarne la posizione nella struttura dell'edificio nella visione complessiva.

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La tesi prevede l'integrazione del teatro esistente di San Felice sul Panaro attraverso la progettazione di un nuovo sistema che studia la riconfigurazione degli spazi urbani annessi alla monumentale presenza storica mediante un nuovo complesso denominato "casa dello spettacolo", che ospiterà rappresentazioni all'aperto di tipo più contemporaneo, a supporto del teatro storico comunale.

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Il ritrovamento della Casa dei due peristili a Phoinike ha aperto la strada a un’intensa opera di revisione di tutti i dati relativi all’edilizia domestica nella regione, con studi comparativi verso nord (Illiria meridionale) e verso sud (il resto dell’Epiro, ovvero Tesprozia e Molossia). Tutta quest’area della Grecia nord-occidentale è stata caratterizzata nell’antichità da un’urbanizzazione scarsa numericamente e tardiva cronologicamente (non prima del IV sec. a.C.), a parte ovviamente le colonie corinzio-corciresi di area Adriatico- Ionica d’età arcaica (come Ambracia, Apollonia, Epidamnos). A un’urbanistica di tipo razionale e programmato (ad es. Cassope, Orraon, Gitani in Tesprozia, Antigonea in Caonia) si associano numerosi casi di abitati cresciuti soprattutto in rapporto alla natura del suolo, spesso diseguale e montagnoso (ad es. Dymokastro/Elina in Tesprozia, Çuka e Aitoit nella Kestrine), talora semplici villaggi fortificati, privi di una vera fisionomia urbana. D’altro canto il concetto classico di polis così come lo impieghiamo normalmente per la Grecia centro-meridionale non ha valore qui, in uno stato di tipo federale e dominato dall’economia del pascolo e della selva. In questo contesto l’edilizia domestica assume caratteri differenti fra IV e I sec. a.C.: da un lato le città ortogonali ripetono schemi egualitari con poche eccezioni, soprattutto alle origini (IV sec. a.C., come a Cassope e forse a Gitani), dall’altro si delinea una spiccata differenziazione a partire dal III sec., quando si adottano modelli architettonici differenti, come i peristili, indizio di una più forte differenziazione sociale (esemplari i casi di Antigonea e anche di Byllis in Illiria meridionale). I centri minori e fortificati d’altura impiegano formule abitative più semplici, che sfruttano l’articolazione del terreno roccioso per realizzare abitazioni a quote differenti, utilizzando la roccia naturale anche come pareti o pavimenti dei vani.

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L’analisi compiuta in questa tesi di laurea è motivata da una passione che fin dall’infanzia ho coltivato: quella per il Giappone. Con il passare degli anni gli aspetti del Giappone che mi hanno stimolato e incuriosito sono evoluti, come la volontà di approfondire una conoscenza sempre più completa di questo popolo e della loro cultura – facendo anche tesoro dell’esperienza di viaggio fatta nel 2012, visitando Tokyo e Kyoto.
 Notai nel mio breve soggiorno a Tokyo un qualcosa che qua non trovavo negli edifici: un eterno conflitto con lo spazio. Sono rimasto sorpreso dagli spazi angusti, dalle dimensioni lillipuziane delle case, spesso caratterizzate da standard qualitativi intollerabili per un occidentale, ma allo stesso tempo mi ha impressionato la tecnologia disponibile per la vita di tutti i giorni, che permetteva di sopperire a queste mancanze o deficit. Kyoto mi ha invece colpito per la tradizione, per la storia, per le sue architetture lignee – una città capace di fare convivere in armonia il passato col presente nel pieno rispetto della natura. I suoi colori, i suoi paesaggi bucolici non li dimenticherò facilmente... Il percorso di analisi che si svolgerà in questa sede includerà, partendo dalla tradizione fino ad arrivare al presente, le tematiche di cui si è appena parlato: casa giapponese, misura, standard, spazio. Si è partiti dall’analisi descrittiva e dalle splendide illustrazioni del zoologo americano Edward Morse, analizzando il suo volume “Japanese Homes and Their Surroundings” pubblicato alla fine del 1800 e divenuto un libro di culto per gli architetti moderni, per poi arricchire l’analisi con le tantissime informazioni e tavole tecniche fornite da Heinrich Engel con il libro “The Japanese House – A tradition for contemporary architecture”, un testo veramente formativo e altamente specifico per l’architettura vernacolare giapponese. Si arricchisce la discussione con Paper e pubblicazioni di professori giapponesi, racconti di narrativa e guide sul Giappone, per poi concludere l’analisi con libri di architettura moderna giapponese come il volume di Naomi Pollock “Modern Japanese House” e riviste quali JA (Japan Architects) per fornire esempi contemporanei di costruzioni residenziali odierne.