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Resumo:
Le acque di vegetazione (AV) costituiscono un serio problema di carattere ambientale, sia a causa della loro elevata produzione sia per l’ elevato contenuto di COD che oscilla fra 50 e 150 g/l. Le AV sono considerate un refluo a tasso inquinante fra i più elevati nell’ambito dell’industria agroalimentare e la loro tossicità è determinata in massima parte dalla componente fenolica. Il presente lavoro si propone di studiare e ottimizzare un processo non solo di smaltimento di tale refluo ma anche di una sua valorizzazione, utlizzandolo come materia prima per la produzione di acidi grassi e quindi di PHA, polimeri biodegradabili utilizzabili in varie applicazioni. A tale scopo sono stati utilizzati due bioreattori anaerobici a biomassa adesa, di identica configurazione, con cui si sono condotti due esperimenti in continuo a diverse temperature e carichi organici al fine di studiare l’influenza di tali parametri sul processo. Il primo esperimento è stato condotto a 35°C e carico organico pari a 12,39 g/Ld, il secondo a 25°C e carico organico pari a 8,40 g/Ld. Si è scelto di allestire e mettere in opera un processo a cellule immobilizzate in quanto questa tecnologia si è rivelata vantaggiosa nel trattamento continuo di reflui ad alto contenuto di COD e carichi variabili. Inoltre si è scelto di lavorare in continuo poiché tale condizione, per debiti tempi di ritenzione idraulica, consente di minimizzare la metanogenesi, mediata da microrganismi con basse velocità specifiche di crescita. Per costituire il letto fisso dei due reattori si sono utilizzati due diversi tipi di supporto, in modo da poter studiare anche l’influenza di tale parametro, in particolare si è fatto uso di carbone attivo granulare (GAC) e filtri ceramici Vukopor S10 (VS). Confrontando i risultati si è visto che la massima quantità di VFA prodotta nell’ambito del presente studio si ha nel VS mantenuto a 25°C: in tale condizione si arriva infatti ad un valore di VFA prodotti pari a 524,668 mgCOD/L. Inoltre l’effluente in uscita risulta più concentrato in termini di VFA rispetto a quello in entrata: nell’alimentazione la percentuale di materiale organico presente sottoforma di acidi grassi volatili era del 54 % e tale percentuale, in uscita dai reattori, ha raggiunto il 59 %. Il VS25 rappresenta anche la condizione in cui il COD degradato si è trasformato in percentuale minore a metano (2,35 %) e questo a prova del fatto che l’acidogenesi ha prevalso sulla metanogenesi. Anche nella condizione più favorevole alla produzione di VFA però, si è riusciti ad ottenere una loro concentrazione in uscita (3,43 g/L) inferiore rispetto a quella di tentativo (8,5 g/L di VFA) per il processo di produzione di PHA, sviluppato da un gruppo di ricerca dell’università “La Sapienza” di Roma, relativa ad un medium sintetico. Si può constatare che la modesta produzione di VFA non è dovuta all’eccessiva degradazione del COD, essendo questa nel VS25 appena pari al 6,23%, ma piuttosto è dovuta a una scarsa concentrazione di VFA in uscita. Questo è di buon auspicio nell’ottica di ottimizzare il processo migliorandone le prestazioni, poiché è possibile aumentare tale concentrazione aumentando la conversione di COD in VFA che nel VS25 è pari a solo 5,87%. Per aumentare tale valore si può agire su vari parametri, quali la temperatura e il carico organico. Si è visto che il processo di acidogenesi è favorito, per il VS, per basse temperature e alti carichi organici. Per quanto riguarda il reattore impaccato con carbone attivo la produzione di VFA è molto ridotta per tutti i valori di temperatura e carichi organici utilizzati. Si può quindi pensare a un’applicazione diversa di tale tipo di reattore, ad esempio per la produzione di metano e quindi di energia.
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OBJECTIVE: To determine whether pharmacogenetic tests such as N-acetyltransferase 2 (NAT2) and cytochrome P450 2E1 (CYP2E1) genotyping are useful in identifying patients prone to antituberculosis drug-induced hepatotoxicity in a cosmopolite population. METHODS: In a prospective study we genotyped 89 patients treated with isoniazid (INH) for latent tuberculosis. INH-induced hepatitis (INH-H) or elevated liver enzymes including hepatitis (INH-ELE) was diagnosed based on the clinical diagnostic scale (CDS) designed for routine clinical practice. NAT2 genotypes were assessed by fluorescence resonance energy transfer probe after PCR analysis, and CYP2E1 genotypes were determined by PCR with restriction fragment length polymorphism analysis. RESULTS: Twenty-six patients (29%) had INH-ELE, while eight (9%) presented with INH-H leading to INH treatment interruption. We report no significant influence of NAT2 polymorphism, but we did find a significant association between the CYP2E1 *1A/*1A genotype and INH-ELE (OR: 3.4; 95% CI:1.1-12; p = 0.02) and a non significant trend for INH-H (OR: 5.9; 95% CI: 0.69-270; p = 0.13) compared with other CYP2E1 genotypes. This test for predicting INH-ELE had a positive predictive value (PPV) of 39% (95% CI: 26-54%) and a negative predictive value (NPV) of 84% (95% CI: 69-94%). CONCLUSION: The genotyping of CYP2E1 polymorphisms may be a useful predictive tool in the common setting of a highly heterogeneous population for predicting isoniazid-induced hepatic toxicity. Larger prospective randomized trials are needed to confirm these results.
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Mitochondrial volume density (Vv((mt,f))), cristae surface density (Sv((im,mt))), cristae surface area (Sv((im,f))) and citrate synthase (CS) activity were analysed as indicators of thermal acclimation in foot muscle of the limpet, Nacella concinna, and the clam, Laternula elliptica, collected from 4 locations within the Southern Ocean, South Georgia (54 degrees S, N. concinna only), Signy (60 degrees S), Jubany (L. elliptica only -62 degrees S) and Rothera (67 degrees S). Animals were acclimated to 0.0 degrees C whilst a sub-set of N. concinna (South Georgia, Signy and Rothera) and L. elliptica (Rothera) were acclimated to 3.0 degrees C. At 0.0 degrees C N. concinna had higher Vv((mt,f)), Sv((im,mt)), Sv((im,f)) and muscle fibre specific CS activity than L. elliptica which correlated with the more active life style of N. concinna. However, mitochondrial density was very low, 1-2% in both species, suggesting that low temperature compensation of mitochondrial density is not a universal evolutionary response of Antarctic marine ectotherms. Both Sv((im,mt)) and Sv((im,f)) were reduced by warm acclimation of N. concinna. South Georgia N. concinna maintained muscle fibre specific CS activity after acclimation, in contrast to N. concinna from Rothera and Signy and L. elliptica from Rothera, indicating that they have the physiological plasticity to respond to their warmer, more variable thermal environment.
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Of 54 children with acute lymphoblastic leukemia (ALL) and first hematological recurrence observed between 1985 and 1989, 31 relapsed while still on treatment and 23 after cessation of therapy. Of the former, only one survived. Of the latter, 11 children survived after a minimum follow-up of 25 months. During the same period, a first isolated testicular relapse was observed in nine boys, of whom six survived, and an isolated CNS relapse in eight patients, of whom three survived. As a rule, survivors of a bone marrow or testicular relapse were doing well while those surviving a CNS relapse had considerable neuropsychological sequelae. These results, compared with those of two preceding studies, suggest that with intensification of front-line treatments, it becomes more difficult to rescue children who relapse, particularly those with a bone marrow relapse while on therapy.