352 resultados para catalizzatori strutturati elettrosintesi metalli nobili nanoparticelle schiume metalliche
Resumo:
Purpose. The primary objective of this study was to investigate the incidence of drug-drug interactions (DDIs) related to adverse drug reactions (ADRs) in elderly outpatients who attended public primary healthcare units in a southeastern region of Brazil. The secondary objective was to investigate the possible predictors of DDI-related ADRs. Methods. A prospective cohort study was conducted between November 1, 2010, and November 31, 2011, in the primary public healthcare system in the Ourinhos micro-region in Brazil. Patients who were at least 60 years old, with at least one potential DDI, were eligible for inclusion in the study. Eligible patients were assessed by clinical pharmacists for DDI-related ADRs for 4 months. The causality of DDI-related ADRs was assessed independently by four clinicians using three decisional algorithms. The incidence of DDI-related ADRs during the study period was calculated. Logistic regression analysis was used to study DDI-related ADR predictors. Results. A total of 433 patients completed the study. The incidence of DDI-related ADRs was 6.5%. A multivariate analysis indicated that the adjusted odds ratios (ORs) rose from 0.91 (95% confidence interval [CI] = 0.75-1.12, p = 0.06) in patients aged 65-69 years to 4.40 (95% CI = 3.00-6.12, p < 0.01) in patients aged 80 years or older. Patients who presented two to three diagnosed diseases presented lower adjusted ORs (OR = 0.93 [95% CI = 0.68-1.18, p = 0.08]) than patients who presented six or more diseases (OR = 1.12 [95% CI = 1.02-2.01, p < 0.01]). Elderly patients who took five or more drugs had a significantly higher risk of DDI-related ADRs (OR = 2.72 [95% CI = 1.92-3.12, p < 0.01]) than patients who took three to four drugs (OR = 0.93 [95% CI = 0.74-1.11, p = 0.06]). No significant difference was found with regard to sex (OR = 1.08 [95% CI 0.48-2.02, p = 0.44]). Conclusion. The incidence of DDI-related ADRs in elderly outpatients was significant, and most of the events presented important clinical consequences. Because clinicians still have difficulty managing this problem, highlighting the factors that increase the risk of DDI-related ADRs is essential. Polypharmacy was found to be a significant predictor of DDI-related ADRs in our sample.
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Although the prevalence of drug-drug interactions (DDIs) in elderly outpatients is high, many potential DDIs do not have any actual clinical effect, and data on the occurrence of DDI-related adverse drug reactions (ADRs) in elderly outpatients are scarce. This study aimed to determine the incidence and characteristics of DDI-related ADRs among elderly outpatients as well as the factors associated with these reactions. A prospective cohort study was conducted between 1 November 2010 and 31 November 2011 in the primary public health system of the Ourinhos micro-region, Brazil. Patients aged a parts per thousand yen60 years with at least one potential DDI were eligible for inclusion. Causality, severity, and preventability of the DDI-related ADRs were assessed independently by four clinicians using validated methods; data were analysed using descriptive analysis and multiple logistic regression. A total of 433 patients completed the study. The incidence of DDI-related ADRs was 6 % (n = 30). Warfarin was the most commonly involved drug (37 % cases), followed by acetylsalicylic acid (17 %), digoxin (17 %), and spironolactone (17 %). Gastrointestinal bleeding occurred in 37 % of the DDI-related ADR cases, followed by hyperkalemia (17 %) and myopathy (13 %). The multiple logistic regression showed that age a parts per thousand yen80 years [odds ratio (OR) 4.4; 95 % confidence interval (CI) 3.0-6.1, p < 0.01], a Charlson comorbidity index a parts per thousand yen4 (OR 1.3; 95 % CI 1.1-1.8, p < 0.01), consumption of five or more drugs (OR 2.7; 95 % CI 1.9-3.1, p < 0.01), and the use of warfarin (OR 1.7; 95 % CI1.1-1.9, p < 0.01) were associated with the occurrence of DDI-related ADRs. With regard to severity, approximately 37 % of the DDI-related ADRs detected in our cohort necessitated hospital admission. All DDI-related ADRs could have been avoided (87 % were ameliorable and 13 % were preventable). The incidence of ADRs not related to DDIs was 10 % (n = 44). The incidence of DDI-related ADRs in elderly outpatients is high; most events presented important clinical consequences and were preventable or ameliorable.
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Lutilizzo di materiali compositi come i calcestruzzi fibrorinforzati sta diventando sempre pi frequente e diffuso. Tuttavia la scelta di nuovi materiali richiede una approfondita analisi delle loro caratteristiche e dei loro comportamenti. I vantaggi forniti dallaggiunta di fibre dacciaio ad un materiale fragile, quale il calcestruzzo, sono legati al miglioramento della duttilit e all'aumento di assorbimento di energia. Laggiunta di fibre permette quindi di migliorare il comportamento strutturale del composito, dando vita ad un nuovo materiale capace di lavorare non solo a compressione ma anche in piccola parte a trazione, ma soprattutto caratterizzato da una discreta duttilit ed una buona capacit plastica. Questa tesi ha avuto come fine lanalisi delle caratteristiche di questi compositi cementizi fibrorinforzati. Partendo da prove sperimentali classiche quali prove di trazione e compressione, si arrivati alla caratterizzazione di questi materiali avvalendosi di una campagna sperimentale basata sullapplicazione della norma UNI 11039/2003. Lobiettivo principale di questo lavoro consiste nellanalizzare e nel confrontare calcestruzzi rinforzati con fibre di due diverse lunghezze e in diversi dosaggi. Studiando questi calcestruzzi si cercato di comprendere meglio questi materiali e trovare un riscontro pratico ai comportamenti descritti in teorie ormai diffuse e consolidate. La comparazione dei risultati dei test condotti ha permesso di mettere in luce differenze tra i materiali rinforzati con laggiunta di fibre corte rispetto a quelli con fibre lunghe, ma ha anche permesso di mostrare e sottolineare le analogie che caratterizzano questi materiali fibrorinforzati. Sono stati affrontati inoltre gli aspetti legati alle fasi della costituzione di questi materiali sia da un punto di vista teorico sia da un punto di vista pratico. Infine stato sviluppato un modello analitico basato sulla definizione di specifici diagrammi tensione-deformazione; i risultati di questo modello sono quindi stati confrontati con i dati sperimentali ottenuti in laboratorio.
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Il progresso nella tecnica di recupero e di rinforzo nelle strutture metalliche con i polimeri fibro-rinforzati FRP (fibre reinforced polymers). 1.1 Introduzione nelle problematiche ricorrenti delle strutture metalliche. Le strutture moderne di una certa importanza, come i grattacieli o i ponti, hanno tempi e costi di costruzione molto elevati ed allora di importanza fondamentale la loro durabilit, cio la lunga vita utile e i bassi costi di manutenzione; manutenzione intesa anche come modo di restare a livelli prestazionali predefiniti. La definizione delle prestazioni comprende la capacit portante, la durabilit, la funzionalit e laspetto estetico. Se il livello prestazionale diventa troppo basso, diventa allora necessario intervenire per ripristinare le caratteristiche iniziali della struttura. Strutture con una lunga vita utile, come per la maggior parte delle strutture civili ed edilizie, dovranno soddisfare esigenze nuove o modificate: i mezzi di trasporto ad esempio sono diventati pi pesanti e pi diffusi, la velocit dei veicoli al giorno d'oggi aumentata e ci comporta anche maggiori carichi di tipo dinamico.
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Nel periodo storico compreso tra la seconda met dellOttocento ed il primo ventennio del Novecento, unondata di innovazioni tecnologiche e scientifiche, unitamente allespansione dellindustria siderurgica e la conseguente diffusione del ferro come materiale da costruzione, portarono alla realizzazione di strutture metalliche grandiose. Ci fu reso possibile grazie ad una fervida attivit di ricerca che permise la risoluzione di problematiche tecniche di assoluto rilievo, come la progettazione di grandi coperture o di ponti destinati al traffico ferroviario in grado di coprire luci sempre maggiori. In questo contesto si svilupp il sistema della chiodatura come metodo di unione per il collegamento rigido e permanente dei vari elementi che compongono la struttura portante metallica. Ad oggi il sistema della chiodatura stato quasi completamente sostituito dalla bullonatura di acciaio ad alta resistenza e dalla saldatura, che garantendo gli stessi standard di affidabilit e sicurezza, offrono vantaggi in termini economici e di rapidit esecutiva. Tuttavia lo studio delle unioni chiodate continua a rivestire notevole importanza in tutti quei casi in cui il progettista debba occuparsi di restauro, manutenzione o adeguamento di strutture esistenti che in molti casi continuano ad assolvere le funzioni per le quali erano state progettate. La valutazione delle strutture esistenti, in particolare i ponti, ha assunto unimportanza sempre crescente. Lincremento della mobilit e del traffico sulle infrastrutture di trasporto ha portato ad un incremento contemporaneo di carichi e velocit sui ponti. In particolare nelle ferrovie, i ponti rappresentano una parte strategica della rete ferroviaria e in molti casi, essi hanno gi raggiunto i loro limiti di capacit di traffico, tanto vero che let media del sessanta percento dei ponti metallici ferroviari di un centinaio di anni. Pertanto i carichi di servizio, i cicli di sforzo accumulati a causa dei carichi da traffico e il conseguente invecchiamento delle strutture esistenti, inducono la necessit della valutazione della loro rimanente vita a fatica. In questo contesto, la valutazione delle condizioni del ponte e le conseguenti operazioni di manutenzione o sostituzione diventano indispensabili. Negli ultimi decenni sono state effettuate numerose iniziative di ricerca riguardo il comportamento a fatica dei ponti ferroviari chiodati, poich le passate esperienze hanno mostrato che tali connessioni sono suscettibili di rotture per fatica. Da uno studio dellASCE Committee on Fatigue and Fracture Reliability emerso che lottanta, novanta percento delle crisi nelle strutture metalliche da relazionarsi ai fenomeni di fatica e frattura. Il danno per fatica riportato dai ponti chiodati stato osservato principalmente sulle unioni tra elementi principali ed causato dagli sforzi secondari, che si possono sviluppare in diverse parti delle connessioni. In realt riguardo la valutazione della fatica sui ponti metallici chiodati, si scoperto che giocano un ruolo importante molti fattori, anzitutto i ponti ferroviari sono soggetti a grandi variazioni delle tensioni indotte da carichi permanenti e accidentali, cos come imperfezioni geometriche e inclinazioni o deviazioni di elementi strutturali comportano sforzi secondari che solitamente non vengono considerati nella valutazione del fenomeno della fatica. Vibrazioni, forze orizzontali trasversali, vincoli interni, difetti localizzati o diffusi come danni per la corrosione, rappresentano cause che concorrono al danneggiamento per fatica della struttura. Per questo motivo si studiano dei modelli agli elementi finiti (FE) che riguardino i particolari delle connessioni e che devono poi essere inseriti allinterno di un modello globale del ponte. Lidentificazione degli elementi critici a fatica viene infatti solitamente svolta empiricamente, quindi necessario che i modelli numerici di cui si dispone per analizzare la struttura nei particolari delle connessioni, cos come nella sua totalit, siano il pi corrispondenti possibile alla situazione reale. Ci che ci si propone di sviluppare in questa tesi un procedimento che consenta di affinare i modelli numerici in modo da ottenere un comportamento dinamico analogo a quello del sistema fisico reale. Si presa in esame la seguente struttura, un ponte metallico ferroviario a binario unico sulla linea Bologna Padova, che attraversa il fiume Po tra le localit di Pontelagoscuro ed Occhiobello in provincia di Ferrara. Questo ponte fu realizzato intorno agli anni che vanno dal 1945 al 1949 e tra il 2002 e il 2006 ha subito interventi di innalzamento, ampliamento ed adeguamento nel contesto delle operazioni di potenziamento della linea ferroviaria, che hanno portato tra laltro allaffiancamento di un nuovo ponte, anchesso a singolo binario, per i convogli diretti nella direzione opposta. Le travate metalliche del ponte ferroviario sono costituite da travi principali a traliccio a gabbia chiusa, con uno schema statico di travi semplicemente appoggiate; tutte le aste delle travi reticolari sono formate da profilati metallici in composizione chiodata. In particolare si rivolta lattenzione verso una delle travate centrali, della quale si intende affrontare unanalisi numerica con caratterizzazione dinamica del modello agli Elementi Finiti (FEM), in modo da conoscerne lo specifico comportamento strutturale. Ad oggi infatti lanalisi strutturale si basa prevalentemente sulla previsione del comportamento delle strutture tramite modelli matematici basati su procedimenti risolutivi generali, primo fra tutti il Metodo agli Elementi Finiti. Tuttavia i risultati derivanti dal modello numerico possono discostarsi dal reale comportamento della struttura, proprio a causa delle ipotesi poste alla base della modellazione. Difficilmente infatti si ha la possibilit di riscontrare se le ipotesi assunte nel calcolo della struttura corrispondano effettivamente alla situazione reale, tanto pi se come nella struttura in esame si tratta di una costruzione datata e della quale si hanno poche informazioni circa i dettagli relativi alla costruzione, considerando inoltre che, come gi anticipato, sforzi secondari e altri fattori vengono trascurati nella valutazione del fenomeno della fatica. Nel seguito si prenderanno in esame le ipotesi su masse strutturali, rigidezze dei vincoli e momento dinerzia delle aste di parete, grandezze che caratterizzano in particolare il comportamento dinamico della struttura; per questo sarebbe ancora pi difficilmente verificabile se tali ipotesi corrispondano effettivamente alla costruzione reale. Da queste problematiche nasce lesigenza di affinare il modello numerico agli Elementi Finiti, identificando a posteriori quei parametri meccanici ritenuti significativi per il comportamento dinamico della struttura in esame. In specifico si andr a porre il problema di identificazione come un problema di ottimizzazione, dove i valori dei parametri meccanici vengono valutati in modo che le caratteristiche dinamiche del modello, siano il pi simili possibile ai risultati ottenuti da elaborazioni sperimentali sulla struttura reale. La funzione costo definita come la distanza tra frequenze proprie e deformate modali ottenute dalla struttura reale e dal modello matematico; questa funzione pu presentare pi minimi locali, ma la soluzione esatta del problema rappresentata solo dal minimo globale. Quindi il successo del processo di ottimizzazione dipende proprio dalla definizione della funzione costo e dalla capacit dellalgoritmo di trovare il minimo globale. Per questo motivo stato preso in considerazione per la risoluzione del problema, lalgoritmo di tipo evolutivo DE (Differential Evolution Algorithm), perch gli algoritmi genetici ed evolutivi vengono segnalati per robustezza ed efficienza, tra i metodi di ricerca globale caratterizzati dallobiettivo di evitare la convergenza in minimi locali della funzione costo. Obiettivo della tesi infatti lutilizzo dellalgoritmo DE modificato con approssimazione quadratica (DE-Q), per affinare il modello numerico e quindi ottenere lidentificazione dei parametri meccanici che influenzano il comportamento dinamico di una struttura reale, il ponte ferroviario metallico a Pontelagoscuro.
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LH2 attualmente un elemento di elevato interesse economico, con notevoli prospettive di sviluppo delle sue applicazioni. La sua produzione industriale supera attualmente i 55 1010 m3/anno, avendo come maggiori utilizzatori (95% circa) i processi di produzione dellammoniaca e quelli di raffineria (in funzione delle sempre pi stringenti normative ambientali). Inoltre, sono sempre pi importanti le sue applicazioni come vettore energetico, in particolare nel settore dellautotrazione, sia dirette (termochimiche) che indirette, come alimentazione delle fuel cells per la produzione di energia elettrica. Limportanza economica degli utilizzi dell H2 ha portato alla costruzione di una rete per la sua distribuzione di oltre 1050 km, che collega i siti di produzione ai principali utilizzatori (in Francia, Belgio, Olanda e Germania). Attualmente l H2 prodotto in impianti di larga scala (circa 1000 m3/h) da combustibili fossili, in particolare metano, attraverso i processi di steam reforming ed ossidazione parziale catalitica, mentre su scala inferiore (circa 150 m3/h) trovano applicazione anche i processi di elettrolisi dellacqua. Oltre a quella relativa allo sviluppo di processi per la produzione di H2 da fonti rinnovabili, una tematica grande interesse quella relativa al suo stoccaggio, con una particolare attenzione ai sistemi destinati alle applicazioni nel settore automotivo o dei trasposti in generale. In questo lavoro di tesi, svolto nellambito del progetto europeo Green Air (7FP Transport) in collaborazione (in particolare) con EADS (D), CNRS (F), Jonhson-Matthey (UK), EFCECO (D), CESA (E) e HyGEAR (NL), stato affrontato uno studio preliminare della reazione di deidrogenazione di miscele di idrocarburi e di differenti kerosene per utilizzo aereonautico, finalizzato allo sviluppo di nuovi catalizzatori e dei relativi processi per la produzione di H2 on board utilizzando il kerosene avio per ottenere, utilizzando fuel cells, lenergia elettrica necessaria a far funzionare tutta la strumentazione ed i sistemi di comando di aeroplani della serie Airbus, con evidenti vantaggi dal punto di vista ponderale e delle emissioni.
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Il progetto di tesi, inizialmente, stato concentrato sullapprofondimento, e studio, delle problematiche relative alla costruzione delle linee ad Alta Velocit, che hanno recentemente segnato il territorio italiano, da nord a sud e da ovest ad est. Proseguendo lanalisi sul sistema ferroviario, tramite il confronto con le altre realt europee, ho compreso quali fossero le principali criticit e doti del trasporto su ferro in Italia, che ancora molto lontano dalla sua miglior ottimizzazione, ma che comunque, ci tengo a dire, in rapporto a ci che succede negli altri paesi dEuropa, non cos deficitario come si portati a pensare. Lentrata in funzione delle linee ad Alta Velocit, infatti, ha cambiato lo scenario di relazioni tra infrastruttura, citt e territorio, proprio in questo ambito nasce la volont di proporre un modello di sviluppo urbano che comprenda, nella sua pianificazione originale, citt, infrastruttura ed architettura, e che anzi rivendichi limportanza di questultima nelle scelte urbanistiche, al contrario di quanto purtroppo avviene oggi. Dopo uno studio dei contesti possibili in cui inserire un progetto di questa portata, stata individuata la zona che meglio si adatta alle premesse iniziali, ad ovest di Milano tra Novara e laeroporto di Milano Malpensa. Qui la scarsa razionalizzazione dei trasporti pregiudica lo sfruttamento delle potenzialit dellaeroporto da una parte, e della nuova linea ad Alta Velocit dellaltra, cos aggiungendo una nuova tratta di ferrovia ad alte prestazioni e riorganizzando trasporti e territorio, ho tentato di dare risposta alle mancanze del sistema della mobilit. In questo quadro si inserisce la citt lineare studiata per dimostrare la possibile integrazione tra trasporti, citt ed architettura, il modello, partendo dallo studio del blocco milanese giunge a definire un piano di tipo composto, con un asse principale in cui sono concentrate le vie di trasporto, ed una serie di assi ortogonali secondari che individuano le emergenze architettoniche, punti notevoli che devono fungere da catalizzatori. In uno di questi punti, posto in posizione baricentrica stato collocato il centro di ricerca avanzata, in particolare stato inserito in una zona difficilmente raggiungibile, questo per enfatizzare lisolamento e la riservatezza che sono necessarie alla funzione. Il campus avrebbe potuto trovarsi anche in un altro punto del piano e questo non avrebbe inficiato le premesse iniziali, il progetto delluniversit solo un pretesto per dimostrare lipotesi prima dichiarata, larchitettura pu e deve svolgere un ruolo importante nella pianificazione anche infrastrutturale.
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La risposta emodinamica all'esercizio dinamico stata oggetto di numerosi studi scientifici. Poca attenzione stata invece rivolta agli aggiustamenti cardiovascolari che si verificano quando si interrompe uno sforzo dinamico. Al cessare dell' esercizio, la frequenza cardiaca e la contrattilit miocardica subiscono un decremento repentino e vengono rilasciati in quantit i prodotti finali del metabolismo muscolare, come lattato, ioni idrogeno, adenosina, sostanze in grado di indurre vasodilatazione nei gruppi muscolari precedentemente attivati determinando una riduzione del precarico, post-carico cardiaco, contrattilit miocardica e una dilatazione delle arteriole periferiche, cos da mantenere le resistenze vascolari periferiche a un basso livello. Inoltre, si verificano alterazioni della concentrazione ematica di elettroliti, diminuzione delle catecolamine circolanti e si verifica un ipertono vagale : tutti questi fenomeni possono avere un effetto significativo sullo stato emodinamico. In questo studio si voleva valutare in che misura leventuale effetto ipotensivo dovuto allesercizio fosse legato allintensit del carico lavorativo applicato ed alla sua durata. Il campione esaminato comprendeva 20 soggetti maschi attivi. I soggetti venivano sottoposti a quattro test in giornate diverse. La prova da sforzo preliminare consisteva in una prova da sforzo triangolare massimale eseguita al cicloergometro con un protocollo incrementale di 30 Watt al minuto. Il test si articolava in una prima fase della durata di 3 minuti nei quali venivano registrati i dati basali, in una seconda fase della durata di tre minuti in cui il soggetto compiva un riscaldamento al cicloergometro, che precedeva linizio dello sforzo, ad un carico di 20 W. Al termine della prova venivano calcolati il massimo carico lavorativo raggiunto (Wmax) ed il valore di soglia anaerobica (SA). Dopo la prova da sforzo preliminare il soggetto effettuava 3 esercizi rettangolari di diversa intensit in maniera randomizzata cos strutturati: test 70% SA; test 130% SA, 130% Wmax : prove da sforzo rettangolari ad un carico lavorativo pari alla percentuale indicatain relazione ai valori di SA e Wmax ottenuti nella prova da sforzo preliminare. Tali test duravano dieci minuti o fino all'esaurimento del soggetto. Le prova erano precedute da tre minuti di riposo e da tre minuti di riscaldamento. Il recupero aveva una durata di 30 minuti. La PA veniva misurata ogni 5 minuti durante lo sforzo, ogni minuto nei primi 5 minuti di recupero e successivamente ogni 5 minuti fino alla conclusione del recupero. Dai risultati emerge come l'effetto ipotensivo sia stato pi marcato nel recupero dall'intensit di carico lavorativo meno elevata, cio dopo il test 70%SA. C' da considerare che la pi bassa intensit di sforzo permetteva di praticare un esercizio significativamente pi lungo rispetto ai test 130%SA e 130%Wmax. quindi verosimile che anche la durata dell'esercizio e non solo la sua intensit abbia avuto un ruolo fondamentale nel determinare l'ipotensione nel recupero evidenziata in questo studio. Leffetto ipotensivo pi evidente si manifestato nelle prove a pi bassa intensit ma con carico lavorativo totale pi elevato. I dati supportano la tendenza a considerare non tanto lintensit e la durata dellesercizio in modo isolato, quanto piuttosto il carico lavorativo totale (intensit x durata). L'effetto ipotensivo registrato nello studio da ascriversi soprattutto ad una persistente vasodilatazione susseguente allo sforzo. Infatti, nel recupero dal test 70%SA, le RVP si mantenevano basse rispetto ai valori di riposo. Tale dato potrebbe avere un grande valore clinico nella prescrizione dell'attivit fisica pi idonea nei soggetti ipertesi,che potrebbero beneficiare di un eventuale effetto ipotensivo successivo all'attivit praticata. Pertanto in futuro bisogner estendere lo studio ai soggetti ipertesi. La conferma di tale risultato in questi soggetti permetterebbe di scegliere correttamente l'intensit e la durata del carico lavorativo, in modo da calibrare lo sforzo al grado di patologia del soggetto.
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Lobiettivo di questo lavoro lo studio della funzionalizzazione del fenolo mediante vie sintetiche green, che utilizzino quindi reagenti non clorurati e catalizzatori eterogenei, quindi facilmente recuperabili e riutilizzabili. Esistono per altri derivati fenolici di interesse commerciale, quali il catecolo, in quanto reagente di partenza per svariate molecole (tra cui appunto il DOPET) utilizzate in vari ambiti applicativi (alimentare, cosmetica, farmaceutica, agrochimica). In particolare, lo studio stato focalizzato sulla sintesi dellIDROSSITIROSOLO (o DOPET). Le prove effettutate con fenolo non hanno portato alla formazione del composto desiderato, ma di altri prodotti che comunque hanno interesse commerciale; ad esempio, stato ottenuto il 2-fenossietanolo con elevata resa e selettivit. Oltre al fenolo, ho studiato la reattivit del metilendiossobenzene; con entrambi stato ottenuto (seppur con basse rese) lattacco allanello da parte delletil gliossilato, formando cos un intermedio potenzialmente utile per la sintesi dellidrossitirosolo.
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Il pirofosfato di vanadile VPP il catalizzatore utilizzato per lossidazione di n-butano ad anidride maleica AM. Durante reazione, il VPP subisce delle modifiche strutturali, soprattutto nella parte superficiale, cataliticamente attiva. Queste modifiche sono funzione della composizione della fase gas e delle caratteristiche del catalizzatore, in particolare del rapporto P/V. Mediante prove di reattivit in condizioni stazionarie e non-stazionarie, condotte in cella ambientale accoppiata ad uno spettrofotometro Raman, si arrivati a capire quali fasi e in che condizioni queste si sviluppano sulla superficie del VPP. Si inoltre capito che la fase selettiva nel prodotto desiderato, AM, costituita da -VOPO4. Non ancora noto con esattezza perch questo composto offra le prestazioni migliori; si ipotizza che ci sia dovuto alla capacit di dare luogo a cicli redox tra V5+ e V4+ con cinetiche veloci, grazie al fatto che ha similarit strutturali con il VPP. La formazione di questa fase avviene pi facilmente in presenza di un eccesso di P. Oltre al P, un altro fattore che influisce sulle prestazioni catalitiche la presenza di elementi promotori. Tra questi, il Nb uno dei pi importanti, come dimostato dalle prove di reattivit condotte in miscela butano-aria, utilizzando catalizzatori promossi con diversi quantitativi di Nb. In questo modo si capito che alle basse temperature occorre un catalizzatore con una maggiore quantit di Nb (per esempio, rapporto V/Nb=46) per favorire la formazione della fase -VOPO4; mentre alle alte temperature, sono sufficienti piccole quantit di elemento promotore, in quanto indipendentemente dal rapporto P/V la fase predominante -VOPO4. Una quantit elevata di Nb ha implicazioni negative sulla selettivit, sia alle alte che alle basse temperature di reazione, perch favorisce la formazione di una superficie catalitica troppo ossidata. Lobiettivo del mio lavoro di tesi stato quello di dimostrare una correlazione tra leffetto del Nb e la formazione della fase -VOPO4. Per farlo, si deciso di partire da VOPO42H2O (VPD) promosso con diversi quantitativi di Nb. Infatti, comera gi stato dimostrato in precedenza, il VPD che si forma in ambiente di reazione per ossidazione superficiale del VPP d luogo a disidratazione a -VOPO4. Le trasformazioni del VPD promosso con Nb sono state monitorate utilizzando la spettroscopia Raman. Le prove condotte hanno confermato che laddizione di Nb al VPP favorisce la formazione del composto desiderato; tuttavia, la medesima trasformazione non stata osservata partendo dal composto VPD contenente Nb.
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Obiettivo del mio lavoro di tesi stato quello di verificare la fattibilit di un nuovo processo per la produzione di acido adipico da cicloesene con due stadi di reazione. Il primo stadio di reazione prevede lossidazione del cicloesene con soluzione acquosa di acqua ossigenata a formare lepossido, che idrata a 1,2-cicloesandiolo, mentre nel secondo stadio il glicole viene ossidato con ossigeno ad acido adipico. Il lavoro stato focalizzato sullo studio del meccanismo di reazione per lossidazione del 1,2-cicloesandiolo ad acido adipico, utilizzando catalizzatori a base di Ru(OH)3/Al2O3, Ru(OH)3-Bi(OH)3/Al2O3, Cu/C e Cu/TiO2. Le prove condotte hanno dimostrato che i catalizzatori usati sono attivi nellossidazione di 1,2-cicloesandiolo, ma sono caratterizzati da scarsa selettivit ad acido adipico. Dallanalisi dei risultati ottenuti si desume che la reazione richiede condizioni fortemente basiche per potere avvenire. In queste condizioni per si vengono a formare degli intermedi che reagiscono rapidamente con lacqua e con lossigeno, dando luogo alla formazione di una serie di prodotti primari e secondari.
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Nel contesto della progettazione di interventi di difesa da frane di crollo, la tesi rivolta allo studio del comportamento di opere di protezione dalla caduta massi, con particolare riguardo alle barriere paramassi, strutture metalliche progettate per arrestare blocchi in caduta lungo un versante. Specificamente, il comportamento altamente non lineare di queste strutture stato osservato mediante modellazione numerica agli elementi finiti con codice di calcolo STRAUS 7 v.2.3.3. La formulazione dei modelli stata sviluppata a partire dai dati contenuti nel Catasto delle opere di protezione (VISO), recentemente messo a punto dalla Provincia Autonoma di Bolzano, nel contesto di una pi ampia procedura di analisi della pericolosit di versante in presenza di opere di protezione, finalizzata ad una appropriata gestione del rischio indotto da frane di crollo. Sono stati messi a punto una serie di modelli agli elementi finiti di alcune tra le tipologie pi ricorrenti di barriere paramassi a limitata deformabilit. Questi modelli, sottoposti ad una serie di analisi dinamiche e non-lineari, intese a simulare limpatto di blocchi aventi massa e velocit nota, hanno permesso di osservare la risposta complessiva di queste strutture in regime dinamico identificando i meccanismi di rottura a partire dallosservazione della formazione di cerniere plastiche, monitorando contestualmente grandezze rilevanti quali gli spostamenti e le forze mobilitate in fondazione. Questi dati, opportunamente interpretati, possono fornire i parametri necessari allimplementazione di pi ampie procedure di analisi del rischio indotto da movimenti frane di crollo.
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La ricerca collocata nellambito del progetto europeo GREEN AIR (7FP Transport) che finalizzato alla produzione di idrogeno a bordo di aerei mediante deidrogenazione catalitica di cherosene avio. La deidrogenazione di molecole organiche volta alla produzione di idrogeno una reazione poco studiata; in letteratura sono presenti solo esempi di deidrogenazione di molecole singole, tipicamente a basso peso molecolare, per la produzione di olefine. Gi per questi substrati la conduzione della reazione risulta molto complessa, quindi limpiego di frazioni di combustibili reali rende ancora pi problematica le gestione del processo. Lindividuazione dei parametri operativi e della corretta formulazione del catalizzatore possono essere definiti accuratamente solo dopo un approfondito studio dei meccanismi di reazione e di disattivazione. Pertanto questo lavoro ha come obiettivo lo studio di questi meccanismi partendo da molecole modello per giungere poi a definire la reattivit di miscele complesse. Le problematiche principali che si presentano nella conduzione di questa reazione sono la disattivazione da coke e da zolfo. Quindi evidente che la comprensione dei meccanismi di reazione, di formazione dei depositi carboniosi e dellavvelenamento da zolfo uno stadio fondamentale per delineare quali siano i requisiti necessari alla realizzazione del processo. Il fine ultimo della ricerca quello di utilizzare le informazioni acquisite dallo studio dei meccanismi coinvolti per arrivare a formulare un catalizzatore capace di soddisfare i requisiti del progetto, sia in termini di produttivit di idrogeno sia in termini di tempo di vita, unitamente alla definizione di accorgimenti utili al miglioramento della conduzione della reazione.
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Il progetto di tesi specialistica svolto durante questo anno accademico si suddiviso in due parti: un primo periodo, da settembre 2010 a gennaio 2011, presso il dipartimento di Chimica Organica A. Mangini della Facolt di Chimica Industriale dellUniversit di Bologna e un secondo periodo in Spagna, da marzo ad agosto 2011, presso la Unitat de Qumica Farmacutica de la Facultat de Farmcia de la Universitat de Barcelona. Nel primo periodo a Bologna mi sono occupato della sintesi di 4-bromo-pirazoli da utilizzare come precursori di composti eterociclici condensati. Inizialmente stato sintetizzato un pirazolo 1,3,5-trisostituito tramite cicloaddizione 1,3-dipolare tra un acetilene e una nitril immina generata in situ da un idrazonoil cloruro. Il pirazolo stato poi bromurato facendo uno screening di diversi agenti bromuranti e condizioni di reazione per ottenere la migliore resa e chemoselettivit. Infine stata studiata la ciclizzazione intramolecolare del prodotto bromurato tramite reazione di cross-coupling catalizzata da metalli di transizione. Nel secondo periodo a Barcellona mi sono occupato della sintesi di dicarbossimmidi tricicliche con struttura a gabbia con il fine di creare alcheni altamente piramidalizzati e di studiarne la dimerizzazione ad un derivato del dodecaedrano. La strategia sintetica stata impostata utilizzando come reagente di partenza una semplice succinimmide per giungere, dopo numerosi passaggi, al precursore del prodotto triciclico, del quale stata studiata la ciclizzazione tramite reazione Diels-Alder intramolecolare.
Resumo:
Oggigiorno si osserva a livello mondiale un continuo aumento dei consumi di acqua per uso domestico, agricolo ed industriale che dopo limpiego viene scaricata nei corpi idrici (laghi, fiumi, torrenti, bacini, ecc) con caratteristiche chimico fisiche ed organolettiche completamente alterate, necessitando cos di specifici trattamenti di depurazione. Ricerche relative a metodi di controllo della qualit dellacqua e, soprattutto, a sistemi di purificazione rappresentano pertanto un problema di enorme importanza. I trattamenti tradizionali si sono dimostrati efficienti, ma sono metodi che operano normalmente trasferendo linquinante dalla fase acquosa contaminata ad unaltra fase, richiedendo perci ulteriori processi di depurazione. Recentemente stata dimostrata lefficacia di sistemi nano strutturati come TiO2-Fe3O4 ottenuto via sol-gel, nella foto-catalisi di alcuni sistemi organici. Questo lavoro di tesi rivolto alla sintesi e caratterizzazione di un catalizzatore nanostrutturato composito costituito da un core di Fe3O4 rivestito da un guscio di TiO2 separate da un interstrato inerte di SiO2, da utilizzare nella foto-catalisi di sistemi organici per la depurazione delle acque utilizzando un metodo di sintesi alternativo che prevede un approccio di tipo colloidale. Partendo da sospensioni colloidali dei diversi ossidi, presenti in commercio, si condotta la fase di deposizione layer by layer via spray drying, sfruttando le diverse cariche superficiali dei reagenti. Questo nuovo procedimento permette di abbattere i costi, diminuire i tempi di lavoro ed evitare possibili alterazioni delle propriet catalitiche della titania, risultando pertanto adatto ad una possibile applicazione su scala industriale. Tale sistema composito consente di coniugare le propriet foto-catalitiche dellossido di titanio con le propriet magnetiche degli ossidi di ferro permettendo il recupero del catalizzatore a fine processo. Il foto-catalizzatore stato caratterizzato durante tutte la fasi di preparazione tramite microscopia SEM e TEM, XRF, Acusizer, spettroscopia Raman e misure magnetiche. Lattivit foto-calitica stata valutata con test preliminari utilizzando una molecola target tipo il rosso di metile in fase acquosa. I risultati ottenuti hanno dimostrato che il sistema core-shell presenta inalterate sia le propriet magnetiche che quelle foto-catalitiche tipiche dei reagenti.