999 resultados para Àsia del sud-est
Resumo:
A partire dal 2010 la Commissione Europea ha compilato una lista di 20 materie prime ritenute “critiche” per importanza economica e rischio di approvvigionamento, per le quali è fondamentale la ricerca di possibili fonti alternative nel territorio europeo, poiché i maggiori produttori sono tutti paesi extra-europei. Dati questi presupposti, 20 campioni di fango marino, dragati nelle adiacenze di seamounts del Tirreno sud-orientale, sono stati analizzati per mezzo di XRF, al fine di trovare arricchimenti in elementi critici quali cromo, cobalto, gallio, niobio e alcuni elementi delle Terre Rare (lantanio, cerio, neodimio, samario, ittrio). I fanghi, talvolta con frazione sabbiosa più abbondante, sono stati dapprima divisi in base al colore in fanghi marroni e grigi e fanghi di colore bianco, rosso o arancio; presentano anche inclusi di diverso tipo, quali frammenti di conchiglie, noduli neri o bruno-arancio, croste bruno-nere o bruno-arancio. Dalle analisi chimiche è risultato che campioni più ricchi in CaO hanno un contenuto minore negli elementi ricercati, al contrario dei campioni ricchi in ossidi di Si, Ti, Al, Fe. Confrontando inoltre i campioni con i valori medi di composizione della crosta terrestre superiore, essi risultano più ricchi in REY e meno in Co, Cr, Ga, Nb, mentre sono sempre più arricchiti della composizione media dei sedimenti marini. Dalle analisi mineralogiche risulta che i fanghi contengono generalmente quarzo, calcite, feldspati in piccole quantità e fillosilicati. Infine, analisi XRD e SEM-EDS sui noduli neri hanno dimostrato che si tratta di todorokite, un ossido idrato di Mn, con tenori variabili di Na, K, Ca, Mg, dalla forma globosa con microstruttura interna fibroso-raggiata. Si ritiene quindi che fanghi ricchi in CaCO3, probabilmente bioderivato, non siano l’obiettivo più adatto per la ricerca di elementi critici, mentre potrebbero esserlo fanghi più ricchi in Si, Al, Fe, K, che hanno maggiori concentrazioni di tali elementi.
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Lo studio dell’utilizzo dell’habitat, sebbene ci dia principalmente informazioni di come gli organismi interagiscono con esso o indirettamente tra di loro, è un aspetto molto importante dell’ecologia sia terrestre che marina in quanto può essere utilizzato per scopi conservativi ma anche per uno sviluppo di quello che può essere un turismo legato alla presenza di tali organismi. Scopo del presente lavoro è verificare come la presenza di un predatore come lo squalo bianco possa modificare la distribuzione dei delfinidi nell’area di Mossel Bay, Sudafrica. A tal fine si sono analizzati i dati relativi alle presenze di squalo bianco e di delfinidi per un periodo di circa un anno e si sono analizzate le distribuzioni delle specie considerate e le eventuali sovrapposizioni, per valutare come le due specie interagiscono e si influenzano a vicenda. Da quanto osservato nella presente ricerca si può concludere che le specie di cetacei considerate adottino una strategia di avoidance dagli squali basata principalmente sull’utilizzo di acque a profondità diversa rispetto a quelle utilizzate dagli elasmobranchi. L’aver considerato la batimetria come parametro di discriminazione tra le specie ha evitato di valutare in maniera non corretta le distribuzioni delle stesse, in quanto ha fornito una sorta di terza dimensione che ha permesso di dettagliare meglio la stratificazione nella colonna d’acqua delle specie considerate. L’analisi effettuata ha interessato i dati relativi ad un solo anno di monitoraggio, e quindi non possono essere presi come riferimento assoluto per valutare la reale distribuzione delle specie considerate. Può però essere ritenuta un primo step per meglio comprendere quali siano le strategie difensive messe in atto dai cetacei nei confronti degli attacchi da squalo e, con ulteriori analisi e monitoraggi, quali invece possono essere le strategie attuate dagli elasmobranchi.
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La zona della piattaforma Adriatica, visibile in sismica a sud della costa croato – montenegrina, è stata oggetto di ricerche petrolifere in passato. Nuovi dati sismici hanno permesso la visualizzazione di alcune caratteristiche che saranno esaminate ed interpretate nel presente lavoro. In particolare ci si concentrerà sulla caratterizzazione e sulla differenziazione dei margini incontrati durante il lavoro di interpretazione. In questa fase, sono emerse delle caratteristiche che hanno permesso una revisione del margine della piattaforma Adriatica e del bacino di Budva noti nella letteratura pregressa. Il problema della differenziazione dei margini della piattaforma è stato affrontato sia in chiave tettonica (influenza della subsidenza, inversione di margini ad opera di un Thrust, tettonica ialina, buckling) che in chiave paleoambientale (influenza di venti dominanti) ricoprendo un arco temporale che spazia tra il Triassico superiore ed il Miocene superiore. Grazie alle interpretazioni effettuate e al confronto con la letteratura, saranno proposte, in una seconda fase, alcune situazioni favorevoli all’accumulo di idrocarburi nella zona di studio. Verrà, infine, affrontato il confronto con casi di letteratura inerenti i margini della vicina piattaforma Apula, considerati come margini coniugati della piattaforma Adriatica.
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Gli squali bianchi sono tra i più importanti predatori dei Pinnipedi (Klimley et al., 2001; Kock, 2002). La loro principale strategia di caccia consiste nel pattugliare le acque circostanti ad una colonia di otarie e nell’attaccarle quando queste sono in movimento, mentre si allontanano o avvicinano all’isola (Klimley et al., 2001; Kock, 2002). Tuttavia, la strategia e la dinamica della predazione osservate anche in relazione al ciclo riproduttivo della preda e le tattiche comportamentali messe in atto dalla preda per ridurre la probabilità di predazione, e quindi diminuire la sua mortalità, sono ancora poco conosciute. Con questo studio, effettuato nell’area di Seal Island all’interno della baia di Mossel Bay in Sud Africa, abbiamo cercato di definire proprio questi punti ancora poco conosciuti. Per studiare la strategia e le dinamica di predazione dello squalo bianco abbiamo utilizzato il sistema di monitoraggio acustico, in modo da poter approfondire le conoscenze sui loro movimenti e quindi sulle loro abitudini. Per dare un maggiore supporto ai dati ottenuti con la telemetria acustica abbiamo effettuato anche un monitoraggio visivo attraverso l’attrazione (chumming) e l’identificazione fotografica degli squali bianchi. Per comprendere invece i loro movimenti e le tattiche comportamentali messi in atto dalle otarie orsine del capo per ridurre la probabilità di predazione nella baia di Mossel Bay, abbiamo utilizzato il monitoraggio visivo di 24 ore, effettuato almeno una volta al mese, dalla barca nell’area di Seal Island. Anche se gli squali bianchi sono sempre presenti intorno all’isola i dati ottenuti suggeriscono che la maggior presenza di squali/h si verifica da Maggio a Settembre che coincide con l’ultima fase di svezzamento dei cuccioli delle otarie del capo, cioè quando questi iniziano a foraggiare lontano dall'isola per la prima volta; durante il sunrise (alba) durante il sunset (tramonto) quando il livello di luce ambientale è bassa e soprattutto quando la presenza delle prede in acqua è maggiore. Quindi possiamo affermare che gli squali bianchi a Seal Island prendono delle decisioni che vanno ad ottimizzare la loro probabilità di catturare una preda. I risultati preliminari del nostro studio indicano anche che il numero di gruppi di otarie in partenza dall'isola di notte sono di gran lunga maggiori di quelle che partono durante il giorno, forse questo potrebbe riflettere una diminuzione del rischio di predazione; per beneficiare di una vigilanza condivisa, le otarie tendono in media a formare gruppi di 3-5 o 6-9 individui quando si allontanano dall’isola e questo probabilmente le rende meno vulnerabili e più attente dall’essere predate. Successivamente ritornano all’isola da sole o in piccoli gruppi di 2 o 3 individui. I gruppi più piccoli probabilmente riflettono la difficoltà delle singole otarie a riunirsi in gruppi coordinati all'interno della baia.
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Ricercare eventuali variazioni o trend nei fenomeni meteorologici è sempre stato uno degli obiettivi degli studi di ricerca. Il dibattito in letteratura evidenzia la difficoltà nell’individuare in maniera univoca un trend relativo agli eventi precipitativi. Nonostante la grande variabilità climatica, la diminuzione delle precipitazioni in inverno e primavera negli ultimi decenni, nel sud Europa e nella parte occidentale del bacino del Mediterraneo, è stata ampiamente confermata. Inoltre, è sempre più importante osservare come eventuali variazioni nelle precipitazioni possano influenzare variazioni di portata volumetrica di un fiume. Il presente studio ha l’obiettivo di individuare eventuali variazioni nelle precipitazioni e nel regime idraulico del bacino di Imola. Lo studio ha preso in considerazione gli eventi precipitativi dagli anni ’20 al 2014 sul bacino del Santerno, localizzato nelle aree montane centro orientali dell’Emilia-Romagna. Dopo aver effettuato il controllo qualità e di omogeneità sui dati ne è stata fatta un’analisi statistica da cui è risultato, in accordo con la letteratura, una diminuzione delle precipitazioni cumulate invernali e del numero di giorni piovosi annuali per alcune stazioni considerate. Attraverso l’uso del modello TOPKAPI, sono state ricostruite alcune variabili idrologiche, come la portata del fiume in una particolare sezione di chiusura, l’umidità del suolo, l’evapotraspirazione potenziale ed effettiva, così da poterne valutare i trend stagionali e annuali. Non è stata rilevata alcuna variazione sia nella portata massima e minima annuale che in quella oraria, mentre è stato identificato un aumento significativo nell’evapotraspirazione potenziale in tutte le stagioni ad eccezione dell’autunno e una diminuzione della saturazione del suolo in inverno e primavera. Infine, le analisi sulle precipitazioni aggregate hanno confermato i risultati ottenuti nella prima parte dello studio. Per concludere, nonostante siano stati evidenziati alcuni cambiamenti significativi nelle precipitazioni cumulate stagionali, non è stata riscontrata alcuna variazione apprezzabile della portata per la sezione di chiusura considerata.
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En este trabajo se propone investigar sobre las representaciones que tienen los habitantes de la localidad de Dock Sud ante la grave situación ambiental del área e indagar si han tenido la capacidad para formular estrategias y acciones comunes, en procura de una solución al problema ambiental. Para ello se analizarán los factores y características económicas y territoriales que propiciaron tal situación de riesgo ambiental, para poder así identificar y describir a los actores implicados y a sus estrategias de lucha. El interés en esta cuestión nace del hecho de que la zona que se quiere investigar es de alto riesgo ambiental por la instalación cercana del puerto y del polo petroquímico que contiene dársenas de inflamables y propano. Además por estar instalado en medio de una alta densidad poblacional y ocasionando gravísimos daños ambientales con impacto adverso en la salud de la gente, se han levantado voces solicitando la relocalización del mismo o de la población. Por ello y ante esta situación con este trabajo se tratará de explorar la actitud de los habitantes ante el peligro, identificar la existencia de formas organizativas cuyo propósito sea accionar para solucionar el problema ambiental e indagar acerca de cómo se fueron gestando esas organizaciones, cómo son las formas de participación, qué acciones se realizaron y con que resultados, y cuál es la situación organizativa actual
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"De la revista 'El Pensamiento Latino.' Número VI.-Año III."
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