720 resultados para SCAFFOLD


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New and promising treatments for coronary heart disease are enabled by vascular scaffolds made of poly(L-lactic acid) (PLLA), as demonstrated by Abbott Vascular’s bioresorbable vascular scaffold. PLLA is a semicrystalline polymer whose degree of crystallinity and crystalline microstructure depend on the thermal and deformation history during processing. In turn, the semicrystalline morphology determines scaffold strength and biodegradation time. However, spatially-resolved information about the resulting material structure (crystallinity and crystal orientation) is needed to interpret in vivo observations.

The first manufacturing step of the scaffold is tube expansion in a process similar to injection blow molding. Spatial uniformity of the tube microstructure is essential for the consistent production and performance of the final scaffold. For implantation into the artery, solid-state deformation below the glass transition temperature is imposed on a laser-cut subassembly to crimp it into a small diameter. Regions of localized strain during crimping are implicated in deployment behavior.

To examine the semicrystalline microstructure development of the scaffold, we employed complementary techniques of scanning electron and polarized light microscopy, wide-angle X-ray scattering, and X-ray microdiffraction. These techniques enabled us to assess the microstructure at the micro and nano length scale. The results show that the expanded tube is very uniform in the azimuthal and axial directions and that radial variations are more pronounced. The crimping step dramatically changes the microstructure of the subassembly by imposing extreme elongation and compression. Spatial information on the degree and direction of chain orientation from X-ray microdiffraction data gives insight into the mechanism by which the PLLA dissipates the stresses during crimping, without fracture. Finally, analysis of the microstructure after deployment shows that it is inherited from the crimping step and contributes to the scaffold’s successful implantation in vivo.

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PURPOSE: To evaluate the clinical and MRI outcomes after the implantation of a nanostructured cell free aragonite-based scaffold in patients affected by knee chondral and osteochondral lesions. METHODS: 126 patients (94 men, 32 women; age 32.7±8.8 years) were included according to the following criteria: grade III or IV chondra/osteochondral lesions in the femoral condyles or throclea; 2) no limb axial deviation (i.e. varus or valgus knee > 5°); 3) no signs of knee instability; 4) no concurrent tibial or patellar chondral/osteochondral defects. All patients were treated by arthrotomic implantation of an aragonite based-scaffold by a press-fit technique. Patients were prospectively evaluated by IKDC, Tegner, Lysholm and KOOS scores preoperatively and then at 6, 12, 18 and 24-months follow-up. MRI was also performed to evaluate the amount of defect filling by regenerated cartilage. Failures were defined as the need for re-intervention in the index knee within the follow-up period. RESULTS: Average defect size was 2±1.3 cm2 and in most cases a single scaffold was used. A significant improvement in each clinical score was recorded from basal level to 24 months’ follow-up. In particular, the IKDC subjective score increased from 42.14±16 to 70.94±24.69 and the Tegner score improved from 2.95±1.90 to 4.82±1.85 (p<0.0005). Lysholm score and all the subscales of KOOS showed a similar trend over time. Age of the patient at implantation, size of the defect and BMI were correlated with lower clinical outcome. The presence of OA didn’t influence the clinical results. MRI evaluation showed a significant increase in defect filling over time, with the highest value reached at 24 months. Failures occurred in eleven patients (8.7%). CONCLUSION: The aragonite-based biomimetic osteochondral scaffold proved to be safe, and encouraging clinical and radiographic outcomes were documented up to 2 years’ follow-up.

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L’ingegneria dei tessuti molli, quali il miocardio, sta sempre più emergendo come approccio alternativo alle terapie tradizionali. In questo ambito, i poliesteri costituiscono una classe di polimeri promettente, poiché le variegate strutture chimiche che li caratterizzano permettono di soddisfare un’ampia gamma di esigenze. Negli ultimi anni, l’attenzione della ricerca si è incentrata sul poli(butilene succinato)(PBS). Il PBS, tuttavia, possiede proprietà meccaniche non ottimali per l’ingegneria dei tessuti molli; inoltre i tempi di degradazione sono lunghi; ciò è dovuto al grado di cristallinità e all’idrofobicità, entrambi elevati. Nell’ottica di migliorare le proprietà non soddisfacenti di tale omopolimero, sono stati sintetizzati e caratterizzati nuovi copoliesteri alifatici a base di PBS biocompatibili e biodegradabili. In particolare, sono stati realizzati un copolimero a blocchi e uno statistico a base di Pripol 1009, un diacido commerciale (Croda), e un copolimero a blocchi a base di neopentil glicole, valutando sia l’effetto del tipo di comonomero introdotto nel PBS (Pripol 1009 vs. neopentil glicole) che quello dell’architettura molecolare (copolimero statistico vs. copolimero multiblocco). I materiali sintetizzati sono stati processati in forma di film attraverso pressofusione e di scaffold tramite elettrofilatura. Oltre alla caratterizzazione molecolare, film e scaffold sono stati sottoposti anche ad analisi termica, diffrattometrica, meccanica e a studi di degradazione idrolitica in condizioni fisiologiche. I risultati ottenuti hanno evidenziato la possibilità di modulare sia le proprietà meccaniche che la velocità di degradazione in condizioni fisiologiche. Tutti i copolimeri, infatti, presentano caratteristiche di elastomeri termoplastici e dei profili di degradazione variabili rispetto all’omopolimero, che li rendono adatti per applicazioni nel campo dell’ingegneria dei tessuti molli.

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L'ingegneria tissutale è una branca delle scienze biomediche che negli ultimi anni si sta sviluppando come mezzo risolutivo per numerose problematiche mediche. Un'applicazione di particolare importanza è il trattamento di patologie cardiovascolari, le quali sono una delle principali cause di morte nel mondo. La mancanza di tessuto autologo e i problemi legati alle terapie cardiache, hanno incentivato numerosi studi basati sulla ricerca di biomateriali adeguati alla realizzazione di tessuti sintetici sostitutivi. In questo ambito, il polibutilene succinato (PBS) riveste sicuramente un ruolo importante. La sua biocompatibilità insieme alla biodegradabilità, non sono però sufficienti a renderlo idoneo ad applicazioni miocardiche, a causa dell’elevata rigidità. Allo scopo di migliorare le proprietà meccaniche del PBS nell’ottica di un’applicazione nel campo della rigenerazione del tessuto cardiaco, ma senza andare a detrimento delle proprietà già buone, il presente lavoro di Tesi propone un nuovo copolimero a base di PBS. Tale materiale è stato ottenuto tramite reazione di estensione di catena di un blocco hard (PBS) e un blocco soft (costituito da un copolimero statistico P(BSNS)). Il materiale ottenuto è stato analizzato sia sottoforma di film che di scaffold. Dopo una prima caratterizzazione molecolare (1H-NMR e GPC), il copolimero multiblocco è stato sottoposto anche ad analisi termica (DSC e TGA), diffrattometrica (WAXS) e meccanica. Si è evidenziato un miglioramento della stabilità termica e soprattutto una diminuzione del modulo elastico unitamente all’aumento dell’allungamento a rottura, in particolare nello scaffold. E’ stata inoltre valutata la velocità di degradazione idrolitica, evidenziandone una riduzione rispetto all’omopolimero. I risultati ottenuti confermano il miglioramento delle proprietà non soddisfacenti del PBS, indicando il copolimero multiblocco, oggetto della presenti Tesi, come materiale più idoneo alle applicazioni sopracitate.

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Il sistema muscolo scheletrico è costituito dall’insieme di ossa, cartilagini e tessuti molli come muscoli, tendini e legamenti, che presentano una diversa struttura e differenti proprietà meccaniche tra loro. La sua principale funzione è quella di fornire supporto, forma e garantire il movimento fisiologico del corpo. Per questa ragione, il sistema muscolo scheletrico e continuamente sollecitato e di conseguenza molto soggetto a traumi o infortuni. Un’alternativa all’approccio chirurgico tradizionale è l’ingegneria tissutale che permette di creare scaffold in grado di promuovere la rigenerazione dei tessuti naturali. Negli ultimi decenni si è riscontrato un forte incremento dell’utilizzo della stampa 3D e dell’elettrofilatura come tecniche di fabbricazione di questi scaffold grazie ai loro diversi vantaggi. La stampa 3D presenta diversi benefici, tra cui la possibilità di creare costrutti personalizzati in grado di riprodurre similmente la geometria del tessuto nativo con efficienza dei costi e tempi di produzione ridotti rispetto alle tecniche tradizionali. Tuttavia, questa tecnica presenta ancora una limitata risoluzione sufficiente, ad esempio, per riprodurre la struttura e le proprietà del tessuto osseo, ma non idonea al raggiungimento della scala nanometrica, tipica dei tessuti fibrosi muscolo scheletrici. Al contrario, l’elettrofilatura è in grado di produrre fibre nanometriche che riescono a mimare la matrice extracellulare di questi tessuti. Tuttavia, si riscontrano ancora alcune difficoltà nel controllare la struttura tridimensionale e le proprietà meccaniche di questi scaffold nella scala micro e macrometrica. Lo scopo di questa tesi è quello di analizzare gli studi che utilizzano un approccio combinato tra stampa 3D ed elettrofilatura per la produzione di scaffold per la rigenerazione del tessuto muscolo scheletrico, definendo lo stato dell’arte dei vari processi di produzione e le possibili prospettive future.

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Ogni giorno, nel mondo, si verificano migliaia di fratture ossee e la maggior parte di esse, con il passare del tempo, riescono a rimarginarsi in modo autonomo. In casi più importanti, le fratture ossee necessitano di interventi chirurgici. Per queste motivazioni, affianco ad autoinnesti, alloinnesti e xenoinnesti, negli ultimi anni si è iniziato a parlare in modo sempre più frequente di ingegneria tissutale. In questo tipo di ingegneria, vengono sviluppate delle impalcature in grado di emulare il tessuto osseo naturale. Lo scopo di questa tesi è analizzare le varie tipologie di produzione di scaffold ossei che si ottengono attraverso la tecnologia della stampa 3D. Nella parte introduttiva dell’elaborato, viene inserita una descrizione del tessuto osseo visto sia dal punto di vista cellulare e della composizione, sia dal punto di vista delle proprietà meccaniche. Successivamente, parlando di medicina rigenerativa, vengono descritti i mezzi di osteosintesi, gli innesti e le impalcature, o scaffold, da impiantare nel sito di interesse. Per quanto riguarda gli scaffold, devono soddisfare diversi requisiti, tra cui la biomimetica, la compatibilità con l’attività cellulare, requisiti di progettazione e proprietà meccaniche adeguate. Tali scaffold possono essere realizzati attraverso diverse geometrie interne. Nella seconda parte dell’elaborato, vengono analizzate le geometrie a cubo semplice, a cubo a faccia centrata/a diamante, a cubo a corpo centrato, a dodecaedro rombico, a traliccio di ottetto, a cubo troncato, modellate attraverso il metodo delle superfici minime triplamente periodiche e con tassellatura di Voronoi. Per i vari articoli analizzati sono stati investigati i metodi di produzione e i risultati ottenuti confrontando vantaggi e svantaggi fra le differenti geometrie.

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Le lesioni del sistema nervoso periferico, causate da eventi traumatici o da patologie degenerative, costituiscono un danno che può portare alla perdita di specifiche funzionalità motorie o sensoriali. In questi casi, la terapia chirurgica è necessaria per riparare la perdita di continuità assonale. Il gold standard operatorio attuale è costituito dal trapianto nella sede lesionata di un nervo da donatore o dallo stesso soggetto affetto dal danno. Recentemente, un approccio basato su tecniche di ingegneria dei tessuti propone l’impianto di biomateriali modellati come condotti che favoriscano la rigenerazione assonale. Ne è un esempio chiaro un recente lavoro di ricerca, nel quale Cheng et al. propongono una strategia basata sull’impiego di scaffold piezoelettrici prodotti attraverso una tecnica di "casting annealing displacement " che utilizza Polivinilidenfluoruro (PVDF) e Policaprolattone (PCL). Confrontando in vitro scaffold in PCL, in PVDF e PCL/PVDF, in particolare analizzandone le proprietà piezoelettriche e quelle meccaniche, si rilevano i vantaggi della copolimerizzazione. Questi risultati di interesse vengono inoltre confermati dai risultati funzionali ottenuti con l’impianto in vivo in topi con una lesione di 15 mm al nervo sciatico.

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Ogni anno milioni di persone, tra anziani e giovani, subiscono lesioni al tessuto tendineo/legamentoso. L’ingegneria tissutale sta cercando metodi alternativi per migliorare e velocizzare la loro guarigione. Negli ultimi vent’anni nel campo dell’ingegneria tissutale la tecnica dell’elettrofilatura si è rivelata particolarmente utile nella produzione di scaffold composti da nanofibre polimeriche in grado di mimare le fibrille di collagene che compongono la matrice extracellulare di questi tessuti. Parallelamente, al fine di incrementare la proliferazione e la differenziazione cellulare sugli scaffold, l’utilizzo di bioreattori per colture dinamiche ha acquisito sempre maggiore importanza. Esistono molti tipi di bioreattore, il più comune è quello meccanico, il quale ha la capacità di imprimere deformazioni meccaniche allo scaffold, permettendo alle cellule coltivate al suo interno di orientarsi in maniera più efficiente lungo la direzione del carico applicato. Il seguente elaborato vuole mostrare come l’uso di colture dinamiche effettuate in scaffold elettrofilati attraverso dei bioreattori, può migliorare notevolmente la rigenerazione dei tessuti interessati. Dopo una puntuale descrizione delle proprietà e caratteristiche dei tendini, dei legamenti, delle varie tipologie di scaffold e dei bioreattori, la tesi si sofferma sull’analisi dello stato dell’arte dei lavori scientifici che hanno utilizzato stimolazione dinamica in bioreattore su scaffold elettrofilati per tendini e legamenti. Da queste si è osservato come l’uso di sistemi dinamici possa aumentare notevolmente la produzione di matrice extracellulare, le proprietà meccaniche dei costrutti, la proliferazione, la crescita e l’orientamento delle cellule, velocizzando e migliorando i processi di guarigione rispetto ad una coltura statica.

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Nel mio elaborato di tesi dal titolo “Fabbricazione mediante elettrofilatura di scaffold compositi per il trattamento di difetti ossei” tratto la fisiologia del tessuto osseo, le cellule che lo compongono, i danni che esso può subire e il processo di riparazione spontaneo che si attua in caso di lesioni. Analizzo quindi differenti tipologie di frattura e le terapie chirurgiche e non-chirurgiche attualmente disponibili, con un occhio di riguardo nei confronti dell’ingegneria dei tessuti - che intende riparare il tessuto danneggiato mediante l’impianto di costrutti bioibridi costituiti da cellule a bordo di scaffold realizzati con biomateriali adeguati. In quest’ottica presento quindi un lavoro di ricerca pubblicato recentemente da Yuwono et al., nel quale viene presentato uno scaffold composito elettrofilato, caratterizzato da nanofibre polimeriche e caricato con particelle di idrossiapatite, che viene proposto come un eccellente candidato all’utilizzo in terapia.

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Fibroblast cells grown in electrospun polymer scaffolds were stained with platinum blue, a heavy metal stain, and imaged using scanning electron microscopy. Good contrast on the cells was achieved compared with samples that were gold sputter coated. The cell morphology could be clearly observed, and the cells could be distinguished from the scaffold fibers. Here we optimized the required concentration of platinum blue for imaging cells grown in scaffolds and show that a higher concentration causes platinum aggregation. Overall, platinum blue is a useful stain for imaging cells because of its enhanced contrast using scanning electron microscopy (SEM). In the future it would be useful to investigate cell growth and morphology using three-dimensional imaging methods.

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This work addresses the development and characterization of porous chitosan-alginate based polyelectrolyte complexes, obtained by using two different proportions of the biocompatible surfactant Pluronic F68. These biomaterials are proposed for applications as biodegradable and biocompatible wound dressing and/or scaffolds. The results indicate that thickness, roughness, porosity and liquid uptake of the membranes increase with the amount of surfactant used, while their mechanical properties and stability in aqueous media decrease. Other important properties such as color and surface hydrophilicity (water contact angle) are not significantly altered or did not present a clear tendency of variation with the increase of the amount of surfactant added to the polyelectrolyte complexes, such as real density, average pore diameter, total pore volume and surface area. The prepared biomaterials were not cytotoxic to L929 cells. In conclusion, it is possible to tune the physicochemical properties of chitosan-alginate polyelectrolyte complexes, through the variation of the proportion of surfactant (Pluronic F68) added to the mixture, so as to enable the desired application of these biomaterials.

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The association between tridimensional scaffolds to cells of interest has provided excellent perspectives for obtaining viable complex tissues in vitro, such as skin, resulting in impressive advances in the field of tissue engineering applied to regenerative therapies. The use of multipotent mesenchymal stromal cells in the treatment of dermo-epidermal wounds is particularly promising due to several relevant properties of these cells, such as high capacity of proliferation in culture, potential of differentiation in multiple skin cell types, important paracrine and immunomodulatory effects, among others. Membranes of chitosan complexed with xanthan may be potentially useful as scaffolds for multipotent mesenchymal stromal cells, given that they present suitable physico-chemical characteristics and have adequate tridimensional structure for the adhesion, growth, and maintenance of cell function. Therefore, the purpose of this work was to assess the applicability of bioactive dressings associating dense and porous chitosan-xanthan membranes to multipotent mesenchymal stromal cells for the treatment of skin wounds. The membranes showed to be non-mutagenic and allowed efficient adhesion and proliferation of the mesenchymal stromal cells in vitro. In vivo assays performed with mesenchymal stromal cells grown on the surface of the dense membranes showed acceleration of wound healing in Wistar rats, thus indicating that the use of this cell-scaffold association for tissue engineering purposes is feasible and attractive.

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Background: The development and progression of cancer depend on its genetic characteristics as well as on the interactions with its microenvironment. Understanding these interactions may contribute to diagnostic and prognostic evaluations and to the development of new cancer therapies. Aiming to investigate potential mechanisms by which the tumor microenvironment might contribute to a cancer phenotype, we evaluated soluble paracrine factors produced by stromal and neoplastic cells which may influence proliferation and gene and protein expression. Methods: The study was carried out on the epithelial cancer cell line (Hep-2) and fibroblasts isolated from a primary oral cancer. We combined a conditioned-medium technique with subtraction hybridization approach, quantitative PCR and proteomics, in order to evaluate gene and protein expression influenced by soluble paracrine factors produced by stromal and neoplastic cells. Results: We observed that conditioned medium from fibroblast cultures (FCM) inhibited proliferation and induced apoptosis in Hep-2 cells. In neoplastic cells, 41 genes and 5 proteins exhibited changes in expression levels in response to FCM and, in fibroblasts, 17 genes and 2 proteins showed down-regulation in response to conditioned medium from Hep-2 cells (HCM). Nine genes were selected and the expression results of 6 down-regulated genes (ARID4A, CALR, GNB2L1, RNF10, SQSTM1, USP9X) were validated by real time PCR. Conclusions: A significant and common denominator in the results was the potential induction of signaling changes associated with immune or inflammatory response in the absence of a specific protein.

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Background: Cardiac cell transplantation is compromised by low cell retention and poor graft viability. Here, the effects of co-injecting adipose tissue-derived stem cells (ASCs) with biopolymers on cell cardiac retention, ventricular morphometry and performance were evaluated in a rat model of myocardial infarction (MI). Methodology/Principal Findings: (99m)Tc-labeled ASCs (1 x 10(6) cells) isolated from isogenic Lewis rats were injected 24 hours post-MI using fibrin a, collagen (ASC/C), or culture medium (ASC/M) as vehicle, and cell body distribution was assessed 24 hours later by gamma-emission counting of harvested organs. ASC/F and ASC/C groups retained significantly more cells in the myocardium than ASC/M (13.8+/-2.0 and 26.8+/-2.4% vs. 4.8+/-0.7%, respectively). Then, morphometric and direct cardiac functional parameters were evaluated 4 weeks post-MI cell injection. Left ventricle (LV) perimeter and percentage of interstitial collagen in the spare myocardium were significantly attenuated in all ASC-treated groups compared to the non-treated (NT) and control groups (culture medium, fibrin, or collagen alone). Direct hemodynamic assessment under pharmacological stress showed that stroke volume (SV) and left ventricle end-diastolic pressure were preserved in ASC-treated groups regardless of the vehicle used to deliver ASCs. Stroke work (SW), a global index of cardiac function, improved in ASC/M while it normalized when biopolymers were co-injected with ASCs. A positive correlation was observed between cardiac ASCs retention and preservation of SV and improvement in SW post-MI under hemodynamic stress. Conclusions: We provided direct evidence that intramyocardial injection of ASCs mitigates the negative cardiac remodeling and preserves ventricular function post-MI in rats and these beneficial effects can be further enhanced by administrating co-injection of ASCs with biopolymers.

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The `biomimetic` approach to tissue engineering usually involves the use of a bioreactor mimicking physiological parameters whilst supplying nutrients to the developing tissue. Here we present a new heart valve bioreactor, having as its centrepiece a ventricular assist device (VAD), which exposes the cell-scaffold constructs to a wider array of mechanical forces. The pump of the VAD has two chambers: a blood and a pneumatic chamber, separated by an elastic membrane. Pulsatile air-pressure is generated by a piston-type actuator and delivered to the pneumatic chamber, ejecting the fluid in the blood chamber. Subsequently, applied vacuum to the pneumatic chamber causes the blood chamber to fill. A mechanical heart valve was placed in the VAD`s inflow position. The tissue engineered (TE) valve was placed in the outflow position. The VAD was coupled in series with a Windkessel compliance chamber, variable throttle and reservoir, connected by silicone tubings. The reservoir sat on an elevated platform, allowing adjustment of ventricular preload between 0 and 11 mmHg. To allow for sterile gaseous exchange between the circuit interior and exterior, a 0.2 mu m filter was placed at the reservoir. Pressure and flow were registered downstream of the TE valve. The circuit was filled with culture medium and fitted in a standard 5% CO(2) incubator set at 37 degrees C. Pressure and flow waveforms were similar to those obtained under physiological conditions for the pulmonary circulation. The `cardiomimetic` approach presented here represents a new perspective to conventional biomimetic approaches in TE, with potential advantages. Copyright (C) 2010 John Wiley & Sons, Ltd.