935 resultados para dualism of powers


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Gli avvenimenti politico-istituzionali degli ultimi anni hanno determinato un vivace dibattito sulla questione dei cc.dd. “governi del Presidente”, con cui si suole far riferimento ad Esecutivi il cui procedimento di formazione e le cui crisi registrano un interventismo del Presidente della Repubblica superiore a quello richiesto e/o consentito dal dettato costituzionale. Obiettivo dell’elaborato è duplice: fornire un tentativo definitorio della categoria “governi del Presidente”, nonché valutare la compatibilità di questa con la forma di governo parlamentare, soprattutto in considerazione dei recenti sviluppi delle dinamiche politico-istituzionali italiane. Sulla base di questo presupposto, nel presente lavoro si procede a una ricostruzione dell’evoluzione della prassi e delle consuetudini costituzionali in merito all’esercizio dei poteri presidenziali nella gestione delle crisi di governo, con particolare riferimento al procedimento di formazione dell’Esecutivo. La tesi si presenta articolata in due parti, corrispondenti a due differenti periodi storici (cc.dd. Prima e Seconda Repubblica), organizzate per capitoli, relativi alle principali fasi di evoluzione del sistema politico attraversate nel corso della storia della Repubblica. Questa scelta si giustifica in ragione del fatto che il modus operandi del Presidente della Repubblica risulta fortemente condizionato dai mutamenti del contesto politico-istituzionale. Nei singoli paragrafi, dedicati ai presidenti, vengono trattati l’elezione del Presidente, le modalità di formazione dei governi nominati, nonché ulteriori temi la cui disamina è stata ritenuta opportuna allo scopo di fornire una contestualizzazione più adeguata dell’analisi svolta (utilizzo del potere di esternazione e di scioglimento delle Camere, gestione delle attività di politica interna e politica estera, principali avvenimenti dei periodi storici considerati, e così via).

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Questa ricerca analizza le implicazioni derivanti dall’introduzione della procedura di co-decisione come procedura legislativa ordinaria nel processo di riforma della politica agricola comune. La diversa distribuzione dei poteri tra le istituzioni europee modifica gli assetti istituzionali e fornisce al Parlamento il ruolo di colegislatore in materia agricola. La forma assunta dalla nuova politica agricola europea scaturisce dalla configurazione dei poteri di contrattazione che ciascun attore ha mostrato nella sede dei triloghi negoziali. La ricerca tenta di verificare la accuratezza predittiva di diversi modelli di contrattazione legislativa attraverso il confronto e la verifica degli errori di predizione sui risultati finali di alcune questioni salienti della riforma della Politica Agricola Comune e allo stesso tempo, cerca di identificare il peso del potere del Parlamento europeo in veste di co-legislatore nel processo di riforma della PAC post-2013.

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La tesi si prefigge l'obbiettivo di offrire una ricostruzione logico sistematica della disciplina giuridica che regola i trasporti pubblici locali in ambito regionale, statale e comunitario, affrontando le principali questioni interpretative e di coordinamento che esse pongono. Nella primo capitolo, viene analizzato l'evoluzione storica della normativa nazionale che regola il trasporto pubblico locale, soffermandosi soprattutto sulla riforma del trasporto pubblico locale introdotte dal d.lgs. 422/1997. Particolare attenzione è stata posta agli aspetti di programmazione e finanziamento nonché alle modalità di gestione del trasporto pubblico locale, in quanto il quadro normativo applicabile è caratterizzato da un’estrema complessità dovuta ai numerosi interventi legislativi. Nel secondo capitolo viene esaminato l'evoluzione dell'intervento comunitario in materi di trasporto pubblico locale, partendo dal (CE) n. 1191/69 che si limitava a disciplinare gli aiuti di Stato, fino alla normativa quadro per il settore (Regolamento (CE) n. 1370/2007). L'obbiettivo è quello di verificare se le scelte del legislatore italiano, per quanto concerne le modalità di gestione del trasporto pubblico locale possano dirsi coerenti con le scelte a livello comunitario previste dal Regolamento (CE) n. 1370/2007. Viene inoltre affronta la questione dell'articolazione della potestà normativa e amministrativa del settore dei trasporti pubblici locali nelle disposizioni del Titolo V della Costituzione. Lo studio si sofferma soprattutto sulla giurisprudenza della Corte costituzionale per tracciare una chiara individuazione del riparto delle competenze tra Stato e Regioni in materia. Infine nell'ultima parte, esamina le diverse problematiche interpretative e applicative della normativa che disciplina il settore del TPL, dovute all'azzeramento della normativa generale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica in seguito al referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011, nonché della illegittimità costituzionale della normativa contenuta nell'art 4 del d.l. n. 138/2011, ad opera della sentenza della Corte costituzionale n. 199/2012.

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The Hungarian way of decoration has certain characteristics which are rooted in the deep symbolism of ancient Hungarian mythical thinking. The ancient heritage of the Hungarians' former homeland somewhere in the Urals included eastern elements. During their migrations, the Hungarian tribes met other eastern peoples and their culture of decoration became mixed with elements drawn from these new contacts. These diverse influences mean that the Hungarian way of thinking, building and ornamentation show a certain dualism of Puritanism and rationalism in the creation of space and manufacturing, and rich fantasy in decoration and ornamentation. The Hungarians use coloured ornamentation to emphasise the symbolic importance of details. The colouring system of the built environment shows the same dualism: the main colour of the facades and inner walls is white, while the furniture, textiles, gates and windows, and sometimes the gable and fireplace are richly decorated. In Hungarian symbolism, the house and settlement are a model of the universe, so their different parts also have a transcendent meaning. The traditional meanings of the different colours reflect this transcendence. Each colour has ambivalent meanings: RED - the colour of blood - means violence and love. YELLOW - means sickness, death and ripeness (golden yellow). BLUE - means innocence, eternity (light blue) and old age, death (dark blue). BLACK - can be both ceremonial and mourning. WHILE - can have sacred meaning (bright white), while yellowish white fabric is the most common garb of both men and women in village society. GREEN - the only colour without a dual meaning, symbolises the beginning of life. Until the late 18th and early 19th centuries Hungarian folk art used one or two-coloured decoration (red, black, blue, red-blue or red-black), and from the early 19th century it moved to multi-coloured decoration. Colours are characteristically used in complementary contrast, with bright colours on a plain ground and an avoidance of subtle shadings.

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The enduring electoral success of populist parties across Europe and the increasing opportunities they have gained to access government in recent years bring once more into relief the question of whether populism and democracy are fully compatible. In this article we show how, despite playing different roles in government within very different political systems, and despite the numerous constraints placed upon them (for instance, EU membership, international law and domestic checks and balances), populist parties consistently pursued policies that clashed with fundamental tenets of liberal democracy. In particular, the idea that the power of the majority must be limited and restrained, the sanctity of individual rights and the principle of the division of powers have all come under threat in contemporary Europe. This has contributed to the continuing erosion of the liberal consensus, which has provided one of the fundamental foundations of the European project from its start.

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This article examines the determinants of positional incongruence between pre-election statements and post-election behaviour in the Swiss parliament between 2003 and 2009. The question is examined at the individual MP level, which is appropriate for dispersion-of-powers systems like Switzerland. While the overall rate of political congruence reaches about 85%, a multilevel logit analysis detects the underlying factors which push or curb a candidate's propensity to change his or her mind once elected. The results show that positional changes are more likely when (1) MPs are freshmen, (2) individual voting behaviour is invisible to the public, (3) the electoral district magnitude is not small, (4) the vote is not about a party's core issue, (5) the MP belongs to a party which is located in the political centre, and (6) if the pre-election statement dissents from the majority position of the legislative party group. Of these factors, the last one is paramount.

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Ecuador, país sudamericano, aprobó en el año 2008 una Constitución en la que subyace un modelo de desarrollo humano multidimensional y alternativo al vigente. Sus dimensiones sociales, económicas, políticas, culturales y ambientales se encuentran en los textos correspondientes a los “Derechos”, “Régimen de Desarrollo” y “Régimen del Buen Vivir”; en tanto que las dimensiones territoriales se hallan expuestas en la “Organización Territorial del Estado”, conformada por regiones, provincias, cantones y parroquias rurales, con sus respectivos gobiernos autónomos descentralizados, a los que la misma Constitución les atribuye, entre otras, las competencias exclusivas de “planificar el desarrollo” y “formular los correspondientes planes de ordenamiento territorial”, y al Estado central la “planificación nacional”. No obstante, el marco legal dictado posteriormente -que otorga al Estado central la competencia de ordenación territorial, mediante la “Estrategia Territorial Nacional”-, no logra regular con eficacia, efectividad y eficiencia este ejercicio competencial, incluyendo en esta condición a los lineamientos técnicos dictados por el organismo nacional de planificación; volviendo urgente la vigencia de una ley que lo asuma, pero que demanda previamente el diseño de un modelo de gestión de estas competencias, propósito al cual procura contribuir el presente trabajo. Su estructura es la siguiente: Capítulo 1: “La problemática, objetivos y antecedentes”, en cuya formulación se destaca el estudio del marco jurídico y técnico vigente en relación a la ordenación territorial, partiendo de una breve visión sobre los empeños previos en Ecuador por adoptarla, y que se complementa con una evaluación preliminar de la experiencia vivida por los gobiernos autónomos descentralizados al formular y gestionar sus primeros planes de desarrollo y de ordenación territorial, en acatamiento del mandato constitucional. Luego se avanza en la definición del objetivo general del trabajo y de un conjunto coherente de objetivos específicos. Concluye este capítulo con el análisis del estado de la cuestión: los antecedentes sobre la ordenación territorial en América Latina, en el marco de sus predecesoras históricas. Capítulo 2: “Diseño del modelo de gestión”, que se inicia con el planteamiento de la metodología a seguir, condicionada especialmente por los propios textos constitucionales que vinculan en la relación de “correspondencia” a la ordenación territorial con la planificación del desarrollo y en consecuencia con el ejercicio de las competencias sectoriales asignadas por ella misma a los diferentes niveles de gobierno. Efectivamente, tal relación supone básicamente que la planificación del desarrollo adquiera el carácter de global, total, vale decir integral, en el sentido de que igualmente contemple sus dimensiones territoriales y que la planificación de éstas se integre a la de las dimensiones sociales, económicas, políticas, culturales y ambientales, de manera tal que en cada uno de los niveles la planificación del desarrollo sea un proceso único y un todo. Por estas condiciones, el diseño en cuestión demanda el tratamiento previo de los aspectos contemplados por la metodología en relación con la conceptualización y ordenamiento de la planificación y gestión del modelo de desarrollo humano previsto por la Constitución para los distintos niveles territoriales, seguido del análisis y evaluación del reparto competencial. En este marco se diseña el modelo de gestión en siete componentes específicos que definen los objetivos estratégicos generales a los cuales apuntará la ordenación territorial, estructuran con sus figuras –los planes–, un sistema integrado de alcance nacional, entienden al propio territorio bajo una visión sistémica y proponen un esquema metodológico general para la redacción de tales instrumentos. Luego se aborda en calidad de tema clave, la articulación con la planificación del desarrollo, el establecimiento de las dimensiones territoriales sectoriales y globales de ordenación en cada nivel territorial, que posibilita a su vez la formulación de los contenidos de las determinaciones de los planes y la definición de un conjunto de lineamientos para su gestión. Capítulo 3. “Verificación”, que se ha concretado en la puesta a consideración de un selecto grupo de expertos nacionales en ordenación territorial, el modelo propuesto siguiendo los procedimientos recomendados para este tipo de consultas. Capítulo 4. “Conclusiones Generales”, esto es, un conjunto coherente de proposiciones que condensan los resultados alcanzados en los diferentes capítulos precedentes y que demuestran la validez del modelo propuesto. ABSTRACT Ecuador approved a constitution, by 2008, where a multidimensional human development model, different to the one in force, underlies. Its social, economic, political, cultural and environmental dimensions are at the entries for "Rights", "Development Scheme" and "Rules of Good Living"; while the territorial dimensions are given by the "Territorial Organization of the State" section, consisting of regions, provinces, cantons and rural parishes, with their respective autonomous governments, to which the Constitution conferred, inter alia, the exclusive powers of "development planning" and "land use plan formulation," while the central state has the "national planning" competence. However, the subsequent issued legal framework - which gives the central state competences over land planning, using the "National Spatial Strategy" - fails to effectively regulate this exercise of jurisdiction, including in this condition the technical guidelines dictated by the national planning agency; thus becoming urgent to put in force a law that assume it, which demands the previous design of a management model of these competences, which is the aim that seeks to contribute the present work. Its structure is as follows: Chapter 1: "The problem, objectives and background" that includes the study of the legal and technical framework in force in relation to land planning, starts with a brief overview of previous efforts to adopt it in Ecuador. The chapter is complemented with a preliminary assessment of the experience of the autonomous governments to formulate and manage their early development plans and land planning, in compliance with the constitutional mandate. Subsequently the overall objective of the work and a coherent set of objectives are defined. This chapter concludes with an analysis of the state of art: the history of land use planning in Latin America in the context of their historical predecessors. Chapter 2, "Design of a management model", which begins with the methodological approach to follow, conditioned by the constitutional texts linking the relationship of "correspondence" land planning with development planning and with the exercise of the sectorial competences assigned by itself to different levels of government. Indeed, such a relationship basically means that development planning should acquire a global, comprehensive, complete, total, character in the sense that it also provides for their territorial dimensions and that their planning is integrated to social, economic, political, cultural and environmental factors, so that in each of the levels, development planning is a unique process and a whole. For these conditions, the design in question demands pretreatment of the aspects covered by the methodology in relation to the conceptualization and management of the planning and management of human development model envisaged by the Constitution to the various territorial levels, followed by analysis and evaluation of the distribution of powers. In this framework a management model is designed into seven specific components that define the overall strategic objectives which aim to land planning, structure plans, and an integrated nationwide system, that understand the territory under a systemic vision and propose a general methodological framework to draft these instruments. Then a key issue is addressed, the coordination with development planning, the establishment of sectorial and regional and global dimensions of management at each territorial level, which in turn allows the formulation of the contents of the plans determinations and defining a set of management guidelines. Chapter 3, "Verification", It has traduced into asking for the revision of the proposed model by a select group of national experts in spatial planning by following recommended procedures for such queries. Chapter 4, "General Conclusions", a coherent set of propositions that summarize the results obtained in the different preceding chapters, which demonstrates the validity of the proposed model.

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La presente tesis doctoral persigue dos objetivos simultáneos: Determinar el alcance de los criterios clásicos para la evaluación de arquitectura y poner en crisis la prevalencia de esos mismos criterios dentro del marco crítico y productivo actual. En concreto, esta tesis se interroga sobre la posible contribución de determinadas corrientes del pensamiento post-estructuralista y neo-materialista a las tareas de expansión y transformación de los criterios clásicos antes mencionados. Asimismo, se plantea la oportunidad de formalizar estas incorporaciones conceptuales como metodologías para el proyectar arquitectónico. La tesis emplea un análisis pormenorizado de las cualidades implícitas en la triada Firmitas, Utilitas, Venustas elaborada por Vitruvio como vehículo para calibrar la influencia de los paradigmas de pensamiento clásico en nuestras posiciones críticas contemporáneas. Como reacción al carácter dominante de dichos paradigmas, y con la ayuda de una compilación selectiva de ejemplos procedentes de los campos artístico y arquitectónico, la presente tesis procede a examinar y clasificar diversas estrategias arquitectónicas basadas en la no conformidad con los criterios clásicos de evaluación de la disciplina. A la hora de realizar esta tarea, y con el objetivo de superar el dualismo trascendental que caracteriza la gran mayoría de dichos criterios clásicos, se propone un modelo analítico y multidimensional que formula las instancias arquitectónicas como posibles posiciones dentro de un extenso continuo combinatorio de cualidades formales, estructurales y organizativas. Este modelo conceptual permite replantear el aparente antagonismo entre los principios de Vitruvio y sus opuestos, estableciendo en su lugar un dominio operativo continuo de producción arquitectónica. Esta operación abre una ventana de oportunidad para expandir los límites del marco crítico actual más allá de las fronteras establecidas por nuestra herencia clásica. En consecuencia con esta voluntad, la presente tesis pretende habilitar un ámbito para el análisis crítico de las estrategias que caracterizan ciertas corrientes del proyectar contemporáneo, pero también contribuir a informar nuevas aproximaciones metodológicas al proceso de proyecto, desplazando progresivamente su foco desde lo descriptivo hacia lo proyectivo. ABSTRACT This doctoral thesis attempts to simultaneously determine the scope of the classical criteria for the evaluation of architecture and challenge their prevalence within the current framework of architectural production and criticism. It examines how specific strands of post-structuralism and neo-materialism may contribute to both the expansion and the transformation of these criteria and, in doing so, sets itself the goal of mobilising these conceptual incorporations as explicit design methodologies. A detailed analysis of the formal, structural and organisational qualities implicit in Vitruvius’ triad Firmitas, Utilitas, Venustas is used as a starting point to determine the influence of classical paradigms in our current critical positions. As a reaction to this critical pervasiveness, and supported by a curated collection of artistic and architectural works, diverse approaches to non-compliance with the classical criteria of assessment are examined and classified. In order to facilitate this endeavour -and to overcome the transcendental dualism of most classical critical approaches in architecture- this thesis puts forward an analytical, multidimensional model that formulates architectural instances as possible positions within a larger combinatory continuum of formal, structural and organisational qualities. Using this conceptual model, the apparent antagonism between Vitruvius’ principles and its non-compliant opposites is reframed as a continuous operative domain of architectural production, which in turn opens up a window of opportunity to expand the limits of our critical framework beyond the boundaries of classical paradigms. In doing so, this thesis attempts not only to foster a better understanding of some of the strategic approaches that characterise contemporary systems of architectural production, but also to inform future methodological approaches to architectural design, hence situating itself beyond the domain of the descriptive and moving towards the projective.

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O presente trabalho tem como propósito principal perspectivar analiticamente como os processos de pedagogização forjam e governam determinados espaços e espacialidades. Para tanto, partimos do pressuposto de que as práticas sociais são moduladas por jogos de força que as criam e recriam espacialmente, sobretudo por meio de mecanismos pedagogizantes que ultrapassam o âmbito educacional formal, alastrando-se cada vez mais no cenário urbano contemporâneo. Assim, propomo-nos a analisar a relação entre educação e produção de espaços/espacialidades nas práticas instituídas no Parque Ibirapuera-SP. A investigação tem como marco teórico o pensamento de Michel Foucault, além de mobilizar os trabalhos de Doreen Massey, Edward Soja, Henri Lefebvre, David Harvey e Rodrigo Valverde. A cartografia realizada pleiteia-se, portanto, uma derivação da perspectiva arqueogenealógica foucaultiana. De acordo com tal referencial, assinalaram-se práticas que permitiram dimensionar as transformações pedagógicas e espaciais do Parque desde sua criação, apontando para os modos como atualmente se perfaz o governamento das espacialidades e, em igual medida, as contracondutas aí tornadas possíveis. Além do levantamento bibliográfico, operamos segundo duas frentes de trabalho complementares: em primeiro lugar, a análise de documentos oficiais acerca do Parque, dos Processos da Comissão do IV Centenário da Cidade de São Paulo e de discursos jornalísticos veiculados a seu respeito pelo jornal O Estado de S. Paulo em diferentes décadas; em segundo, a observação e o registro de práticas contemporâneas ali em curso. Os resultados evidenciam uma racionalidade vincada em práticas de pedagogização, e estas, aliadas a tecnologias específicas de governamento dos espaços. Um cenário que apresenta lógicas de governo heterogêneas, que coexistem através do tempo, ajustando-se, desajustando-se ou alterando-se. Não obstante, um campo vivo de forças, de sujeitos e práticas de subjetivação. A história arqueogenealógica do Parque, assim como dos diferentes mecanismos pedagogizantes ali em voga, possibilitou deslindar o trânsito dos espaços e o governo das espacialidades pela população que dele faz uso, além das diferentes contestações dos arranjos até então configurados, demarcando traços fugidios de uma heterotopia urbana.

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Nos Estados republicanos modernos, o sistema de freios e contrapesos é um dos modelos institucionais responsável por assegurar o equilíbrio entre os Poderes e prevenir abusos por parte dos governantes. Dois questionamentos podem ser encontrados na literatura brasileira sobre o tema e fundamentam esta Dissertação: um geral sobre o suposto poder excessivo que o nosso sistema político confere ao Poder Executivo e outro, específico, de que nesse contexto, o veto teria um papel central na supremacia do presidente da república sobre o Congresso Nacional no âmbito do processo legislativo. Partindo dessas premissas, a pesquisa avalia se essas características estão condizentes com as expectativas e o desenho institucional proposto para o Estado brasileiro pela Assembleia Nacional Constituinte ANC de 1987. Com base nos anais da ANC e em referências históricas, conclui-se que, ao menos no tocante ao instituto do veto presidencial, o modelo de preponderância do Poder Executivo observado no processo legislativo decorreu de uma opção deliberada e reafirmada pela elite política em 1988, quando da promulgação da Constituição.

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O presente trabalho questiona o papel da legislação na realização judicial do direito. Para responder a essa questão, empreende-se uma tese conceitual sobre a dinâmica jurídica, que pretende superar a tradicional dicotomia entre a legislação e a função judicial concebida pela doutrina clássica da separação dos poderes. De acordo com a argumentação desenvolvida aqui, o judiciário julga não somente fatos dos casos, mas também as próprias escolhas legislativas, de modo que já não é possível defender que a função judicial consiste em mera declaração da lei nos casos particulares ou ainda em subsunção lógica das lides que lhe são submetidas às normas previamente postas pelo processo legislativo. Assim, a realização judicial do direito não pode ser anteriormente determinada, uma vez que não está condicionada pelo conteúdo legislado. Contudo, os conteúdos da lei transmitem algum sentido para os cidadãos e, por isso, criam expectativas. Confirmar ou não essas expectativas é uma questão relacionada com a justificação e a legitimidade dos Estados racionais modernos, que estabelecem com os cidadãos uma relação de dominação legal-racional. Desse modo, a questão do papel da legislação (direito positivo passado) na realização do direito atual é posta em termos de legitimidade. Se, de um lado, constatamos que não é possível pretender controlar a discricionariedade judicial dentro dos próprios limites do direito, de outro lado defendemos que é legítimo pretender submeter o direito positivo à crítica e ao controle democrático. Isso porque interessa a todos os cidadãos que as decisões judiciais possam ser justificadas de modo razoável, graças a uma argumentação cuja força e a pertinência se reconheçam amplamente na sociedade. A partir dessa perspectiva, propomos um redimensionamento do argumento legal na prática jurídica e passamos a analisar as diversas implicações da questão central posta neste trabalho na realização judicial do direito.

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As ideias políticas e filosóficas que influenciaram a criação da regra da legalidade penal e do princípio da ofensividade têm origem no Iluminismo. Principalmente durante a Idade Média e o Antigo Regime, confundia-se crime com pecado e as pessoas podiam ser punidas por mero capricho do soberano, sem que existisse lei. As arbitrariedades eram gritantes. A finalidade de ambas as teorias surgidas no período da Ilustração, portanto ao pregarem que era necessária a existência de lei prévia para que alguém fosse punido (regra da legalidade) e que o crime pressupunha uma lesão a direito ou bem jurídico de terceiro (princípio da ofensividade) , era a mesma: limitar o poder punitivo. No entanto, a regra da legalidade penal foi muito mais absorvida pelo discurso dogmático-jurídico do que o princípio da ofensividade, sendo oportuno, pois, analisar as razões pelas quais isso ocorreu. Algumas delas serão analisadas neste estudo como, por exemplo, a ausência de previsão explícita desse princípio nas Constituições, a suposta incompatibilidade desse princípio com a separação de poderes e com a própria regra da legalidade penal e a insegurança jurídica que a aplicação de princípios poderia gerar. Além disso, há um fator político de destaque: a consolidação da burguesia exigia a imposição de limites formais ao poder estatal, mas não limites materiais. Outro fator importante foi o advento do positivismo criminológico, no final do século XIX, que, ao confundir crime com doença, retornou ao paradigma do direito penal do autor que havia vigorado na Idade Média. Finalmente, para demonstrar o que impediu a consolidação do princípio da ofensividade especificamente no Brasil, será analisada a influência da doutrina europeia na dogmática nacional.

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This paper studies the change-point problem for a general parametric, univariate or multivariate family of distributions. An information theoretic procedure is developed which is based on general divergence measures for testing the hypothesis of the existence of a change. For comparing the exact sizes of the new test-statistic using the criterion proposed in Dale (J R Stat Soc B 48–59, 1986), a simulation study is performed for the special case of exponentially distributed random variables. A complete study of powers of the test-statistics and their corresponding relative local efficiencies, is also considered.

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This paper assesses the uses and misuses in the application of the European Arrest Warrant (EAW) system in the European Union. It examines the main quantitative results of this extradition system achieved between 2005 and 2011 on the basis of the existing statistical knowledge on its implementation at EU official levels. The EAW has been anchored in a high level of ‘mutual trust’ between the participating states’ criminal justice regimes and authorities. This reciprocal confidence, however, has been subject to an increasing number of challenges resulting from its practical application, presenting a dual conundrum: 1. Principle of proportionality: Who are the competent judicial authorities cooperating with each other and ensuring that there are sufficient impartial controls over the necessity and proportionality of the decisions on the issuing and execution of EAWs? 2. Principle of division of powers: How can criminal justice authorities be expected to handle different criminal judicial traditions in what is supposed to constitute a ‘serious’ or ‘minor’ crime in their respective legal settings and ‘who’ is ultimately to determine (divorced from political considerations) when is it duly justified to make the EAW system operational? It is argued that the next generation of the EU’s criminal justice cooperation and the EAW need to recognise and acknowledge that the mutual trust premise upon which the European system has been built so far is no longer viable without devising new EU policy stakeholders’ structures and evaluation mechanisms. These should allow for the recalibration of mutual trust and mistrust in EU justice systems in light of the experiences of the criminal justice actors and practitioners having a stake in putting the EAW into daily effect. Such a ‘bottom-up approach’ should be backed up with the best impartial and objective evaluation, an improved system of statistical collection and an independent qualitative assessment of its implementation. This should be placed as the central axis of a renewed EAW framework which should seek to better ensure the accountability, impartial (EU-led) scrutiny and transparency of member states’ application of the EAW in light of the general principles and fundamental rights constituting the foundations of the European system of criminal justice cooperation.

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O Controle judicial das políticas públicas necessárias para a efetivação dos direitos constitucionais sociais à prestação é tema muito polêmico na atividade jurisdicional brasileira. Há os que defendem a intervenção irrestrita na tarefa de impor à administração pública a qualquer custo a efetivação das políticas públicas de sua competência. Contudo o nosso trabalho defende que a intervenção do Poder Judiciário no controle de políticas públicas é possível, segundo comando constitucional contido no artigo 3º da Carta Magna, mas com limitações para evitar a violação do princípio da separação dos poderes. Para demonstrar a nossa concepção sobre o tema partimos da definição e da natureza dos direitos fundamentais sociais e sua concepção na ordem constitucional brasileira. Analisamos as principais funções dos direitos fundamentais, concentrando a nossa atenção na função prestacional, ou direito a prestação em sentido estrito. Nesse particular passamos a discutir as questões que envolvem a efetivação dos direitos fundamentais sociais, a partir de sua eficácia jurídica e social até aos aspectos referentes a sua concretização. Salientamos que a efetivação dos direitos fundamentais sociais “derivados” passa por uma atividade legislativa de conformação antes de sua efetivação e que os “originais” poderiam ser concretizados imediatamente, sem se descurar da necessidade de outra atividade legislativa de destinação dos recurso públicos através da lei orçamentária, na foi ressaltado que deveria ser tomado como um dos critérios para essa destinação o princípio do “mínimo existencial”. Analisamos a tese recorrente de defesa da administração para justificar a não efetivação dos direitos sociais à prestação, a denominada “tese da reserva do possível”, salientamos que embora relevante, não era absoluto esse argumento. Contudo a atuação jurisdicional no controle das políticas públicas, não pode fugir da atenção aos princípios da razoabilidade e da proporcionalidade.