926 resultados para dissipatori fluido viscosi, distribuzione proprietà di smorzamento, analisi non lineari
Resumo:
Gli impianti di riscaldamento sono costituiti dalle seguenti parti: sistema di produzione (pompa di calore, caldaia, pannelli solari, gruppi frigoriferi, ecc), sistema di distribuzione (tubazioni necessarie a trasportare il fluido vettore ai terminali di utilizzo), sistema di erogazione (i radiatori, oppure i ventilconvettori, i pannelli radianti a pavimento, a parete, a soffitto, etc.), sistema di regolazione, sistema di accumulo. L’impianto da inserire deve bilanciare le dispersioni termiche dell’edificio, che dipendono essenzialmente dalla temperatura interna desiderata di 20°C, dalla temperatura esterna, dall’isolamento e dal volume da riscaldare. L’obiettivo della tesi è analizzare il risultato raggiunto dal punto di vista del benessere ambientale e del consumo energetico trascurando l’aspetto della fattibilità dell’impianto e del costo che quest’ultimo può avere.
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Studio di alcuni dispositivi presenti nelle vetture di formula 1, ma anche in quelle di serie più comuni, per l’ancoraggio e per l’isolamento delle vibrazioni fra componentistiche elettriche e telaio del veicolo. Questi dispositivi, noti come antivibranti (AV), svolgono un ruolo essenziale nel cercare di preservare i dispositivi elettrici: centraline, scatole cablate e connessioni elettriche. Il diffondersi di strumentazione adeguata a costi non più proibitivi ha permesso di studiare più in dettaglio e più scientificamente il comportamento degli AV per sfruttarli al meglio. Obiettivo di questo studio è dare una caratterizzazione scientifica e rigorosa alla maggior parte degli antivibranti presenti in STR7 monoposto Toro Rosso (mondiale di F1 2012), buona parte dei quali verrà utilizzata anche nelle successive vetture. Si volevano, inoltre, sviluppare alcuni modelli che potessero simulare correttamente montaggi di centraline generiche con tutte le diverse tipologie di antivibranti, in modo tale da poter vedere, prima ancora di realizzarli, come si comportavano i sistemi in quelle condizioni e dunque poter apportare modifiche al progetto tali da ottenere la configurazione di montaggio migliore. La continua ricerca di miglioramenti prestazionali che una competizione motoristica ad altissimi livelli richiede, il costante bisogno di alleggerimenti e maggiore affidabilità spingono la ricerca e l'azienda voleva passare da una progettazione basata sulla ripetizione delle configurazioni dimostratesi affidabili nel passato ad una progettazione più tecnica, scientifica e prestazionale. Per una buona caratterizzazione delle proprietà degli antivibranti sono stati progettati specifici test da eseguire al banco vibrante con i quali, lavorando nel dominio delle frequenze, si sono sfruttate le funzioni di risposte in frequenze di ogni antivibrante per ricavare i parametri caratteristici degli stessi nelle varie configurazioni. Con strategie grafiche, numeriche e teoriche si sono ricavati, con buone precisioni, i valori dei coefficienti di smorzamento e di rigidezza che caratterizzano i componenti studiati. Per l’esecuzione di questi test sono stati utilizati tutti gli strumenti messi a disposizione da Scuderia Toro Rosso nel laboratorio per prove vibrazionali recentemente approntato. Per la parte di simulazione numerica invece sono stati sfruttati i risultati ottenuti nella caratterizzazione degli antivibranti per creare programmi in ambiente Matlab che possano simulare il comportamento di generiche centraline montate in generici modi. Risultati di questo studio saranno gli andamenti dei coefficienti di rigidezza e smorzamento dei vari antivibranti nelle diverse configurazioni; inoltre si renderanno disponibili ai progettisti istruzioni e semplici programmi per la valutazione delle scelte fatte al fine di minimizzare le vibrazioni dei dispositivi.
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Il presente lavoro è stato avviato per caratterizzare dal punto di vista geochimico i siti di alimentazione e di riproduzione del Fenicottero ed ottenere così un dataset relativo alle concentrazioni di metalli nei sedimenti di alcune zone umide, utilizzate da questa specie per alimentarsi e riprodursi e scarsamente studiate in passato. Il lavoro di tesi qui presentato si è articolato in due differenti studi: • Un’indagine dettagliata sulla presenza e distribuzione di metalli ed elementi potenzialmente tossici nei sedimenti provenenti da alcune delle principali aree di alimentazione del Fenicottero nell’Alto Adriatico; • Un’indagine preliminare relativa ai metalli contenuti nei sedimenti provenienti da alcuni siti riproduttivi del Fenicottero nel Mediterraneo occidentale. Per quanto riguarda i siti di alimentazione sono state campionate tre zone umide dell’area deltizia del fiume Po: le Valli di Rosolina, Valle Bertuzzi e le Valli di Comacchio. Riguardo i siti riproduttivi sono state campionate cinque aree umide nel Mediterraneo occidentale: le Paludi dell’Odiel nel sud-ovest della Spagna, la Camargue in Francia, lo Stagno di Cagliari in Sardegna, le Valli di Comacchio in Emilia-Romagna e Valle Dogà in Laguna di Venezia. I 57 campioni raccolti sono stati analizzati mediante analisi XRF ed analisi termiche, presso il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, dell’Università di Bologna, e mediante analisi ICP-MS, presso l’AcmeLabs di Vancouver (Canada). Il complesso deltizio del fiume Po ha registrato concentrazioni anomale di Cd, Pb, Sb e Sn mostrando un generale arricchimento nei sedimenti delle aree umide investigate rispetto al valore di riferimento. Analizzando le correlazioni di questo elemento con le frazioni dei sedimenti, si è evidenziata una buona correlazione con la componente organica del sedimento. Ciò potrebbe indicare la presenza di fenomeni di adsorbimento di questo elemento ad opera della matrice organica. L’area di studio non è apparentemente interessata da importanti attività industriali, che potrebbero in parte spiegare le elevate concentrazioni di Cd, Pb, Sb e Sn. Due potenziali sorgenti antropogeniche di contaminazione sono rappresentate da un’estensiva attività agricola nelle zone limitrofe alle valli considerate e da un elevata pressione venatoria esercitata proprio all’interno di queste zone umide. In particolare, quest’ultima attività umana, potrebbe rappresentare una spiegazione più che plausibile per l’elevata presenza di Pb, messa in evidenza dallo studio, dato che fino ad pochissimi anni venivano utilizzate munizioni al Pb con conseguente rilascio in ambiente di ingenti quantitativi di questo metallo. Il Cu e lo Zn si distribuiscono invece in modo relativamente omogeneo nelle tre zone umide investigate, con un debole arricchimento di questi due elementi nei sedimenti delle Valli di Rosolina. Per quanto riguarda l’As, la sua distribuzione nell’area di studio, confrontata con i valori di background, non sembra sollevare particolare preoccupazione, cosi come la presenza di Hg in tutti e tre i siti investigati. Le Valli di Comacchio e Valle Bertuzzi sono inoltre caratterizzate da concentrazioni elevate di Cr e Ni, dati che confermano il naturale arricchimento di questi due elementi nell’area di studio evidenziato da un ampia letteratura e riconducibile ad apporti litologici provenienti dai depositi ofiolitici delle Alpi occidentali trasportati dal fiume Po verso l’Adriatico. Tuttavia, in alcuni campioni la concentrazione di Cr è molto superiore a quella caratteristica delle ofioliti di origine alpina, soprattutto per Valle Bertuzzi. Per spiegare queste anomalie sono necessarie indagini più approfondite sulla presenza e distribuzione di Cr nell’area di Comacchio e Bertuzzi. Riguardo ai 5 siti riproduttivi del Fenicottero, la colonia di Odiel (Spagna) si distingue per essere il sito maggiormente contaminato tra quelli investigati. Si sono infatti riscontrate elevate concentrazioni di As, Cu, Hg, Pb, Sb, Sn e Zn, se confrontate con quelle degli altri siti campionati. Questo risultato non sorprende. Il sito è infatti riconosciuto in letteratura come uno dei sistemi estuarini più inquinati dell’Europa occidentale, in quanto interessato dall’attività mineraria della IPB (Iberian Pyrite Belt), uno dei più importanti siti minerari mondiali, e dall’attività del polo industriale di Huelva. La colonia francese della Camargue si distingue invece per essere il sito meno impattato dall’attività antropica, non mostrando concentrazioni anomale per nessuno degli elementi in traccia analizzati. I sito riproduttivo situato nei pressi di Cagliari, in Sardegna, ha riportato elevate concentrazioni di Cd, Hg e Pb. La contaminazione di questo sito a seguito di ingenti scarichi di rifiuti industriali contenenti Hg e Pb a partire dagli anni ’60 è ben documentata in letteratura. Sebbene negli anni ’90 siano stati realizzati progetti di bonifica del sito, le concentrazioni ottenute nel presente studio sono ancora elevate suggerendo la possibilità che il processo di rimozione di Hg e Pb messo in atto in passato possa aver avuto scarsa efficacia. La colonia riproduttiva di Comacchio ha registrato concentrazioni elevate di Cr, Ni e Pb. Come già detto riguardo ai siti di alimentazione l’abbondanza di Cr e Ni nell’area è da ricondurre a fattori naturali, mentre le elevate concentrazioni di Pb non trovano riscontri in precedenti studi. La presenza di alcuni campioni con concentrazioni anomale di Cr e il generale arricchimento di Pb nel sito suggeriscono la necessità di studi più approfonditi e specifici sulla presenza di questi elementi nell’area di Comacchio. Infine, la colonia situata in Laguna di Venezia si caratterizza per avere concentrazioni relativamente elevate di Cd e Hg riconducibili all’attività del polo industriale di Porto Marghera, come già evidenziato da numerosi studi. Tuttavia, i dati del presente studio non confermano le concentrazioni anomale di Zn messe in evidenza da molti studi effettuati nell’intera laguna veneta. Ciò può trovare una spiegazione nel fatto che il sito indagato in questo studio corrisponde ad un piccola porzione dell’intera laguna, molto raramente investigato negli studi passati. Mediante il presente studio è stato quindi possibile implementare le scarse conoscenze geochimiche relative ai sedimenti di alcune zone umide frequentate dai fenicotteri nell’Alto Adriatico e, al contempo, mettere in luce alcune importanti criticità, in particolar modo riguardo Cd, Cr, Pb, Sb e Sn, la cui presenza e distribuzione nell’area dovrebbero essere ulteriormente investigate da studi futuri.
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In questo lavoro sono state analizzate diverse strategie di recupero di una cava dismessa situata presso la località Colombara (Monte San Pietro, Bologna). Su questi terreni sono state condotte tre prove, costituite da diverse parcelle nelle quali sono stati adottati differenti trattamenti. Sono state svolte analisi di tipo quantitativo del suolo e della parte epigea delle specie arbustive e arboree, focalizzandosi sull'azoto (N totale, ammoniacale, nitrico, e firma isotopica) e sulla sostanza organica del suolo. Inoltre è stata effettuata un'indagine qualitativa della composizione floristica. Scopo della tesi è quello di individuare le strategie più efficaci per un recupero di suoli degradati. Non sempre a trattamenti iniziali migliori corrispondono i migliori risultati portando a conclusioni apparentemente controintuitive a cui si è cercato di dare risposta.
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I disturbi dello spettro autistico (DSA) ed il ritardo mentale (RM) sono caratterizzati da un’eziologia genetica complessa ed eterogenea. Grazie ai recenti sviluppi nella ricerca genomica, è stato possibile dimostrare il ruolo di numerose copy number variants (CNVs) nella patogenesi di questi disturbi, anche se nella maggior parte dei casi l’eziologia rimane ancora sconosciuta. Questo lavoro riguarda l’identificazione e la caratterizzazione dei CNVs in famiglie con DSA e RM. E’ stata studiata una microdelezione in 7q31 che coinvolge i geni IMMP2L e DOCK4, trasmessa dalla madre con dislessia a due figli con autismo ed una figlia con dislessia. Nella stessa famiglia segrega una seconda microdelezione in 2q14 che inattiva il gene CNTNAP5 ed è trasmessa dal padre (con tratti autistici) ai due figli con autismo. Abbiamo quindi ipotizzato che i geni DOCK4 e CNTNAP5 potessero essere implicati, rispettivamente, nella suscettibilità a dislessia e DSA. Lo screening di numerosi individui affetti ha supportato la nostra ipotesi, con l’identificazione di una nuova microdelezione di DOCK4 che segrega con la dislessia, e 3 nuove varianti missenso in CNTNAP5 in individui con autismo. Dall’analisi genomica comparativa su array (aCGH) di individui con RM, è stata identificata una delezione nella regione 7q31.32, che coinvolge il gene CADPS2, in due fratelli con RM e tratti autistici, probabilmente ereditata dalla madre. Lo screening di mutazione di questo gene in individui con autismo o RM, ha portato all’identificazione di 3 varianti non sinonime, assenti nei controlli, ed ereditate per via materna. Poiché CADPS2 risiede in una regione genomica che contiene loci soggetti ad imprinting, abbiamo ipotizzato che il gene CADPS2 possa essere anch’esso caratterizzato da imprinting, con espressione monoallelica materna. Lo studio di espressione di CADPS2 in cellule del sangue ha avvalorato questa ipotesi, implicando perciò CADPS2 come un nuovo gene di suscettibilità per il RM e DSA.
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La tesi si articola in quattro parti. La prima, di stampo femminista, propone una panoramica sul femminicidio come fenomeno sociale e sulla relativa situazione giuridica internazionale. La seconda tratta in generale la stampa di qualità, supporto mediatico prescelto per l'analisi linguistica. La terza parte propone un micro-corpus di stampa italiana sul tema del femminicidio e la quarta un micro-corpus di stampa francese sull' "Affaire DSK", entrambe corredate di un' analisi del componente lessicale e discorsivo (Analyse du discours). E' un lavoro comparativo, i cui risultati hanno permesso di mettere in evidenza e provare come la stampa di qualità italiana e francese tendano a veicolare in modo implicito un'immagine sessista, sterotipata e discriminatoria del femminicidio e della vittima di violenza.
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In questa tesi abbiamo presentato i risultati sperimentali di nanoindentazione su pentacene in transistor organici a film sottile (OTFT) sottoposti ad irraggiamento ionico. Nella prima parte si ripercorre lo sviluppo della tecnica di indentazione strumentata, con una focalizzazione particolare sui modelli matematici proposti per l'interpretazione dei dati forza-spostamento ricavati da queste misure. In particolare, viene diffusamente esposta l'implementazione della tecnica di analisi proposta da Oliver e Pharr, che è utilizzata in questa tesi. Il secondo capitolo espone le caratteristiche generali (strutturali ed elettriche) degli OTFT. Un paragrafo è dedicato al pentacene, che rappresenta lo strato attivo dei transistor organici su cui sono state effettuate le misure in laboratorio. L'ultima parte del capitolo consiste in una panoramica dell'interazione tra radiazioni e polimeri. Vengono quindi presentati i risultati sperimentali: si confrontano le proprietà di durezza e modulo di Young per campioni caratterizzati da differenti specie ioniche, dosi ed energie di irraggiamento (unitamente a campioni reference, per permettere un confronto con il pentacene sottoposto a bombardamento).
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Scopo: L’obiettivo del presente programma di studio è stato quello di identificare e validare nuovi possibili bersagli terapeutici per l’osteosarcoma (OS) partendo dall’analisi del chinoma umano. Risultati: L’analisi del profilo di espressione genica ottenuta su 21 campioni clinici di OS ad alto grado di malignità ha permesso di selezionare le seguenti chinasi di possibile rilevanza biologica per l’OS: AURK-A, AURK-B, CDK2, PIK3CA, PLK-1. Le chinasi selezionate sono state validate tramite RNA interference. Successivamente è stata valutata l’efficacia dei relativi inibitori specifici: VX-680 e ZM-447439 inibitori delle Aurora-chinasi, Roscovitina di CDK2 e NMS1 di PLK-1, già inclusi in studi clinici. In termini d’inibizione della crescita cellulare le linee sono risultate maggiomente sensibili ai farmaci VX-680 e NMS1. E’ stata osservata una minor sensibilità ai farmaci VX-680, ZM447439 e NMS1 nelle linee doxorubicina(DX)-resistenti (caratterizzate da elevati livelli di espressione di ABCB1), indicando questi farmaci come potenziali substrati di ABCB1. La Roscovitina, nonostante i valori di IC50 elevati, non sembrerebbe substrato di ABCB1. La validazione preclinica di VX-680 e ZM447439 è stata completata. La forte inibizione della crescita è causata da endoreduplicazione per mancata citodieresi con conseguente formazione di una popolazione iperploide e apoptosi. Inoltre, VX-680 inibisce la motilità e la capacità di formare colonie. Esperimenti di associazione farmacologica mostrano che VX-680 interagisce positivamente con tutti i chemioterapici convenzionali impiegati nel trattamento dell’OS. NMS-1 produce interazioni positive con la DX in linee cellulari DX-resistenti, probabilmente grazie all’effetto revertante esercitato su ABCB1. La Roscovitina produce interazioni positive con CDDP e DX nelle varianti resistenti, effetto probbilmente dovuto al ruolo di CDK2 nei meccanismi di riparo del DNA. Conclusioni: L’analisi in vitro dell’attività degli inibitori ha permesso di identificare VX-680 come nuovo farmaco di potenziale interesse clinico, soprattutto in virtù delle sue interazioni sinergiche con i chemioterapici di uso convenzionale nel trattamento dell’osteosarcoma.
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In questo lavoro si è affrontata la definizione e la caratterizzazione di una misura di entropia di singolo nodo nell’ambito della teoria statistica dei network, per ottenere informazioni a livello di singolo nodo a fini di analisi e classificazione. Sono state introdotte e studiate alcune proprietà di questi osservabili in quanto la Network Entropy, precedentemente definita e utilizzata nello stesso contesto, fornisce un’informazione globale a livello dell’intero network. I risultati delle analisi svolte con questa definizione sono stati confrontati con una seconda definizione di entropia di singolo nodo proveniente dalla letteratura, applicando entrambe le misure allo stesso problema di caratterizzazione di due classi di nodi all’interno di un network
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Lo scopo della seguente tesi è quello di illustrare la disposizione dei campioni di sistemi binari Mg Pd e di deposizioni singole di Ti, nell’abito di due progetti di ricerca, l’SSHS, Solide State Hydrogen Storage nell’ambito dell’Azione COST, e la produzione di titania (TiO2) per la fotocatalisi, sintetizzati in differenti reggimi di flusso di gas d’He, realizzando la crescita con il metodo IGC. Sono state illustrate le nuove proprietà e i metodi di formazione dei materiali nanostrutturati, per poi passare alla descrizione dell’apparato dove sono stati prodotti i campioni, con la conseguente spiegazione della progettazione del controllore di flusso dei sistemi di alimentazione e interfacciamento di quest’ultimo. Dopo un’accurata analisi al microscopio elettronico, `e stata descritta la morfologia dei campioni a due diversi reggimi di flusso di gas He, per i campioni di Mg Pd non sono state apprezzate differenze al variare del flusso, per il Ti, invece, si può notare una variazione morfologica legata alle dimensioni.
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L’obiettivo che ci si pone con la presente tesi è quello di descrivere la realizzazione e il funzionamento di un apparato per l’analisi volumetrica delle proprietà di immagazzinamento di idrogeno da parte di metalli. Dopo aver presentato le motivazioni che stanno ridirezionando l’attenzione della ricerca nel campo energetico verso l’idrogeno e aver dato una breve panoramica delle tecnologie di immagazzinamento e trasporto di questo potenziale vettore di energia alternativa e pulita, viene posta al centro dell’attenzione la tecnica di immagazzinamento allo stato solido dell’idrogeno (Solid State Hydrogen Storage), della quale vengono descritti i meccanismi fisico/chimici. In seguito viene presentato il metodo di analisi volumetrica per la caratterizzazione delle proprietà di immagazzinamento di idrogeno nei metalli e viene data una descrizione delle accortezze e delle considerazioni sperimentali fatte in fase di progettazione dello strumento. In conclusione, dopo avere mostrato la procedura di analisi dei campioni utilizzando lo strumento realizzato e il suo significato, vengono mostrati alcuni risultati ottenuti su un campione di idruro di magnesio e uno di palladio.
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L'obiettivo della tesi è diradare, almeno parzialmente, le incertezze che potrebbero essere presenti nella caratterizzazione a compressione di materiali compositi. Per quanto concerne la compressione, in un primo momento, non essendo ritenuta una caratteristica troppo rilevante, si considerava che il materiale composito avesse proprietà equivalenti a quelle in trazione. Solo successivamente, dai primi anni ’70, si sono iniziate ad indagare in modo approfondito e mirato le proprietà meccaniche a compressione di tali materiali. Si sono sviluppati e normati nel tempo vari metodi che vengono classificati in base al modo di applicazione del carico sul provino. Ci si è quindi proposti, basandosi anche sulle richieste mosse dalla Scuderia Toro Rosso di Faenza, di determinare, dopo aver analizzato tutti i vantaggi e gli svantaggi di ciascuna metodologia, quella migliore a cui attenersi per tutte le prove di compressione che seguiranno. A tale scopo, dopo una attenta e approfondita analisi dei vari metodi di prova, si è scelto di utilizzare il Combined Loading Compression (CLC) Test Fixture: attrezzatura leggera e molto compatta, che dimostra una affidabilità dei risultati superiore alle altre tecnologie. Si è, inoltre, deciso di testare laminati non unidirezionali, evitando così molte problematiche quali, ad esempio, quelle dovute all’utilizzo di tabs o al possibile insorgere di microbuckling delle fibre. Si è risaliti, poi, al valore di resistenza a compressione della lamina unidirezionale attraverso il metodo di calcolo indiretto del Back-Out Factor (BF). Di tale metodo si sono indagate le basi teoriche, a partire dalla teoria classica dei laminati, e si sono ricavate le formule necessarie per l'applicazione pratica sperimentale. Per quanto riguarda la campagna sperimentale, svolta presso i laboratori ENEA di Faenza – Unità Tecnica Tecnologie dei Materiali Faenza (UTTMATF), sono stati realizzati 6 laminati di materiale composito, ognuno con differente sequenza di laminazione e percentuale di fibre nelle diverse direzioni. Due laminati sono stati ottenuti impilando lamine unidirezionali preimpregnate, in modo da ottenere una configurazione cross-ply (0°\90°), due in configurazione angle-ply (0°\90°\±45°) e due materiali unidirezionali (0° e 90°). Da questi 6 laminati sono stati ricavati 12/13 provini ciascuno. I provini cross-ply e angle-ply sono stati testati per ricavarne la resistenza a compressione, da cui, poi, risalire a quella della lamina unidirezionale a 0° mediante il BF. Dal confronto dei risultati ottenuti attraverso l'applicazione combinata di CLC e Back-Out Factor, con i dati riportati nel datasheet ufficiale, si è avuta conferma dell'affidabilità della metodologia scelta. Per quanto concerne l'elaborazione dei dati ricavati dalle prove sperimentali, è stato utilizzato un opportuno programma realizzato con il software Matlab. Con l'estensione GUI, poi, è stata creata un'interfaccia grafica per agevolare la comprensione delle fasi di elaborazione anche ad un utente non esperto.
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L'elaborato ha avuto come obiettivo l'analisi di vulnerabilità del liceo scientifico Sabin. Tramite le informazioni ricavate dai rilievi e dalla documentazione disponibile in merito allo stabile, è stato creato un modello agli elementi finiti per compiere una serie di analisi dinamiche lineari a spettro di risposta. Tali analisi sono servite per giungere ad una stima dell'accelerazione orizzontale al suolo di collasso per la struttura. Tale valore è stato poi messo a paragone con quello ottenuto tramite la metodologia speditiva denominata "resisto".
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Uno dei problemi più diffusi, nell'ambito della logistica, è rappresentato dai costi di trasporto. La gestione dei flussi merci, l'approvvigionamento dei clienti, e la relativa pianifcazione della movimentazione dei veicoli, hanno incidenze notevoli sui costi di gestione aziendali, i quali vengono stimati mediamente nel 45% dei costi logistici. A ragione di questo, sono sempre di più le aziende che ricorrono all'impiego di uffici dedicati alla pianifcazione delle consegne e la gestione dei trasporti in generale. Sebbene le voci di bilancio relative al trasporto raggiungano cifre rilevanti, fno al 4% del fatturato annuo, il tema della pianifcazione viene spesso sottovalutato. Infatti la soluzione a problemi di pianifcazione e monitoraggio dei costi, è spesso demandata a procedure manuali senza supporto informatico. Nasce da qui l'esigenza di proporre uno strumento informatico che supporti gli addetti preposti alla pianifcazione, sviluppando un sistema che copra esigenze di pianifcazione dei viaggi, controllo e consuntivazione dei costi di trasporto, e monitoraggio dei mezzi in tempo reale. La proposta di Gesp srl, Geographic Information Systems, azienda italiana che opera da anni nel campo delle applicazioni software geo-spaziali, prende il nome di Nuovo Sistema Trasporti, o più semplicemente, NST. In quest'ambito prende corpo questa tesi, la quale si pone l'obiettivo di illustrare le fasi di nascita, analisi, progettazione e sviluppo di un software generico per il supporto alla logistica. Saranno così analizzati: le problematiche affrontate nella fase di defnizione, e kick-off (avvio), del progetto, il problema del routing, o Vehicle Routing Problem e le tecniche di Ricerca Operativa che vengono applicate per la sua risoluzione; le moderne metodologie di gestione e sviluppo di un software; l'architettura e le tecnologie impiegate per la distribuzione dell'applicativo.
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Quando la probabilità di misurare un particolare valore di una certa quantità varia inversamente come potenza di tale valore, il quantitativo è detto come seguente una power-law, conosciuta anche come legge di Zipf o distribuzione di Pareto. Obiettivo di questa tesi sarà principalmente quello di verificare se il campione esteso di imprese segue la power-law (e se sì, in che limiti). A tale fine si configureranno i dati in un formato di rete monomodale, della quale si studieranno alcune macro-proprietà di struttura a livllo complessivo e con riferimento alle componenti (i singoli subnet distinti) di maggior dimensione. Successivamente si compiranno alcuni approfondimenti sulla struttura fine di alcuni subnet, essenzialmente rivolti ad evidenziare la potenza di unapproccio network-based, anche al fine di rivelare rilevanti proprietà nascoste del sistema economico soggiacente, sempre, ovviamente, nei limiti della modellizzazione adottata. In sintesi, ciò che questo lavoro intende ottenere è lo sviluppo di un approccio alternativo al trattamento dei big data a componente relazionale intrinseca (in questo caso le partecipazioni di capitale), verso la loro conversione in "big knowledge": da un insieme di dati cognitivamente inaccessibili, attraverso la strutturazione dell'informazione in modalità di rete, giungere ad una conoscenza sufficientemente chiara e giustificata.