786 resultados para International Constitutional Court


Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

Der Vergleich der deutschen und der schweizerischen Rundfunkordnung unter dem Aspekt des Dualismus 1.Einleitung: Bedeutung und Grundlagen des „Dualismus“ 2.Das „duale System“ in der deutschen Rundfunkordnung 2.1 Die Genese des „dualen Systems“ - Historische und rechtliche Rahmenbedingungen 2.2 Die aktuelle Ausgestaltung des „dualen Systems“ 2.3 Das „duale System“ im europäischen Raum – europarechtliche Einflüsse und Vorgaben 3. Das „duale System“ in der schweizerischen Rundfunkordnung 3.1 Die Genese des „dualen Systems“ - Historische und rechtliche Rahmenbedingungen 3.2 Die aktuelle Ausgestaltung des „dualen Systems“ 3.3 Vergleichende Betrachtung unterschiedlicher Ausprägungen des „dualen Systems“ im Rahmen der Revision des RTVG 4. Vergleichende Betrachtung der „dualen Systeme“ 4.1 Historische und gesetzliche Rahmenbedingungen 4.2 Die spezifischen Besonderheiten des schweizerischen Rundfunkmarktes 4.3 Die einzelnen Elemente der Rundfunkordnung 5. Endergebnis Duale Systeme im Bereich des Rundfunkrechtes bedeuten Koexistenz von privaten und öffentlich-rechtlichen Rundfunkveranstaltern. Die in der Verfassung der Bundesrepublik Deutschland angelegte Rundfunkordnung ist im wesentlichen durch die Rechtsprechung des Bundesverfassungsgerichts geprägt worden. Das aufgrund dieser Vorgaben gewachsene duale System besteht aus einem starken öffentlich-rechtlichen Rundfunk, dessen Position durch die vorrangige Finanzierung aus Gebühren privilegiert wird. Im Gegenzug wird ihm die zentrale Aufgabe zur Sicherung der Grundversorgung zugewiesen. Daneben bestehen die privaten Rundfunkveranstalter, die sich aus Werbeeinnahmen und Nutzungsentgelten finanzieren und insoweit dem Wettbewerb im Markt in höherem Maße ausgeliefert sind. Im europäischen Bereich fällt der Schutz von Pluralismus und Meinungsvielfalt in erster Linie in den Zuständigkeitsbereich der Mitgliedstaaten. Die Medienlandschaften der Mitgliedstaaten sind durch vielfältige Eigenheiten und Traditionen geprägt, die gerade erhalten bleiben sollen. Die Ausgestaltung des dualen Systems im europäischen Rahmen wirft mithin Bedenken allein im Hinblick auf die Finanzierung der öffentlich-rechtlichen Veranstalter aus öffentlichen Ressourcen und die darauf basierende Wettbewerbsverzerrung auf. Mit dem Radio- und Fernsehgesetz von 1991 wurde in der Schweiz ein duales Rundfunksystem eingeführt. Das Treuhandmodell wurde ergänzt durch das Marktmodell. Allerdings galt das duale System für Rundfunk und Fernsehen in der Schweiz nur in der abgeschwächten Form eines staatlich geordneten Wettbewerbs. Es bestand ein Drei-Ebenen-Modell, das eine direkte Konkurrenz zwischen der nationalen Dachorganisation SRG (Schweizerische Rundfunkgesellschaft) und privaten Unternehmen weitestgehend vermied. Die Hauptverpflichtung des Service public oblag der SRG, die auch die Gebühren erhielt. Daneben wurden allerdings alle Veranstalter zu Service-public-Leistungen verpflichtet. Im Gegenzug dazu sah der Gesetzgeber in marktschwachen Regionen ein Gebührensplitting vor. Mit dem neuen RTVG soll dem Service Public eine Bestands- und Entwicklungsgarantie zugesichert werden. Anstelle einer scharfen Trennung zwischen gebühren- und werbefinanzierten Anbietern mit entsprechend unterschiedlichen Funktionen im Mediensystem sollen allerdings die elektronischen Medien in der Schweiz großflächig subventioniert und vermehrt mit Leistungsaufträgen gesteuert werden. Gerade auf lokaler Ebene wird eine Ausweitung des Gebührensplittings vorgesehen. Nicht nur einer, sondern eine Vielzahl von Veranstaltern soll künftig mit der Grundversorgung beauftragt werden. Insbesondere der Service public régional soll von privaten Anbietern und der SRG erbracht werden. Eine Inpflichtnahme sämtlicher privater Rundfunkveranstalter wird indes nicht vorgesehen. Anhand dieser Masterarbeit sollen weiterhin die Unterschiede herausgearbeitet werden, die einzelne nationale Rundfunksysteme aufweisen können und damit auch die rundfunkpolitischen Modelle trotz des gleich bleibenden Grundgedankens, hier des Dualismus. Die Modelle sind stets in ihrem spezifischen politischen und kulturellen Kontext zu sehen, woraus sie historisch gewachsen sind. Durch den Vergleich sollen auf der einen Seite die Probleme der Rundfunkmodelle dargelegt werden, die diesen unabhängig von ihrer Ausgestaltung in mehr oder minder ausgeprägter Form generell innewohnen (Definition der Grundversorgung - des Service public/ Ressourcenknappheit/ Krisen des dualen Systems). Andererseits sollen die spezifischen Probleme der Schweiz aufgrund ihrer mehrsprachigen, kleinstaatlichen Struktur verdeutlicht werden (Hoher Marktanteil an ausländischen, überwiegend deutschsprachigen Programmen an der Fernsehnutzung; Mehrsprachigkeit; Kleinräumigkeit von Zuschauer- und Zuhörermärkten sowie der Werbemärkte).

Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

La ricerca riguarda l’inclusione di dichiarazioni di diritti e principi introdotte negli Statuti di autonomia delle Regioni italiane e delle Comunità Autonome spagnole riformati negli ultimi anni. La tesi consta, oltre che nell’introduzione dei concetti preliminari, di due parti per ognuno dei Paesi nelle quali si esaminano i sistemi regionali e concretamente queste carte di diritti e principi. La terza parte raccoglie un’analisi comparativa di ambedue gli Stati. Il problema dell’efficacia di questi diritti e principi rappresenta la chiave fondamentale. In questo senso, la Giurisprudenza costituzionale risulta essere basilare per lo studio delle differenti risposte alle novità dei diversi elenchi di diritti e principi a livello regionale. Mentre la Corte Costituzionale italiana ha negato la loro efficacia giuridica, anche come norme programmatiche assimilabili a quelle costituzionali, il Tribunale Costituzionale spagnolo ha qualificato un nuovo tipo di diritto, i c. d. diritti statutari, che non sono diritti pubblici soggettivi ma mandati ai poteri pubblici autonomici, specialmente al legislatore autonomico. Lo studio si completa con la problematica dell’uguaglianza e la garanzia dei diritti e i principi in questi Stati composti.

Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

L’elaborato, dopo una ricostruzione della disciplina normativa presente in materia di contratto a tempo determinato in Italia e nei principali ordinamenti europei (Spagna, Francia ed Inghilterra), affronta i più rilevanti nodi problematici dell’istituto, in riferimento al settore privato e pubblico, mettendo in luce le principali querelle dottrinali e giurisprudenziali. Particolare attenzione è dedicata alle questioni insorte a seguito delle ultime modifiche normative di cui al c.d. Collegato lavoro (legge n. 183/2010), sino al decisivo intervento della Corte Costituzionale, con pronuncia n. 303 del 9 novembre 2011, che ha dichiarato legittima la disposizione introduttiva dell’indennità risarcitoria forfetizzata, aggiuntiva rispetto alla conversione del contratto. Tutte le problematiche trattate hanno evidenziato le difficoltà per le Corti Superiori, così come per i giudici comunitari e nazionali, di trovare una linea univoca e condivisa nella risoluzione delle controversie presenti in materia. L’elaborato si chiude con alcune riflessioni sui temi della flessibilità e precarietà nel mondo del lavoro, attraverso una valutazione quantitativa e qualitativa dell’istituto, nell’intento di fornire una risposta ad alcuni interrogativi: la flessibilità è necessariamente precarietà o può essere letta quale forma speciale di occupazione? Quali sono i possibili antidoti alla precarietà? In conclusione, è emerso come la flessibilità possa rappresentare un problema per le imprese e per i lavoratori soltanto nel lungo periodo. La soluzione è stata individuata nell’opportunità di investire sulla formazione. Si è così ipotizzata una nuova «flessibilità socialmente ed economicamente sostenibile», da realizzarsi tramite l’ausilio delle Regioni e, quindi, dei contributi del Fondo europeo di sviluppo regionale: al lavoratore, in tal modo, potrà essere garantita la continuità con il lavoro tramite percorsi formativi mirati e, d’altro canto, il datore di lavoro non dovrà farsi carico dei costi per la formazione dei dipendenti a tempo determinato.

Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

La trattazione cerca di delineare i confini teorici ed applicativi dell’istituto dell’interpretazione autentica, nella chiara consapevolezza che dietro tale tematica si celi il più complesso problema di una corretta delimitazione tra attività di legis-latio e attività di legis-executio. Il fenomeno delle leggi interpretative costituisce infatti nodo nevralgico e punto di intersezione di tre ambiti materiali distinti, ossia la teoria dell’interpretazione, la teoria delle fonti del diritto e la dottrina di matrice liberale della separazione dei poteri. All’interno del nostro ordinamento, nell’epoca più recente, si è assistito ad un aumento esponenziale di interventi legislativi interpretativi che, allo stato attuale, sono utilizzati per lo più come strumenti di legislazione ordinaria. Sotto questo profilo, il sempre più frequente ricorso alla fonte interpretativa può essere inquadrato nel più complesso fenomeno della “crisi della legge” i cui tradizionali requisiti di generalità, astrattezza ed irretroattività sono stati progressivamente abbandonati dal legislatore parallelamente con l’affermarsi dello Stato costituzionale. L’abuso dello strumento interpretativo da parte del legislatore, gravemente lesivo delle posizioni giuridiche soggettive, non è stato finora efficacemente contrastato all’interno dell’ordinamento nonostante l’elaborazione da parte della Corte costituzionale di una serie di limiti e requisiti di legittimità dell’esegesi legislativa. In tale prospettiva, diventano quindi di rilevanza fondamentale la ricerca e l’esame di strategie e rimedi, giurisdizionali ed istituzionali, tali da arginare l’“onnipotenza” del legislatore interprete. A seguito dell’analisi svolta, è maturata la consapevolezza delle potenzialità insite nella valorizzazione della giurisprudenza della Corte Edu, maggiormente incline a sanzionare l’abuso delle leggi interpretative.

Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

Nella prima parte viene ricostruito il concetto di vincolo espropriativo alla luce dell’elaborazione della giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte EDU, giungendo alla conclusione che rientrano in tale concetto le limitazioni al diritto di proprietà che: - derivano da scelte discrezionali dell’Amministrazione non correlate alle caratteristiche oggettive del bene; - superano la normale tollerabilità nel senso che impediscono al proprietario la prosecuzione dell’uso in essere o incidono sul valore di mercato del bene in modo sproporzionato rispetto alle oggettive caratteristiche del bene e all’interesse pubblico perseguito. Ragione di fondo della teoria dei vincoli è censurare l’eccessiva discrezionalità del potere urbanistico, imponendo una maggiore obiettività e controllabilità delle scelte urbanistiche. Dalla teoria dei vincoli consegue altresì che nell’esercizio del potere urbanistico l’Amministrazione, pur potendo differenziare il territorio, deve perseguire l’obiettivo del riequilibrio economico degli interessi incisi dalle sue determinazioni. L’obbligo della corresponsione dell’indennizzo costituisce la prima forma di perequazione urbanistica. Nel terzo e nel quarto capitolo viene analizzata la giurisprudenza civile e amministrativa in tema di vincoli urbanistici, rilevandone la non corrispondenza rispetto all’elaborazione della Corte costituzionale e l’incongruità dei risultati applicativi. Si evidenzia in particolare la necessità del superamento del criterio basato sulla distinzione zonizzazioni-localizzazioni e di considerare conformative unicamente quelle destinazioni realizzabili ad iniziativa privata che in concreto consentano al proprietario di conseguire un’utilità economica proporzionata al valore di mercato del bene. Nel quinto capitolo viene analizzato il rapporto tra teoria dei vincoli e perequazione urbanistica, individuandosi il discrimine tra i due diversi istituti non solo nel consenso, ma anche nella proporzionalità delle reciproche prestazioni negoziali. Attraverso la perequazione non può essere attribuito al proprietario un’utilità inferiore a quella che gli deriverebbe dall’indennità di esproprio.

Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

La tesi riprende un tema che è stato oggetto in passato di studi anche molto approfonditi; oggi sembra essere tornato alla ribalta grazie ad alcuni contributi che hanno nuovamente stimolato la dottrina a confrontarsi su aspetti così delicati anche alla luce della crisi economica. E'stato da sempre rilevato che la buona scrittura delle norme è un fattore fondamentale per il rilancio dell’economia del paese, per la semplificazione e per garantire ordine, coerenza e chiarezza all’ordinamento giuridico. La prima parte è incentrata su una ricostruzione storica e giuridica delle fonti che hanno disciplinato le “regole per la qualità delle regole”, oltre ad una panoramica della dottrina che si è occupata in passato del tema. Segue l’individuazione specifica di quali sono le regole formali e sostanziali di drafting. In particolare, una parte è dedicata alla giurisprudenza costituzionale per comprendere se esiste o meno un aggancio per la Corte Costituzionale da permetterle il sindacato sulle “regole oscure” e dichiararle illegittime. La seconda parte analizza le pressai, in particolare si è scelto di analizzare il rapporto tra Governo e Parlamento nelle problematiche principali che attengono al procedimento legislativo e alla cornice entro la quale viene esplicato in relazione alla decretazione d’urgenza, maxiemendamenti, questione di fiducia, istruttoria in commissione, gruppi di pressione. Ciò che è stato rilevato, è una scarsa aderenza ai principi e ai criteri di better regulation, peraltro difficilmente giustiziabili da parte della Corte costituzionale e sottratti al controllo di chi, al contrario, ha competenza in questo settore, ossia il Comitato per la legislazione e il DAGL. Le conclusioni, pertanto, prendono le mosse da una serie di criticità rilevate e tentano di tracciare una strada da percorrere che sia rispettosa dei canoni della “better regulation” anche alla luce delle riforme costituzionali e dei regolamenti parlamentari in corso di approvazione.

Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

La tesi si prefigge l'obbiettivo di offrire una ricostruzione logico sistematica della disciplina giuridica che regola i trasporti pubblici locali in ambito regionale, statale e comunitario, affrontando le principali questioni interpretative e di coordinamento che esse pongono. Nella primo capitolo, viene analizzato l'evoluzione storica della normativa nazionale che regola il trasporto pubblico locale, soffermandosi soprattutto sulla riforma del trasporto pubblico locale introdotte dal d.lgs. 422/1997. Particolare attenzione è stata posta agli aspetti di programmazione e finanziamento nonché alle modalità di gestione del trasporto pubblico locale, in quanto il quadro normativo applicabile è caratterizzato da un’estrema complessità dovuta ai numerosi interventi legislativi. Nel secondo capitolo viene esaminato l'evoluzione dell'intervento comunitario in materi di trasporto pubblico locale, partendo dal (CE) n. 1191/69 che si limitava a disciplinare gli aiuti di Stato, fino alla normativa quadro per il settore (Regolamento (CE) n. 1370/2007). L'obbiettivo è quello di verificare se le scelte del legislatore italiano, per quanto concerne le modalità di gestione del trasporto pubblico locale possano dirsi coerenti con le scelte a livello comunitario previste dal Regolamento (CE) n. 1370/2007. Viene inoltre affronta la questione dell'articolazione della potestà normativa e amministrativa del settore dei trasporti pubblici locali nelle disposizioni del Titolo V della Costituzione. Lo studio si sofferma soprattutto sulla giurisprudenza della Corte costituzionale per tracciare una chiara individuazione del riparto delle competenze tra Stato e Regioni in materia. Infine nell'ultima parte, esamina le diverse problematiche interpretative e applicative della normativa che disciplina il settore del TPL, dovute all'azzeramento della normativa generale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica in seguito al referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011, nonché della illegittimità costituzionale della normativa contenuta nell'art 4 del d.l. n. 138/2011, ad opera della sentenza della Corte costituzionale n. 199/2012.

Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

In this work, will be discussed to analyze the armed conflict in Cote d'Ivoire has experienced over the years 2010-2012 under the intervention of the International Criminal Court. We have to give more details on these issues and meet certain circumstances that glazed the conflict.

Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

This introduction and translation is part of the research project International Constitutional Law. All amendments up to and including the 59th Amendment of 11th July 2012 have been translated and included into a consolidated edition. There have been no more amendments until today (8th October 2013).

Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

O presente estudo tem por objetivo analisar o fenômeno da mutação da Constituição quando reconhecida pelo Tribunal Constitucional. O estudo se inicia de uma perspectiva mais ampla, que analisa a evolução do conceito da mutação constitucional na doutrina, dentro do universo da doutrina europeia continental, e posiciona-se acerca da concepção de mutação jurisprudencial da Constituição, que parece mais adequada a funcionar como um fio condutor de distribuição de competências no âmbito da concretização do significado constitucional. Em seguida, procura-se demonstrar que a mutação jurisprudencial da Constituição funciona, ao mesmo tempo, como meio de integração e controle das demais mutações, que ganham uma forma concreta e formal. Pretende-se apresentar a decisão do Tribunal como uma síntese formal do diálogo entre as dimensões da faticidade e da normatividade de forma a fomentar o sentimento constitucional. Por fim, com a intenção de propor alguma solução para eventuais tensões e desacordos presentes entre as mutações formalizadas pelo Tribunal Constitucional e o legislador constituinte, acerca de quem deveria juridicamente dar a última palavra em matéria do significado constitucional, investiga-se a chamada doutrina do diálogo constitucional, surgida na América e no Canadá, que tem tomado um enorme fôlego nos últimos anos e pretende oferecer um caminho intermediário, de forma a demonstrar que os atores constitucionais, cada um dentro do seu papel e dos seus limites de atuação, constroem juntos o verdadeiro significado constitucional, devendo a legitimidade democrática ser vista de um ponto de vista circular e material e não linear e formal.

Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

This paper analyses the recent process of state decentralisation in Italy from the perspectives of political science and constitutional law. It considers the conflicting pressures and partisan opportunism of the decentralising process, and how these have adversely affected the consistency and completeness of the new constitutional framework. The paper evaluates the major institutional reforms affecting state decentralisation, including the 2001 constitutional reform and the more recent legislation on fiscal federalism. It argues that while the legal framework for decentralisation remains unclear and contradictory in parts, the Constitutional Court has performed a key role in interpreting the provisions and giving life to the decentralised system, in which regional governments now perform a much more prominent role. This new system of more decentralised multi-level government must nevertheless contend with a political culture and party system that remains highly centralised, while the administrative apparatus has undergone no comparable shift to take account of state decentralisation, leading to the duplication of bureaucracy at all territorial levels and continuing conflicts over policy jurisdiction. Unlike in federal systems these conflicts cannot be resolved in Italy through mechanisms of “shared rule”, since formal inter-governmental coordination structure are weak and entirely consultative.

Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

The objectives of the European Union (EU) and the United States (US) for the countries of the Balkan region are generally assumed to be complementary. They both stress and condition their support and assistance on the progress that these countries make with regards to economic modernization, build-up of social institutions, and respect for international law. However, this rhetoric doesn't always match the facts on the ground. Often, instead of dealing with a cohesive set of policy recommendations, the countries in the region are faced with contradictory alternatives and zero-sum choices. The debate over the development of the International Criminal Court (ICC) was such a case. It centered on whether the countries in the region should exempt US personnel from the jurisdiction of the Court while in the country and thus rendering them immune from prosecution for any crimes committed for which the US courts were not willing or able to take any action. The final outcome was mixed. Three of the countries - Croatia, Serbia (and Montenegro), and Slovenia - decided not to give in to US pressure, while the remaining three - Albania, Bosnia and Herzegovina, and Macedonia - ignored the pleas and threats of the EU and of the various international non-governmental organizations and decided to sign Bilateral Immunity Agreements (BIAs) with the US. How can one explain such divergent outcomes? I argue that the credibility of actors involved played an important role in determining whether threats coming from the US or the EU were more credible, thus tipping the scales in favor of signing BIAs with the US. However, the issue of threat credibility serves only to narrow down the choices of actors. Further determination of the outcome necessitates a look at the nature of the security context in which these countries exist and operate.

Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

The European Union's powerful legal system has proven to be the vanguard moment in the process of European integration. As early as the 1960s, the European Court of Justice established an effective and powerful supranational legal order, beyond the original wording of the Treaties of Rome through the doctrines of direct effect and supremacy. Whereas scholars have analyzed the evolution of EU case law and its implications, only very recent historical scholarship has examined how the Member States received this process in the context of a number of difficult political and economic crises for the integration process. This paper investigates how the national level dealt with these fundamental transformations in the European legal system. Specifically, it examines one of the Union's most important member states, the Federal Republic of Germany. Faced with a huge number of cases dealing with European law, German judges dealt with the supremacy of European law very cautiously, negotiating between increasingly polarized academic, public and ministerial debates on the question throughout the 1960s. By the mid 1970s, the German Constitutional Court famously limited the power of the ECJ in its Solange decision (1974). This was an expression of a broader discourse in Germany from 1968 onwards about the qualitative nature of democracy and participation in public life and was in some aspects a marker, at which the German elites felt comfortable expressing the value of their national constitutional system on the European stage. This paper examines the political, media and academic build up and response to the Constitutional Court's decision in the 1970s, arguing that the national "reception" is central to understanding the dynamics and evolution of European Union legal history.

Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

On 29 November 2012, the General Assembly of the United Nations (UN) voted overwhelmingly to accord Palestine ‘Non-Member Observer State’ Status in the UN. In the first part of this Policy Brief, the implications of upgrading the status of Palestine with regard to the possible role of the International Criminal Court (ICC) will be assessed. In April 2012, the Office of the Prosecutor of the ICC declined to accept jurisdiction for acts committed on the territory of Palestine since 1 July 2002, justifying its decision based on the fact that Palestine had, at the time, only the status of an ‘Observer Entity’ at the UN. Subsequently, it will be analysed if the Palestinian pursuit of its cause before the ICC can be considered as an effective lawfare strategy or rather as a poisoned chalice.

Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

Summary. The African Union (AU), a union consisting of 54 African States, held an Extraordinary Summit on 11-12 October 2013, to discuss its relationship with the International Criminal Court (ICC or the Court). The meeting took place just weeks before the trial of Kenya’s President Uhuru Kenyatta is scheduled to begin, and was clearly intended to voice discontent and put on hold the ongoing ICC proceedings against Kenyatta as well as his deputy, Vice-President William Ruto. Before the Summit, there were even widespread rumors that the Assembly of the AU would call for a mass withdrawal of African States Parties from the ICC Statute. Eventually, the Assembly did not go that far and took two important, but less controversial decisions. It called for the granting of immunities to Heads of States from prosecutions by international criminal tribunals and requested a deferral of the ICC cases against Kenyatta and Ruto through a resolution adopted by the UN Security Council (UNSC). After providing a background to the Kenya cases, this policy brief aims to evaluate what the position of the EU and its Member States as outspoken supporters of the ICC and the fight against impunity should be, especially given the fact that France and the UK, as permanent UNSC members, could block a UNSC deferral at any time.