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La ricerca inquadra all’interno dell’opera dell’autore, lo specifico tema della residenza. Esso costituisce il campo di applicazione del progetto di architettura, in cui più efficacemente ricercare i tratti caratteristici del metodo progettuale dell’architetto, chiave di lettura dello studio proposto. Il processo che giunge alla costituzione materiale dell’architettura, viene considerato nelle fasi in cui è scomposto, negli strumenti che adotta, negli obbiettivi che si pone, nel rapporto con i sistemi produttivi, per come affronta il tema della forma e del programma e confrontato con la vasta letteratura presente nel pensiero di alcuni autori vicini a Ignazio Gardella. Si definiscono in tal modo i tratti di una metodologia fortemente connotata dal realismo, che rende coerente una ricerca empirica e razionale, legata ad un’idea di architettura classica, di matrice illuministica e attenta alle istanze della modernità, all’interno della quale si realizza l’eteronomia linguistica che caratterizza uno dei tratti caratteristici delle architetture di Ignazio Gardella; aspetto più volte interpretato come appartenenza ai movimenti del novecento, che intersecano costantemente la lunga carriera dell’architetto. L’analisi dell’opera della residenza è condotta non per casi esemplari, ma sulla totalità dei progetti che si avvale anche di contributi inediti. Essa è intesa come percorso di ricerca personale sui processi compositivi e sull’uso del linguaggio e permette un riposizionamento della figura di Gardella, in relazione al farsi dell’architettura, della sua realizzazione e non alla volontà di assecondare stili o norme a-priori. E’ la dimensione pratica, del mestiere, quella che meglio si presta all’interpretazione dei progetti di Gardella. Le residenze dell’architetto si mostrano per la capacità di adattarsi ai vincoli del luogo, del committente, della tecnologia, attraverso la re-interpretazione formale e il trasferimento da un tema all’altro, degli elementi essenziali che mostrano attraverso la loro immagine, una precisa idea di casa e di architettura, non autoriale, ma riconoscibile e a-temporale.

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La tesi mira a ridefinire lo statuto del personaggio nell’ambito del self-conscious novel postmoderno, alla luce delle più recenti tendenze narratologiche, con particolare riferimento all’unnatural narratology. Per poter presentare un modello scientificamente valido si è fatto ricorso alla comparazione della produzione letteraria di due macro-aree: quella britannica e quella slava (Russia - Unione Sovietica - e Polonia). Come figura di mediazione tra queste due culture si pone senza dubbio Vladimir V. Nabokov, cardine e personalità di spicco della ricerca. Tra le analisi testuali proposte sono stati presi in considerazione i seguenti autori: Julian Barnes, Vladimir Nabokov, Daniil Charms, Konstantin Vaginov, Andrej Bitov, Saša Sokolov, Bruno Schulz e Tadeusz Kantor.

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In questa Tesi di Laurea viene presentata un’interessante esperienza di implementazione numerica: lo sviluppo di un codice agli elementi finiti in grado di calcolare, verificare e ottimizzare edifici industriali in acciaio. Al giorno d’oggi, la tendenza delle imprese nel campo dell’ingegneria strutturale ed in particolare nel campo dell’edilizia industriale, è quella della specializzazione. E’ sempre più frequente, ad esempio nel campo dei capannoni industriali, che le aziende concentrino la loro attività solo su determinate tipologie costruttive, sulle quali ottimizzano il lavoro riducendo al massimo i tempi di progettazione, di costruzione e abbassando il prezzo. Il mondo dei programmi di calcolo, per la maggior parte, sembra aver preso una direzione di sviluppo opposta. Le case di produzione software mettono a disposizione dei progettisti strumenti sempre più raffinati, capaci di modellare dettagliatamente qualsiasi tipo di struttura, materiale, azione statica o dinamica; spesso questi programmi contengono anche un codice integrato CAD per il disegno della struttura e altri tools per lasciare all’utente la più grande libertà di azione possibile. Se da un lato questi strumenti danno al progettista la possibilità di una modellazione sempre più dettagliata, dall’altra parte hanno il limite di essere poco pratici per un tipo di progettazione standardizzato. Spesso quello di cui le imprese hanno bisogno è invece un programma creato ‘ad hoc’ per le loro attività che, grazie all’inserimento di pochi parametri, possa garantire una progettazione rapida e magari gestire non solo la fase di calcolo, ma anche quella di verifica e di ottimizzazione. In quest’ottica si inserisce lo sviluppo del codice eseguito in questa tesi. L’esposizione si articola in quattro parti. La prima, introduttiva, è dedicata alla descrizione delle tipologie di edifici monopiano in acciaio maggiormente diffuse, dei diversi tipi materiale, dei principali aspetti della normativa per queste costruzioni. Viene inoltre descritta la tipologia costruttiva implementata nel codice sviluppato. Il secondo capitolo è dedicato alla descrizione del metodo agli elementi finiti, esponendone i fondamenti teorici e le principali fasi della costruzione di un codice di calcolo numerico per elementi monodimensionali. Nella terza parte è illustrato il codice sviluppato. In particolare vengono dettagliatamente descritti i moduli di generazione del modello, del solutore, del post-processore in grado di eseguire le verifiche secondo le normative vigenti, e quello dedicato all’ottimizzazione strutturale. In fine, nell’ultimo capitolo viene illustrato un esempio progettuale con il quale si è potuta effettuare la validazione del codice confrontando i risultati ottenuti con quelli di riferimento forniti da programmi attualmente in commercio. La presente dissertazione non mira alla “certificazione” di un software che sia in grado di fare calcoli complessi nell’ambito dell’ingegneria strutturale, ma lo scopo è piuttosto quello di affrontare le problematiche e gestire le scelte operative che riguardano la scrittura di un codice di calcolo. Programmatori non si nasce, ma si diventa attraverso anni di esperienza che permettono di acquisire quella sensibilità numerica che è definibile come una vera e propria “arte”. Ed è in questa direzione che si è svolta la Tesi, ovvero comprendere prima di tutto l’atteggiamento da assumere nei confronti di un elaboratore elettronico e, solo successivamente, passare ad un utilizzo consapevole per scopi progettuali.

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La tesi sviluppa le proposte teoriche della Linguistica Cognitiva a proposito della metafora e propone una loro possibile applicazione in ambito didattico. La linguistica cognitiva costituisce la cornice interpretativa della ricerca, a partire dai suoi concetti principali: la prospettiva integrata, l’embodiment, la centralità della semantica, l’attenzione per la psicolinguistica e le neuroscienze. All’interno di questo panorama, prende vigore un’idea di metafora come punto d’incontro tra lingua e pensiero, come criterio organizzatore delle conoscenze, strumento conoscitivo fondamentale nei processi di apprendimento. A livello didattico, la metafora si rivela imprescindibile sia come strumento operativo che come oggetto di riflessione. L’approccio cognitivista può fornire utili indicazioni su come impostare un percorso didattico sulla metafora. Nel presente lavoro, si indaga in particolare l’uso didattico di stimoli non verbali nel rafforzamento delle competenze metaforiche di studenti di scuola media. Si è scelto come materiale di partenza la pubblicità, per due motivi: il diffuso impiego di strategie retoriche in ambito pubblicitario e la specificità comunicativa del genere, che permette una chiara disambiguazione di fenomeni che, in altri contesti, non potrebbero essere analizzati con la stessa univocità. Si presenta dunque un laboratorio finalizzato al miglioramento della competenza metaforica degli studenti che si avvale di due strategie complementari: da una parte, una spiegazione ispirata ai modelli cognitivisti, sia nella terminologia impiegata che nella modalità di analisi (di tipo usage-based); dall’altra un training con metafore visive in pubblicità, che comprende una fase di analisi e una fase di produzione. È stato usato un test, suddiviso in compiti specifici, per oggettivare il più possibile i progressi degli studenti alla fine del training, ma anche per rilevare le difficoltà e i punti di forza nell’analisi rispetto sia ai contesti d’uso (letterario e convenzionale) sia alle forme linguistiche assunte dalla metafora (nominale, verbale, aggettivale).

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La ricerca si propone di inquisire il modo in cui il fantastico del primo Novecento utilizza la rappresentazione finzionale degli oggetti ai fini della propria emersione. Si ipotizza che certi schemi rappresentativi elaborati da autori fantastici come Hoffmann, Poe o Maupassant siano riscontrabili anche nella letteratura del XX secolo, e vengano reimpiegati per rispondere a una mutata situazione socioculturale. La tesi è bipartita: la prima parte, che è a sua volta suddivisa in due capitoli, funziona da cornice teorica e storica alle analisi testuali. Vi si discute del concetto di immagine; e da tale discussione viene derivata una precisa idea di spazio e di oggetto letterari. In seguito si procede a una ricostruzione della storia del fantastico ottocentesco (dalla quale non sono assenti riflessioni teoriche e in particolare genologiche), che da un lato è volta a storicizzare l’idea di “genere fantastico”; dall’altro ha come obiettivo l’identificazione di una tipologia di oggetti strutturalmente legata a quel genere narrativo. Due sono le classi di oggetti così individuate, e altrettanti i capitoli che compongono la seconda parte del lavoro. Entrambi i tipi di oggetto, che per semplicità si possono chiamare oggetti-feticcio e oggetti spettrali, stanno a metà strada tra immaginario e reale; ma mentre l’oggetto-feticcio ha qualcosa in più rispetto a un oggetto descritto realisticamente, l’oggetto spettrale ha un che di deficitario, e non giunge al risultato di una completa materializzazione. Tra gli autori affrontati compaiono Papini, Pirandello, Bontempelli, Savinio, Landolfi; né mancano riferimenti ad autori di altre nazioni da Kafka a Sartre, da James a Virginia Woolf, in ottemperanza all’idea di considerare il fantastico italiano all’interno di una più ampia geografia letteraria.

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La tesi è incentrata sull'analisi dell'organizzazione retorica della prosa di Giorgio Manganelli, indagando il sistema ritmico attraverso il quale l'autore è in grado di creare un fluire sintattico che sfugge alle classificazioni di genere. Per Manganelli, infatti, il linguaggio è solamente organizzazione di se stesso, e perciò la scrittura ruota attorno a un centro narrativo vuoto, dissimulando l'assenza di necessità. Egli è un retore puntuale dotato di una straordinaria abilità compositiva, che gli consente di mettere in scena l'ambiguità insita nella retorica. Per affrontare questa analisi è stato opportuno avvalersi della critique du rythme ideata da Henri Meschonnic, a partire dalle riflessioni di Emile Benveniste sul concetto eracliteo di ritmo, poiché essa fornisce una prospettiva duttile, dinamica e svincolata da pregiudizi critici. Meschonnic infatti considera il ritmo non come schema metrico ma in quanto organizzazione del senso nel discorso, volto alla signifiance del testo. In quest'ottica si è tentato di costruire un percorso attraverso le opere di Manganelli per descrivere il sistema retorico su cui si fonda la sua scrittura, a partire dai materiali del suo laboratorio (poesie, prose, appunti di diario, scambi epistolari) fino all'ideazione di discorsi pseudo-teologici che si presentano come allegoria stessa della scrittura. Si sono analizzati in particolare la trasposizione letteraria della tecnica musicale della variazione in Nuovo commento (1969), e il ritmo del periodo ipotetico in Rumori o voci (1987), testo emblematico della ricerca di Manganelli sulle potenzialità del linguaggio. Infine la prosa manganelliana è stata messa a confronto con quella di altri importanti autori italiani del Novecento (Pavese, Gadda, Camporesi, Celati), al fine di comparare tra loro diverse organizzazioni ritmiche del linguaggio, e ricollocando così Manganelli al centro del panorama letterario italiano con tutta la sua eversiva marginalità.

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In Unione Sovietica il partito mette in atto un sistema di istituzioni per controllare il mondo culturale e la produzione scritta: il Glavlit, il massimo istituto censorio, l’Unione degli scrittori, un’editoria centralizzata e statalizzata e un unico metodo creativo possibile, il realismo socialista. Il settore della traduzione letteraria e della ricezione della letteratura straniera vengono ugualmente posti sotto controllo. All’interno dell’Unione degli scrittori operano la Sezione dei Traduttori, a cui spetta la formazione dei nuovi traduttori sovietici, e la Commissione Straniera, che stabilisce quali autori e quali libri occidentali debbano essere tradotti. Il Reparto straniero del Glavlit controlla il materiale a stampa proveniente dall’estero, la sua distribuzione e le modalità di consultazione e si occupa di effettuare una censura sia sul testo in lingua straniera che su quello tradotto in lingua russa. Parallelamente, il codice estetico e normativo del realismo socialista comincia a influenzare lo sviluppo della teoria della traduzione. La traduttologia si allinea alla critica letteraria ufficiale e promuove un approccio libero al testo che permetta l’introduzione di modifiche testuali arbitrarie da parte del traduttore o del redattore.

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Numerosi incidenti verificatisi negli ultimi dieci anni in campo chimico e petrolchimico sono dovuti all’innesco di sostanze infiammabili rilasciate accidentalmente: per questo motivo gli scenari incidentali legati ad incendi esterni rivestono oggigiorno un interesse crescente, in particolar modo nell’industria di processo, in quanto possono essere causa di ingenti danni sia ai lavoratori ed alla popolazione, sia alle strutture. Gli incendi, come mostrato da alcuni studi, sono uno dei più frequenti scenari incidentali nell’industria di processo, secondi solo alla perdita di contenimento di sostanze pericolose. Questi eventi primari possono, a loro volta, determinare eventi secondari, con conseguenze catastrofiche dovute alla propagazione delle fiamme ad apparecchiature e tubazioni non direttamente coinvolte nell’incidente primario; tale fenomeno prende il nome di effetto domino. La necessità di ridurre le probabilità di effetto domino rende la mitigazione delle conseguenze un aspetto fondamentale nella progettazione dell’impianto. A questo scopo si impiegano i materiali per la protezione passiva da fuoco (Passive Fire Protection o PFP); essi sono sistemi isolanti impiegati per proteggere efficacemente apparecchiature e tubazioni industriali da scenari di incendio esterno. L’applicazione dei materiali per PFP limita l’incremento di temperatura degli elementi protetti; questo scopo viene raggiunto tramite l’impiego di differenti tipologie di prodotti e materiali. Tuttavia l’applicazione dei suddetti materiali fireproofing non può prescindere da una caratterizzazione delle proprietà termiche, in particolar modo della conducibilità termica, in condizioni che simulino l’esposizione a fuoco. Nel presente elaborato di tesi si è scelto di analizzare tre materiali coibenti, tutti appartenenti, pur con diversità di composizione e struttura, alla classe dei materiali inorganici fibrosi: Fibercon Silica Needled Blanket 1200, Pyrogel®XT, Rockwool Marine Firebatt 100. I tre materiali sono costituiti da una fase solida inorganica, differente per ciascuno di essi e da una fase gassosa, preponderante come frazione volumetrica. I materiali inorganici fibrosi rivestono una notevole importanza rispetto ad altri materiali fireproofing in quanto possono resistere a temperature estremamente elevate, talvolta superiori a 1000 °C, senza particolari modifiche chimico-fisiche. Questo vantaggio, unito alla versatilità ed alla semplicità di applicazione, li rende leader a livello europeo nei materiali isolanti, con una fetta di mercato pari circa al 60%. Nonostante l’impiego dei suddetti materiali sia ormai una realtà consolidata nell’industria di processo, allo stato attuale sono disponibili pochi studi relativi alle loro proprietà termiche, in particolare in condizioni di fuoco. L’analisi sperimentale svolta ha consentito di identificare e modellare il comportamento termico di tali materiali in caso di esposizione a fuoco, impiegando nei test, a pressione atmosferica, un campo di temperatura compreso tra 20°C e 700°C, di interesse per applicazioni fireproofing. Per lo studio delle caratteristiche e la valutazione delle proprietà termiche dei tre materiali è stata impiegata principalmente la tecnica Transient Plane Source (TPS), che ha consentito la determinazione non solo della conducibilità termica, ma anche della diffusività termica e della capacità termica volumetrica, seppure con un grado di accuratezza inferiore. I test sono stati svolti su scala di laboratorio, creando un set-up sperimentale che integrasse opportunamente lo strumento Hot Disk Thermal Constants Analyzer TPS 1500 con una fornace a camera ed un sistema di acquisizione dati. Sono state realizzate alcune prove preliminari a temperatura ambiente sui tre materiali in esame, per individuare i parametri operativi (dimensione sensori, tempi di acquisizione, etc.) maggiormente idonei alla misura della conducibilità termica. Le informazioni acquisite sono state utilizzate per lo sviluppo di adeguati protocolli sperimentali e per effettuare prove ad alta temperatura. Ulteriori significative informazioni circa la morfologia, la porosità e la densità dei tre materiali sono state ottenute attraverso stereo-microscopia e picnometria a liquido. La porosità, o grado di vuoto, assume nei tre materiali un ruolo fondamentale, in quanto presenta valori compresi tra 85% e 95%, mentre la frazione solida ne costituisce la restante parte. Inoltre i risultati sperimentali hanno consentito di valutare, con prove a temperatura ambiente, l’isotropia rispetto alla trasmissione del calore per la classe di materiali coibenti analizzati, l’effetto della temperatura e della variazione del grado di vuoto (nel caso di materiali che durante l’applicazione possano essere soggetti a fenomeni di “schiacciamento”, ovvero riduzione del grado di vuoto) sulla conducibilità termica effettiva dei tre materiali analizzati. Analoghi risultati, seppure con grado di accuratezza lievemente inferiore, sono stati ottenuti per la diffusività termica e la capacità termica volumetrica. Poiché è nota la densità apparente di ciascun materiale si è scelto di calcolarne anche il calore specifico in funzione della temperatura, di cui si è proposto una correlazione empirica. I risultati sperimentali, concordi per i tre materiali in esame, hanno mostrato un incremento della conducibilità termica con la temperatura, da valori largamente inferiori a 0,1 W/(m∙K) a temperatura ambiente, fino a 0,3÷0,4 W/(m∙K) a 700°C. La sostanziale similitudine delle proprietà termiche tra i tre materiali, appartenenti alla medesima categoria di materiali isolanti, è stata riscontrata anche per la diffusività termica, la capacità termica volumetrica ed il calore specifico. Queste considerazioni hanno giustificato l’applicazione a tutti i tre materiali in esame dei medesimi modelli per descrivere la conducibilità termica effettiva, ritenuta, tra le proprietà fisiche determinate sperimentalmente, la più significativa nel caso di esposizione a fuoco. Lo sviluppo di un modello per la conducibilità termica effettiva si è reso necessario in quanto i risultati sperimentali ottenuti tramite la tecnica Transient Plane Source non forniscono alcuna informazione sui contributi offerti da ciascun meccanismo di scambio termico al termine complessivo e, pertanto, non consentono una facile generalizzazione della proprietà in funzione delle condizioni di impiego del materiale. La conducibilità termica dei materiali coibenti fibrosi e in generale dei materiali bi-fasici tiene infatti conto in un unico valore di vari contributi dipendenti dai diversi meccanismi di scambio termico presenti: conduzione nella fase gassosa e nel solido, irraggiamento nelle superfici delle cavità del solido e, talvolta, convezione; inoltre essa dipende fortemente dalla temperatura e dalla porosità. Pertanto, a partire dal confronto con i risultati sperimentali, tra cui densità e grado di vuoto, l’obiettivo centrale della seconda fase del progetto è stata la scelta, tra i numerosi modelli a disposizione in letteratura per materiali bi-fasici, di cui si è presentata una rassegna, dei più adatti a descrivere la conducibilità termica effettiva nei materiali in esame e nell’intervallo di temperatura di interesse, fornendo al contempo un significato fisico ai contributi apportati al termine complessivo. Inizialmente la scelta è ricaduta su cinque modelli, chiamati comunemente “modelli strutturali di base” (Serie, Parallelo, Maxwell-Eucken 1, Maxwell-Eucken 2, Effective Medium Theory) [1] per la loro semplicità e versatilità di applicazione. Tali modelli, puramente teorici, hanno mostrato al raffronto con i risultati sperimentali numerosi limiti, in particolar modo nella previsione del termine di irraggiamento, ovvero per temperature superiori a 400°C. Pertanto si è deciso di adottare un approccio semi-empirico: è stato applicato il modello di Krischer [2], ovvero una media pesata su un parametro empirico (f, da determinare) dei modelli Serie e Parallelo, precedentemente applicati. Anch’esso si è rivelato non idoneo alla descrizione dei materiali isolanti fibrosi in esame, per ragioni analoghe. Cercando di impiegare modelli caratterizzati da forte fondamento fisico e grado di complessità limitato, la scelta è caduta sui due recenti modelli, proposti rispettivamente da Karamanos, Papadopoulos, Anastasellos [3] e Daryabeigi, Cunnington, Knutson [4] [5]. Entrambi presentavano il vantaggio di essere stati utilizzati con successo per materiali isolanti fibrosi. Inizialmente i due modelli sono stati applicati con i valori dei parametri e le correlazioni proposte dagli Autori. Visti gli incoraggianti risultati, a questo primo approccio è seguita l’ottimizzazione dei parametri e l’applicazione di correlazioni maggiormente idonee ai materiali in esame, che ha mostrato l’efficacia dei modelli proposti da Karamanos, Papadopoulos, Anastasellos e Daryabeigi, Cunnington, Knutson per i tre materiali analizzati. Pertanto l’obiettivo finale del lavoro è stato raggiunto con successo in quanto sono stati applicati modelli di conducibilità termica con forte fondamento fisico e grado di complessità limitato che, con buon accordo ai risultati sperimentali ottenuti, consentono di ricavare equazioni predittive per la stima del comportamento, durante l’esposizione a fuoco, dei materiali fireproofing in esame. Bologna, Luglio 2013 Riferimenti bibliografici: [1] Wang J., Carson J.K., North M.F., Cleland D.J., A new approach to modelling the effective thermal conductivity of heterogeneous materials. International Journal of Heat and Mass Transfer 49 (2006) 3075-3083. [2] Krischer O., Die wissenschaftlichen Grundlagen der Trocknungstechnik (The Scientific Fundamentals of Drying Technology), Springer-Verlag, Berlino, 1963. [3] Karamanos A., Papadopoulos A., Anastasellos D., Heat Transfer phenomena in fibrous insulating materials. (2004) Geolan.gr http://www.geolan.gr/sappek/docs/publications/article_6.pdf Ultimo accesso: 1 Luglio 2013. [4] Daryabeigi K., Cunnington G. R., and Knutson J. R., Combined Heat Transfer in High-Porosity High-Temperature Fibrous Insulation: Theory and Experimental Validation. Journal of Thermophysics and Heat Transfer 25 (2011) 536-546. [5] Daryabeigi K., Cunnington G.R., Knutson J.R., Heat Transfer Modeling for Rigid High-Temperature Fibrous Insulation. Journal of Thermophysics and Heat Transfer. AIAA Early Edition/1 (2012).

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Esta tesis presenta un breve estado de la cuestión de la sociología y la ética del deporte como nueva disciplina académica, desde su origen hasta el presente. En segundo lugar pretende ver que aporta la perspectiva de la sociologia relacional al estudio del deporte. La primera contribución es la “trans-discipliniariedad” entre disciplinas como la sociología y la ética, evitando caer en una ética “sociologizzata” o en una sociología “eticizzata”. Gracias a la relacionalidad se obtiene la des-mercantilización de bienestar. La lógica relacional busca el desarrollo económico sin olvida que la sociedad está formada por personas, que son lo realmente importantes por encima de los interés económicos. Otra contribución es la distinción entre la “sociedad humana” y la “sociedad de lo humano” que evita muchos de los actuales problemas que trae consigo las nuevas tecnologías. Y finalmente aporta el esquema “AGIL” como “brújula relacional” que ayuda a relaizar los objetivos, medios y reglas éticas dentro de la práctica deportiva.

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L’obiettivo di questa tesi di laurea è stato la valutazione delle sovratensioni generate da una scarica atmosferica in linee miste di tipo aerea-cavo affluenti a stazioni di trasformazione. Lo studio si è incentrato sul caso della fulminazione diretta su una fase della linea aerea, il cosiddetto shielding failure, nella situazione peggiore ovvero senza innesco degli spinterometri posti a protezione della catena di isolatori. Applicando la teoria dei diagrammi a graticcio, è stata studiata la propagazione di un’onda di tensione (gradino, triangolo rettangolo e triangolo scaleno), generata da una scarica atmosferica, lungo tre particolari configurazioni di una linea mista AT 132 kV. In particolare, è stato implementato un codice di calcolo in Matlab, con il quale sono state determinate le componenti riflesse, che si formano quando l’onda di tensione incidente va ad impattare nei punti di discontinuità d’impedenza d’onda della linea mista. Tale calcolo ha consentito sia la rappresentazione temporale del transitorio, sia la determinazione del valore di cresta raggiunto dalla sovratensione, in particolari punti sensibili della linea, quali le estremità della linea in cavo ed il collegamento con il trasformatore. Il calcolo analitico è stato poi confrontato con i risultati delle simulazioni relative alla fulminazione diretta su una fase della linea aerea, eseguite con il software EMTPWorks. Il lavoro si è incentrato in particolar modo, sulla determinazione del modello che va a simulare la linea mista presa in considerazione, anche mediante il confronto con un noto caso di studio riportato sulle pubblicazioni.

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Le traduzioni di Luis Cernuda, poeta spagnolo della Generazione del '27, da testi poetici di autori francesi, tedeschi ed inglesi, la cui scelta è dettata da ragioni di coerenza artistica, non hanno valore secondario rispetto alla produzione poetica autoriale. Nel presente studio si delinea l'uniformità del percorso creativo di Luis Cernuda nel ruolo duplice ed apparentemente contraddittorio di poeta-traduttore, attraverso un tracciato spazio-temporale, al contempo realistico e metaforico, che si svolge lungo gran parte della vita del misconosciuto poeta sivigliano. Ad una preliminare presentazione analitica del concetto di traduzione, della funzione che la stessa riveste nel genere letterario specifico della poesia e nell'attività creativa di Cernuda, segue l'analisi comparativa delle traduzioni cernudiane con le rispettive fonti straniere. L'argomento si svolge in tre capitoli successivi, organizzati rispettando lo svolgimento cronologico del percorso traduttorio cernudiano, svolto in parallelo alla produzione poetica personale. Il secondo capitolo verte sulla traduzione da testi poetici in francese. Il terzo capitolo, sul periodo immediatamente successivo agli anni della sperimentazione francese, analizza lo studio della poesia tedesca e della sperimentazione in traduzione. Tale incontro si propone anche come momento di scissione definitiva dalla lirica romanza, piuttosto esornativa, e di accostamento alla più essenziale lirica germanica. Il quarto capitolo raccoglie le versioni poetiche da autori inglesi, che si contraddistinguono per la grande somiglianza alla poesia di Cernuda nelle scelte contenutistico-formali. Le conclusioni vertono sulla coesione perseguita nel tradurre, per cui contenuto e forma acquisiscono pari importanza nella “ricreazione poetica” realizzata da Cernuda.

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La mia sperimentazione si inserisce in un progetto di respiro nazionale- “AGER-STAY FRESH”- volto a trovare soluzioni di lavaggio alternative al cloro per il prolungamento della shelf-life delle produzioni di IV gamma. Questi prodotti rappresentano, attualmente, uno dei più promettenti ed innovativi comparti del settore ortofrutticolo e sono definiti, secondo le norme della Comunità Europea, prodotti minimamente trasformati, cioè soggetti a interventi tecnologici ridotti, ed utilizzabili per il consumo diretto senza ulteriori manipolazioni, o con manipolazioni minime. La loro espansione sul mercato deriva dal fatto che sono in grado di offrire alta convenienza, alto valore nutrizionale ed organolettico e sono concepiti dai consumatori come prodotti “genuini” in quanto a base vegetale e, generalmente, non contengono sostanze antimicrobiche. Tuttavia, le materie prime vegetali utilizzate per le produzioni di IV gamma sono spesso caratterizzate da elevate contaminazioni microbiche (4-6 log UFC/g) poiché, durante la crescita o il post-raccolta, frutti o vegetali vengono a contatto con il suolo, insetti o contaminazioni di origine umana.Al momento la shelf-life e la sicurezza d’uso di questa categoria di prodotti sono basate principalmente sul mantenimento della catena del freddo unitamente alla fase di lavaggio delle materie prime con sostanze clorate. Recentemente, però, alcuni autori hanno evidenziato alcuni svantaggi derivanti da questa fase di processo come la formazione di composti clorati cancerogeni. In questa prospettiva, il principale obiettivo di questo lavoro di tesi è stato quello di valutare gli effetti di olio essenziale di cedro e alcuni composti bioattivi degli oli essenziali (citrale, esanale, trans-2-esenale e carvacrolo), utilizzati singolarmente o in combinazione, sulla shelf-life di mele affettate di IV gamma. Su tutti i prodotti sono state eseguite analisi microbiologiche, di texture e colore. Un ulteriore obiettivo di questo lavoro sperimentale è stato quello di ottimizzare alcuni parametri di processo come la riduzione del rapporto acqua di lavaggio/prodotto ed incrementare la temperatura dell’acqua utilizzata al fine di meglio solubilizzare gli antimicrobici in fase di dipping.

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L’ucronia (Alternate History) è un fenomeno letterario ormai popolare e molto studiato, ma non lo sono altrettanto lo sue origini e i suoi rapporti con la storia “fatta con i se” (Counterfactual History), che risale a Erodoto e a Tito Livio. Solo nell’Ottocento alcuni autori, per vie largamente autonome, fecero della storia alternativa un genere di fiction: Louis Geoffroy con Napoléon apocryphe (1836), storia «della conquista del mondo e della monarchia universale», e Charles Renouvier con Uchronie. L’utopie dans l’histoire (1876), storia «della civiltà europea quale avrebbe potuto essere» se il cristianesimo fosse stato fermato nel II secolo. Questi testi intrattengono relazioni complesse con la letteratura dell’epoca di genere sia realistico, sia fantastico, ma altresì con fenomeni di altra natura: la storiografia, nelle sue forme e nel suo statuto epistemico, e ancor più il senso del possibile - o la filosofia della storia - derivato dall’esperienza della rivoluzione e dal confronto con le teorie utopistiche e di riforma sociale. Altri testi, prodotti in Inghilterra e negli Stati Uniti nello stesso periodo, esplorano le possibilità narrative e speculative del genere: tra questi P.s’ Correspondence di Nathaniel Hawthorne (1845), The Battle of Dorking di George Chesney (1871) e Hands Off di Edward Hale (1881); fino a una raccolta del 1931, If It Had Happened Otherwise, che anticipò molte forme e temi delle ucronie successive. Queste opere sono esaminate sia nel contesto storico e letterario in cui furono prodotte, sia con gli strumenti dell’analisi testuale. Una particolare attenzione è dedicata alle strategie di lettura prescritte dai testi, che subordinano i significati al confronto mentale tra gli eventi narrati e la serie dei fatti autentici. Le teorie sui counterfactuals prodotte in altri campi disciplinari, come la storia e la psicologia, arricchiscono la comprensione dei testi e dei loro rapporti con fenomeni extra-letterari.

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Il presente lavoro è strutturato in quattro parti analizzando e comparando le pubblicazioni del settore scientifico italiano, anglofono e tedesco di riferimento. Nel primo capitolo della tesi viene proposta una riflessione sulle parole che ruotano attorno al tema dei DSA e della disabilità. Nel secondo capitolo vengono presentati, a partire dalla letteratura scientifica di riferimento, gli indicatori di rischio che segnalano possibili disturbi specifici di apprendimento e le caratteristiche di apprendimento dei DSA mettendo in luce potenzialità e talenti spesso intrinseci. Nel terzo capitolo viene vagliata la normativa di riferimento, in particolare la recente Legge 170/2010 e le relative Linee Guida. Nel quarto capitolo, partendo dal tema della diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (da ora in poi TIC) nel mondo della scuola, sono ampiamente trattati i principali strumenti compensativi (sintesi vocale, libri digitali, mappe concettuali, Lavagna Interattiva Multimediale) e le misure dispensative adottabili. Nel quinto capitolo viene analizzato in tutte le sue parti il Piano Didattico Personalizzato (da ora in poi PDP) e viene proposto un possibile modello di PDP pubblicato sul sito dell'Ufficio per l’Ambito Territoriale di Bologna. Nel sesto capitolo della tesi viene presentato il Progetto Regionale ProDSA. Il Progetto, rivolto a studenti, con diagnosi di DSA, delle scuole secondarie di primo grado e del primo biennio delle secondarie di secondo grado dell’Emilia-Romagna, ha visto, grazie a un finanziamento della Regione, la consegna in comodato d'uso gratuito di tecnologie compensative agli alunni che hanno aderito. La sezione empirica del presente lavoro indaga l’uso reale che è stato fatto degli strumenti proposti in comodato d’uso e le motivazioni legate alla scelta di non utilizzarli in classe. Nel settimo capitolo vengono proposti strumenti progettati per rispondere concretamente alle criticità emerse dall'analisi dei dati e per sensibilizzare il mondo della scuola sulle caratteristiche dei DSA.

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Paracentrotus lividus è un echinoderma bentonico marino appartenente alla classe Echinoidea, comune in tutto il Mar Mediterraneo e lungo le coste atlantiche dalla Scozia al Marocco. Questa specie è estremamente importante dal punto di vista ecologico in quanto specie chiave nella strutturazione della comunità bentonica macroalgale. Inoltre in tempi recenti il mercato delle sue gonadi ha subito una forte espansione rendendolo una specie di interesse economico in numerosi paesi europei. Il crescente prelievo sta gradualmente portando al depauperamento della risorsa, per questo motivo il riccio di mare è oggetto di numerosi studi e programmi a fini conservazionistici. Una maggiore conoscenza del ciclo riproduttivo della specie potrebbe risultare utile per una migliore gestione della risorsa. Pertanto, questo studio si propone di indagare sulla biologia di P. lividus in due aree distinte della Sardegna: Su Pallosu, nella Penisola del Sinis Sardegna centro-occidentale, e nell’Area Marina Protetta di Tavolara – Punta Coda Cavallo, Sardegna nordorientale, al fine di far luce sulle dinamiche del ciclo riproduttivo. Le informazioni bibliografiche a riguardo evidenziano l’influenza dei fattori ambientali quali fotoperiodo, idrodinamismo, temperatura e tipologia di pascolo sull’andamento del ciclo biologico e il momento di spawning. Diversi autori hanno osservato in Mar Mediterraneo sia un unico ciclo riproduttivo che due eventi riproduttivi annuali a conferma dell’ampia variabilità dell’andamento gonadico. Nel presente lavoro al fine di mettere in relazione le caratteristiche dell’habitat con il ciclo riproduttivo delle popolazioni in oggetto è stato analizzato l’andamento dell’Indice Gonadosomatico (IGS) su individui di diverse taglie/età, come rapporto fra il peso delle gonadi e il peso dell’individuo; inoltre a conferma dello stadio di maturazione è stata effettuata l’analisi istologica delle gonadi su campioni fissati e inclusi in paraffina, sezionati a 7μm e colorati con ematossilina-eosina prima di essere osservati al microscopio ottico. Mediante analisi d’immagine di foto subacquee utilizzando il programma Seascape è stata caratterizzata la componente macroalgale bentonica e la componente abiotica degli habitat (sabbia e roccia non vegetata) con particolare attenzione al calcolo della percentuale di ricoprimento delle specie vegetali. Inoltre i siti sono stati caratterizzati rispetto all’esposizione dei venti dominanti con elaborazione dei dati del periodo di campionamento per direzione, frequenza e intensità.