958 resultados para Arte sacra - Periodo moderno - 1500


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La ricerca ha mirato a ricostruire storicamente quali furono le motivazioni che, tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, portarono gli amministratori della Cassa Risparmio in Bologna a progettare la creazione di un Museo d’arte e di Storia della città, delineandone quelli che furono i principali responsabili e protagonisti. Dall’analisi dei documenti conservati presso l’Archivio della Cassa di Risparmio è emerso uno studio approfondito dei protagonisti della politica artistica e culturale dell’Istituto, oltre che dei legami e delle relazioni intessute con le principali istituzioni cittadine. Lo studio si è progressivamente focalizzato su un particolare momento della storia di Bologna, quando, in seguito all’approvazione del Piano Regolatore del 1889, la città fu per oltre un trentennio sottoposta a radicali trasformazioni urbanistiche che ne cambiarono completamente l’aspetto. Tra i personaggi finora ignoti di questa storia è emerso il nome dell’ingegnere Giambattista Comelli, consigliere e vice segretario della banca alla fine del XIX secolo, che per primo, nel 1896, avanzò la proposta di creare un museo dell’Istituto. A differenza di quanto ritenuto sino ad oggi, questo avrebbe dovuto avere, nelle intenzioni originarie, esclusivamente funzione di riunire e mostrare oggetti e documenti inerenti la nascita e lo sviluppo della Cassa di Risparmio. Un museo, dunque, che ne celebrasse l’attività, mostrando alla città come la banca avesse saputo rispondere prontamente e efficacemente, anche nei momenti più critici, alle esigenze dei bolognesi. Personaggio oggi dimenticato, Comelli fu in realtà figura piuttosto nota in ambito cittadino, inserita nei principali sodalizi culturali dell’epoca, tra cui la Regia Deputazione di Storia Patria e il Comitato per Bologna Storico Artistica, assieme a quei Rubbiani, Cavazza e Zucchini, che tanta influenza ebbero, come vedremo in seguito, sugli orientamenti Si dovettero tuttavia aspettare almeno due decenni, affinché l’idea originaria di fondare un Museo della Cassa di Risparmio si evolvesse in un senso più complesso e programmatico. Le ricerche hanno infatti evidenziato che le Raccolte d’Arte della Cassa di Risparmio non avrebbero acquistato l’importanza e la consistenza che oggi ci è dato constatare senza l’intervento decisivo di un personaggio noto fino ad oggi soltanto per i suoi indubbi meriti artistici: Alfredo Baruffi. Impiegato come ragioniere della Cassa fin dai diciotto anni, il Baruffi divenne, una volta pensionato, il “conservatore” delle Collezioni della Cassa di Risparmio. Fu lui a imprimere un nuovo corso all’originaria idea di Comelli, investendo tutte le proprie energie nella raccolta di dipinti, disegni, incisioni, libri, incunaboli, autografi, fotografie e oggetti d’uso quotidiano, col proposito di creare un museo che raccontasse la storia di Bologna e delle sue ultime grandi trasformazioni urbanistiche. Attraverso l’attenta analisi dei documenti cartacei e il raffronto con le opere in collezione è stato quindi possibile ricostruire passo dopo passo la nascita di un progetto culturale di ampia portata. La formazione della raccolta fu fortemente influenzata dalle teorie neomedievaliste di Alfonso Rubbiani, oltre che dalla volontà di salvaguardare, almeno a livello documentario, la memoria storica della Bologna medievale che in quegli anni stava per essere irrimediabilmente cancellata. Le scelte che orientarono la raccolta dei materiali, recentemente confluiti per la maggior parte nelle Collezioni della Fondazione della Cassa di Risparmio in Bologna, acquistano, con questo studio una nuova valenza grazie alla scoperta degli stretti rapporti che Baruffi intrattenne coi principali rappresentanti della cerchia rubbianesca, tra cui Francesco Cavazza, Guido Zucchini e Albano Sorbelli. Con essi Baruffi partecipò infatti a numerosi sodalizi e iniziative quali il Comitato per Bologna Storico Artistica, la “Mostra Bologna che fu” e la società Francesco Francia, che segnarono profondamente l’ambiente culturale cittadino. La portata e la qualità delle scelte condotte da Baruffi nell’acquisto e raccolta dei materiali si rivela ancora oggi, a distanza di quasi un secolo, attenta e mirata per il ruolo documentario che le Raccolte avevano e hanno assunto quali preziose e spesso uniche testimonianze del recente passato cittadino. Esaminata tutta la documentazione inerente la nascita delle Raccolte, la ricerca si è ha successivamente concentrata sulla vicenda di acquisto del fondo delle incisioni carraccesche della collezione Casati. La prima parte del lavoro è consistita nel repertoriare e trascrivere tutti i documenti relativi alla transazione d’acquisto, avvenuta nel 1937, vicenda che per la sua complessità impegnò per molti mesi, in un fitto carteggio, Baruffi, la direzione della Cassa e l’antiquario milanese Cesare Fasella. Il raffronto tra documenti d’archivio, inventari e materiale grafico ha permesso di ricostituire, seppur con qualche margine di incertezza, l’intera collezione Casati, individuando quasi 700 incisioni e 22 dei 23 disegni che la componevano. L’ultima fase di studio ha visto l’inventariazione e la catalogazione delle 700 incisioni. Il catalogo è stato suddiviso per autori, partendo dalle incisioni attribuite con certezza ad Agostino e ai suoi copisti, per poi passare ad Annibale e a Ludovico e ai loro copisti. Le incisioni studiate si sono rivelate tutte di grande qualità. Alcuni esemplari sono inoltre particolarmente significativi dal punto di vista storico-critico, perché mai citati nei tre principali e più recenti repertori di stampe carraccesche. Lo studio si conclude con l’individuazione di una stretta correlazione tra il pensiero e della pratica operatività in qualità di archivista, museografo e opinionista, di un altrettanto decisivo protagonista della ricerca, lo storico dell’arte Corrado Ricci, la cui influenza esercitata nell’ambiente culturale bolognese di quegli anni è già sottolineata nel primo capitolo. La conclusione approfondisce i possibili raporti e legami tra Baruffi e Corrado Ricci i cui interventi attorno alla questione della tutela e della salvaguardia del patrimonio storico, artistico, e paesaggistico italiano furono fondamentali per la nascita di una coscienza artistica e ambientale comune e per il conseguente sviluppo di leggi ad hoc. Numerose furono infatti le occasioni d’incontro tra Baruffi e Ricci. Qesti fu socio onorario del Comitato per Bologna Storico Artistica, nonché, quando era già Direttore Generale delle Belle Arti, presidente della storica mostra “Bologna che fu”. Sia Ricci che Baruffi fecero inoltre parte di quelle iniziative volte alla difesa e alla valorizzazione del paesaggio naturale, inteso anche in un ottica di promozione turistica, che videro la nascita proprio in Emilia Romagna: nel 1889 nasce l’Associazione Pro Montibus et silvis, del 1906 è l’Associazione nazionale per i paesaggi e monumenti pittoreschi, del 1912 è la Lega Nazionale per la protezione dei monumenti naturali. Queste iniziative si concretizzarono con la fondazione a Milano nel 1913 del Comitato Nazionale per la difesa del paesaggio e i monumenti italici, costituitosi presso la sede del Touring Club Italiano. Quelle occasioni d’incontro, come pure gli scritti di Ricci, trovarono certamente un terreno fertile in Baruffi conservatore, che nella formazione delle Collezioni, come pure nelle sua attività di “promotore culturale”, ci appare oggi guidato dalle teorie e dall’esempio pratico dei due numi tutelari: Alfonso Rubbiani e Corrado Ricci. La ricerca di documentazione all’interno di archivi e biblioteche cittadine, ha infine rivelato che il ruolo svolto da Baruffi come “operatore culturale” non fu quello di semplice sodale, ma di vero protagonista della scena bolognese. Soprattutto a partire dal secondo decennio del Novecento, quando fors’anche a seguito della morte del “maestro” Rubbiani, egli divenne uno tra i personaggi più impegnati in iniziative di tutela e promozione del patrimonio artistico cittadino, antico e moderno che fosse, intese a condizionare la progettualità politica e culturale della città. In tale contesto si può ben arguire il ruolo che avrebbero assunto le Collezioni storico artistiche numismatiche, popolaresche, della Cassa di Risparmio, cui Baruffi dedicò tutta la sua carriera successiva.

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The arguments of the thesis is the relationship between the Norman domination and the Greek-speaking people living in Sicily and Southern Italy. Particularly the ascendancy of the greek culture on the norman architecture and his role in the construction of the Norman Kingdom.

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Il concetto di contaminazione fra architettura ed arti plastiche e figurative è molto antico. La dicotomia arte-architettura, sancita in via definitiva con il moderno museo di spoliazione napoleonica, non può che essere considerata una variazione neo-tecnicista sulla quale, non sempre giustamente, sono andati assestandosi gli insegnamenti delle scuole politecniche. Non così è sempre stato. Come il tempio greco può essere considerato un’opera plastica nel suo complesso, esempio tra i primi di fusione tra arte e architettura, moltissimi sono gli esempi che hanno guidato la direzione della ricerca che si è intesa perseguire. Molti sono gli esempi del passato che ci presentano figure di architetto-artista: un esempio fra tutti Michelangelo Buonarroti; come per altro non è nuovo, per l’artista puro, cimentarsi nella progettazione dello spazio architettonico o urbano, o per l'architetto essere coinvolto dalle indagini della ricerca artistica a lui contemporanea dalla quale trarre suggestioni culturali. Le rappresentazioni dei linguaggi visivi sono il frutto di contaminazioni che avvengono su diversi livelli e in più direzioni. Spesso le ricerche artistiche più significative hanno anticipato o influenzato il mondo del design, dell’architettura, della comunicazione. L’intenzione della ricerca è stata quindi approfondire, attraverso un viaggio nel Novecento, con particolare attenzione al Secondo Dopoguerra, i fenomeni culturali che hanno prodotto i più significativi sviluppi stilistici nell’ambito della ricerca e del rinnovo del linguaggio architettonico. Il compito, parafrasando Leonardo Benevolo, non è stato quello di elencare le singole battute della discussione ma di riconoscere gli interventi fruttuosi a lunga scadenza. Mutuando gli insegnamenti della scuola del Bauhaus, arte e architettura sono state affiancate perché considerate espressioni strettamente relazionate di coevi fenomeni culturali. L’obiettivo ha puntato all’individuazione dei meccanismi delle interazioni tra discipline, cercando di delineare il profilo della complessità dell’espressione del contemporaneo in architettura.

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L’idea del presente elaborato nasce da due elementi principali: l’attualità del tema in Giappone ma anche in Europa, e l’esistenza nella lingua giapponese di strutture grammaticali e sintattiche propriamente “maschili”. L’analisi della figura della donna nella società giapponese moderna è trattata attraverso un breve excursus che va dalla mitologia alla Seconda Guerra Mondiale. Il mito presenta la femminilità come valore, e genera una società matriarcale. Tuttavia, l’influenza delle religioni e lo sviluppo del sistema feudale ben presto orientano la società verso un rigido patriarcato. Nonostante la Restaurazione Meiji abbia dato impulso ai primi movimenti di riforma in materia di diritti delle donne, è solo durante il periodo Taishō che la società assimila influenze progressiste e vedute più aperte, e lo status della donna diviene oggetto di riforme e conquiste. Nella seconda metà degli anni Trenta il clima oppressivo in vista della Seconda Guerra Mondiale predilige ancora una volta il ruolo femminile tradizionale plasmato dalla cultura patriarcale. Per la prima volta, durante l’Occupazione statunitense viene proposto un modello femminile alternativo, che sembra promuovere un’immagine diversa della donna. Tuttavia, tale fenomeno indietreggia non appena mutano le priorità degli Stati Uniti in Giappone. In seguito, lo studio della figura della donna nella società è trattata tramite l’analisi della Costituzione del 1946 e delle leggi in materia di famiglia, istruzione e occupazione. Tale analisi risulta interessante in quanto riflette l’andamento altalenante che caratterizza la società giapponese nell'ambito dell’eguaglianza di genere. Inoltre, è riportata l’analisi critica delle leggi in materia di eguaglianza di genere e pari opportunità in ambito lavorativo. L’analisi delle leggi permette di comprendere le tendenze delle nuove generazioni emerse negli ultimi anni, in particolare lo stile di vita della donna del Giappone contemporaneo.

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Questa tesi tratta la gestione dei formati digitali dei testi, parziale argomento del progetto Biblio dell'università di Bologna. L'analisi proposta in questa tesi prevede la proposta di un'architettura che sfrutta in parte tecnologie già esistenti come linguaggi di markup, gestione di frammenti di testo con XPointer e epubcfi, tools per NLP, TEI, DocBook. Questa architettura ha il compito di modificare i formati digitali dei documenti in modo tale che la struttura sia indipendente dall'impaginazione. Ciò avviene attraverso l'introduzione delle unità informative, ossia nuovi elementi nella struttura del testo. Le unità informative sono di vari tipi, quelle più rilevanti ed innovative riguardano parti di testo e periodi; esse, infatti, permettono di identificare un preciso periodo dall'opera senza che esso dipenda dal tipo di impaginazione. Per ottenere questo risultato sono state sollevate tre problematiche principali: la gestione delle opere già esistenti, la gestione delle traduzioni, la gestione di opere inedite; esse vengono rispettivamente risolte nelle proposte dei postprocessor, del translationSystem e dell'authorSystem. Tutte e tre si basano sulla produzione di un'enumerazione delle unità informative, con una particolare attenzione per i periodi. Per riuscire a reperire i periodi si sfruttano le tecnologie di riconoscimento NLP. Il translationSystem e l'authorSystem presentano inoltre funzioni per la gestione della numerazione. Inoltre si prende in considerazione un repository e un sistema di autenticazione certificato per combattere furti d'identità, plagi e simili. Comprende accenni al recupero di unità informative sulla base di FRBR e una proposta per un sistema multiautore.

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El análisis del discurso en Minotauroamor de Abelardo Arias, permite al lector acceder a una serie de conceptos acerca del hombre y de las realidades que le conciernen: el amor, la amistad, la belleza, el arte, el poder, entre otros. Si bien estos planteos alcanzan a todos los personajes, los mismos son focalizados, especialmente, en relación con los dos protagonistas: el Minotauro y Teseo. De hecho, Abelardo Arias ha declarado que lo que le impulsó a escribir esta novela fue, precisamente, un interrogante vital que lo asediaba: cuál era la verdadera condición del hombre moderno. El escritor mendocino parecía advertir, ya en ese entonces, una marcada degradación de los valores que han sido sostén de nuestra cultura e intenta despertar la conciencia de sus coetáneos a través de estas magníficas páginas. Es por ello que, en el presente trabajo, no sólo nos proponemos demostrar el enorme valor literario de la novela abelardariana y la riqueza de su contenido sino también señalar el vínculo que se establece entre los personajes con el concepto subyacente de “hombre normal". De este modo tratamos de dilucidar de qué modo, en este espacio literario, se proyectan las ideas sustentadas por el reconocido escritor mendocino. Con tal finalidad, se señalan, sucintamente, las coincidencias y modulaciones que se dan entre el mito original y la recreación que de él hace el autor mendocino para centrarnos en el análisis de los fragmentos que tienen como tema sustancial la “diagnosis" del hombre. Para este enfoque tomo en consideración un estudio de Alfonso López Quintás -Diagnosis del hombre actual-, publicado el mismo año de la obra que nos ocupa, y que plantea -desde otro lenguaje-, las mismas inquietudes que advertimos en el autor mendocino.

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Desde la aparición de Internet como medio de comunicación masivo, los gustos y patrones de compra han cambiado notablemente. En la actualidad, se opta por comprar productos y contratar servicios utilizando medios electrónicos. Estos operan a toda hora y pueden ser visitados desde casi cualquier punto del planeta. De esta manera los clientes encuentran al instante y desde la comodidad de sus hogares:  Información exacta y oportuna de cada producto o servicio.  Elevada oferta de productos de todas partes del mundo.  Precios y planes de pago muy convenientes.  Una logística de envío pensada para cada necesidad. No es motivo de este trabajo demostrar los gustos y preferencias actuales. Pero es de vital importancia comprender que, estos cambios producidos en gran parte por los avances tecnológicos, conducen indudablemente a reformar la manera clásica de ofrecer los productos y servicios que se pretenden comercializar. Motivado por esta situación fue que se decidió abordar una investigación orientada a desarrollar un negocio que logre sacar provecho de esta novedosa y exitosa variante del mercado. Se escogió el mercado del arte para llevar a cabo el estudio, por ser ampliamente conocido por el autor y su familia. Además, la idea de llevar el convencional y clásico mercado de obras de arte a un plano moderno y poco habitual, se presentó desde el principio como un interesante desafío.

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Este trabajo se propone a mostrar cómo el filósofo alemán Rüdiger Bubner (1941-2007) retoma a Kant para pensar la experiencia estética contemporánea. Para eso, primeramente Bubner busca atacar el núcleo de la estética materialista que remonta al debate sobre expresionismo-realismo, en especial Lukács y Adorno, ambos, cada uno en su medida seguidores de Hegel en relación a pensar la estética como ámbito de verdad. En seguida, para cuestionar la hipóstasis del arte que en la estética tradicional remite a una 'obra de arte' idealizada, Bubner retoma la diferenciación kantiana entre juicio determinante y juicio reflexionante destacando la contingencia cognitiva del segundo, modelo que sería clave para pensar el arte moderno. En tercer y último lugar, Bubner se propone pensar la experiencia estética como un momento en el que predomina lo sensible, lo no conceptual, lo que liberaría el arte de la canonización frecuentemente reafirmada por la estética filosófica

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Para Andreas Huyssen (2006), Adorno fue el principal filósofo del modernismo, responsable por la teoría de la separación "necesaria e insuperable" entre el arte elevado y la cultura masas en las sociedades capitalistas modernas. Más allá del impulso político y de la importancia del pensamiento de Adorno en el contexto de los totalitarismos y de la degradación de las culturas de masas en Occidente, Huyssen considera que la "gran división" que este pensamiento implica ha perdido validez y cedido espacio a un nuevo marco de relaciones entre modernismo, las vanguardias y la cultura de masas que establecen una negociación constante entre las categorías de lo moderno mismo. En esta ponencia, partimos del conjunto de textos de Andreas Huyssen que componen su libro Después de la Gran División para, por un lado, recuperar la importancia del pensamiento adorniano sobre el arte y la estética y, por otro, analizar cierta actualización crítica que hace Huyssen de este pensamiento en el intento de encontrar nuevos modos de abordaje para el arte contemporáneo hasta mediados de los años 1980

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Este trabajo se propone a mostrar cómo el filósofo alemán Rüdiger Bubner (1941-2007) retoma a Kant para pensar la experiencia estética contemporánea. Para eso, primeramente Bubner busca atacar el núcleo de la estética materialista que remonta al debate sobre expresionismo-realismo, en especial Lukács y Adorno, ambos, cada uno en su medida seguidores de Hegel en relación a pensar la estética como ámbito de verdad. En seguida, para cuestionar la hipóstasis del arte que en la estética tradicional remite a una 'obra de arte' idealizada, Bubner retoma la diferenciación kantiana entre juicio determinante y juicio reflexionante destacando la contingencia cognitiva del segundo, modelo que sería clave para pensar el arte moderno. En tercer y último lugar, Bubner se propone pensar la experiencia estética como un momento en el que predomina lo sensible, lo no conceptual, lo que liberaría el arte de la canonización frecuentemente reafirmada por la estética filosófica

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Para Andreas Huyssen (2006), Adorno fue el principal filósofo del modernismo, responsable por la teoría de la separación "necesaria e insuperable" entre el arte elevado y la cultura masas en las sociedades capitalistas modernas. Más allá del impulso político y de la importancia del pensamiento de Adorno en el contexto de los totalitarismos y de la degradación de las culturas de masas en Occidente, Huyssen considera que la "gran división" que este pensamiento implica ha perdido validez y cedido espacio a un nuevo marco de relaciones entre modernismo, las vanguardias y la cultura de masas que establecen una negociación constante entre las categorías de lo moderno mismo. En esta ponencia, partimos del conjunto de textos de Andreas Huyssen que componen su libro Después de la Gran División para, por un lado, recuperar la importancia del pensamiento adorniano sobre el arte y la estética y, por otro, analizar cierta actualización crítica que hace Huyssen de este pensamiento en el intento de encontrar nuevos modos de abordaje para el arte contemporáneo hasta mediados de los años 1980

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Este trabajo se propone a mostrar cómo el filósofo alemán Rüdiger Bubner (1941-2007) retoma a Kant para pensar la experiencia estética contemporánea. Para eso, primeramente Bubner busca atacar el núcleo de la estética materialista que remonta al debate sobre expresionismo-realismo, en especial Lukács y Adorno, ambos, cada uno en su medida seguidores de Hegel en relación a pensar la estética como ámbito de verdad. En seguida, para cuestionar la hipóstasis del arte que en la estética tradicional remite a una 'obra de arte' idealizada, Bubner retoma la diferenciación kantiana entre juicio determinante y juicio reflexionante destacando la contingencia cognitiva del segundo, modelo que sería clave para pensar el arte moderno. En tercer y último lugar, Bubner se propone pensar la experiencia estética como un momento en el que predomina lo sensible, lo no conceptual, lo que liberaría el arte de la canonización frecuentemente reafirmada por la estética filosófica

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Para Andreas Huyssen (2006), Adorno fue el principal filósofo del modernismo, responsable por la teoría de la separación "necesaria e insuperable" entre el arte elevado y la cultura masas en las sociedades capitalistas modernas. Más allá del impulso político y de la importancia del pensamiento de Adorno en el contexto de los totalitarismos y de la degradación de las culturas de masas en Occidente, Huyssen considera que la "gran división" que este pensamiento implica ha perdido validez y cedido espacio a un nuevo marco de relaciones entre modernismo, las vanguardias y la cultura de masas que establecen una negociación constante entre las categorías de lo moderno mismo. En esta ponencia, partimos del conjunto de textos de Andreas Huyssen que componen su libro Después de la Gran División para, por un lado, recuperar la importancia del pensamiento adorniano sobre el arte y la estética y, por otro, analizar cierta actualización crítica que hace Huyssen de este pensamiento en el intento de encontrar nuevos modos de abordaje para el arte contemporáneo hasta mediados de los años 1980

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Fundamentos de la Tesis La presente Tesis investiga acerca de las primeras arquitecturas que surgieron a lo largo de La Costa del Sol con motivo de la apertura al exterior de la España turística de los años cincuenta, y cómo su implantación iba a suponer, a lo largo de la segunda mitad del siglo, la paulatina aparición de modos de vida y desarrollos urbanos que pueden ser considerados hoy día como contemporáneos. El Pacto Americano de 1953, pese a su origen militar, supuso en España el surgimiento a su vez de contraprestaciones económicas y de relación que permitirían salir al país de la autarquía y el inicio de un proceso de homologación con el entorno occidental de consecuencias imprevisibles. La Costa del Sol nace de esta manera como fenómeno de explotación turística de un territorio de paisaje amable y de buen clima. La investigación profundiza en el hecho turístico y en sus derivaciones antropológicas, sociales, económicas y culturales como resultado del intercambio de poblaciones autóctonas y lejanas en un lugar donde se relacionan diferentes modos de vida. En este sentido, la visita de Dalí a Torremolinos en 1930 permite introducir en la investigación conceptos relacionados con el azar como integrador de errores, deformaciones o transformaciones no previstas. Estas primeras arquitecturas de llamativo corte moderno aparecieron durante la década entre 1959 y 1969, en el entorno virgen preexistente, comprendido entre la playa y la montaña, proporcionando densidad y singularidad con sus diseños, y alentando un carácter de multiplicidad desde sus propios modelos, lo que favorecería un fenómeno interactivo entre las distintas soluciones. Visto desde la capital del Estado se reconocería un singular territorio supra-provincial entre el Cabo de Gata y la Punta de Tarifa. En dicho territorio, una serie de pequeñas poblaciones se enlazarían a través del cordón litoral gracias a la carretera nacional 340. Esta primera arquitectura comercial privada y de calidad surgió también gracias a la conexión del aeropuerto de Málaga con el turismo internacional. Gracias a esta conexión se exhibirán rasgos pertenecientes a la cultura arquitectónica de la época, a lo moderno, como reclamo, fundamentalmente edifi cios exóticos que mostrarán rasgos de progreso en una periferia empobrecida y rural. Metodología empleada • Búsqueda de fuentes primarias como documentación original de los diferentes proyectos y entrevistas con arquitectos protagonistas de esa época. • Búsqueda, catalogación y ordenación de los diferentes planes de ordenación de la Costa del Sol que se hicieron durante la década de estudio así como un análisis de sus propuestas y consecuencias. • Estudio de casos relativos a los dos modelos de actuaciones arquitectónicas predominantes en el periodo de estudio: los hoteles y los complejos de apartamentos. • Establecimiento de un planteamiento gradual por escalas, trabajando como “múltiplos” y permitiendo generar lazos de autosimilitud. • Análisis de la relación de estos proyectos con el paisaje circundante, con lo urbano, existiese o no, y con el interior de las células de apartamentos. Aportaciones de la Tesis El fenómeno estudiado ha permitido atisbar otra escala más, que atiende a la aparición de un nuevo ente urbano. Para ello las teorías sobre la ciudad vertidas durante los años 30 por F. Ll. Wright, junto con la visión reveladora de Reyner Banham sobre Los Ángeles a principios de los 70 o de Rem Koolhaas sobre la ciudad genérica como apoteosis del concepto de elección múltiple, permiten establecer parámetros que enmarcan el estudio del nuevo ente urbano de difícil legibilidad que se funda en la Costa del Sol durante la década de los 60. La investigación concluye acerca del papel de estas primeras arquitecturas del turismo dentro del proceso dinámico, imparable y crecedero que se inició durante la época de estudio. Un fenómeno que ha dado lugar a un desarrollo suburbial y a-jerárquico, sin centro concreto, donde se dan lugar multitud de relaciones en continua adaptación que permiten defi nirlo como una nueva ciudad. En este proceso estas primeras arquitecturas surgieron como objetos exóticos por su modernidad desafi ante. Esta cualidad convirtió a estos edifi cios en verdaderos atractores de actividad, embajadores de nuevos modos de vida contemporáneos. Por lo que en sus entornos próximos a lo largo de este territorio se provocó la cristalización paulatina de un hecho urbano. Su evolución posterior ha derivado en un progresivo relleno de huecos y vacíos. De manera no planifi cada, azarosa e incluso inesperada, las primeras arquitecturas, que servían a la vida a medias que supone el hecho turístico, han derivado en una paulatina ciudad completa, exenta de jerarquías. Conclusión final La arquitectura se hace más real que nunca como algo tangible en el fl uir de la ciudad. El proceso imparable que se inició en la Costa del Sol sólo puede comprenderse desde sus arquitecturas, que acogen momentos y lugares. En ellas se entremezclan signos, cultura, modos de vida, estilo, construcción, economía y vida contemporánea que han ido colonizando poco a poco este territorio en un proceso irreversible como en tantos otros lugares del planeta. Este proceso de desvelamiento ha constituido el motivo principal de esta Tesis

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Recuperación de la memoria realizada por el arquitecto Adolfo Blanco sobre las Ideas Modernas del Urbanismo redactada durante sus viajes por Europa y África en 1927