903 resultados para 004.25 Analisi e progettazione dei sistemi di elaborazione, Architettura degli elaboratori, valutazione delle prestazioni di specifici tipi elaboratore elettronico
Resumo:
Il problema della sicurezza/insicurezza delle città, dalle grandi metropoli sino ai più piccoli centri urbani, ha sollecitato negli ultimi anni un’attenzione crescente da parte degli studiosi, degli analisti, degli organi di informazione, delle singole comunità. La delinquenza metropolitana viene oggi diffusamente considerata «un aspetto usuale della società moderna»: «un fatto – o meglio un insieme di fatti – che non richiede nessuna speciale motivazione o predisposizione, nessuna patologia o anormalità, e che è iscritto nella routine della vita economica e sociale». Svincolata dagli schemi positivistici, la dottrina criminologica ha maturato una nuova «cultura del controllo sociale» che ha messo in risalto, rispetto ad ogni visione enfatizzante del reo, l’esigenza di pianificare adeguate politiche e pratiche di prevenzione della devianza urbana attraverso «tutto l’insieme di istituzioni sociali, di strategie e di sanzioni, che mirano a ottenere la conformità di comportamento nella sfera normativa penalmente tutelata». Tale obiettivo viene generalmente perseguito dagli organismi istituzionali, locali e centrali, con diverse modalità annoverabili nel quadro degli interventi di: prevenzione sociale in cui si includono iniziative volte ad arginare la valenza dei fattori criminogeni, incidendo sulle circostanze sociali ed economiche che determinano l’insorgenza e la proliferazione delle condotte delittuose negli ambienti urbani; prevenzione giovanile con cui si tende a migliorare le capacità cognitive e relazionali del minore, in maniera tale da controllare un suo eventuale comportamento aggressivo, e ad insegnare a genitori e docenti come gestire, senza traumi ed ulteriori motivi di tensione, eventuali situazioni di crisi e di conflittualità interpersonale ed interfamiliare che coinvolgano adolescenti; prevenzione situazionale con cui si mira a disincentivare la propensione al delitto, aumentando le difficoltà pratiche ed il rischio di essere scoperti e sanzionati che – ovviamente – viene ponderato dal reo. Nella loro quotidianità, le “politiche di controllo sociale” si sono tuttavia espresse in diversi contesti – ed anche nel nostro Paese - in maniera a tratti assai discutibile e, comunque, con risultati non sempre apprezzabili quando non - addirittura – controproducenti. La violenta repressione dei soggetti ritenuti “devianti” (zero tolerance policy), l’ulteriore ghettizzazione di individui di per sé già emarginati dal contesto sociale, l’edificazione di interi quartieri fortificati, chiusi anche simbolicamente dal resto della comunità urbana, si sono rivelate, più che misure efficaci nel contrasto alla criminalità, come dei «cortocircuiti semplificatori in rapporto alla complessità dell’insieme dei problemi posti dall’insicurezza». L’apologia della paura è venuta così a riflettersi, anche fisicamente, nelle forme architettoniche delle nuove città fortificate ed ipersorvegliate; in quelle gated-communities in cui l’individuo non esita a sacrificare una componente essenziale della propria libertà, della propria privacy, delle proprie possibilità di contatto diretto con l’altro da sé, sull’altare di un sistema di controllo che malcela, a sua volta, implacabili contraddizioni. Nei pressanti interrogativi circa la percezione, la diffusione e la padronanza del rischio nella società contemporanea - glocale, postmoderna, tardomoderna, surmoderna o della “seconda modernità”, a seconda del punto di vista al quale si aderisce – va colto l’eco delle diverse concezioni della sicurezza urbana, intesa sia in senso oggettivo, quale «situazione che, in modo obiettivo e verificabile, non comporta l’esposizione a fattori di rischio», che in senso soggettivo, quale «risultante psicologica di un complesso insieme di fattori, tra cui anche indicatori oggettivi di sicurezza ma soprattutto modelli culturali, stili di vita, caratteristiche di personalità, pregiudizi, e così via». Le amministrazioni locali sono direttamente chiamate a garantire questo bisogno primario di sicurezza che promana dagli individui, assumendo un ruolo di primo piano nell’adozione di innovative politiche per la sicurezza urbana che siano fra loro complementari, funzionalmente differenziate, integrali (in quanto parte della politica di protezione integrale di tutti i diritti), integrate (perché rivolte a soggetti e responsabilità diverse), sussidiarie (perché non valgono a sostituire i meccanismi spontanei di prevenzione e controllo della devianza che si sviluppano nella società), partecipative e multidimensionali (perché attuate con il concorso di organismi comunali, regionali, provinciali, nazionali e sovranazionali). Questa nuova assunzione di responsabilità da parte delle Amministrazioni di prossimità contribuisce a sancire il passaggio epocale «da una tradizionale attività di governo a una di governance» che deriva «da un’azione integrata di una molteplicità di soggetti e si esercita tanto secondo procedure precostituite, quanto per una libera scelta di dar vita a una coalizione che vada a vantaggio di ciascuno degli attori e della società urbana nel suo complesso». All’analisi dei diversi sistemi di governance della sicurezza urbana che hanno trovato applicazione e sperimentazione in Italia, negli ultimi anni, e in particolare negli ambienti territoriali e comunitari di Roma e del Lazio che appaiono, per molti versi, esemplificativi della complessa realtà metropolitana del nostro tempo, è dedicata questa ricerca. Risulterà immediatamente chiaro come il paradigma teorico entro il quale si dipana il percorso di questo studio sia riconducibile agli orientamenti della psicologia topologica di Kurt Lewin, introdotti nella letteratura sociocriminologica dall’opera di Augusto Balloni. Il provvidenziale crollo di antichi steccati di divisione, l’avvento di internet e, quindi, la deflagrante estensione delle frontiere degli «ambienti psicologici» in cui è destinata a svilupparsi, nel bene ma anche nel male, la personalità umana non hanno scalfito, a nostro sommesso avviso, l’attualità e la validità della «teoria del campo» lewiniana per cui il comportamento degli individui (C) appare anche a noi, oggi, condizionato dalla stretta interrelazione che sussiste fra le proprie connotazioni soggettive (P) e il proprio ambiente di riferimento (A), all’interno di un particolare «spazio di vita». Su queste basi, il nostro itinerario concettuale prende avvio dall’analisi dell’ambiente urbano, quale componente essenziale del più ampio «ambiente psicologico» e quale cornice straordinariamente ricca di elementi di “con-formazione” dei comportamenti sociali, per poi soffermarsi sulla disamina delle pulsioni e dei sentimenti soggettivi che agitano le persone nei controversi spazi di vita del nostro tempo. Particolare attenzione viene inoltre riservata all’approfondimento, a tratti anche critico, della normativa vigente in materia di «sicurezza urbana», nella ferma convinzione che proprio nel diritto – ed in special modo nell’ordinamento penale – vada colto il riflesso e la misura del grado di civiltà ma anche delle tensioni e delle contraddizioni sociali che tormentano la nostra epoca. Notevoli spunti ed un contributo essenziale per l’elaborazione della parte di ricerca empirica sono derivati dall’intensa attività di analisi sociale espletata (in collaborazione con l’ANCI) nell’ambito dell’Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio, un organismo di supporto della Presidenza della Giunta Regionale del Lazio al quale compete, ai sensi dell’art. 8 della legge regionale n. 15 del 2001, la funzione specifica di provvedere al monitoraggio costante dei fenomeni criminali nel Lazio.
Resumo:
Il cervello è una rete di cellule nervose connesse da assoni e le cellule stesse sono reti di molecole connesse da reazioni biochimiche. Anche le società sono reti di persone collegate da rapporti di amicizia, parentela e legami professionali. Su più larga scala, catene alimentari ed ecosistemi possono essere rappresentati come reti di specie viventi. E le reti pervadono la tecnologia: Internet, reti elettriche e sistemi di trasporto non sono che pochi degli esempi possibili. Anche il linguaggio che si sta usando in questo momento per veicolare questi ragionamenti a chi legge è una rete, fatta di parole connesse da relazioni sintattiche. A dispetto dell'importanza e della pervasività delle reti, gli scienziati hanno sempre avuto poca comprensione delle loro strutture e proprietà. In che modo le interazioni di alcuni nodi non funzionanti in una complessa rete genetica possono generare il cancro? Come può avvenire così rapidamente la diffusione in taluni sistemi sociali e di comunicazioni, portando ad epidemie di malattie e a virus informatici? Come possono alcune reti continuare a funzionare anche dopo che la maggioranza dei loro nodi ha, invece, smesso di farlo? [...] Le reti reali sono realmente casuali?
Resumo:
L’attività della tesi riguarda le protesi mioelettriche, gli arti protesici maggiormente diffusi, le quali sono descrivibili come arti robotici in cui i segmenti artificiali sono attuati da giunti elettromeccanici alimentati da batterie ricaricabili ed attivati mediante segnali elettromiografici (segnali elettrici generati dalla contrazione dei muscoli). Tali protesi di arto superiore attualmente disponibili in commercio potrebbero essere inadeguate per una riabilitazione soddisfacente di alcuni pazienti con una amputazione di alto livello che richiedono una elevata funzionalità nella vita quotidiana. In questo contesto si inserisce l’attività di ricerca del Centro Protesi INAIL di Budrio di Vigorso, Bologna, e dell’Università di Bologna i quali stanno sviluppando nuovi arti protesici con il progetto a lungo termine di rendere disponibili svariate soluzioni di protesi di arto superiore in grado di soddisfare la maggior parte delle richieste degli amputati. Lo scopo di questa tesi è l’introduzione di un nuovo rotatore omerale attivo da integrare alla protesi di arto superiore disponibile presso i nostri laboratori. Per ottenere questo risultato è stata utilizzata una procedura di progettazione già consolidata in attività precedenti per lo sviluppo di una protesi di spalla a due gradi di libertà. Differenti modelli cinematici sono stati studiati tramite analisi cinematiche per determinare l’incremento delle prestazioni a seguito dell’introduzione del nuovo rotatore omerale attivo. Sono state inoltre condotte analisi cinetostatiche per definire le specifiche tecniche di riferimento (in termini di carichi agenti sul rotatore omerale) e per guidare il dimensionamento della catena di trasmissione di potenza del nuovo dispositivo protesico. Ulteriori specifiche tecniche sono state considerate per garantire l’irreversibilità spontanea del moto sotto carichi esterni (quando i giunti attivi della protesi non sono alimentati), per salvaguardare l’incolumità del paziente in caso di caduta, per misurare la posizione angolare del rotatore omerale (in modo da implementare strategie di controllo in retroazione) e per limitare i consumi e la rumorosità del dispositivo. Uno studio di fattibilità ha permesso la selezione della architettura ottimale della catena di trasmissione di potenza per il nuovo rotatore omerale. I criteri di scelta sono stati principalmente la limitazione del peso e dell’ingombro del nuovo dispositivo protesico. Si è quindi proceduto con la progettazione di dettaglio alla quale è seguita la costruzione di un prototipo del nuovo rotatore omerale presso i nostri laboratori. La tesi tratta infine una attività preliminare di sperimentazione che ha permesso di fare considerazioni sulle prestazioni del prototipo ed osservazioni importanti per le successive attività di revisione ed ottimizzazione del progetto del rotatore omerale.
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Il lavoro di ricerca esplora il panorama dell’efficienza energetica dei sistemi acquedottistici, soffermandosi a considerare possibili indicatori che possano valutarla in maniera corretta e completa, in particolare nei confronti della presenza di perdite in rete. Si prendono in considerazione con maggiore attenzione, tra tutte le strategie per aumentare l’efficienza energetica, quelle che contemporaneamente producono anche risparmi idrici, come la riduzione della pressione e la ricerca attiva delle perdite . Dopo un inquadramento internazionale, sono stati analizzati mediante mappe tematiche di intensità energetica, i consumi energetici specifici sui sistemi acquedottistici della regione Emilia Romagna per gli anni 2006 e 2007, si è passati ad una analisi critica degli indicatori attualmente in uso. Inoltre per casi di studio sintetici e tutti i casi di studio proposti, si sono valutate curve di relazione tra percentuale di perdita idrica e aumento del consumo energetico, in grado di dare indicazioni su come ciascun sistema reagisce, in termini di aumento dell’energia consumata, all’aumentare del livello di perdita. Questa relazione appare fortemente influenzata da fattori come la modalità di pompaggio, la posizione delle rotture sulla rete e la scabrezza delle condotte. E’ emersa la necessità solo poter analizzare separatamentel’influenza sull’efficienza energeticadei sistemi di pompaggio e della rete, mostrando il ruolo importante con cui questa contribuisce all’efficienza globale del sistema. Viene proposto uno sviluppo ulteriore dell’indicatore GEE Global Energy Efficiency (Abadia, 2008), che consente di distinguere l’impatto sull’efficienza energetica dovuto alle perdite idriche e alla struttura intrinseca della rete, in termini di collocazione reciproca tra risorsa idrica e domanda e schema impiantistico.Questa metodologia di analisi dell’efficienza energetica è stata applicata ai casi di studio, sia sintetici che reali, il distretto di Marzaglia (MO) e quello di Mirabello (FE), entrambi alimentati da pompe a giri variabili.. La ricerca ha consentito di mostrare inoltre il ruolo della modellazione numerica in particolare nell’analisi dell’effetto prodotto sull’efficienza energetica dalla presenza di perdite idriche. Nell’ultimo capitolo si completa la panoramica dei benefici ottenibili attraverso la riduzione della pressione, che nei casi citati viene conseguita tramite pompe asservite ad inverter, con il caso di studio del distretto Bolognina all’interno del sistema di distribuzione di Bologna, che vede l’utilizzo di valvole riduttrici di pressione. Oltre a stimare il risparmio energetico derivante dalla riduzione delle perdite ottenuta tramite le PRV, sono stati valutati su modello i benefici energetici conseguenti all’introduzione nel distretto di turbine per la produzione di energia
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Lo scopo della tesi è definire un modello e identificare un sistema d’inferenza utile per l’analisi della qualità dei dati. Partendo da quanto descritto in ambito accademico e business, la definizione di un modello facilita l’analisi della qualità, fornendo una descrizione chiara delle tipologie di problemi a cui possono essere soggetti i dati. I diversi lavori in ambito accademico e business saranno confrontati per stabilire quali siano i problemi di qualità più diffusi, in modo da realizzare un modello che sia semplice e riutilizzabile. I sistemi d’inferenza saranno confrontati a livello teorico e pratico per individuare lo strumento più adatto nell’analisi della qualità dei dati in un caso applicativo. Il caso applicativo è caratterizzato da requisiti funzionali e non; il principale requisito funzionale è l’individuazione di problemi di qualità nei dati, mentre quello non funzionale è l’ usabilità dello strumento, per permettere ad un qualunque utente di esprimere dei controlli sulla qualità. Il caso applicativo considera dati di un’enterprise architecture reale ed è stato fornito dall’azienda Imola Informatica.
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In questo documento di tesi viene descritta la progettazione e la realizzazione di estensioni per il sistema di authoring AContent. L'idea è di creare un'estensione dell'authoring tool che implementi il concetto di template ovvero strumenti di grande efficacia e di facile utilizzo nelle fasi di redazione dei contenuti. Si prevede di aggiungerli ad AContent senza la necessità di integrare un intero motore di template ma utilizzando strutture dati esistenti e specifiche standard di e-learning. I servizi aggiuntivi da offrire agli autori sono stati organizzati secondo tre approcci diversi da cui sono emersi tre livelli di template. Il Template di Layout che determina l'aspetto grafico dei contenuti, il Template di Pagina che definisce la struttura di ogni singola pagina e il Template di Struttura che propone e imposta un modello per la struttura dell'intero contenuto didattico. Il documento è costituito da una seconda parte di progetto che va a coinvolgere il sistema ATutor e pone grande attenzione sulle caratteristiche di interoperabilità fra l'authoring AContent e il LCMS ATutor. Lo scopo è quello di estendere le funzionalità di integrazione dei contenuti del sistema così da presentare materiale didattico esterno archiviato in AContent. Viene trattata l'integrazione di LTI all'interno dei due sistemi considerati assegnando i ruoli di Tool Provider (AContent), fornitore di contenuti didattici remoti e Tool Consumer (ATutor), richiedente di tali contenuti. Sono considerati, infine, i due moduli di ATutor AContent Repository e External Tool che si occupano di importare materiale didattico da AContent tramite il Web Service REST. Si prevede la loro modifica affinché, attraverso il canale di comunicazione LTI stabilito, siano in grado di creare dei Live Content Link ovvero riferimenti a contenuti remoti (esterni alla piattaforma utilizzata) aggiornati in tempo reale. Infatti, a differenza di una normale importazione di un LO esterno è previsto che venga creano un "riferimento". In questo modo, la modifica di una pagina sul Tool Provider AContent si ripercuoterà istantaneamente su tutti i contenuti dei Tool Consumer che hanno instaurato un Live Content Link con il provider.