978 resultados para Tragedia greca - Fonti manoscritte


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Il lavoro consta di un’introduzione dedicata in primis alla presentazione formale di P. Oxy. XXIII 2382, di cui sono posti in evidenza i legami strutturali e concettuali con il racconto di Hdt. I 8-12. Segue dunque la trattazione dei problemi posti da P. Oxy. 2382, quello del genere letterario di appartenenza (tragedia o novella in versi?) e quello della datazione (età classica o età ellenistica?), finalizzata ad una puntuale definizione dello status quaestionis. Le conclusioni mettono in luce gli elementi a favore dell’ipotesi tragica: la presenza di paragraphoi e il passo di Ach. Tat. I 8 4-7 (corredato da un’appendice relativa alla storia del termine δρᾶμα: se e quando tale termine assume l’accezione di ‘narrazione romanzesca’?), nonché il soggetto storico (con un excursus relativo ai drammi di argomento storico). Si evidenziano infine gli elementi di debolezza contenuti nelle ipotesi avanzate da Cantarella (1952) e Lloyd-Jones (1953), propensi a ritenere P. Oxy. 2382 rispettivamente una novella in versi (il che offre lo spunto per una breve trattazione relativa alle caratteristiche contenutistiche e formali delle novelle milesie) e un giambo archilocheo, di cui il fr. 19 W.2 conserverebbe l’incipit. Quanto alla cronologia, sono enumerati i limiti della datazione alta, nonché gli elementi di affinità di P. Oxy. 2382 con la tragedia ellenistica; infine, pensando ad una possibile attribuzione, si propone, in termini puramente ipotetici, il confronto con l’esperienza della Pleiade alessandrina. Segue dunque un’analisi (laddove le condizioni dei testi, spesso frammentarie, lo consentano) dell’opera di Licofrone di Calcide, Sositeo e Sosifane di Siracusa, esponenti della Pleiade, nonché di Moschione ed Ezechiele, volta ad individuare elementi di continuità con P. Oxy. 2382. Il lavoro si conclude con l’edizione critica e il commento verso per verso di P. Oxy. XXIII 2382, corredati da un’appendice dedicata a P. Oxy. XLIV 3161, testo con notazioni musicali apparentemente affine a P. Oxy. XXIII 2382, costituito da 4 frr. notevolmente accidentati, di cui si fornisce l’edizione critica.

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Igor Stravinskij (1882-1971) utilizzò di sovente fonti preesistenti come parte integrante del proprio artigianato compositivo. In questa tesi dottorale ho studiato il processo creativo di Stravinskij negli anni Venti sulle musiche di Pëtr Il'ič Čajkovskij (1840-1893). Nella prima parte della dissertazione ho indagato la Sleeping Princess (1921) e il successivo Mariage d’Aurore (1922-1929), entrambi allestiti dai Ballets russes di Sergej Djagilev (1872-1929). Dopo aver localizzato e contestualizzato le fonti manoscritte e i materiali d’uso, ho ricostruito le ri-orchestrazioni effettuate da Stravinskij della Danse russe (Coda del Pas de deux n. 28) e del Presto del Finale (n. 30), che erano a tutt’oggi inedite. La ricerca sulla Sleeping Princess si è rivelata fondamentale per la conseguente analisi del Baiser de la Fée (1928, Ballets de Mme Ida Rubinstein), balletto basato su pezzi pianistici e romanze per voce e pianoforte di Čajkovskij. Grazie allo studio dello Skizzenbuch VIII, della partitura pianistica manoscritta e di tutte le fonti rinvenute, ho gettato ulteriore luce sul processo compositivo di Stravinskij sulle fonti čajkovskiane. Ho rinvenuto nuove appropriazioni che finora non erano note.

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La tesi esamina il codice musicale Gr. Rés Vm7 676 della Biblioteca Nazionale di Parigi, che rappresenta una fonte di grande interesse per lo studio della musica vocale italiana tra Quattro e Cinquecento. Compilato nel 1502, il codice è stato oggetto di analisi da parte di vari studiosi, che ne hanno preso in esame singoli brani o intere sezioni, allo scopo di attestare procedimenti compositivi particolari (Torrefranca) o caratteri stilistici locali, in particolare relativi alla frottola mantovana e ferrarese (Prizer). Un’accurata ricognizione sul repertorio è stata effettuata da Nanie Bridgman in un saggio degli anni Cinquanta del secolo scorso, ma non è mai stato realizzato uno studio organico sul manoscritto. Pertanto la ricerca si è proposta di riconsiderare l’intero repertorio italiano tramandato dal codice, per proporre un plausibile inquadramento stilistico nella cultura della poesia per musica coeva. La trascrizione dei testi e delle musiche, supportata dal confronto con le fonti manoscritte e a stampa, letterarie e musicali, ha consentito di formulare alcune ipotesi in merito alla circolazione del repertorio tramandato e all’ambiente di produzione del documento. L’inconsueta varietà di forme musicali riscontrate nel codice consente inoltre di assumere questo manoscritto come una delle principali fonti della tradizione musicale che precede immediatamente la ‘sistemazione’ del repertorio frottolistico effettuata da Ottaviano Petrucci, a partire dal 1504, con la pubblicazione dei suoi undici libri di frottole (1501-1514).

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"Edizione ordinata e revista dall'autore."

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On cover: v.1.--Discorso sulla tragedia greca.--Polissena.--Ino e Temisto.--Edipo.--I sette a tebe.--Agamennone.--Medea.--Matilde.--Nabucco. v.2.--Antonio Foscarini.--Giovanni da Procida.--Lodovico Sforza.--Rosmonda.--Beatrice Cenci.--Poesie varie. v.3.--Prose.--Iscrizioni.

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Edizione critica del volgarizzamento fiorentino trecentesco dell'"Estoire d'Eracles", contenuto nel ms. Plut. LXI.45 della Biblioteca Medicea Laurenziana, ancora inedito. Si tratta della traduzione in antico francese dell'opera di Guglielmo di Tiro "Historia rerum in partibus transamarinis gestarum", corredata di continuazioni svincolate all'opera latina e in stretto legame con la "Chronique d'Ernoul et de Bernard le Trésorier", che proseguono la narrazione degli eventi in Terrasanta. Il testo fiorentino riporta i fatti d'Oltremare dalla Prima Crociata a circa il 1231. La sua edizione è preceduta da una introduzione letterario-filologica, dalla descrizione del manoscritto e dall'analisi linguistica; seguono un glossario, l'indice dei nomi e dei luoghi.

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Fil: Silventi, María Cristina.

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The subject of the study is the classical Latin concept 'mundus muliebris', usually translated simply as women’s toiletry items. The task of the research is, on one hand, to find a more accurate and comprehensive literary definition for the concept as used in the early Imperial period, and on the other, to examine whether it is possible to find corresponding groupings of material objects among the finds from Pompeian houses destroyed by the eruption of Mount Vesuvius in AD 79. The study is based on two different bodies of evidence, literary and material, and consequently uses two independent methods of research. In the philological part of the study, all occurrences of the concept 'mundus muliebris' in classical Latin texts were identified and analysed in their proper literary context, paying special attention to information about the nature of the objects included (name, owner, quantity, value, location in the house). On the basis of this analysis, mirrors were chosen as the key elements of the archaeological research, being ̶ hypothetically ̶ the most probable objects to be found among any extant 'mundus muliebris' contexts in Pompeian houses. In the archaeological part of the study, all mirrors deposited in the Archaeological Storerooms of Pompeii, mostly unpublished, were examined, together with their original find contexts. For more detailed documentation, classification, as well as quantitative and functional analysis, the fifty-nine best preserved household or shop contexts were chosen. Among these contexts, only a few ‘ideal’ groups closely corresponding to the literary definitions were found. However, in most cases a functional artifact pattern of toiletry items could indeed be found grouped together with the mirror. The arrangement of the contexts in the domestic space also revealed a clear pattern. Firstly, the contexts consistently seem to be found in the place of storage, inside locked boxes, not in the place of use. Secondly, they show that for the storage of such objects small closed rooms flanking the main entrance of the house were preferred. Culturally, 'mundus muliebris' can be described as a very complex multi-layered concept intimately interrelated with the female gender, an instrument of its bodily creation and a symbol of its nature. Concretely, it has at its core mirrors and instruments for the care of skin and hair, and includes, in more technical definitions, washing equipment as well. In the Roman domus, lacking specific women’s quarters, this box containing toiletries and other personal objects could be defined as the true, although mobile, private space of the household’s female members.

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Resumen: Este trabajo busca demostrar cómo la escena de “El Jardín de Isabel” (acto IV, escena ii) en la obra La tragedia española de Thomas Kyd es un ejemplo de una escena espejo. Inicialmente se observa cómo esta escena está laxamente conectada con el resto de la obra y la misma no sufriría un cambio significativo de ser la escena eliminada; la característica de “prescindible” de ésta, es propia de una escena espejo. La escena del Jardín de Isabel es luego estudiada en profundidad para dejar en evidencia cómo resume la obra y la simboliza. El personaje de Isabel es examinado en detalle, siguiendo una sensibilidad pictórica y, a través de una interpretación temática y simbólica, Isabel es presentada como Piedad, Testigo de Justicia Divina y Venganza. Finalmente el espacio es también analizado como locus amoenus al ser inicialmente un lugar de encuentro de los enamorados y locus eremus luego de la maldición de Isabel. Luego del estudio de estos aspectos de esta escena espejo, se pone en evidencia cómo la misma “refleja” los temas centrales de la obra: la verdad se revela con el tiempo, hay que ser paciente y esperar la justicia divina y, por último, la venganza sólo condena al vengador.

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Resumen: El presente trabajo se analizará un pasaje del Praeceptum deliberativae materiae, un texto retórico escrito por Emporius en el siglo V/VI, en el cual César reclama ser un Graecae exercitationis expers; tal extraña definición tiene sus raíces en la controversia de los populares contra la helenización de la nobilitas: desde una perspectiva popularis el vir romanus real tenía que preferir las habilidades militares a las retóricas, como C. Mario había hecho, y tenía que adquirir sus habilidades retóricas en Latín, no en griego, como el Rhetorica ad Herennium exhortaba. Luego ser Graecae exercitationis expers pasó a ser una cualidad requerida para un líder de los populares, tal como César quería ser reconocido, y podemos remontar sus orígenes en la propaganda literaria del partido cesariano, sobre todo en el Bellum Iugurthinum de Salustio y en el Anticato del propio César.

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[ES] La cualidad de "semejantes", el requisito que Aristóteles señala han de poseer los personajes de la tragedia en «Poét.» 1454a 24, ha recibido fundamentalmente dos interpretaciones distintas. Una, la que supone que tal semejanza lo es con el hombre ordinario, está bien asentada dentro de la argumentación general de la «Poética»; la otra, que relaciona el concepto con el prototipo mítico, requiere más aclaraciones que la anterior si se pretende que pueda ser aristotélica. De ello nos ocupamos en el presente artículo, poniendo en relación la práctica contemporánea, la tragedia del siglo IV, con las opiniones de Aristóteles en la «Poética».

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[ES] Aunque la naturaleza política de la tragedia griega es bien explícita, en el presente artículo intentamos presentar otra forma de calibrar su influencia efectiva en la vida política ateniense, como lo es el análisis de las críticas que Platón -un aspirante, en su juventud, al ejercicio directo del poder, y, posteriormente, a su control indirecto a través de la educación de la aristocracia en su Academia- dirige al género; las cuales inciden fundamentalmente en el hecho de que la imitación poética pretende ser un proceso de conocimiento en sí misma, lo que la convierte en competidora directa de la filosofía en la educación de los individuos destinados a ejercer el poder.