19 resultados para Cahill, Sue


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This article is a transcription of an electronic symposium in which some active researchers were invited by the Brazilian Society for Neuroscience and Behavior (SBNeC) to discuss the last decade's advances in neurobiology of learning and memory. The way different parts of the brain are recruited during the storage of different kinds of memory (e.g., short-term vs long-term memory, declarative vs procedural memory) and even the property of these divisions were discussed. It was pointed out that the brain does not really store memories, but stores traces of information that are later used to create memories, not always expressing a completely veridical picture of the past experienced reality. To perform this process different parts of the brain act as important nodes of the neural network that encode, store and retrieve the information that will be used to create memories. Some of the brain regions are recognizably active during the activation of short-term working memory (e.g., prefrontal cortex), or the storage of information retrieved as long-term explicit memories (e.g., hippocampus and related cortical areas) or the modulation of the storage of memories related to emotional events (e.g., amygdala). This does not mean that there is a separate neural structure completely supporting the storage of each kind of memory but means that these memories critically depend on the functioning of these neural structures. The current view is that there is no sense in talking about hippocampus-based or amygdala-based memory since this implies that there is a one-to-one correspondence. The present question to be solved is how systems interact in memory. The pertinence of attributing a critical role to cellular processes like synaptic tagging and protein kinase A activation to explain the memory storage processes at the cellular level was also discussed.

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Il graduale passaggio dall'antica "storia dei filosofi" alla moderna "storia della filosofia" viene qui ricostruito nelle sue fasi essenziali, alla luce della dialettica fra tradizione e innovazione, che caratterizza il dialogo filosofico inteso in senso diacronico. Ma in che senso è ancora possibile, oggi, parlare di una "storia della filosofia" distinta sia dall'attività filosofico-ermeneutica sia dalla ricerca strettamente storica, qual è quella condotta dalla Intellectual history?

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La differenza tra i concetti di saṃsāra e nirvāṇastabilita dal Buddha (VI-V sec. a.C.) nel suo primo sermone sembra essere messa in discussione dall'equiparazione dei due termini effettuata da Nāgārjuna (II sec. d.C.) in un passaggio-chiave delle sue MK. Questo articolo, in primo luogo, difende la tesi che la contraddizione sia soltanto apparente e che la relazione, di differenza o di identità, tra le due dimensioni dipende dal registro filosofico, rispettivamente epistemologico e ontologico, usato - in entrambi i casi per finalità soteriologiche - dal Buddha e da Nāgārjuna. In secondo luogo, cercheremo di provare che, in ogni caso, l'ontologia di Nāgārjuna, lungi dall'essere una novità filosofica o un'evoluzione rispetto al pensiero del fondatore del buddhismo è, al contrario, una delle possibili applicazioni della dottrina del non-sé (anātma-vāda) - probabilmente il contributo più importante e originale del pensiero buddhista alla storia della filosofia universale - esposta dal Buddha nel suo secondo sermone.

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Le espressioni "caso Galilei" e "questione galileiana" inducono gli studiosi a riflettere su un'analoga condanna, emessa dagli organismi repressivi della Chiesa cattolica, circa duecentocinquant'anni dopo la condanna di Galilei, contro un sacerdote il quale aveva cercato una conciliazione tra l'avanzamento nella riflessione filosofico-scientifica e la via della tradizione. Antonio Rosmini-Serbati fu condannato nel 1887 con il Decreto Post obitum del Santo Uffizio. A tale sentenza egli non poté sottomettersi come Galilei, in quanto era morto da ormai trentadue anni. Rosmini, prima della sua dipartita (1855), aveva avuto dalla Chiesa il dispiacere di una condanna all'Indice di due sue opere (1849); aveva tuttavia ricevuto l'assoluzione su tutta la linea circa la sua produzione filosofico-teologica (1854). Dopo la morte i suoi avversari impugnarono questa decisione ufficiale della Chiesa, riuscendo a farlo condannare. Anche per Rosmini gli storici parlano di "questione rosminiana", e di "caso Rosmini". Nel presente articolo si confrontano le dimensioni delle due "questioni", e si rileva che la "riabilitazione" di Rosmini è passata attraverso una Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede (2001), mentre nessun pronunciamento ufficiale ha "riabilitato" Galilei, verso il quale la cultura cattolica è stata largamente favorevole.