4 resultados para Providence (R.I.) Westminster Congregational Church (Unitarian)

em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna


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Il presente elaborato è stato finalizzato allo sviluppo di un processo di digestione anaerobica della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU oppure, in lingua inglese OFMSW, Organic Fraction of Municipal Solid Waste) provenienti da raccolta indifferenziata e conseguente produzione di biogas da impiegarsi per il recupero energetico. Questo lavoro rientra nell’ambito di un progetto, cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna attraverso il Programma Regionale per la Ricerca Industriale, l’Innovazione e il Trasferimento Tecnologico (PRRIITT), sviluppato dal Dipartimento di Chimica Applicata e Scienza dei Materiali (DICASM) dell’Università di Bologna in collaborazione con la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Ferrara e con la società Recupera s.r.l. che applicherà il processo nell’impianto pilota realizzato presso il proprio sito di biostabilizzazione e compostaggio ad Ostellato (FE). L’obiettivo è stato la verifica della possibilità di impiegare la frazione organica dei rifiuti indifferenziati per la produzione di biogas, e in particolare di metano, attraverso un processo di digestione anaerobica previo trattamento chimico oppure in codigestione con altri substrati organici facilmente fermentabili. E’ stata inoltre studiata la possibilità di impiego di reattori con biomassa adesa per migliorare la produzione specifica di metano e diminuire la lag phase. Dalla sperimentazione si può concludere che è possibile giungere allo sviluppo di metano dalla purea codigerendola assieme a refluo zootecnico. Per ottenere però produzioni significative la quantità di solidi volatili apportati dal rifiuto non deve superare il 50% dei solidi volatili complessivi. Viceversa, l’addizione di solfuri alla sola purea si è dimostrata ininfluente nel tentativo di sottrarre gli agenti inibitori della metanogenesi. Inoltre, l’impiego di supporti di riempimento lavorando attraverso processi batch sequenziali permette di eliminare, nei cicli successivi al primo, la lag phase dei batteri metanogeni ed incrementare la produzione specifica di metano.

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In questi ultimi anni il tema della sicurezza sismica degli edifici storici in muratura ha assunto particolare rilievo in quanto a partire soprattutto dall’ordinanza 3274 del 2003, emanata in seguito al sisma che colpì il Molise nel 2002, la normativa ha imposto un monitoraggio ed una classificazione degli edifici storici sotto tutela per quanto riguarda la vulnerabilità sismica (nel 2008, quest’anno, scade il termine per attuare quest’opera di classificazione). Si è posto per questo in modo più urgente il problema dello studio del comportamento degli edifici storici (non solo quelli che costituiscono monumento, ma anche e soprattutto quelli minori) e della loro sicurezza. Le Linee Guida di applicazione dell’Ordinanza 3274 nascono con l’intento di fornire strumenti e metodologie semplici ed efficaci per affrontare questo studio nei tempi previsti. Il problema si pone in modo particolare per le chiese, presenti in grande quantità sul territorio italiano e di cui costituiscono gran parte del patrimonio culturale; questi edifici, composti di solito da grandi elementi murari, non presentano comportamento scatolare, mancando orizzontamenti, elementi di collegamento efficace e muri di spina interni e sono particolarmente vulnerabili ad azioni sismiche; presentano inoltre un comportamento strutturale a sollecitazioni orizzontali che non può essere colto con un approccio globale basato, ad esempio, su un’analisi modale lineare: non ci sono modi di vibrare che coinvolgano una sufficiente parte di massa della struttura; si hanno valori dei coefficienti di partecipazione dei varii modi di vibrare minori del 10% (in generale molto più bassi). Per questo motivo l’esperienza e l’osservazione di casi reali suggeriscono un approccio di studio degli edifici storici sacri in muratura attraverso l’analisi della sicurezza sismica dei cosiddetti “macroelementi” in cui si può suddividere un edificio murario, i quali sono elementi che presentano un comportamento strutturale autonomo. Questo lavoro si inserisce in uno studio più ampio iniziato con una tesi di laurea dal titolo “Analisi Limite di Strutture in Muratura. Teoria e Applicazione all'Arco Trionfale” (M. Temprati), che ha studiato il comportamento dell’arco trionfale della chiesa collegiata di Santa Maria del Borgo a San Nicandro Garganico (FG). Suddividere un edificio in muratura in più elementi è il metodo proposto nelle Linee Guida, di cui si parla nel primo capitolo del presente lavoro: la vulnerabilità delle strutture può essere studiata tramite il moltiplicatore di collasso quale parametro in grado di esprimere il livello di sicurezza sismica. Nel secondo capitolo si illustra il calcolo degli indici di vulnerabilità e delle accelerazioni di danno per la chiesa di Santa Maria del Borgo, attraverso la compilazione delle schede dette “di II livello”, secondo quanto indicato nelle Linee Guida. Nel terzo capitolo viene riportato il calcolo del moltiplicatore di collasso a ribaltamento della facciata della chiesa. Su questo elemento si è incentrata l’attenzione nel presente lavoro. A causa della complessità dello schema strutturale della facciata connessa ad altri elementi dell’edificio, si è fatto uso del codice di calcolo agli elementi finiti ABAQUS. Della modellazione del materiale e del settaggio dei parametri del software si è discusso nel quarto capitolo. Nel quinto capitolo si illustra l’analisi condotta tramite ABAQUS sullo stesso schema della facciata utilizzato per il calcolo manuale nel capitolo tre: l’utilizzo combinato dell’analisi cinematica e del metodo agli elementi finiti permette per esempi semplici di convalidare i risultati ottenibili con un’analisi non-lineare agli elementi finiti e di estenderne la validità a schemi più completi e più complessi. Nel sesto capitolo infatti si riportano i risultati delle analisi condotte con ABAQUS su schemi strutturali in cui si considerano anche gli elementi connessi alla facciata. Si riesce in questo modo ad individuare con chiarezza il meccanismo di collasso di più facile attivazione per la facciata e a trarre importanti informazioni sul comportamento strutturale delle varie parti, anche in vista di un intervento di ristrutturazione e miglioramento sismico.

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Lo svolgimento di questa tesi ha riguardato la caratterizzazione di una roccia carbonatica metamorfica, marmo proveniente da un bacino estrattivo delle Alpi Apuane, mediante prove di laboratorio: in particolare, si è esaminato il comportamento di tale materiale sia mediante prove distruttive, sia mediante prove non distruttive. Lo studio è stato condotto su diverse tipologie di campioni (cilindri di diametro differente ma con uguale rapporto tra diametro e altezza, campioni informi di materiale), tutti ottenuti da blocchi informi prelevati nel bacino estrattivo dell’Arnetola, sito nel comune di Vagli Sotto (LU). Sui campioni carotati sono state eseguite più prove standard (distruttive e non), mentre i campioni informi sono stati utilizzati per la determinazione, mediante prova distruttiva, dell’indice di resistenza R.I.H.N. (acronimo di Rock Impact Hardness Number). Tale prova è in grado di fornire utili informazioni sulla resistenza dei materiali rocciosi, risultando particolarmente utile nell’industria estrattiva grazie alla semplice apparecchiatura che dà la possibilità di eseguire un numero elevato di determinazioni nei centri stessi di produzione, con bassi costi unitari. Data la variabilità dei risultati ottenuti, sono state eseguite ulteriori analisi (studio tessiturale in sezione sottile, analisi calcimetrica e analisi diffrattometrica) che mettessero in luce la composizione mineralogica e la struttura microscopica del materiale testato, in modo da interpretare i risultati delle prove di laboratorio effettuate. Alla luce dei risultati ottenuti, sono state elaborate alcune correlazioni tra le varie prove, facendo anche uso di alcuni abachi.

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La presente tesi si pone l’obiettivo di analizzare le principali metodologie per la stima delle conseguenze degli scenari incidentali propri degli stabilimenti che producono, operano o sono oggetto di stoccaggio di materiale esplosivo. Le sostanze esplosive sono utilizzate in innumerevoli attività civili, industriali e militari e considerando la loro intrinseca pericolosità, derivante dalla capacità di generare in uno spazio ridottissimo e in un tempo brevissimo una enorme quantità di energia, sono soggetti a tutta una serie di norme. Tali norme non solo classificano gli esplosivi ma ne regolamentano ogni utilizzo, dalla produzione, ai vari impieghi, allo stoccaggio fino allo smaltimento. Gli stabilimenti che detengono esplosivi possono essere classificati come a rischio di incidente rilevante e in quanto tali si trovano a dover sottostare alle varie direttive Seveso, da questo punto di vista si analizzano le caratteristiche a livello nazionale e regionale degli stabilimenti R.I.R. che operano con esplosivi. All’interno della tesi viene svolta un’analisi storica degli incidenti che hanno interessato gli stabilimenti che detengono esplosivi negli ultimi anni a livello mondiale, in modo tale da poter valutare quali eventi incidentali possano riguardare questa specifica classe di stabilimenti. Vengono poi presentati i principali approcci metodologici utilizzati per poter valutare le conseguenze degli scenari incidentali. Nello specifico vengono descritte le metodologie della normativa italiana T.U.L.P.S., del documento francese Sècuritè Pirotecnique, dell’Air Force Manual americano e alcuni metodi basati sull’equivalenza al TNT rintracciabili nella letteratura specifica. Le metodologie elencate precedentemente vengono poi applicate ad un caso di studio costituito da uno stabilimento fittizio caratterizzato da specifiche quantità di esplosivi suddivise in vari locali, localizzati in un ipotetico territorio. Dalla valutazione dei risultati ottenuti dall’applicazione dei vari approcci metodologici al caso studio è emerso un auspicabile proseguimento delle indagini relative alle metodologie relative alla quantificazione delle conseguenze degli scenari incidentali propri degli stabilimenti che detengono esplosivi con l’obiettivo di giungere ad una maggior standardizzazione dei metodi di calcolo che possa poi riflettersi anche in indicazioni uniformi a livello normativo.