16 resultados para Conservation de la biodiversité
em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
La ricerca per lo sviluppo di strategie agronomiche in grado di contrastare il cambiamento climatico nei sistemi viticoli rappresenta una priorità del settore produttivo e della formazione. Il lavoro di tesi ha approfondito le conoscenze su esperimenti di gestione agroecologica nel suolo in sistemi viticoli con trifoglio brachicalicino lungo il filare e sulla nell’interfilare. La consociazione con trifoglio brachicalicino, leguminosa annuale autoriseminante che disseca nel periodo estivo, ha migliorato lo stato idrico del suolo e delle viti, incrementato sensibilmente le rese produttive e ridotto le anomalie di maturazione in annate caratterizzate da marcata siccità estiva. L’introduzione della sulla, leguminosa perenne dotata di apparato radicale fittonante in grado di esplorare gli strati profondi del suolo, può migliorare ulteriormente la tolleranza delle viti alla siccità, anche attraverso il fenomeno della ridistribuzione idraulica. Le strategie agroecologiche in grado di contenere gli effetti e contrastare le cause del cambiamento climatico nei sistemi viticoli implicano una maggior conoscenza della biodiversità, non soltanto di quella viticola, attraverso la ricerca scientifica, il sapere rurale, il pensiero sistemico.
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Vista l’attuale condizione del nostro pianeta, si ha la necessità di ridurre l’impatto ambientale e salvaguardare gli aspetti economici e sociali, mantenendo e favorendo la biodiversità e l’ecosistema. L’obiettivo di questa tesi è quello di mostrare come la tecnologia, in particolare gli strumenti interattivi, possano migliorare la condizione delle nostre vite e del pianeta. Nella prima parte ci si concentrerà sull’analisi degli strumenti multimediali interattivi, come kiosk, videowall e LIM. Poi si passerà ad illustrare la storia della sostenibilità, in che modo si sia arrivati a tale concetto e soprattutto si farà riferimento a tutte le leggi e progetti che attualmente la interessano. Nell’ultimo capitolo ci presenterà una panoramica di applicazione degli strumenti interattivi volti alla sostenibilità, ma anche accenni a progetti futuri, in particolare a quelli di grandi aziende come Google e Microsoft. Concludendo, sia le grandi realtà, che le piccole attenzioni nella vita quotidiana, servono per perseguire questo obiettivo e la sostenibilità digitale può portare la giusta innovazione, di cui si necessità in questo momento e nel futuro.
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Decolonizzare il progetto di riqualificazione interrogandosi su chi siano i reali beneficiari dell’intervento, in particolar modo quando si opera all’interno dei délaissés o del Terzo paesaggio (Patrick Bouchain, Forêt des délaissés-Gilles Clemant, Manifesto del Terzo paesaggio), non è solo atto speculativo ma anche etico-politico per un’architettura che ha il dovere di confrontarsi prolificamente con le sfide della contemporaneità. Si sono analizzate le origini e i motivi alla base del pensiero coloniale, oggetto di studio dei post-colonial studies. Gli studi decoloniali cercano di offrire nuove chiavi di lettura per l’individuazione della permanenza delle categorie coloniali nella descrizione dei processi promuovendone la decostruzione. Si evidenzia quindi come la causa ambientalista fatichi a sussistere finché non diventa intersezionale allo sradicamento dei suddetti paradigmi. Si elabora un progetto interspecie nel quale l’architettura si volge a tutti gli esseri viventi, schierandosi apertamente contro coloro che, in nome del profitto, continuano a degradare i beni comuni. Non si tratta di un revival delle esperienze utopiche, ma una presa di coscienza che trasforma la speculazione in pragmatismo, attraverso la messa in discussione di pratiche consolidate all’interno di determinati contesti. Come caso applicativo si è scelto quello dell’ Ex cementificio Marchino, uno fra i tanti esempi di archeologia industriale presenti a Prato. Il complesso abbandonato da più di 60 anni, vede la presenza di fenomeni riappropriativi da parte dell’elemento naturale a tal punto da aver ricostituito al suo interno un personale equilibrio ecosistemico, trasfigurando la cementizia in opera-luogo adatto ad accogliere la biodiversità urbana. La scelta del sito è un atto apertamente provocatorio, in quanto questo - situato alle pendici della Calvana - è oggetto dell’ennesimo fenomeno di speculazione edilizia qualificato, ancora una volta, come intervento di riqualificazione urbana.
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Negli ultimi anni la gestione del suolo in viticoltura si è evoluta fino a divenire uno strumento chiave per incrementare la sostenibilità dell’ecosistema vigneto e dei comprensori viticoli. Il lavoro di tesi ha investigato diverse strategie di gestione del suolo, incentrate sulla semina autunnale, con modalità ed epoche differenti, di trifoglio brachicalicino nel sottofila, e di sulla, orzo, segale, nell’interfilare. Gli esperimenti sono stati condotti in condizioni ambientali e colturali diverse, in tre vigneti della Romagna, allo scopo di ridurre l’impiego sensibilmente l’impiego di pesticidi e fertilizzanti, incrementare la biodiversità, migliorare la salute, in un contesto di transizione agroecologica. La tesi ha previsto attività formative finalizzate all’acquisizione di conoscenze e competenze sul pascolo ovino con l’obiettivo di introdurre tale pratica nei vigneti che hanno ospitato la sperimentazione. Sono stati condotti rilievi sulla composizione floristica, rilievi vegetativi sulle viti, osservazioni al microscopio ottico su sezioni di tralci, osservazioni sugli animali. I primi dati sperimentali evidenziano le potenzialità delle strategie agroecologiche adottate e la rilevanza della conoscenza per superare la dipendenza da pesticidi e fertilizzanti nella prospettiva di progettare, gestire e disseminare sistemi agrari complessi e arricchire la formazione universitaria attraverso il pensiero sistemico.
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Il concetto di terroir risulta molto importante al fine di caratterizzare un determinato prodotto e sottolinearne le tipicità, soprattutto considerando la vastità del mondo enologico. La rilevanza del vento sulle proprietà sensoriali delle uve e del vino, pur oggetto di narrazioni enologiche, è stata sorprendentemente trascurata dall’investigazione scientifica. Il lavoro di Tesi ha studiato la possibile influenza del vento sul Sangiovese coltivato nell’areale viticolo di Modigliana. Lo stato dell’arte sul ruolo del vento in Viticoltura indica che esso può influenzare la fisiologia delle viti nonché la composizione delle uve modificando la composizione amminoacidica. Le strette interazioni tra vite, suolo, bosco, valli e fenomeni atmosferici, che caratterizzano il territorio di Modigliana, giocano un ruolo importante sulle proprietà sensoriali e sulla tipicità delle uve e dei vini. L'elaborato finale ha evidenziato la possibile azione del vento nell’espressione del terroir. che potrebbe estrinsecarsi attraverso l’amplificazione delle relazioni tra sistemi viticoli e matrice paesaggistica coinvolgendo il trasporto aereo di composti volatili e, probabilmente, anche di microrganismi di rilevanza enologica. Il lavoro avviato in campo in un vigneto circondato da boschi, con la messa a punto di un modello sperimentale per lo studio del vento, consentirà di approfondire le conoscenze scientifiche sull’impronta eolica sul Sangiovese di Modigliana. L’approccio multidisciplinare adottato è risultato prezioso per comprendere appieno le interazioni tra le diverse componenti del terroir, la biodiversità dei paesaggi e la cultura collettiva, e cogliere i meccanismi che alimentano la diversità enologica. Vivere e lavorare dentro il paesaggio hanno trasmesso la complessità e la reale potenzialità di un agroecosistema che si estende alla matrice paesaggistica, anche in virtù del vento, e il fascino di decodificare scientificamente eccellenze enologiche e narrazioni eoliche.
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Le colture starter sono preparazioni comprendenti una o più specie microbiche aggiunte per condurre i processi fermentativi, con risvolti positivi sulle caratteristiche tecnologiche e igienico-sanitarie dei prodotti ottenuti. Questa tesi si inserisce in un progetto europeo volto a sfruttare la biodiversità microbica di salumi dell'area del Mediterraneo, utilizzandoli come fonte di isolamento di batteri lattici (LAB) da proporre come nuove colture starter e/o bioprotettive. Prove preliminari hanno permesso di selezionare un numero ridotto di LAB, considerati sicuri, che in questa tesi sono stati studiati per il loro potenziale tecnologico (cinetiche di crescita a 20°C) per valutarne l’attitudine ad essere utilizzati in salami prodotti a livello industriale. Sulla base di queste prove effettuate in laboratorio, 4 ceppi (Latilactobacillus sakei 2M7 e SWO10, Lactiplantibacillus paraplantarum BPF2, Latilactobacillus curvatus KN55) sono stati utilizzati per la produzione di salami a livello industriale, confrontando le loro performances con uno starter commerciale utilizzato comunemente in azienda. I risultati hanno mostrato come tutti i ceppi siano stati in grado di sviluppare nella matrice con cinetiche simili, anche se questa acidificazione non ha limitato il contenuto di enterobatteri, ad eccezione del campione controllo, dove tuttavia i LAB hanno mostrato una ridotta capacità di persistenza. Il ceppo BPF2 ha ridotto significativamente il contenuto di tiramina nel prodotto finito. L’analisi dei metaboliti volatili ha evidenziato un diverso accumulo di prodotti derivanti dallo sviluppo dei LAB (es. acidi, aldeidi), anche se tali differenze erano difficilmente percepibili a livello olfattivo e tutti i salami presentavano un odore gradevole. Ulteriori prove saranno necessarie per garantire la qualità microbiologica del prodotto finito (controllo degli enterobatteri) e per effettuare anche test sensoriali, al fine anche di favorire la differenziazione dei prodotti.
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Lo Zibibbo è un vitigno aromatico a bacca bianca della grande famiglia dei moscati. La tesi mette in risalto le caratteristiche agronomiche ed enologiche di questo antico vitigno al fine di migliorarne la cura e la coltivazione con enfasi sulla regione Calabria, il recupero della biodiversità, la gamma dei vini e, tramite la salvaguardia del territorio, della tradizione e della cultura contadina, la valorizzazione di un’intera regione. Nello studio vengono descritte alcune cantine della Costa degli Dei che collaborano nella riscoperta dello Zibibbo. I vignaioli di questo comprensorio viticolo stanno valorizzando il vitigno, ne tutelano la biodiversità, gestendo i vigneti anche attraverso approcci agroecologici, ne innovano le antiche tecniche di vinificazione, contribuendo così al suo rilancio a livello nazionale ed internazionale. Si evidenzia come lo Zibibbo, interagendo con le varie componenti del terroir (clima, suolo, biodiversità, fattore umano), è in grado di adattarsi a diversi ambienti facendosi apprezzare in tutto il mondo. La diffusione in Calabria, soprattutto lungo la Costa degli Dei, rappresenta una solida base per la salvaguardia del vitigno, da sostenere attraverso il supporto alla viticoltura agroecologica abbinata ad una approfondita ricerca scientifica, alla diffusione del sapere e all’innovazione nelle tecniche di vinificazione. Si conclude che l’affascinate, eclettico e versatile Zibibbo merita pienamente di essere ulteriormente investigato per le virtù enologiche e il valore culturale che lo contraddistinguono, e per i profondi legami con le comunità dei territori.
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Le zone marittime meridionali della Sicilia sono costantemente studiate per capire il loro stato ecologico e la biodiversità che nel tempo tende a cambiare. Uno dei fattori utili per approfondire l’analisi dell’ecosistema marino è lo studio e la stima delle popolazioni che occupano queste aree. Le popolazioni più soggette a questa ricerca sono quelle della specie del delfino tursiope (Tursiops truncatus), una delle poche appartenenti all’infraordine dei cetacei ad essere presente vicino alla costa. Ogni anno, questi mammiferi marini vengono studiati dall’ente presente nel territorio di Agrigento (Stretto di Sicilia), l’associazione MeRiS - Mediterraneo Ricerca e Sviluppo APS, per monitorare e aggiornare le informazioni sull’abbondanza e la distribuzione delle popolazioni, che si evolvono nel tempo. La presente ricerca vuole valutare e stimare l’abbondanza della popolazione del tursiope nelle acque antistanti la provincia di Agrigento, nello Stretto di Sicilia, grazie ai dati acquisiti negli avvistamenti effettuati dal 2016 al 2022. Attraverso la tecnica di foto-identificazione sono testati i metodi utilizzati dall’Associazione MeRiS, per offrire una visione della struttura sociale della specie, del suo areale di distribuzione e incrementare le conoscenze per lo studio dello stato ecologico nell’area di indagine. Lo studio ha dimostrato la capacità delle tecniche di stima messe in atto nella valutazione delle popolazioni. Inoltre, l’impegno nell’utilizzo della tecnica di campionamento della foto-identificazione è stato davvero fondamentale per il compimento sia di questa ricerca, ma anche per la maggior parte degli studi citati; perciò, questo metodo è senza ombra di dubbio uno dei mezzi più convenienti per il monitoraggio delle popolazioni marittime.
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La gestione di sorgenti multiple di disturbo in AMP: il caso delle Isole Tremiti Il seguente lavoro di tesi valuta l’efficacia di protezione di un’area marina protetta (AMP) sui popolamenti di differenti habitat compresi in zone a diverso regime di tutela. Questo tema è molto sentito sia dal punto di vista scientifico, poiché le AMP rappresentano uno esperimento di esclusione delle attività antropiche ad ampia scala, sia dal punto di vista socio-economico per l’interesse che sono in grado di generare nelle comunità locali. Tuttavia, ad oggi, gli studi che abbiano dimostrato l’efficacia di protezione delle AMP sono pochi e sono per lo più diretti sulle specie di maggior interesse commerciale. In generale, c’è un’evidente mancanza di protezione in molte AMP del Mediterraneo e di aree extra-mediterranee che può essere attribuita a diversi fattori, tra cui le caratteristiche fisiche dei siti dove sono state istituite, le modalità di gestione e le numerose attività illegali che vengono svolte all’interno dei loro confini. Inoltre, nelle aree protette, spesso, anche le attività lecite non sono adeguatamente regolamentate, limitando ulteriormente il perseguimento degli obiettivi istitutivi e la tutela della biodiversità marina. Testare le ipotesi sull’efficacia di protezione delle AMP è, quindi, di fondamentale importanza per capire quali tipi di impatti sono maggiormente presenti e per poter fornire agli Enti gestori informazioni utili per migliorare l’amministrazione delle AMP. In particolare, l’AMP dell’arcipelago delle Isole Tremiti, istituita da oltre venti anni, è un’area protetta che presenta molte criticità, come dimostrato in precedenti campagne di monitoraggio condotte dal Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (CoNISMa). In questo contesto, la presente tesi è stata sviluppata con lo scopo di quantificare l’effetto della regolamentazione di diverse attività umane sui popolamenti del subtidale, della frangia e delle praterie di Posidonia oceanica nell’AMP delle Isole Tremiti a diverse scale spaziali per un periodo di circa dieci anni. Questo lavoro, inoltre, rientra in un progetto finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare al CoNISMa volto ad impostare un’attività di monitoraggio sperimentale e di mitigazione in questa AMP. I campionamenti sono stati condotti tra Giugno e Settembre 2010 e i dati raccolti sono stati integrati a quelli ottenuti nei precedenti monitoraggi svolti nelle Isole Tremiti. I risultati hanno mostrato che: 1) ci sono differenze significative consistenti nel tempo tra il subtidale dell’isola di Pianosa e quello delle altre isole dell’arcipelago; 2) i popolamenti nella frangia di Pianosa, di San Domino e di Caprara non presentano differenze significative; 3) c’è un’elevata variabilità a scala di sito nelle praterie di Posidonia oceanica, ma non si osserva una differenza tra località protette ed impattate. La differenza riscontrata nel subtidale tra zona a protezione integrale (Pianosa) e le altre isole dell’arcipelago (controlli) non è però attribuibile ad un effetto della protezione. Infatti, il subtidale di Pianosa è caratterizzato da un barren molto esteso con elevate percentuali di spugne rosse incrostanti, di alghe rodoficee incrostanti e di ricci di mare, mentre nelle isole di San Domino e di Caprara c’è una maggiore diversità data da alghe corallinacee articolate, alghe erette, idrozoi, ascidiacei e numerose spugne. Diversi fattori possono aver agito nel determinare questo risultato, ma molto probabilmente la cospicua attività di pesca illegale che viene praticata a Pianosa combinata all’attività di grazing degli erbivori, non controllati dai predatori, limita il recupero dei popolamenti. Al contrario, l’assenza di differenze nei popolamenti della frangia delle tre isole campionate fa ipotizzare la mancanza di impatti diretti (principalmente il calpestio) su questo habitat. Per quanto riguarda la Posidonia oceanica i risultati suggeriscono che si stia verificando un ancoraggio indiscriminato su tutte le praterie delle Isole Tremiti e che molto probabilmente si tratta di praterie in forte regressione, come indicano anche le ricerche condotte dall’Università di Bari. C’è bisogno, tuttavia, di ulteriori studi che aiutino a comprendere meglio la variabilità nella riposta dei popolamenti in relazione alle diverse condizioni ambientali e al diverso sforzo di gestione. In conclusione, dai risultati ottenuti, emerge chiaramente come anche nell’AMP delle Isole Tremiti, ci sia una scarsa efficacia di protezione, così come è stato rilevato per la maggior parte delle AMP italiane. Per risolvere le costanti conflittualità che perdurano nelle Isole Tremiti e che non permettono il raggiungimento degli obiettivi istitutivi dell’AMP, è assolutamente necessario, oltre che far rispettare la regolamentazione vigente incrementando il numero di guardacoste sull’isola durante tutto l’anno, procedere, eventualmente, ad una rizonizzazione dell’AMP e sviluppare un piano di gestione in accordo con la popolazione locale adeguatamente sensibilizzata. Solo in questo modo sarà possibile ridurre le numerose attività illegali all’interno dell’AMP, e, allo stesso tempo, rendere gli stessi cittadini una componente imprescindibile della conservazione di questo arcipelago.
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Questo lavoro riguarda il recupero di una ferrovia dismessa per la realizzazione di una "greenway", ovvero un percorso per la mobilità lenta. Per mobilità lenta si intende mobilità alternativa al traffico veicolare motorizzato e riguarda il muoversi su un territorio a piedi in bicicletta o con altro mezzo di trasporto senza l’ausilio di un motore. La lentezza è una caratteristica che permette una visione nuova dei paesaggi che si attraversano, siano essi naturali o urbani. In alcuni casi si parla anche di circolazione dolce. Questo tipo di circolazione necessita di infrastrutture con caratteristiche adatte a questa funzione, attrezzate in modo da consentire il più alto grado di fruibilità e comodità d’uso. Esse devono servire a muoversi nel territorio in maniera comoda e sicura. Una ferrovia dismessa si presta ad essere riconvertita in un percorso per la mobilità lenta in quanto presenta caratteristiche compatibili con questo nuovo utilizzo. In primo luogo le caratteristiche geometriche come ad esempio le pendenze ridotte, la larghezza e la regolarità del tracciato e la pubblica proprietà. Una ferrovia dismessa rappresenta una opportunità per l’intero territorio attraversato in quanto può rappresentare un importante elemento di connessione fra le popolazioni e le risorse del territorio. La connessione richiama il concetto di rete che è formata da punti e da linee che li collegano fra di loro. Questo concetto è importante per capire come questo percorso possa interagire con le altre risorse territoriali. Ad esempio in alcuni casi una greenway può costituire un corridoio ecologico ed entrare a far parte di una rete ecologica, diventando così una importante risorsa per la diffusione della biodiversità. Nell’affrontare un argomento complesso come la riconversione di una ferrovia dismessa è stata fondamentale l’esperienza fatta sul campo visitando casi di greenway già realizzate in Italia, dalla quale è stato possibile estrapolare una serie di soluzioni da adottare per analogia al caso in esame. E’ stato importante inoltre tutto il lavoro di conoscenza riguardante la storia della ferrovia e le tecniche realizzative dei fabbricati e manufatti, che ha permesso di studiare soluzioni progettuali adatte ad un nuovo utilizzo compatibile alla funzione originaria degli stessi. Le analisi territoriali hanno permesso poi di ricavare importanti informazioni riguardanti il tipo di utenza potenziale, le risorse del territorio attraversate dal tracciato storico, nonché le previsioni future ricavate dagli strumenti urbanistici vigenti. Tutte queste informazioni sono state sintetizzate in una analisi criticità/potenzialità che ha permesso di individuare le azioni progettuali necessarie. Mentre l’analisi territoriale è svolta a tavolino, la successiva analisi del percorso invece è stata portata a termine con un rilievo diretto sul campo al fine di verificare le informazioni raccolte in precedenza. Dividendo il percorso in tratti omogenei è stato possibile assegnare ad ogni tratto un corrispondente tipo di intervento. La verifica di criticità e potenzialità ha permesso poi di programmare corrispondenti azioni progettuali al fine di risolvere le prime ed assecondare le seconde. Le tipologie di intervento individuate sono tre: gli Interventi sul percorso che riguardano la sistemazione del fondo stradale per renderlo adatto ad un utilizzo ciclopedonale e la sistemazione a verde di alcuni tratti urbani; gli interventi di nuova realizzazione che riguardano la realizzazione di nuove infrastrutture per la risoluzione di criticità oppure la realizzazione di padiglioni per assecondare le potenzialità; ed infine gli interventi sul patrimonio storico che riguardano il riutilizzo degli edifici e manufatti della ex ferrovia. Vi è infine un caso applicativo che riassume tutte queste tipologie di intervento: la ex area ferroviaria di Rimini Marina, che è ritenuta un’area dalle alte potenzialità per la sua propensione a diventare punto di partenza dell’intero sistema lineare, ma anche luogo accentratore di servizi per l’intero quartiere che risulta a carattere prevalentemente turistico-residenziale. In questo modo si ritiene possibile fare rivivere la ex ferrovia facendola diventare cioè un insieme di luoghi connessi a servizio della comunità.
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All'interno della tesi si è sviluppata una metodologia di supporto alle decisioni utile all'individuazione di determinate zone distribuite all'interno dell'area del delta del fiume Ural (Kazakistan), da considerare prioritarie ai fini della tutela della biodiversità. Il livello di priorità di queste aree è stato ricavato mediante l'aggregazione delle informazioni relative alle categorie di conservazione delle specie minacciate che popolano i diversi ecosistemi che caratterizzano l'area studio. Le categorie sono state confrontate fra loro mediante l'AHP che ha permesso di ottenere un set di pesi. L'utilizzo di tre differenti metodi di aggregazione (SAW, OWA, TOPSIS), ha permesso di ricavare un valore di conservazione che raggruppa le informazioni dei pesi attribuiti alle specie in un unico valore (CV) diverso per ogni metodo. Distribuiti i CV, sulla base della presenza delle relative specie, viene sviluppata una mappa di distribuzione dei valori di conservazione sintetici (CVS) ricavati mediante l'aggregazione dei CV in ogni punto dell'area studio. L'utilizzo di questa metodologia ha permesso di individuare, come previsto dagli obiettivi dell'elaborato, le aree a maggior valore per la conservazione degli habitat e delle specie, sulle quali focalizzare le future azioni di tutela e monitoraggio ambientale, dall'altro l'applicazione di una metodologia di supporto alle decisioni in grado di far fronte ai problemi di scarsa disponibilità e reperibilità di dati utili alla caratterizzazione dell’area di studio.
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Nello studio di questa tesi è stata descritta una ricerca condotta allo scopo di fornire un contributo alla conoscenza della biodiversità analizzando la componente macrofaunistica subfossile e recente del Phylum Mollusca del Canale di Sicilia e del Golfo di Cadice. Tali organismi sono già da tempo noti in questi ambienti poiché associati a biocostruzioni a coralli bianchi presenti lungo i margini continentali atlantici e mediterranei i cui costituenti principali sono gli sclerattiniari coloniali Lophelia pertusa e Madrepora oculata. Tuttavia ben poco si conosce sull’ecologia di queste specie che si ritrovano spesso influenzate da scambi idrologici e biologici attraverso lo Stretto di Gibilterra. Nel corso di questo studio sono state analizzate 7 carote sedimentarie marine campionate durante diverse campagne oceanografiche: 6 carotaggi atlantici prelevati durante la campagna oceanografica Meteor nel Golfo di Cadice e 1 carota campionata nel Canale di Sicilia durante la campagna oceanografica MARCOS guidata dall’ISMAR-CNR di Bologna, sulla quale si concentra l’attenzione di questo lavoro. I dati raccolti sono stati analizzati in maniere quantitativa, per questo è stato utilizzato il software per analisi statistiche “Past3” e sono stati combinati con l’analisi qualitativa dei campioni in modo da ottenere il maggior numero di informazioni. Tra le analisi statistiche sono state effettuate il calcolo di tutti gli indici di dominanza, diversità, di equiripartizione e ricchezza specifica (Simpson, Shannon, Evenness e Margalef) e l’analisi multivariata NMDS (Non-metric Multi-Dimensional Scaling). Infine è stata effettuata l’analisi delle associazioni trofiche distribuite in una carota. Il risultato ha evidenziato un’elevata biodiversità per campioni prelevati in profondità e il ritrovamento di organismi appartenenti all’ultimo glaciale.
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El objetivo del presente trabajo es desarrollar una actividad de soporte a la traducción a través de un análisis lingüístico en clave contrastiva de los documentos comunitarios y nacionales de Italia y España en materia de biodiversidad por una parte, y la creación de un recurso de traducción que consta de una memoria de traducción y un banco de datos terminólogico para traductores y usuarios no expertos por otra parte. La idea para el desarrollo de esta tesis tiene origen en una experiencia de formación llevada a cabo en el mes de octubre de 2015 en la sede de la DGT de Luxemburgo en la que se contribuyó a la actividad terminológica del grupo de terminólogos IATE sobre todo por lo que se refiere a la Política Agrícola Común. El trabajo consta de cinco capítulos. El Capítulo I está dedicado a la normativa comunitaria y nacional en materia de biodiversidad, a la situación actual en los dos países considerados y a la presentación de los documentos analizados. El Capítulo II se centra en el régimen lingüístico de la Unión europea, en la experiencia de formación en la DGT de Luxemburgo y en la presentación de las herramientas utilizadas para la construcción del banco de datos terminológico y la memoria de traducción. En el Capítulo III se analizan las lenguas de especialidad, en particular la jurídica y la científica, y se presentan los fenómenos lingüísticos que las caracterizan con la finalidad de averiguar, mediante el análisis llevado a cabo en el siguiente Capítulo IV, en qué medida las Estrategias consideradas resultan innovadoras y qué intenciones pragmáticas tienen. El Capítulo V ilustra el trabajo de creación de los corpus de consulta con los que se ha realizado la memoria de traducción, y las fases que han llevado a la catalogación terminológica y a la elaboración del banco de datos terminológico sobre la biodiversidad. El trabajo incluye las fichas terminológicas creadas tras la sistematización conceptual.
Resumo:
Il massiccio utilizzo di fungicidi in Viticoltura e i loro effetti negativi sulla salute dell’uomo e dell’ambiente sollecitano lo sviluppo di strategie agronomiche e di sistemi agrari innovativi. Il Lavoro di Tesi ha investigato l’influenza della cv Isabella su cultivars di Vitis vinifera in campo, in Fari Agroecologici, sistemi agrari frutto di una gestione partecipativa. L'esperimento ha dimostrato, per la prima volta, che la cultivar Isabella, nota per la sua tolleranza ai principali patogeni fungini, può contenere l’Incidenza della peronospora in cultivars di Vitis vinifera consociate e contigue. Studi precedenti dimostrano che i VOCs emessi dalla cv Isabella sono in grado di ridurre la presenza di patogeni fungini. La ricerca pioneristica ha evidenziato il ruolo chiave della biodiversità nella gestione dell’ecosistema vigneto, nella prospettiva della progettazione di sistemi viticoli agroecologici.
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Il volume di tesi ha riguardato lo sviluppo di un'applicazione mobile che sfrutta la Realtà Aumentata e il Machine Learning nel contesto della biodiversità. Nello specifico si è realizzato un modello di AI che permetta la classificazione di immagini di fiori. Tale modello è stato poi integrato in Android, al fine della realizzazione di un'app che riesca a riconoscere specifiche specie di fiori, oltre a individuare gli insetti impollinatori attratti da essi e rappresentarli in Realtà Aumentata.