27 resultados para Biphasic scaffold

em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna


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L’argomento trattato in questo elaborato riguarda la natura e le applicazioni di una nuova classe di biomateriali: i peptidi auto-assemblanti. La perdita di funzione di un organo o di un tessuto rappresenta una problematica rilevante sia sotto il profilo clinico sia per i costi di gestione. I trapianti sono infatti tra le terapie più sofisticate e onerose economicamente, complicate da altri aspetti quali una strutturale insufficienza di donatori e la necessità che i soggetti trapiantati vengano sottoposti cronicamente a regimi terapeutici immunosoppressivi che aumentano eventuali effetti collaterali. La terapia sostitutiva basata su organi artificiali è invece gravata dalla durata limitata dei dispositivi, nonchè da un non trascurabile rischio infettivo. La medicina rigenerativa, che sembra essere una soluzione adeguata per ovviare a tutte queste problematiche, è un settore emergente che combina aspetti della medicina, della biologia cellulare e molecolare, della scienza dei materiali e dell’ingegneria al fine di rigenerare, riparare o sostituire i tessuti danneggiati. In questo panorama, il ruolo dei biomateriali sta diventando sempre più importante grazie alla loro varietà e alle loro funzioni emergenti. Tra i biomateriali innovativi più promettenti troviamo i peptidi auto-assemblanti. Dopo un'introduzione sui principi dell'ingegneria tissutale, la tesi si focalizza sui peptidi auto-assemblanti e sulle loro applicazioni in campo biomedico, ponendo l'attenzione, in particolar modo, sulla realizzazione di scaffold per la rigenerazione del tessuto osseo, cardiaco, cartilagineo e nervoso, e sulla loro applicazione per il rilascio controllato di farmaci.

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Nell’area dell’ingegneria tissutale si sta affermando una nuova tecnica che consiste nell’utilizzo di scaffold per la rigenerazione dell’apparato renale. Nella presente tesi, dopo un’introduzione fatta sulle terapie per la sostituzione renale, sono state analizzate le tecniche, le caratteristiche e presentati i risultati finora raggiunti nella decellularizzazione e ricellularizzazione di scaffold renali.

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Ogni giorno nel mondo vengono eseguite migliaia di procedure chirurgiche per sostituire o riparare tessuti che sono stati danneggiati da malattie o traumi. L'ingegneria tissutale rappresenta una strategia alternativa che mira a rigenerare i tessuti danneggiati combinando cellule e biomateriali altamente porosi che fungano da impalcature (scaffolds). In questa tesi compilativa si presenta un approccio recentemente proposto per la rigenerazione del tessuto osseo. Saranno inizialmente descritte caratteristiche e proprietà dell'osso a livello macro e microscopico e il processo riparativo fisiologico. Si illustreranno quindi i principi dell'ingegneria tissutale, evidenziando i biomateriali utilizzabili, le cellule indicate per la rigenerazione e i rapporti funzionali tra di esse e lo scaffold che deve sostenerne la crescita. Successivamente si descriverà il concetto di ‘biomimetica’ dello scaffold e i metodi impiegati per migliorarne la funzionalità, imitando sia l'aspetto meccanico sia quello biologico della reale matrice ossea; verrà trattato infine un caso di scaffold biomimetico realizzato con nanocompositi, che appare un promettente sostitutivo dell'osso.

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Gli obbiettivi di questo lavoro di tesi risultano i seguenti: 1) Progettare e caratterizzare una tipologia di bundle bioriassorbibile attraverso la tecnica dell’elettrofilatura, composto da una miscela di acido poli-(L)lattico (PLLA) e collagene, che cerchi di mimare le proprietà meccaniche dei fascicoli di collagene tendineo umano ed equino; 2) Individuare una metodologia di assemblaggio multiscala dei bundle che permetta la creazione di uno scaffold in grado di mimare la struttura gerarchica di un tendine completo; 3) Applicare la filosofia traslazionale alla progettazione dello scaffold al fine di poter applicare tale tecnologia sia nell’ambito della medicina umana che in quella veterinaria, lavorando nel senso della medicina unica.

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The importance of pyrazole and lactam-based molecules in medical and pharmaceutical fields is underlined by the multitude of active ingredients on trade, such as Sildenafil or Apixaban, by Pfizer. In this work, a synthesis of an organic molecule with promising anticancer activity has been developed. This molecular scaffold is characterized by a δ-lactam-fused pyrazolic core, with a well-known biological activity and amenable of further functionalization. The synthetic strategy adopted for the obtainment of the core was based on a 1,3-dipolar cycloaddition of a nitrilimine with an α,β-unsaturated δ-lactam. Secondly, in order to give the final compound an elevated pharmacological activity, a functionalization with a double “side chain”, namely molecular fragment able to improve the interaction with particular biological receptors, was achieved. The target compound was thus obtained, with a highly convergent synthesis, and will be tested for antiproliferative activities towards different cellular lines.

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L’ingegneria dei tessuti molli, quali il miocardio, sta sempre più emergendo come approccio alternativo alle terapie tradizionali. In questo ambito, i poliesteri costituiscono una classe di polimeri promettente, poiché le variegate strutture chimiche che li caratterizzano permettono di soddisfare un’ampia gamma di esigenze. Negli ultimi anni, l’attenzione della ricerca si è incentrata sul poli(butilene succinato)(PBS). Il PBS, tuttavia, possiede proprietà meccaniche non ottimali per l’ingegneria dei tessuti molli; inoltre i tempi di degradazione sono lunghi; ciò è dovuto al grado di cristallinità e all’idrofobicità, entrambi elevati. Nell’ottica di migliorare le proprietà non soddisfacenti di tale omopolimero, sono stati sintetizzati e caratterizzati nuovi copoliesteri alifatici a base di PBS biocompatibili e biodegradabili. In particolare, sono stati realizzati un copolimero a blocchi e uno statistico a base di Pripol 1009, un diacido commerciale (Croda), e un copolimero a blocchi a base di neopentil glicole, valutando sia l’effetto del tipo di comonomero introdotto nel PBS (Pripol 1009 vs. neopentil glicole) che quello dell’architettura molecolare (copolimero statistico vs. copolimero multiblocco). I materiali sintetizzati sono stati processati in forma di film attraverso pressofusione e di scaffold tramite elettrofilatura. Oltre alla caratterizzazione molecolare, film e scaffold sono stati sottoposti anche ad analisi termica, diffrattometrica, meccanica e a studi di degradazione idrolitica in condizioni fisiologiche. I risultati ottenuti hanno evidenziato la possibilità di modulare sia le proprietà meccaniche che la velocità di degradazione in condizioni fisiologiche. Tutti i copolimeri, infatti, presentano caratteristiche di elastomeri termoplastici e dei profili di degradazione variabili rispetto all’omopolimero, che li rendono adatti per applicazioni nel campo dell’ingegneria dei tessuti molli.

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L'ingegneria tissutale è una branca delle scienze biomediche che negli ultimi anni si sta sviluppando come mezzo risolutivo per numerose problematiche mediche. Un'applicazione di particolare importanza è il trattamento di patologie cardiovascolari, le quali sono una delle principali cause di morte nel mondo. La mancanza di tessuto autologo e i problemi legati alle terapie cardiache, hanno incentivato numerosi studi basati sulla ricerca di biomateriali adeguati alla realizzazione di tessuti sintetici sostitutivi. In questo ambito, il polibutilene succinato (PBS) riveste sicuramente un ruolo importante. La sua biocompatibilità insieme alla biodegradabilità, non sono però sufficienti a renderlo idoneo ad applicazioni miocardiche, a causa dell’elevata rigidità. Allo scopo di migliorare le proprietà meccaniche del PBS nell’ottica di un’applicazione nel campo della rigenerazione del tessuto cardiaco, ma senza andare a detrimento delle proprietà già buone, il presente lavoro di Tesi propone un nuovo copolimero a base di PBS. Tale materiale è stato ottenuto tramite reazione di estensione di catena di un blocco hard (PBS) e un blocco soft (costituito da un copolimero statistico P(BSNS)). Il materiale ottenuto è stato analizzato sia sottoforma di film che di scaffold. Dopo una prima caratterizzazione molecolare (1H-NMR e GPC), il copolimero multiblocco è stato sottoposto anche ad analisi termica (DSC e TGA), diffrattometrica (WAXS) e meccanica. Si è evidenziato un miglioramento della stabilità termica e soprattutto una diminuzione del modulo elastico unitamente all’aumento dell’allungamento a rottura, in particolare nello scaffold. E’ stata inoltre valutata la velocità di degradazione idrolitica, evidenziandone una riduzione rispetto all’omopolimero. I risultati ottenuti confermano il miglioramento delle proprietà non soddisfacenti del PBS, indicando il copolimero multiblocco, oggetto della presenti Tesi, come materiale più idoneo alle applicazioni sopracitate.

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Il sistema muscolo scheletrico è costituito dall’insieme di ossa, cartilagini e tessuti molli come muscoli, tendini e legamenti, che presentano una diversa struttura e differenti proprietà meccaniche tra loro. La sua principale funzione è quella di fornire supporto, forma e garantire il movimento fisiologico del corpo. Per questa ragione, il sistema muscolo scheletrico e continuamente sollecitato e di conseguenza molto soggetto a traumi o infortuni. Un’alternativa all’approccio chirurgico tradizionale è l’ingegneria tissutale che permette di creare scaffold in grado di promuovere la rigenerazione dei tessuti naturali. Negli ultimi decenni si è riscontrato un forte incremento dell’utilizzo della stampa 3D e dell’elettrofilatura come tecniche di fabbricazione di questi scaffold grazie ai loro diversi vantaggi. La stampa 3D presenta diversi benefici, tra cui la possibilità di creare costrutti personalizzati in grado di riprodurre similmente la geometria del tessuto nativo con efficienza dei costi e tempi di produzione ridotti rispetto alle tecniche tradizionali. Tuttavia, questa tecnica presenta ancora una limitata risoluzione sufficiente, ad esempio, per riprodurre la struttura e le proprietà del tessuto osseo, ma non idonea al raggiungimento della scala nanometrica, tipica dei tessuti fibrosi muscolo scheletrici. Al contrario, l’elettrofilatura è in grado di produrre fibre nanometriche che riescono a mimare la matrice extracellulare di questi tessuti. Tuttavia, si riscontrano ancora alcune difficoltà nel controllare la struttura tridimensionale e le proprietà meccaniche di questi scaffold nella scala micro e macrometrica. Lo scopo di questa tesi è quello di analizzare gli studi che utilizzano un approccio combinato tra stampa 3D ed elettrofilatura per la produzione di scaffold per la rigenerazione del tessuto muscolo scheletrico, definendo lo stato dell’arte dei vari processi di produzione e le possibili prospettive future.

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Ogni giorno, nel mondo, si verificano migliaia di fratture ossee e la maggior parte di esse, con il passare del tempo, riescono a rimarginarsi in modo autonomo. In casi più importanti, le fratture ossee necessitano di interventi chirurgici. Per queste motivazioni, affianco ad autoinnesti, alloinnesti e xenoinnesti, negli ultimi anni si è iniziato a parlare in modo sempre più frequente di ingegneria tissutale. In questo tipo di ingegneria, vengono sviluppate delle impalcature in grado di emulare il tessuto osseo naturale. Lo scopo di questa tesi è analizzare le varie tipologie di produzione di scaffold ossei che si ottengono attraverso la tecnologia della stampa 3D. Nella parte introduttiva dell’elaborato, viene inserita una descrizione del tessuto osseo visto sia dal punto di vista cellulare e della composizione, sia dal punto di vista delle proprietà meccaniche. Successivamente, parlando di medicina rigenerativa, vengono descritti i mezzi di osteosintesi, gli innesti e le impalcature, o scaffold, da impiantare nel sito di interesse. Per quanto riguarda gli scaffold, devono soddisfare diversi requisiti, tra cui la biomimetica, la compatibilità con l’attività cellulare, requisiti di progettazione e proprietà meccaniche adeguate. Tali scaffold possono essere realizzati attraverso diverse geometrie interne. Nella seconda parte dell’elaborato, vengono analizzate le geometrie a cubo semplice, a cubo a faccia centrata/a diamante, a cubo a corpo centrato, a dodecaedro rombico, a traliccio di ottetto, a cubo troncato, modellate attraverso il metodo delle superfici minime triplamente periodiche e con tassellatura di Voronoi. Per i vari articoli analizzati sono stati investigati i metodi di produzione e i risultati ottenuti confrontando vantaggi e svantaggi fra le differenti geometrie.

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Le lesioni del sistema nervoso periferico, causate da eventi traumatici o da patologie degenerative, costituiscono un danno che può portare alla perdita di specifiche funzionalità motorie o sensoriali. In questi casi, la terapia chirurgica è necessaria per riparare la perdita di continuità assonale. Il gold standard operatorio attuale è costituito dal trapianto nella sede lesionata di un nervo da donatore o dallo stesso soggetto affetto dal danno. Recentemente, un approccio basato su tecniche di ingegneria dei tessuti propone l’impianto di biomateriali modellati come condotti che favoriscano la rigenerazione assonale. Ne è un esempio chiaro un recente lavoro di ricerca, nel quale Cheng et al. propongono una strategia basata sull’impiego di scaffold piezoelettrici prodotti attraverso una tecnica di "casting annealing displacement " che utilizza Polivinilidenfluoruro (PVDF) e Policaprolattone (PCL). Confrontando in vitro scaffold in PCL, in PVDF e PCL/PVDF, in particolare analizzandone le proprietà piezoelettriche e quelle meccaniche, si rilevano i vantaggi della copolimerizzazione. Questi risultati di interesse vengono inoltre confermati dai risultati funzionali ottenuti con l’impianto in vivo in topi con una lesione di 15 mm al nervo sciatico.

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Ogni anno milioni di persone, tra anziani e giovani, subiscono lesioni al tessuto tendineo/legamentoso. L’ingegneria tissutale sta cercando metodi alternativi per migliorare e velocizzare la loro guarigione. Negli ultimi vent’anni nel campo dell’ingegneria tissutale la tecnica dell’elettrofilatura si è rivelata particolarmente utile nella produzione di scaffold composti da nanofibre polimeriche in grado di mimare le fibrille di collagene che compongono la matrice extracellulare di questi tessuti. Parallelamente, al fine di incrementare la proliferazione e la differenziazione cellulare sugli scaffold, l’utilizzo di bioreattori per colture dinamiche ha acquisito sempre maggiore importanza. Esistono molti tipi di bioreattore, il più comune è quello meccanico, il quale ha la capacità di imprimere deformazioni meccaniche allo scaffold, permettendo alle cellule coltivate al suo interno di orientarsi in maniera più efficiente lungo la direzione del carico applicato. Il seguente elaborato vuole mostrare come l’uso di colture dinamiche effettuate in scaffold elettrofilati attraverso dei bioreattori, può migliorare notevolmente la rigenerazione dei tessuti interessati. Dopo una puntuale descrizione delle proprietà e caratteristiche dei tendini, dei legamenti, delle varie tipologie di scaffold e dei bioreattori, la tesi si sofferma sull’analisi dello stato dell’arte dei lavori scientifici che hanno utilizzato stimolazione dinamica in bioreattore su scaffold elettrofilati per tendini e legamenti. Da queste si è osservato come l’uso di sistemi dinamici possa aumentare notevolmente la produzione di matrice extracellulare, le proprietà meccaniche dei costrutti, la proliferazione, la crescita e l’orientamento delle cellule, velocizzando e migliorando i processi di guarigione rispetto ad una coltura statica.

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Nel mio elaborato di tesi dal titolo “Fabbricazione mediante elettrofilatura di scaffold compositi per il trattamento di difetti ossei” tratto la fisiologia del tessuto osseo, le cellule che lo compongono, i danni che esso può subire e il processo di riparazione spontaneo che si attua in caso di lesioni. Analizzo quindi differenti tipologie di frattura e le terapie chirurgiche e non-chirurgiche attualmente disponibili, con un occhio di riguardo nei confronti dell’ingegneria dei tessuti - che intende riparare il tessuto danneggiato mediante l’impianto di costrutti bioibridi costituiti da cellule a bordo di scaffold realizzati con biomateriali adeguati. In quest’ottica presento quindi un lavoro di ricerca pubblicato recentemente da Yuwono et al., nel quale viene presentato uno scaffold composito elettrofilato, caratterizzato da nanofibre polimeriche e caricato con particelle di idrossiapatite, che viene proposto come un eccellente candidato all’utilizzo in terapia.

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Nell’ambito di questa Tesi sono state affrontate le fasi di progettazione, sviluppo e caratterizzazione di materiali biomimetici innovativi per la realizzazione di membrane e/o costrutti 3D polimerici, come supporti che mimano la matrice extracellulare, finalizzati alla rigenerazione dei tessuti. Partendo dall’esperienza di ISTEC-CNR e da un’approfondita conoscenza chimica su polimeri naturali quali il collagene, è stata affrontata la progettazione di miscele polimeriche (blends) a base di collagene, addizionato con altri biopolimeri al fine di ottimizzarne i parametri meccanici e la stabilità chimica in condizioni fisiologiche. I polimeri naturali chitosano ed alginato, di natura polisaccaridica, già noti per la loro biocompatibilità e selezionati come additivi rinforzanti per il collagene, si sono dimostrati idonei ad interagire con le catene proteiche di quest’ultimo formando blends omogenei e stabili. Al fine di ottimizzare l’interazione chimica tra i polimeri selezionati, sono stati investigati diversi processi di blending alla base dei quali è stato applicato un processo complesso di co-fibrazione-precipitazione: sono state valutate diverse concentrazioni dei due polimeri coinvolti e ottimizzato il pH dell’ambiente di reazione. A seguito dei processi di blending, non sono state registrate alterazioni sostanziali nelle caratteristiche chimiche e nella morfologia fibrosa del collagene, a riprova del fatto che non hanno avuto luogo fenomeni di denaturazione della sua struttura nativa. D’altro canto entrambe le tipologie di compositi realizzati, possiedano proprietà chimico-fisiche peculiari, simili ma non identiche a quelle dei polimeri di partenza, risultanti di una reale interazione chimica tra le due molecole costituenti il blending. Per entrambi i compositi, è stato osservato un incremento della resistenza all’attacco dell’enzima collagenasi ed elevato grado di swelling, quest’ultimo lievemente inferiore per il dispositivo contenente chitosano. Questo aspetto, negativo in generale per quanto concerne la progettazione di impianti per la rigenerazione dei tessuti, può avere aspetti positivi poiché la minore permeabilità nei confronti dei fluidi corporei implica una maggiore resistenza verso enzimi responsabili della degradazione in vivo. Studi morfologici al SEM hanno consentito di visualizzare le porosità e le caratteristiche topografiche delle superfici evidenziando in molti casi morfologie ibride che confermano il buon livello d’interazione tra le fasi; una più bassa omogeneità morfologica si è osservata nel caso dei composti collagene-alginato e solo dopo reidratazione dello scaffold. Per quanto riguarda le proprietà meccaniche, valutate in termini di elasticità e resistenza a trazione, sono state rilevate variazioni molto basse e spesso dentro l’errore sperimentale per quanto riguarda il modulo di Young; discorso diverso per la resistenza a trazione, che è risultata inferiore per i campione di collagene-alginato. Entrambi i composti hanno comunque mostrato un comportamento elastico con un minore pre-tensionamento iniziale, che li rendono promettenti nelle applicazioni come impianti per la rigenerazione di miocardio e tendini. I processi di blending messi a punto nel corso della ricerca hanno permesso di ottenere gel omogenei e stabili per mezzo dei quali è stato possibile realizzare dispositivi con diverse morfologie per diversi ambiti applicativi: dispositivi 2D compatti dall’aspetto di membrane semitrasparenti idonei per rigenerazione del miocardio e ligamenti/tendini e 3D porosi, ottenuti attraverso processi di liofilizzazione, con l’aspetto di spugne, idonei alla riparazione/rigenerazione osteo-cartilaginea. I test di compatibilità cellulare con cardiomioblasti, hanno dimostrato come entrambi i materiali compositi realizzati risultino idonei a processi di semina di cellule differenziate ed in grado di promuovere processi di proliferazione cellulare, analogamente a quanto avviene per il collagene puro.

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Il presente lavoro di tesi è frutto di una collaborazione fra il Dipartimento di Chimica Fisica ed Inorganica (gruppo del Prof. Valerio Zanotti – Mattia Vaccari, Dr. Rita Mazzoni) ed il Dipartimento di Chimica Industriale e dei Materiali (gruppo del Prof. Angelo Vaccari – Dr. Thomas Pasini, Dr. Stefania Albonetti, Prof. Fabrizio Cavani) e si inserisce il un progetto volto a valutare l’attività e la selettività del catalizzatore di idrogenazione di Shvo 1, verso l’idrogenazione selettiva del doppio legame polare del 5-idrossimetilfurfurale (HMF) in fase omogenea. L’HMF è un composto di natura organica facilmente ottenibile dalle biomasse, il quale può essere impiegato come building block per ottenere prodotti ad alto valore aggiunto per la chimica fine o additivi per biocarburanti aventi un elevato potere calorifico. In particolare la nostra attenzione si è rivolta alla produzione del 2,5-diidrossimetilfurano (BHMF), un importante building block per la produzione di polimeri e schiume poliuretaniche. Il lavoro di tesi da me svolto ha riguardato la messa a punto di una nuova metodologia sintetica per la preparazione del catalizzatore di Shvo e lo studio della sua attività catalitica nella riduzione di HMF a BHMF. Il comportamento del catalizzatore è stato monitorato studiando la resa in BHMF in funzione di tutti i parametri di reazione: temperatura, pressione di H2, solvente, rapporto molare substrato/catalizzatore, concentrazione, tempo. Successivamente è stata valutata la possibilità di riciclare il catalizzatore recuperando il prodotto di estrazione con acqua, per precipitazione o eseguendo la reazione in miscela bifasica (toluene/H2O). The present work is a collaboration between the Department of Physics and Inorganic Chemistry (group of Prof. Valerio Zanotti - Mattia Vaccari, Dr. Rita Mazzoni) and the Department of Industrial Chemistry and Materials (Group of Prof. Angelo Vaccari - Dr. Thomas Pasini, Dr. Stefania Albonetti, Prof. Fabrizio Cavani), and it’s a project devoted to evaluate the activity and selectivity of the Shvo catalyst, in the selective hydrogenation of polar double bond of 5 -hydroxymethylfurfural (HMF) in homogeneous phase. The HMF is an organic compound easily obtained from biomass, which can be used as a building block for fine chemicals abd polymer production or additives for biofuels with a high calorific value. In particular, our attention turned to the production of 2.5-bishydroxymethylfuran (BHMF), an important building block for the production of polymers and polyurethane foams. This thesis has involved the development of a new synthetic methodology for the preparation of Shvo’s catalyst and the study of its catalytic activity in the reduction of HMF to BHMF. The behavior of the catalyst was monitored by studying the yield in BHMF as a function of all the reaction parameters: temperature, pressure of H2, solvent, substrate to catalyst molar ratio, concentration, time. Subsequently it was evaluated the possibility of recycling the catalyst recovering the product of extraction with water, by precipitation or performing the reaction in biphasic mixture (toluene/H2O).

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La sostituzione di materie prime provenienti da risorse fossili con biomasse rinnovabili, utilizzando un processo a basso impatto ambientale, è una delle più importanti sfide della "Green Chemistry". Allo stesso tempo, la sintesi di resine epossidiche fornisce la chiave per la realizzazione di materiali ad alto valore aggiunto. Tuttavia, ad oggi, il 90% della produzione di resine epossidiche è basato sull'uso di bisfenolo A, che ha effetti di xenoestrogeno, ed epicloridrina, tossica e cancerogena. Su queste basi, è stata individuata una strategia sintetica per la sintesi di prepolimeri innovativi per resine epossidiche, che utilizza come substrato di reazione diidrossibenzeni di origine naturale ed evita l'uso di epicloridrina e altri reagenti tossici o pericolosi. La suddetta strategia sintetica è basata sulla sequenza: allilazione dei diidrossibenzeni - epossidazione dei doppi legami ottenuti. In questa procedura non vengono utilizzati drastiche condizioni di reazione e il solvente è acqua, con una catalisi di trasferimento di fase o, in aggiunte di acetonitrile, in un sistema bifasico. La resa complessiva dei due “step” dipende dalla posizione dei due ossidrili nei diidrossibenzeni. Il reagente che porta la resa massima è l’idrochinone (1,4 diidrossibenzene), che, come riportato in letteratura, permette la formazione di resine epossidiche con proprietà simili alle resine di epicloridrina e bisfenolo A. The substitution of raw materials from fossil fuels with renewable biomass using a low environmental impact process is one of the greatest challenges of the "Green Chemistry". At the same time, the synthesis of epoxy resins provides the key to the realization of high added value materials. However, 90% of the production of epoxy resins is based on the use of bisphenol A, a xenoestrogen, and epichlorohydrin, that is toxic and carcinogenic. On these bases, a synthetic strategy for the synthesis of innovative prepolymers of epoxy resins, that uses dihydroxybenzenes of natural origin as reaction substrates and avoids the use of epichlorohydrin and other toxic or dangerous reagents has been identified. The above synthetic strategy is based on the sequence: allylation of dihydroxybenzenes - epoxidation of the double bonds obtained. In this procedure, drastic reaction conditions are dismissed and the solvent used is water with a phase transfer catalysis or, in addition, acetonitrile in a biphasic system. The overall yield of the two steps depends on the position of the two hydroxyls of the dihydroxybenzenes. The reagent that leads to the highest yield is hydroquinone (1,4 dihydroxybenzene), which, as reported in literature, allows the formation of epoxy resins with similar properties to the resins from bisphenol A and epichlorohydrin.