476 resultados para catalizzatori supporto pentandioli


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L’eccessiva centralizzazione dei dati ha reso sempre più frequenti fenomeni di manomissione e condivisione delle informazioni degli utenti senza il consenso dei proprietari. Questi potenziali rischi hanno aumentato negli utenti l’esigenza di una maggiore autorità sui propri dati, suscitando l’interesse per il decentramento. Questa tesi analizza due approcci al decentramento che sono Solid e Blockchain, e si concentra sui sistemi legati al controllo degli accessi derivanti dalla combinazione di questi due approcci. L’analisi parte dal descrivere le principali caratteristiche e funzionalità di Solid e Blockchain. Successivamente, dalla tesi si evince come, questi due paradigmi combinati insieme, possano rappresentare una soluzione valida alla decentralizzazione dei dati e vengono illustrati i principali ambiti in cui possono essere applicati sistemi assisti da Blockchain per Solid. In particolare lo studio approfondisce l'applicazione al controllo degli accessi e autenticazione dei dati. Due sono i sistemi presi in esame e approfonditi in questa tesi ovvero BCSolid e TrustAccess. Entrambi sono stati descritti in maniera dettagliata delineando l’architettura, la progettazione, le tecniche crittografiche utilizzate e illustrando dei casi d’uso pratici. Nella parte finale di questo elaborato viene effettuato un confronto tra questi due sistemi e spiegati i motivi per cui Trust Access può essere considerato migliore di BCSolid.

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La valorizzazione di biomasse lignocellulosiche rappresenta la strada che la chimica può percorrere per svincolarsi dalle fonti fossili e virare verso un futuro incentrato sulla sostenibilità ambientale. In quest’ottica, l’acido levulinico (AL) e i suoi esteri, detti alchil levulinati, ottenibili dalla valorizzazione di biomasse di scarto, rappresentano una classe di composti di grande interesse industriale. Infatti, dalla loro riduzione è possibile ottenere g-valerolattone (GVL), un’importante molecola piattaforma per l’industria chimica, o alchil valerati, composti interessanti per diverse branche dell’industria chimica e per la formulazione di bio-carburanti. Già da tempo è nota la possibilità di effettuare la riduzione di AL in fase liquida in presenza di alcoli come H-Donor secondo un meccanismo detto Catalytic Transfer Hydrogenation che può essere promosso da ossido di zirconio (ZrO2). Recentemente, è stato ottimizzato un processo che impiega i reagenti appena citati in un reattore continuo operante in fase gassosa con ZrO2 come catalizzatore. In questo lavoro, si è dopato tale sistema catalitico con palladio, al fine di promuovere le reazioni di riduzione consecutiva al GVL e si sono ottimizzati i parametri operativi come tempo di contatto, temperatura e rapporto tra substrato e H-Donor.

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Lo scopo di questo progetto è studiare e sviluppare una sintesi alternativa del dimetiladipato (DMA), a partire da ciclopentanone (CPO) e dimetilcarbonato (DMC), con l’utilizzo di un ossido misto di zinco e magnesio come catalizzatore eterogeneo. Le prove sono state svolte in fase liquida con un reattore operante in condizioni discontinue (batch). In particolare, si è investigato l’effetto di diversi parametri operativi sulla reazione quali il tempo, il rapporto molare di alimentazione dei due reagenti, il carico catalitico utilizzato, il rapporto atomico Zn/Mg nel catalizzatore e la temperatura. Una volta individuate le migliori condizioni, si è valutata la possibilità di svolgere la reazione in due step, per cercare di incrementare la resa di DMA. Inizialmente, si è studiato solo il secondo step, cioè la reazione fra l’intermedio (carbossimetilciclopentan-2-one) e il metanolo e si sono ottenute rese di DMA del 92% con un rapporto MeOH:Intermedio di 150:1. Dopo aver ricavato le migliori condizioni di tale reazione, si è svolta la reazione completa a due step e si è dimostrato che è possibile condurre il secondo step a temperature più basse rispetto al primo, per convertire l’intermedio rimasto a DMA e migliorarne la resa dal 32% al 40%.

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L’olio di oliva è tra i prodotti alimentari principali della dieta mediterranea e possiede delle caratteristiche salutistiche, compositive e sensoriali peculiari. La qualità e la genuinità dell’olio di oliva vergine sono valutate sia mediante determinazioni analitiche chimiche e strumentali, sia attraverso l’analisi sensoriale. Quest’ultima, realizzata con il metodo del panel test, è tra i metodi ufficiali per la classificazione degli oli di oliva vergini nelle tre categorie commerciali extra vergine, vergine e lampante. Tuttavia, l’analisi sensoriale presenta dei limiti legati, in particolare, al numero elevato di campioni di olio da analizzare rispetto alle capacità di lavoro dei panel. Negli ultimi anni è aumentata, così, la necessità di sviluppare e validare metodi analitici strumentali che, pre-classificando gli oli in esame, siano di supporto al panel test e possano ridurre il numero di campioni da sottoporre ad analisi sensoriale. In questo elaborato di tesi sono state prese in considerazione due diverse tecniche analitiche, la gas cromatografica accoppiata alla spettrometria a mobilità ionica (HS-GC-IMS) e la flash gas cromatografia (FGC E-nose), entrambe impiegate per la valutazione della frazione volatile dell’olio di oliva, responsabile degli attributi olfattivi del prodotto. Utilizzando i risultati ottenuti applicando queste due tecniche, mediante analisi multivariata, è stato possibile stimare la categoria merceologica di ogni campione appartenente ad un set di 52 oli di oliva vergini, classificandoli con un determinato livello di probabilità. Entrambe le metodiche analitiche sono già state utilizzate e valutate in precedenti studi; con la sperimentazione effettuata nell’ambito di questa tesi è stato possibile confermare l’efficacia dei modelli di stima che possono essere impiegati con finalità di screening in supporto al panel test, nell’ottica di renderli sempre più robusti ed affidabili per la classificazione degli oli di oliva vergini.

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All’interno dell'elaborato verrà approfondito il Servizio Idrico Integrato, in particolare saranno descritti i processi di trattamento dell’acqua dalla captazione fino al rilascio in ambiente e introdotte le Autorità che regolano il Servizio Idrico con la relativa normativa. In particolare, oggetto di questa tesi è l’applicativo Geocall, implementato dalla Direzione Acqua del Gruppo Hera S.p.A. nel 2018, a supporto dei processi di Pronto Intervento e di Conduzione e Manutenzione delle reti e impianti idrici. In seguito alla descrizione delle modalità di gestione di questi processi da parte del Gruppo prima dell’implementazione di Geocall, la piattaforma, messa a confronto con gli strumenti a disposizione del Gruppo prima della sua introduzione, verrà approfondita nelle sue applicazioni e nelle sue funzionalità all’interno dei processi coinvolti dall’analisi, con l’obbiettivo di mettere in luce le differenze con le modalità di gestione passate e in particolare i vantaggi e gli eventuali svantaggi ottenuti con l’utilizzo del nuovo software.

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Le aree poste in prossimità di rilevati arginali si trovano esposte ad un rischio idraulico residuale, associato a possibili eventi di piena eccezionali o al cedimento del sistema arginale. La previsione, mitigazione e prevenzione delle conseguenze connesse a questi possibili fenomeni, nonché la loro gestione in tempo reale, rappresentano sfide complesse per le autorità competenti. In questo contesto, l'obiettivo della presente attività di tesi è stato quello di predisporre una metodologia semplificata che, in caso di eventi di piena, potesse offrire una valutazione speditiva del volume esondabile da una ipotetica rotta arginale, senza ricorrere alla modellistica numerica per la quale sono richiesti dati e tempi non sempre disponibili. La metodologia proposta stima un idrogramma sintetico, associato al volume esondabile da una breccia arginale. Le variabili richieste in input sono: l’ipotetica posizione della rotta ed il carico idraulico su di essa (funzione dell’approfondimento della rotta stessa). Lo sviluppo si è basato su dati di scenari di allagamento (con tempo di ritorno 100 anni) associati a brecce analizzate sul fiume Reno mediante modellazione mono- e bi-dimensionale. Gli scenari di allagamento derivanti dagli idrogrammi sintetici sono stati quindi confrontati con le aree di allagamento conseguenti alle rotte precedentemente simulate, in modo da valutarne la corretta riproduzione. I risultati evidenziano una buona riproduzione delle dinamiche e dell’estensione massima degli allagamenti nel caso della stima dell’idrogramma di esondazione semplificato, facendo pertanto apparire la procedura proposta come un valido strumento a sostegno della gestione emergenziale.

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L’ambito videoludico è in forte espansione, andando a coinvolgere diversi settori ed ambiti. Infatti, i videogiochi possono avere scopi diversi e più articolati oltre al semplice intrattenimento e questo è proprio l'obiettivo dei Serious Game. Questi hanno come scopo quello di insegnare qualcosa tramite il gameplay stesso e vengono quindi utilizzati nel contesto educativo e dell'apprendimento. In questo contesto, il volume di tesi presenta il design e l'implementazione di un prototipo di serious game sviluppato per uno scopo ben definito: supporto e potenziamento dell’attenzione visuospaziale, facendo concentrare per l’appunto l’attenzione del giocatore sulle sue azioni, combinando facoltà visive, riflessi e anche memoria. Il gioco è pensato per essere adatto a tutti i giocatori, ma è stato sviluppato con un'attenzione particolare agli studenti che soffrono di Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA). Il progetto è stato infatti sviluppato con Develop-Player, una Spin-off dell’Università di Bologna in cui psicologi, neuropsicologi e logopedisti hanno individuato nuovi metodi per potenziare i meccanismi più profondi dell’apprendimento e collaborano con informatici esperti nelle tecnologie più avanzate per l’implementazione di nuove esperienze interattive.

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L’istruzione superiore in Europa è stata oggetto di un significativo processo di riforma: è aumentato l’interesse per un modello di apprendimento intorno ai progetti, centrato sullo studente, che favorisse lo sviluppo di competenze trasversali – il project-based learning (PBL). Inserire il PBL nelle Università richiede un processo di innovazione didattica: il curriculum di un corso PBL e le competenze richieste all’insegnante si differenziano dall’apprendimento tradizionale. Senza un'adeguata attenzione ai metodi di supporto per insegnanti e studenti, questi approcci innovativi non saranno ampiamente adottati. L’obiettivo di questo studio è determinare in che modo sia possibile implementare un corso PBL non presenziato da figure esperte di PBL. Le domande della ricerca sono: è possibile implementare efficacemente un approccio PBL senza il coinvolgimento di esperti dei metodi di progettazione? come si declinano i ruoli della facilitazione secondo questa configurazione: come si definisce il ruolo di tutor d’aula? come rafforzare il supporto per l’implementazione del corso? Per rispondere alle domande di ricerca è stata utilizzata la metodologia AIM-R. Viene presentata la prima iterazione dell’implementazione di un corso di questo tipo, durante la quale sono state svolte attività di ricerca e raccolta dati. L’attività di facilitazione è affidata a tre figure diverse: docente, tutor d’aula e coach professionisti. Su questa base, sono stati definiti gli elementi costituenti un kit di materiale a supporto per l’implementazione di corsi PBL. Oltre a un set di documenti e strumenti condivisi, sono stati elaborati i vademecum per guidare studenti, tutor e docenti all’implementazione di questo tipo di corsi. Ricerche future dovranno essere volte a identificare fattori aggiuntivi che rendano applicabile il kit di supporto per corsi basati su un modello diverso dal Tech to Market o che utilizzino strumenti di progettazione diversi da quelli proposti durante la prima iterazione.

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Lo studio effettuato durante il lavoro di tirocinio, da cui nasce la tesi, verte sulla progettazione ed implementazione in ambiente virtuale di una tavola rotante customizzata per la saldatura di supporti per gruppo bobine, contrappeso e guida rulli su anelli calandrati, richiesta da un fornitore dell’azienda Pieri s.r.l. presso la quale si è svolto il tirocinio medesimo. Il fornitore, infatti, si occupa di effettuare operazioni di saldatura su componenti delle macchine avvolgipallet, sviluppate e progettate dall’azienda Pieri. Per soddisfare la richiesta, si è ingegnerizzato il processo tanto che la macchina progettata facilita l’operatore nelle lavorazioni che deve effettuare, riducendo così il suo affaticamento, migliorando i tempi e la qualità di lavorazione. Dopo il tirocinio in azienda, il progetto è stato implementato in ambiente virtuale all’interno del laboratorio di Realtà Virtuale della sede di Ingegneria di Forlì, utilizzando il visore Meta Quest 2, con il quale si è creata un’applicazione che ha permesso al fornitore di fare più opportune valutazioni riguardanti la macchina sviluppata. Nell’ambiente virtuale, infatti, si può interagire non solo tramite visualizzazione, ma esiste la possibilità di gestire il funzionamento della macchina stessa ed apprezzare le configurazioni relative alle tre tipologie di anelli calandrati processati. Inoltre, permette di effettuare training in merito alle operazioni di saldatura e su alcune azioni relative al montaggio e smontaggio della macchina.

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L'erogazione dei servizi informatici tramite cloud è ormai una delle soluzioni più in voga nel mercato odierno, tant'è che, analizzando le statistiche fornite dalle piattaforme principali, anche il futuro sembra andare proprio in quella direzione. Quest'evoluzione avrà un forte impatto persino nelle telecomunicazioni, dove le tecniche di virtualizzazione e softwarizzazione vengono già oggi impiegate per facilitare la gestione delle infrastrutture di rete, creando le cosiddette SDN (Software Defined Network). I provider che scelgono di adottare queste soluzioni ottengono un elevato grado di flessibilità dei propri servizi, facilitando notevolmente lo sviluppo di nuove funzionalità, grazie alla presenza di controller esterni a cui vengono demandati gli aspetti di gestione della rete stessa. In uno scenario di questo tipo è fondamentale che gli strumenti volti allo studio e alla sperimentazione di reti software-based siano in grado di stare al passo con i tempi, utilizzando tecnologie all'avanguardia ed accessibili anche agli utenti che si interfacciano per la prima volta con queste metodologie. Perché questo sia possibile è necessario che telecomunicazioni e sviluppo software, aspetti storicamente appartenenti a due mondi dell'informatica paralleli, si uniscano. Ad oggi gli strumenti che permettono di operare su SDN sono innumerevoli, ma spesso accomunati dalla mancanza di qualsivoglia interfaccia grafica, restringendo l'utenza di riferimento ad un gruppo ancor più di nicchia, escludendo gli utilizzatori alle prime armi. L'obiettivo di questo progetto è proporre uno strumento alternativo, basato su Ryu, che permetta all’utente di creare, configurare e gestire secondo le proprie esigenze una rete virtuale, attraverso un’interfaccia grafica e un simulatore interattivo per controllare e visualizzare lo stato dei dispositivi connessi. Infine, verranno analizzati i vantaggi didattici ottenuti dall'impiego dell'applicativo rispetto alle metodologie classiche.

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Ad oggi, l’aumento delle emissioni di gas serra, principalmente di CO2, dovuto alle attività antropiche, ha portato ad un aumento delle temperature medie globali. La sintesi del metanolo da CO2 ha attirato molto l’interesse della ricerca e attualmente il catalizzatore Cu/ZnO/Al2O3, sviluppato per la produzione di metanolo da gas di sintesi si dimostra il più utilizzato. Tuttavia, alcune sue problematiche, legate alla bassa selettività rispetto a MeOH all’aumentare della temperatura, per via della reazione concorrente di RWGS e problemi di disattivazione per sinterizzazione relazionati con l’acqua prodotta, hanno portato allo studio di nuovi catalizzatori. Recentemente, catalizzatori a base di In2O3 hanno catturato molto l’attenzione già che hanno una elevata selettività in metanolo. Lo scopo della tesi si è basato sullo studio di catalizzatori a base di Cu/In/Al per l’idrogenazione della CO2 a MeOH. Una volta sintetizzati e caratterizzati i catalizzatori sono stati messi a confronto con un catalizzatore commerciale (Cu/ZnO/Al2O3). Sono stati investigati gli effetti del contenuto di Cu, metodo di preparazione e temperatura di riduzione nelle prestazioni catalitiche (conversione, selettività  e resa spazio-temporale). I valori di conversione e selettività  dipendono del contenuto di Cu, raggiungendo il massimo con un contenuto intermedio di Cu (30 % rapporto atomico), tuttavia i risultati sono inferiori a quelli ottenuti con il catalizzatore commerciale. La temperatura di riduzione più adatta è stata 300 °C. Riguardo al metodo di preparazione, non sembra modificare significativamente le prestazioni catalitiche. Saranno necessari ulteriori studi su altre formulazioni di catalizzatori per migliorare sia la attività che la selettività.

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Negli ultimi tempi, i compositi FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix) sono largamente utilizzati per il rinforzo di costruzioni murarie esistenti, tuttavia rimangono dubbi riguardo la loro durabilità e le loro prestazioni meccaniche in condizioni ambientali avverse. L'obiettivo del presente lavoro di tesi è stato quello di analizzare il comportamento meccanico e l'aderenza di due diversi compositi FRCM applicati su supporto murario, sottoposti a prove di distacco condotte a temperatura. A tal proposito, le prove sono state eseguite all'interno di una camera climatica mediante la quale è stato possibile procedere al condizionamento termico dei campioni: le temperature indagate sono comprese nell'intervallo da 23 a 140°C. Dai risultati ottenuti è stato possibile notare come, all'aumentare della temperatura, il comportamento meccanico del generico composito cambiasse, presentando tensioni di picco via via inferiori e un progressivo cambiamento della modalità di rottura. Infatti, mentre i campioni testati a temperatura ambiente hanno mostrato un comportamento fragile con rottura del tessuto esterno al rinforzo, i campioni testati a temperature superiori hanno manifestato un comportamento meno fragile, caratterizzato dallo scorrimento del tessuto presente all'interno della malta.

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La mia tesi riguarda il progetto che ho sviluppato all'interno di IMA Active. Inizia con un'introduzione ai concetti e tecnologie presenti nell'Industry 4.0, ho illustrato i vantaggi dell'utilizzo di piattaforme per il monitoraggio e supporto alla manutenzione predittiva degli asset in ambito aziendale per poi addentrarmi nella demo che ho sviluppato in Python per simulare le funzionalità che dovranno essere implementate in un sistema terzo (di tipo OSISoft Pi). In questo percorso ho introdotto il concetto di DTW e Golden batch che sono stati indispensabili nello sviluppo del progetto.

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L’utilizzo degli FRP (Fiber Reinforced Polymer) nel campo dell’ingegneria civile riguarda essenzialmente il settore del restauro delle strutture degradate o danneggiate e quello dell’adeguamento statico delle strutture edificate in zona sismica; in questi settori è evidente la difficoltà operativa alla quale si va in contro se si volessero utilizzare tecniche di intervento che sfruttano materiali tradizionali. I motivi per cui è opportuno intervenire con sistemi compositi fibrosi sono: • l’estrema leggerezza del rinforzo, da cui ne deriva un incremento pressoché nullo delle masse sismiche ed allo stesso tempo un considerevole aumento della duttilità strutturale; • messa in opera senza l’ausilio di particolari attrezzature da un numero limitato di operatori, da cui un minore costo della mano d’opera; • posizionamento in tempi brevi e spesso senza interrompere l’esercizio della struttura. Il parametro principale che definisce le caratteristiche di un rinforzo fibroso non è la resistenza a trazione, che risulta essere ben al di sopra dei tassi di lavoro cui sono soggette le fibre, bensì il modulo elastico, di fatti, più tale valore è elevato maggiore sarà il contributo irrigidente che il rinforzo potrà fornire all’elemento strutturale sul quale è applicato. Generalmente per il rinforzo di strutture in c.a. si preferiscono fibre sia con resistenza a trazione medio-alta (>2000 MPa) che con modulo elastico medio-alto (E=170-250 GPa), mentre per il recupero degli edifici in muratura o con struttura in legno si scelgono fibre con modulo di elasticità più basso (E≤80 GPa) tipo quelle aramidiche che meglio si accordano con la rigidezza propria del supporto rinforzato. In questo contesto, ormai ampliamente ben disposto nei confronti dei compositi, si affacciano ora nuove generazioni di rinforzi. A gli ormai “classici” FRP, realizzati con fibre di carbonio o fibre di vetro accoppiate a matrici organiche (resine epossidiche), si affiancano gli FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix), i TRM (Textile Reinforced Mortars) e gli SRG (Steel Reinforced Grout) che sfruttano sia le eccezionali proprietà di fibre di nuova concezione come quelle in PBO (Poliparafenilenbenzobisoxazolo), sia un materiale come l’acciaio, che, per quanto comune nel campo dell’edilizia, viene caratterizzato da lavorazioni innovative che ne migliorano le prestazioni meccaniche. Tutte queste nuove tipologie di compositi, nonostante siano state annoverate con nomenclature così differenti, sono però accomunate dell’elemento che ne permette il funzionamento e l’adesione al supporto: la matrice cementizia

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Le acque di vegetazione (AV) costituiscono un serio problema di carattere ambientale, sia a causa della loro elevata produzione sia per l’ elevato contenuto di COD che oscilla fra 50 e 150 g/l. Le AV sono considerate un refluo a tasso inquinante fra i più elevati nell’ambito dell’industria agroalimentare e la loro tossicità è determinata in massima parte dalla componente fenolica. Il presente lavoro si propone di studiare e ottimizzare un processo non solo di smaltimento di tale refluo ma anche di una sua valorizzazione, utlizzandolo come materia prima per la produzione di acidi grassi e quindi di PHA, polimeri biodegradabili utilizzabili in varie applicazioni. A tale scopo sono stati utilizzati due bioreattori anaerobici a biomassa adesa, di identica configurazione, con cui si sono condotti due esperimenti in continuo a diverse temperature e carichi organici al fine di studiare l’influenza di tali parametri sul processo. Il primo esperimento è stato condotto a 35°C e carico organico pari a 12,39 g/Ld, il secondo a 25°C e carico organico pari a 8,40 g/Ld. Si è scelto di allestire e mettere in opera un processo a cellule immobilizzate in quanto questa tecnologia si è rivelata vantaggiosa nel trattamento continuo di reflui ad alto contenuto di COD e carichi variabili. Inoltre si è scelto di lavorare in continuo poiché tale condizione, per debiti tempi di ritenzione idraulica, consente di minimizzare la metanogenesi, mediata da microrganismi con basse velocità specifiche di crescita. Per costituire il letto fisso dei due reattori si sono utilizzati due diversi tipi di supporto, in modo da poter studiare anche l’influenza di tale parametro, in particolare si è fatto uso di carbone attivo granulare (GAC) e filtri ceramici Vukopor S10 (VS). Confrontando i risultati si è visto che la massima quantità di VFA prodotta nell’ambito del presente studio si ha nel VS mantenuto a 25°C: in tale condizione si arriva infatti ad un valore di VFA prodotti pari a 524,668 mgCOD/L. Inoltre l’effluente in uscita risulta più concentrato in termini di VFA rispetto a quello in entrata: nell’alimentazione la percentuale di materiale organico presente sottoforma di acidi grassi volatili era del 54 % e tale percentuale, in uscita dai reattori, ha raggiunto il 59 %. Il VS25 rappresenta anche la condizione in cui il COD degradato si è trasformato in percentuale minore a metano (2,35 %) e questo a prova del fatto che l’acidogenesi ha prevalso sulla metanogenesi. Anche nella condizione più favorevole alla produzione di VFA però, si è riusciti ad ottenere una loro concentrazione in uscita (3,43 g/L) inferiore rispetto a quella di tentativo (8,5 g/L di VFA) per il processo di produzione di PHA, sviluppato da un gruppo di ricerca dell’università “La Sapienza” di Roma, relativa ad un medium sintetico. Si può constatare che la modesta produzione di VFA non è dovuta all’eccessiva degradazione del COD, essendo questa nel VS25 appena pari al 6,23%, ma piuttosto è dovuta a una scarsa concentrazione di VFA in uscita. Questo è di buon auspicio nell’ottica di ottimizzare il processo migliorandone le prestazioni, poiché è possibile aumentare tale concentrazione aumentando la conversione di COD in VFA che nel VS25 è pari a solo 5,87%. Per aumentare tale valore si può agire su vari parametri, quali la temperatura e il carico organico. Si è visto che il processo di acidogenesi è favorito, per il VS, per basse temperature e alti carichi organici. Per quanto riguarda il reattore impaccato con carbone attivo la produzione di VFA è molto ridotta per tutti i valori di temperatura e carichi organici utilizzati. Si può quindi pensare a un’applicazione diversa di tale tipo di reattore, ad esempio per la produzione di metano e quindi di energia.