101 resultados para raggi X, semiconduttori organici
Resumo:
Questa tesi illustra una nuova tecnica di imaging per la diagnostica dei Beni Culturali basata sull’utilizzo di neutroni, e la confronta con la più comune tecnica a raggi X. Dopo una panoramica sui due diversi tipi di radiazioni, si evidenziano le loro differenze e la loro complementarietà nella realizzazione di radiografie e tomografie di opere d’arte riscontrate in letteratura. L’utilizzo dei neutroni si mostra in grado di ampliare le informazioni ricavabili con i raggi X, consentendo una visualizzazione completa dell’opera e un migliore approccio in eventuali interventi di restauro. Successivamente sono analizzati e elaborati alcuni dati acquisiti nell’ambito del progetto NICHE (Neutron Imaging for Cultural Heritage) proposto da alcuni laboratori della rete INFN-CHNet (Cultural Heritage Network dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), il cui obiettivo principale è la realizzazione della prima facility per l’imaging a neutroni in Italia.
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La tesi in oggetto ha lo scopo di determinare l’effetto della sabbiatura sul comportamento a fatica della lega AlSi10Mg prodotta mediante Laser Powder Bed Fusion e trattata termicamente. I parametri di processo e di trattamento termico (T5 e T6) sono stati precedentemente ottimizzati. Al fine di determinare l’effetto della sabbiatura su topografia superficiale e microstruttura dei campioni, si sono condotte molteplici analisi avvalendosi di strumenti quali profilometria, microscopia ottica ed in scansione, analisi di tensioni residue con diffrazione a raggi X e prove di durezza. Attraverso prove di fatica per flessione rotante, eseguite secondo il metodo Stair-Case per la determinazione della resistenza a fatica, e successiva caratterizzazione delle superfici di frattura si vuole correlare il difetto killer, ossia quello responsabile del cedimento per fatica, alle caratteristiche morfologiche e microstrutturali. Il difetto killer viene caratterizzato in termini di dimensione e distanza dalla superficie e per mostrare la relazione fra la dimensione del difetto killer e la resistenza a fatica si adotta il diagramma di Kitagawa-Takahashi con modellazione di Murakami ed EL Haddad. Si è evidenziato che tutti i difetti killer sono riconducibili a lack-of-fusion con dimensione superiore ai 100 μm ad una profondità compresa fra i 150 e i 200 μm, indipendentemente dal trattamento termico o meccanico applicato. In termini di fatica si osserva che il trattamento T6 conferisce al materiale migliori proprietà rispetto a quello T5. Il processo di sabbiatura, confrontato con quello di lucidatura superficiale, ha portato a miglioramenti in termini di durezza e tensioni residue di compressione, ma si è rivelato quasi ininfluente sulla resistenza a fatica. Sulla base di quanto sopra, si conferma la possibilità di applicazione della sabbiatura in ambito industriale a componenti meccanici, anche in sostituzione della lucidatura, ottenendo un beneficio anche economico.
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L’emissione di Compton Inverso (IC) rientra nei processi di radiazione detti di diffusione (o di scattering) e riguarda l’interazione tra elettroni relativistici ad alta energia e fotoni molto meno energetici. Il meccanismo di interazione viene approssimato ad un semplice urto tra le due particelle, in seguito al quale il fotone acquista parte dell’energia cinetica dell’elettrone, venendo diffuso ed osservato a frequenza più alta e con direzione di propagazione diversa rispetto a quanto possedeva prima dell’urto. Il Compton Inverso è il meccanismo contrario della diffusione Compton, dove il fotone perde energia in seguito all’urto con l’elettrone e viene osservato a frequenze inferiori a quelle originarie. L’IC viene osservato in ambito astrofisico soprattutto in combinazione con l’emissione di sicrotrone – nella quale elettroni relativistici presenti in regioni magnetizzate vengono accelerati dal campo magnetico ed emettono radiazione – in un fenomeno detto Synchrotron Self-Compton. Esso avviene solitamente in sorgenti molto compatte nelle quali i fotoni prodotti per sincrotrone hanno maggiore possibilità di interagire nuovamente con gli elettroni che li hanno generati, venendo diffusi ad energie più elevate. L’IC viene inoltre osservato in combinazione alla diffusione Compton in un processo detto Comptonizzazione. Ciò si verifica in plasmi molto caldi e abbastanza rarefatti, nei quali si hanno innumerevoli scambi di energia tra le particelle che li compongono. La tesi comprende una prima parte introduttiva nella quale viene presentato il contesto storico di inizio Novecento nel quale si inserisce, tra gli altri, il fisico Arthur H. Compton. Successivamente, vengono spiegati nel dettaglio i principali meccanismi di diffusione con particolare attenzione all’IC. Infine, sono illustrate le applicazioni astrofisiche del Compton Inverso e alcune delle sorgenti nelle quali l’IC viene osservato in combinazione con altri processi di radiazione.
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Alcuni ricercatori del Dipartimento di Fisica e Astronomia di Bologna hanno di recente ottenuto una curva che descrive l’andamento della mobilità in funzione della temperatura a seguito di misure effettuate su un cristallo organico di rubicene che mostra un’interdipendenza delle due variabili molto particolare. Il mio compito è stato cercare di far luce sulle peculiarità di questa curva. Per fare questo mi sono servita di due articoli, frutto di un attuale studio condotto da tre ricercatori dell’Università di Napoli, che ho riportato nel secondo e nel terzo capitolo, che hanno cercato di spiegare il comportamento atipico della mobilità in funzione della temperatura in cristalli organici semiconduttori.
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Negli anni recenti, lo sviluppo dell’elettronica organica ha condotto all’impiego di materiali organici alla base di numerosi dispositivi elettronici, quali i diodi ad emissione di luce, i transistor ad effetto di campo, le celle solari e i rivelatori di radiazione. Riguardo quest’ultimi, gli studi riportati in letteratura si riferiscono per la maggiore a dispositivi basati su materiali organici a film sottile, che tuttavia presentano problemi relativi ad instabilità e degradazione. Come verrà illustrato, l’impiego di singoli cristalli organici come materiali alla base di questi dispositivi permette il superamento delle principali limitazioni che caratterizzano i rivelatori basati su film sottili. In questa attività sperimentale, dispositivi basati su cristalli organici semiconduttori verranno caratterizzati in base alle principali figure di merito dei rivelatori. Tra i campioni testati, alcuni dispositivi basati su singoli cristalli di 6,13-bis (triisopropylsilylethynyl)-pentacene (TIPS-Pentacene) e 5,6,11,12-tetraphenyltetracene (Rubrene) hanno mostrato interessanti proprietà e sono stati quindi maggiormente studiati.
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La presente tesi tratta della fabbricazione e del funzionamento di transistors elettrochimici organici (OECTs) composti da fi�lm sottili di poly(3,4-ethylenedioxythiophene) disperso con polystyrenesulfonic acid, o PEDOT:PSS, oltre che del loro possibile utilizzo come sensori. La trattazione si apre con una panoramica sui polimeri conduttivi, siano essi puri o drogati, e sulle loro caratteristiche chimiche ed elettriche: diversi metodi di drogaggio consentono il loro utilizzo come semiconduttori. Tra questi polimeri, il PEDOT �e uno dei pi�u utilizzati poich�e presenta accessibilit�a d'uso e ottima stabilit�a nel suo stato drogato, pur risultando insolubile in acqua; per ovviare a questo problema lo si polimerizza con PSS. Le propriet�a di questo composto sono poi ampiamente discusse, soprattutto in ambito di applicazioni tecniche, per le quali �e neccessario che il polimero in soluzione sia depositato su un substrato. A questo scopo vengono presentate le principali techiche che consentono la deposizione, permettendo di creare fil�lm sottili di materiale da utilizzarsi, nell'ambito di questa tesi, come gate e canale dei transistors elettrochimici. A seguire viene esposta la struttura degli OECTs e spiegato il loro funzionamento, modellizzando i dispositivi con un semplice circuito elettrico. Il confronto dei meno noti OECTs con i meglio conosciuti transistors a eff�etto campo semplifi�ca la comprensione del funzionamento dei primi, i quali sono rilevanti ai fi�ni di questa trattazione per il loro possibile funzionamento come sensori. In seguito alla spiegazione teorica, vengono illustrati i metodi seguiti per la deposizione di �film sottili di PEDOT:PSS tramite Spin Coating e per la fabbricazione degli OECTs su cui sono state eff�ettuate le misure, le quali sono state scelte e presentate in base ai risultati gi�a ottenuti in letteratura e a seconda dei dati ritenuti necessari alla caratterizzazione del transistor elettrochimico nell'ottica di un suo possibile utilizzo come sensore. Perci�o sono state eseguite misure amperometriche in funzione delle tensioni di gate e di drain, alternatamente tenendo costante una e variando l'altra, oltre che in funzione della concentrazione di elettrolita, dell'area del canale e del tempo. In conclusione sono presentati i dati sperimentali ottenuti ed una loro analisi.
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Nel settore dell'elettronica organica, i monocristalli organici sono particolarmente indicati, grazie al loro alto grado di purezza chimica, per lo studio delle qualità intrinseche di tutta la categoria dei cristalli organici. L'interesse applicativo si concretizza in dispositivi come LED, pannelli solari, sensori, display e componenti elettronici leggeri, flessibili e trasparenti. A tutto questo si aggiungono la biocompatibilità, il basso costo ed il basso impatto ambientale. L'obiettivo del seguente lavoro di tesi è la caratterizzazione di alcuni monocristalli in base alle loro proprietà ottiche ed optoelettroniche, analizzandoli mediante tecniche microscopiche in luce polarizzata e campo scuro e tecniche spettroscopiche di assorbimento e del voltaggio superficiale. Si è concentrata l'attenzione sul monocristallo di 4-idrossicianobenzene (4HCB), per la possibilità di confronto con risultati di precedenti analisi di spettroscopia in fotocorrente e per l'interesse verso applicazioni sensoristiche. Come risultato, per la prima volta, si è riuscito a ottenere uno spettro di assorbimento da un monocristallo di 4HCB dal quale si può stimare direttamente l'energia del bandgap del cristallo. Il valore ottenuto è minore di quello relativo all'analisi in fotocorrente, ma potrebbe corrispondere ad un bandgap di tipo ottico considerando che la presenza di stati localizzati dovuta al disordine molecolare provoca una diminuzione della distanza tra le bande. La misura è preliminare è va confermata, ma apre la strada ad ulteriori analisi spettroscopiche in condizioni sperimentali più favorevoli e/o ad analisi di altro tipo.
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Negli ultimi tempi sta assumendo grande importanza la ricerca sulla produzione di idrogeno dall’acqua tramite celle foto-elettrolitiche. In questa tesi vengono descritte le analisi condotte su un materiale che può essere coinvolto in questa applicazione: il TiO2 drogato con atomi di V. In particolare è stato valutato l’effetto del drogaggio sull’energy gap tramite misure di trasmittanza ottica effettuate in laboratorio su campioni con diverse concentrazioni di V e trattati termicamente a varie temperature. Nel primo capitolo vengono descritte le caratteristiche dei semiconduttori legate all’ottica, soffermandosi in particolare sul TiO2. Nel secondo capitolo sono illustrati l’apparato e il metodo sperimentale; viene inoltre fornita una descrizione dettagliata dei campioni analizzati. Nel terzo capitolo vengono esposti i risultati delle analisi dei dati.
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Nel presente lavoro verrà analizzata la sensibilità di cristalli organici semiconduttori alle sostenze chimiche presenti nell'ambiente. Verranno studiati gli effetti prodotti dall'umidità dell'aria su campioni che si differenziano per caratteristiche chimiche e morfologia di contatto, analizzando la differenza nei valori di conducibilità in tre diverse condizioni ambientali: in aria, in azoto e in vapore acqueo. Saranno presentate le misure I-V effettuate e discusse le differenze tra i risultati ottenuti in relazione alle diverse caratteristiche dei campioni. Verrà infine proposta una possibile interpretazione degli effetti osservati.
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L’acqua è una delle risorse critiche del pianeta e l’acqua dolce accessibile all’uomo rappresenta meno dell’1% delle risorse idriche; da questi numeri si capisce quanto siano importanti la prevenzione dell’inquinamento ambientale e i processi di depurazione delle acque reflue. A partire dagli anni ’70, grazie anche al miglioramento delle tecniche analitiche, sono iniziati monitoraggi degli inquinanti nelle acque superficiali e sotterranee e sono state riscontrate concentrazioni di inquinanti, i cui effetti di tossicità cronica sull’uomo e l’ecosistema non sempre sono trascurabili. Inoltre si è rilevato che alcune molecole di sintesi sono difficilmente biodegradabili e non sono mineralizzate con i trattamenti convenzionali di depurazione; perciò l’Unione Europea ha emanato delle direttive per preservare le risorse idriche in cui è contenuto un elenco di sostanze prioritarie, per le quali sono stati fissati gli standard di qualità ambientale. Nel 2013 è stata anche istituita una watch list che contiene dieci sostanze sulle quali raccogliere dati di monitoraggio ambientale e effetti sugli ecosistemi. Di qui la ricerca costante di nuovi trattamenti di depurazione delle acque, tra i quali i processi di ossidazione avanzata attirano molto interesse perché promettono di mineralizzare i composti bio-recalcitranti senza produrre fanghi da smaltire o sottoprodotti pericolosi. Oggetto della presente tesi sperimentale, svolta presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche, nell’Istituto per la Sintesi Organica e la Fotoreattività, è stato lo studio della de-gradazione e mineralizzazione di una miscela di cinque molecole (diclofenac, carbama-zepina, triton X-100, benzofenone-3, benzofenone-4), scelte per le diverse caratteristiche chimico-fisiche, utilizzando radiazione ultravioletta e ultrasuoni, in presenza di biossido di titanio come fotocatalizzatore o perossido d'idrogeno come additivo per produrre radicali idrossile e avviare catene di reazioni ossidative. A partire dai fenomeni fotochimici o fotocatalitici così ottenuti, eventualmente assistiti da ultrasuoni, sono stati studiati gli effetti delle variazioni dei parametri operativi sulla degradazione dei componenti della miscela e sono stati valutati i consumi energetici della strumentazione prototipale per unità di massa del contaminante degradato. La parte sperimentale è stata preceduta da un’accurata ricerca bibliografica riguardo gli effetti di tossicità degli inquinanti ritrovati nelle acque, la legislazione europea ed italiana in materia ambientale e delle acque e i processi di ossidazione avanzata.
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In questo progetto di tesi si è cercato il modo di rendere più efficace la resistenza dei materiali plastici alla fotodegradazione indotta dai raggi ultravioletti, attraverso l’utilizzo di coatings ibridi organici-inorganici preparati utilizzando il processo sol-gel. Tali rivestimenti in grado di migliorare la resistenza superficiale potrebbero essere applicati a diversi materiali ed in particolare ai policarbonati che per le loro eccellenti proprietà di trasparenza vengono molto utilizzati in illuminotecnica ed altre applicazioni per l’esterno. In particolare il lavoro ha riguardato lo studio e l’utilizzo di due assorbitori UV di tipo fenolico, il 2,2’-diidrossi-4-metossibenzofenone e il 2,2’,4,4’-tetraidrossibenzofenone. Si è provato a non collocare semplicemente tali assorbitori all’interno del coating sol-gel ma a legarli covalentemente al network tridimensionale di silani auspicando una migliore resistenza alla fotodegradazione UV-indotta. Il nostro interesse si è concentrato soprattutto sul 2,2’,4,4’-tetraidrossibenzofenone, in quanto abbiamo visto che una sua funzionalizzazione rispetto all’altro assorbitore UV risulta più semplice ed efficace.