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CAPITOLO 1 INTRODUZIONE Il lavoro presentato è relativo all’utilizzo a fini metrici di immagini satellitari storiche a geometria panoramica; in particolare sono state elaborate immagini satellitari acquisite dalla piattaforma statunitense CORONA, progettata ed impiegata essenzialmente a scopi militari tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, e recentemente soggette ad una declassificazione che ne ha consentito l’accesso anche a scopi ed utenti non militari. Il tema del recupero di immagini aeree e satellitari del passato è di grande interesse per un ampio spettro di applicazioni sul territorio, dall’analisi dello sviluppo urbano o in ambito regionale fino ad indagini specifiche locali relative a siti di interesse archeologico, industriale, ambientale. Esiste infatti un grandissimo patrimonio informativo che potrebbe colmare le lacune della documentazione cartografica, di per sé, per ovvi motivi tecnici ed economici, limitata a rappresentare l’evoluzione territoriale in modo asincrono e sporadico, e con “forzature” e limitazioni nel contenuto informativo legate agli scopi ed alle modalità di rappresentazione delle carte nel corso del tempo e per diversi tipi di applicazioni. L’immagine di tipo fotografico offre una rappresentazione completa, ancorché non soggettiva, dell’esistente e può complementare molto efficacemente il dato cartografico o farne le veci laddove questo non esista. La maggior parte del patrimonio di immagini storiche è certamente legata a voli fotogrammetrici che, a partire dai primi decenni del ‘900, hanno interessato vaste aree dei paesi più avanzati, o regioni di interesse a fini bellici. Accanto a queste, ed ovviamente su periodi più vicini a noi, si collocano le immagini acquisite da piattaforma satellitare, tra le quali rivestono un grande interesse quelle realizzate a scopo di spionaggio militare, essendo ad alta risoluzione geometrica e di ottimo dettaglio. Purtroppo, questo ricco patrimonio è ancora oggi in gran parte inaccessibile, anche se recentemente sono state avviate iniziative per permetterne l’accesso a fini civili, in considerazione anche dell’obsolescenza del dato e della disponibilità di altre e migliori fonti di informazione che il moderno telerilevamento ci propone. L’impiego di immagini storiche, siano esse aeree o satellitari, è nella gran parte dei casi di carattere qualitativo, inteso ad investigare sulla presenza o assenza di oggetti o fenomeni, e di rado assume un carattere metrico ed oggettivo, che richiederebbe tra l’altro la conoscenza di dati tecnici (per esempio il certificato di calibrazione nel caso delle camere aerofotogrammetriche) che sono andati perduti o sono inaccessibili. Va ricordato anche che i mezzi di presa dell’epoca erano spesso soggetti a fenomeni di distorsione ottica o altro tipo di degrado delle immagini che ne rendevano difficile un uso metrico. D’altra parte, un utilizzo metrico di queste immagini consentirebbe di conferire all’analisi del territorio e delle modifiche in esso intercorse anche un significato oggettivo che sarebbe essenziale per diversi scopi: per esempio, per potere effettuare misure su oggetti non più esistenti o per potere confrontare con precisione o co-registrare le immagini storiche con quelle attuali opportunamente georeferenziate. Il caso delle immagini Corona è molto interessante, per una serie di specificità che esse presentano: in primo luogo esse associano ad una alta risoluzione (dimensione del pixel a terra fino a 1.80 metri) una ampia copertura a terra (i fotogrammi di alcune missioni coprono strisce lunghe fino a 250 chilometri). Queste due caratteristiche “derivano” dal principio adottato in fase di acquisizione delle immagini stesse, vale a dire la geometria panoramica scelta appunto perché l’unica che consente di associare le due caratteristiche predette e quindi molto indicata ai fini spionaggio. Inoltre, data la numerosità e la frequenza delle missioni all’interno dell’omonimo programma, le serie storiche di questi fotogrammi permettono una ricostruzione “ricca” e “minuziosa” degli assetti territoriali pregressi, data appunto la maggior quantità di informazioni e l’imparzialità associabili ai prodotti fotografici. Va precisato sin dall’inizio come queste immagini, seppur rappresentino una risorsa “storica” notevole (sono datate fra il 1959 ed il 1972 e coprono regioni moto ampie e di grandissimo interesse per analisi territoriali), siano state molto raramente impiegate a scopi metrici. Ciò è probabilmente imputabile al fatto che il loro trattamento a fini metrici non è affatto semplice per tutta una serie di motivi che saranno evidenziati nei capitoli successivi. La sperimentazione condotta nell’ambito della tesi ha avuto due obiettivi primari, uno generale ed uno più particolare: da un lato il tentativo di valutare in senso lato le potenzialità dell’enorme patrimonio rappresentato da tali immagini (reperibili ad un costo basso in confronto a prodotti simili) e dall’altro l’opportunità di indagare la situazione territoriale locale per una zona della Turchia sud orientale (intorno al sito archeologico di Tilmen Höyük) sulla quale è attivo un progetto condotto dall’Università di Bologna (responsabile scientifico il Prof. Nicolò Marchetti del Dipartimento di Archeologia), a cui il DISTART collabora attivamente dal 2005. L’attività è condotta in collaborazione con l’Università di Istanbul ed il Museo Archeologico di Gaziantep. Questo lavoro si inserisce, inoltre, in un’ottica più ampia di quelle esposta, dello studio cioè a carattere regionale della zona in cui si trovano gli scavi archeologici di Tilmen Höyük; la disponibilità di immagini multitemporali su un ampio intervallo temporale, nonché di tipo multi sensore, con dati multispettrali, doterebbe questo studio di strumenti di conoscenza di altissimo interesse per la caratterizzazione dei cambiamenti intercorsi. Per quanto riguarda l’aspetto più generale, mettere a punto una procedura per il trattamento metrico delle immagini CORONA può rivelarsi utile all’intera comunità che ruota attorno al “mondo” dei GIS e del telerilevamento; come prima ricordato tali immagini (che coprono una superficie di quasi due milioni di chilometri quadrati) rappresentano un patrimonio storico fotografico immenso che potrebbe (e dovrebbe) essere utilizzato sia a scopi archeologici, sia come supporto per lo studio, in ambiente GIS, delle dinamiche territoriali di sviluppo di quelle zone in cui sono scarse o addirittura assenti immagini satellitari dati cartografici pregressi. Il lavoro è stato suddiviso in 6 capitoli, di cui il presente costituisce il primo. Il secondo capitolo è stato dedicato alla descrizione sommaria del progetto spaziale CORONA (progetto statunitense condotto a scopo di fotoricognizione del territorio dell’ex Unione Sovietica e delle aree Mediorientali politicamente correlate ad essa); in questa fase vengono riportate notizie in merito alla nascita e all’evoluzione di tale programma, vengono descritti piuttosto dettagliatamente gli aspetti concernenti le ottiche impiegate e le modalità di acquisizione delle immagini, vengono riportati tutti i riferimenti (storici e non) utili a chi volesse approfondire la conoscenza di questo straordinario programma spaziale. Nel terzo capitolo viene presentata una breve discussione in merito alle immagini panoramiche in generale, vale a dire le modalità di acquisizione, gli aspetti geometrici e prospettici alla base del principio panoramico, i pregi ed i difetti di questo tipo di immagini. Vengono inoltre presentati i diversi metodi rintracciabili in bibliografia per la correzione delle immagini panoramiche e quelli impiegati dai diversi autori (pochi per la verità) che hanno scelto di conferire un significato metrico (quindi quantitativo e non solo qualitativo come è accaduto per lungo tempo) alle immagini CORONA. Il quarto capitolo rappresenta una breve descrizione del sito archeologico di Tilmen Höyuk; collocazione geografica, cronologia delle varie campagne di studio che l’hanno riguardato, monumenti e suppellettili rinvenute nell’area e che hanno reso possibili una ricostruzione virtuale dell’aspetto originario della città ed una più profonda comprensione della situazione delle capitali del Mediterraneo durante il periodo del Bronzo Medio. Il quinto capitolo è dedicato allo “scopo” principe del lavoro affrontato, vale a dire la generazione dell’ortofotomosaico relativo alla zona di cui sopra. Dopo un’introduzione teorica in merito alla produzione di questo tipo di prodotto (procedure e trasformazioni utilizzabili, metodi di interpolazione dei pixel, qualità del DEM utilizzato), vengono presentati e commentati i risultati ottenuti, cercando di evidenziare le correlazioni fra gli stessi e le problematiche di diversa natura incontrate nella redazione di questo lavoro di tesi. Nel sesto ed ultimo capitolo sono contenute le conclusioni in merito al lavoro in questa sede presentato. Nell’appendice A vengono riportate le tabelle dei punti di controllo utilizzati in fase di orientamento esterno dei fotogrammi.

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In questi ultimi anni il tema della sicurezza sismica degli edifici storici in muratura ha assunto particolare rilievo in quanto a partire soprattutto dall’ordinanza 3274 del 2003, emanata in seguito al sisma che colpì il Molise nel 2002, la normativa ha imposto un monitoraggio ed una classificazione degli edifici storici sotto tutela per quanto riguarda la vulnerabilità sismica (nel 2008, quest’anno, scade il termine per attuare quest’opera di classificazione). Si è posto per questo in modo più urgente il problema dello studio del comportamento degli edifici storici (non solo quelli che costituiscono monumento, ma anche e soprattutto quelli minori) e della loro sicurezza. Le Linee Guida di applicazione dell’Ordinanza 3274 nascono con l’intento di fornire strumenti e metodologie semplici ed efficaci per affrontare questo studio nei tempi previsti. Il problema si pone in modo particolare per le chiese, presenti in grande quantità sul territorio italiano e di cui costituiscono gran parte del patrimonio culturale; questi edifici, composti di solito da grandi elementi murari, non presentano comportamento scatolare, mancando orizzontamenti, elementi di collegamento efficace e muri di spina interni e sono particolarmente vulnerabili ad azioni sismiche; presentano inoltre un comportamento strutturale a sollecitazioni orizzontali che non può essere colto con un approccio globale basato, ad esempio, su un’analisi modale lineare: non ci sono modi di vibrare che coinvolgano una sufficiente parte di massa della struttura; si hanno valori dei coefficienti di partecipazione dei varii modi di vibrare minori del 10% (in generale molto più bassi). Per questo motivo l’esperienza e l’osservazione di casi reali suggeriscono un approccio di studio degli edifici storici sacri in muratura attraverso l’analisi della sicurezza sismica dei cosiddetti “macroelementi” in cui si può suddividere un edificio murario, i quali sono elementi che presentano un comportamento strutturale autonomo. Questo lavoro si inserisce in uno studio più ampio iniziato con una tesi di laurea dal titolo “Analisi Limite di Strutture in Muratura. Teoria e Applicazione all'Arco Trionfale” (M. Temprati), che ha studiato il comportamento dell’arco trionfale della chiesa collegiata di Santa Maria del Borgo a San Nicandro Garganico (FG). Suddividere un edificio in muratura in più elementi è il metodo proposto nelle Linee Guida, di cui si parla nel primo capitolo del presente lavoro: la vulnerabilità delle strutture può essere studiata tramite il moltiplicatore di collasso quale parametro in grado di esprimere il livello di sicurezza sismica. Nel secondo capitolo si illustra il calcolo degli indici di vulnerabilità e delle accelerazioni di danno per la chiesa di Santa Maria del Borgo, attraverso la compilazione delle schede dette “di II livello”, secondo quanto indicato nelle Linee Guida. Nel terzo capitolo viene riportato il calcolo del moltiplicatore di collasso a ribaltamento della facciata della chiesa. Su questo elemento si è incentrata l’attenzione nel presente lavoro. A causa della complessità dello schema strutturale della facciata connessa ad altri elementi dell’edificio, si è fatto uso del codice di calcolo agli elementi finiti ABAQUS. Della modellazione del materiale e del settaggio dei parametri del software si è discusso nel quarto capitolo. Nel quinto capitolo si illustra l’analisi condotta tramite ABAQUS sullo stesso schema della facciata utilizzato per il calcolo manuale nel capitolo tre: l’utilizzo combinato dell’analisi cinematica e del metodo agli elementi finiti permette per esempi semplici di convalidare i risultati ottenibili con un’analisi non-lineare agli elementi finiti e di estenderne la validità a schemi più completi e più complessi. Nel sesto capitolo infatti si riportano i risultati delle analisi condotte con ABAQUS su schemi strutturali in cui si considerano anche gli elementi connessi alla facciata. Si riesce in questo modo ad individuare con chiarezza il meccanismo di collasso di più facile attivazione per la facciata e a trarre importanti informazioni sul comportamento strutturale delle varie parti, anche in vista di un intervento di ristrutturazione e miglioramento sismico.

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Lo studio qui condotto è atto a valutare il livello di servizio della rotatoria posta in corrispondenza del nodo Aeroporto-Triumvirato-Tangenziale, nodo che ha un grande interesse dal punto di vista del traffico veicolare. Si illustra la situazione precedente la realizzazione dell’opera e quindi il livello di servizio con il software HCS2000. Successivamente, si studia il comportamento della rotatoria senza sottopasso estrapolando i risultati per il livello di servizio con il software SIDRA. Con lo stesso strumento di valutazione, poi lo stato attuale, la rotatoria con il sottopasso. L’ultima parte dello studio riguarda una simulazione che nasce dal confronto di flussi di movimenti negli anni 1999 e 2006. Quindi è stata valutata una situazione probabile, nata dall’aumento percentuale dei movimenti su tutti gli accessi e la relativa proposta di intervento.

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Nel presente lavoro di tesi ci si è occupati dello studio del comportamento idraulico-ambientale della rete di drenaggio a servizio della città di Modena. In particolare si è condotta una valutazione dell’effetto che gli scaricatori della rete fognaria in oggetto hanno sul complesso dei corpi idrici riceventi. Tale lavoro si prefigge anche lo scopo di individuare e dimensionare i più efficaci sistemi di controllo degli sversamenti, operati dagli scaricatori stessi, ed infine supportare analisi costi-benefici in vista della realizzazione delle opere di risanamento ambientale necessarie per ottemperare ai vincoli imposti dalla vigente normativa regionale in merito alla gestione delle acque di prima pioggia (Deliberazione G.R. Emilia Romagna 286/2005). Lo studio si è articolato in fasi successive: • analisi dello stato di fatto; • catalogazione degli scaricatori in esercizio nella rete di drenaggio; • determinazione ed analisi dei bacini idrografici e delle superfici scolanti; • implementazione di un modello numerico della rete di drenaggio; • individuazione e valutazione delle criticità idraulico-ambientali del sistema, mediante simulazioni in continuo delle serie pluviometriche degli anni 2005 e 2006. L’attività che ha portato al conseguimento dei risultati che sono raccolti in questa “nota” è stata svolta in collaborazione con la società HERA Modena s.r.l. a cui compete, fra le altre, la gestione dell’intera rete di drenaggio urbano del Comune di Modena. La fase di analisi dello stato di fatto e delle superfici scolanti afferenti ai singoli sottobacini è stata condotta utilizzando lo strumento GIS Arcview; il quale è di supporto, anche ai fini di un’appropriata definizione delle caratteristiche specifiche del territorio. Lo studio è stato sviluppato mediante la realizzazione di un modello numerico di simulazione quali-quantitativa con l’ausilio del software InfoWorks CS 8.05, distribuito dalla Wallingford Software Ltd UK.

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La presente tesi analizza il comportamento differito in una prova di flessione su quattro punti su una trave prefabbricata con getto di soletta integrativa in opera. Sono riportati i risultati della prova di carico e di rottura sulla trave. Le prove sono state eseguite presso il Laboratorio di Prove Strutture (DISTART) dell'Università di Bologna. La trave è composta di due tipi di calcestreuzzo, realizzati in tempi diversi e con proprietà meccaniche diverse. L'obiettivo della campagna sperimentale è studiare l'effetto delle fasi di costruzione sull'evoluzione delle tensioni e delle deformazioni nel tempo e sulla resistenza ultima della trave. Il comportamento sperimentale è stato confrontato con i risultati numerici ottenuti con un modello a fibre in grado di cogliere anche i fenomeni legati al creep.

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L' argomento di questa tesi tratta l'analisi di una copertura reticolare a forma libera di grande luce. Partendo da una modellazione FEM della reticolare risolta al calcolatore si è cercato un metodo di analisi semplificato alternativo per l'individuazione approssimata delle sollecitazioni che nascono in seguito ai carichi. Ripercorrendo i passi sviluppati dal metodo americano per il calcolo dei solai a fungo, si individuano le sezioni portanti principali della forma strutturale, deducendo l'andamento del momento flettente dagli sforzi in corrispondenza dei correnti tesi e compressi. Sulle stesse sezioni sono stati costruiti dei modelli mono e bidimensionali semplificati che cercano di rappresentare, con diversa scala di precisione, l'andamento della sollecitazione flettente realmente presente nella struttura. Dall'analisi del momento flettente risultante dai modelli monodimensionali si individuano le modifiche effettuabili sulla geometria strutturale con lo scopo di migliorarne la risposta globale ed i parametri di progetto utili per il dimensionamento. Al termine si sono confrontati i risultati ottenuti dalle due strutture analizzate, ovvero con o senza le modifiche alla geometria, riportando alcuni parametri caratteristici del comportamento strutturale e traendo così conclusioni sulla soluzione migliore.

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Lo svolgimento di questa tesi ha riguardato la caratterizzazione di una roccia carbonatica metamorfica, marmo proveniente da un bacino estrattivo delle Alpi Apuane, mediante prove di laboratorio: in particolare, si è esaminato il comportamento di tale materiale sia mediante prove distruttive, sia mediante prove non distruttive. Lo studio è stato condotto su diverse tipologie di campioni (cilindri di diametro differente ma con uguale rapporto tra diametro e altezza, campioni informi di materiale), tutti ottenuti da blocchi informi prelevati nel bacino estrattivo dell’Arnetola, sito nel comune di Vagli Sotto (LU). Sui campioni carotati sono state eseguite più prove standard (distruttive e non), mentre i campioni informi sono stati utilizzati per la determinazione, mediante prova distruttiva, dell’indice di resistenza R.I.H.N. (acronimo di Rock Impact Hardness Number). Tale prova è in grado di fornire utili informazioni sulla resistenza dei materiali rocciosi, risultando particolarmente utile nell’industria estrattiva grazie alla semplice apparecchiatura che dà la possibilità di eseguire un numero elevato di determinazioni nei centri stessi di produzione, con bassi costi unitari. Data la variabilità dei risultati ottenuti, sono state eseguite ulteriori analisi (studio tessiturale in sezione sottile, analisi calcimetrica e analisi diffrattometrica) che mettessero in luce la composizione mineralogica e la struttura microscopica del materiale testato, in modo da interpretare i risultati delle prove di laboratorio effettuate. Alla luce dei risultati ottenuti, sono state elaborate alcune correlazioni tra le varie prove, facendo anche uso di alcuni abachi.

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Con il presente lavoro di tesi mi sono proposto di realizzare la Dichiarazione Ambientale EMAS di gruppo per la EDISON Stoccaggio S.p.A. Nell’affrontare questa tematica, ho avuto modo di comprendere a pieno la crescente importanza strategica che lo stoccaggio di gas naturale sta sempre più assumendo nei confronti della politica energetica nazionale ed internazionale. Il sistema degli stoccaggi, infatti, ha una duplice valenza: di riserva strategica, ai fini della sicurezza di approvvigionamento per il sistema energetico nazionale, e di riserva di modulazione, al fine di compensare fluttuazioni di domanda sia stagionali che di breve termine. Esso rappresenta quindi un fondamentale strumento di flessibilità per il sistema energetico nazionale. La mia attività è stata svolta giornalmente presso la Base Operativa di Edison Stoccaggio S.p.A situata nel comune di S. Giovanni Teatino (CH) dove si svolgono attività di gestione integrata ed ottimizzata dei Siti Operativi del settore Stoccaggio Gas Naturale. Visite periodiche, al fine di raccogliere dati operativi necessari al mio lavoro, sono state effettuate presso i due siti di EDISON Stoccaggio S.p.A. nei quali si svolgono attività di Stoccaggio e Produzione Gas Naturale: Centrale Gas di Cellino Attanasio (TE) e Centrale Gas di Collalto situata nel comune di Susegana (TV). La tesi è strutturata in una prima parte nella quale viene presentata una rapida panoramica sull’evoluzione e situazione europea attuale riguardante lo strumento di natura volontaria di Eco-gestione e sistema d’audit noto come regolamento EMAS; in particolare mi sono soffermato sullo studio delle fasi da compiere per ottenere la registrazione EMAS, con particolare attenzione alla Dichiarazione Ambientale, fulcro dell’iter di registrazione, e oggetto principale del mio lavoro. Particolarmente laborioso è stato infatti lo studio che è stato necessario per produrre una Dichiarazione Ambientale che contenesse tutti i dati operativi dettagliati e aggiornati dell’intera azienda Edison Stoccaggio S.p.A. Nella seconda parte dell’elaborato vengono descritte quelle che sono le caratteristiche di una centrale di stoccaggio gas, al fine di poter comprendere a pieno le tipologie di attività svolte con i loro relativi impatti ambientali e consumo di risorse, aspetti che, vengono trattati in modo dettagliato e risultano basilari nella Dichiarazione Ambientale. Nella parte riguardante la Dichiarazione Ambientale vengono esposte le linee guida e la struttura da seguire al fine di ottenere un documento completo e funzionale in modo che sia fruibile da tutti gli svariati interlocutori. A seguire viene presentata la “Proposta di Dichiarazione Ambientale” da me elaborata nel corso della esperienza avuta presso Edison Stoccaggio S.p.A. Gran parte del lavoro è stato volto all’analisi dei dati operativi dell’Organizzazione Edison Stoccaggio S.p.A. al fine di produrre una Dichiarazione Ambientale più dettagliata e particolareggiata possibile e che al contempo fornisca una chiara visione d’insieme di quelle che sono le attività e gli aspetti ambientali riguardanti i siti dell’Azienda. Sono stati esaminati nel dettaglio gli aspetti ambientali diretti e indiretti connessi all’utilizzo di risorse ed a potenziali influenze per l’ambiente esterno, formulando infine un programma ambientale contenente obbiettivi di miglioramento e conseguenti interventi da attuare allo scopo di ottenere i risultati prefissati. A conclusione del lavoro è stato inoltre presentato uno studio di fattibilità che prevede un analisi dei tempi necessari per l’ottenimento della certificazione e comprende i costi e gli interventi tecnici ritenuti necessari a seguito della visione dei documenti tecnico impiantistici, della conformità legislativa nonché dello stato attuale degli impianti.

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Le strutture caratterizzate da una non coincidenza tra il baricentro delle masse e quello delle rigidezze, chiamate strutture eccentriche, sviluppano degli effetti torsionali se soggette ad un’eccitazione dinamica. Un’accurata analisi delle equazioni del moto di sistemi lineari e non lineari di strutture ad un singolo piano ha portato allo sviluppo di un metodo, detto metodo ALPHA, che, attraverso un parametro, detto parametro “alpha”, permette di stimare gli spostamenti di rotazione in funzione dei soli spostamenti longitudinali. Il limite di questo metodo, tuttavia, è quello di essere riferito a strutture ad un singolo piano, non comuni nella pratica progettuale: si è reso quindi necessario uno studio per testarne la validità anche per strutture multi piano, partendo da strutture semplici a due e tre piani. Data la semplicità del metodo ALPHA, si è deciso di affrontare questo problema cercando di cogliere il comportamento dei diversi piani della struttura multipiano con delle strutture ad un singolo piano. Sono state svolte numerose analisi numeriche in cui sono stati fatti variare i parametri di rigidezza, massa, eccentricità e distribuzione delle rigidezze dei vari piani; come indice di validità della struttura mono piano scelta si è utilizzato il rapporto tra il parametro “psi” dell’i-esimo piano e quello della struttura mono piano scelta, dove “psi” rappresenta il rapporto tra “R” ed “alpha”; “R” è il rapporto tra la massima rotazione e il massimo spostamento longitudinale per una struttura eccentrica soggetta ad un’eccitazione dinamica. Dai risultati ottenuti si deduce che, nella maggioranza dei casi, la struttura mono piano che meglio rappresenta il comportamento di tutti i piani è caratterizzata da massa e rigidezza dell’intera struttura multipiano, da un’eccentricità pari alla minore tra quelle dei vari piani e presenta la peggiore distribuzione delle rigidezze tra quelle che si riscontrano nei vari piani.

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Lo studio del processo produttivo del riciclo di materiali provenienti da attività di C&D in un impianto di nuova realizzazione, presentato in questa tesi di laurea,è così articolato: nel primo capitolo si analizza la complicata evoluzione della normativa in materia di rifiuti (non solo da C&D) su scala europea e nazionale accennando i provvedimenti legislativi su scala regionale, con particolare riferimento alla Regione Veneto. Si esamineranno, pertanto, le direttive e le decisioni della Comunità Europea che hanno ispirato, a partire dal 1975, i provvedimenti legislativi nazionali, tra cui vale la pena di ricordare il “Decreto Ronchi”, emanato nel febbraio del 1997, l’attuale D.Lgs. 3/4/2006 n.152, e i Decreti Ministeriali di riferimento per la materia di studio, ovvero il D.M. 5/2/1998, riguardante l’individuazione dei rifiuti per cui è possibile procedere al loro trattamento in regime semplificato e l’ancora poco attuato D.M.8/5/2003 n.203, riferito all’utilizzo di materiale riciclato nelle Pubbliche Amministrazioni. Il secondo capitolo definisce, invece, le caratteristiche principali dei rifiuti da C&D, appartenenti alla categoria dei rifiuti inerti, e delinea le odierne problematiche inerenti a tali materiali. A conferma di queste, nella seconda parte del capitolo, sono presentati alcuni dati che fotografano oggettivamente gli scenari attuali in Europa e in Italia in riferimento alla produzione, al recupero e allo smaltimento di questa categoria di rifiuti. In seguito, il terzo capitolo inizia a definire gli aspetti relativi alla realizzazione di un impianto di studio per il riciclo di rifiuti da C&D. In esso si evidenziano le procedure amministrative, gli adempimenti burocratici e in generale tutti gli aspetti inerenti alla gestione dei rifiuti da C&D per l’esecuzione delle attività di recupero e smaltimento previste dal D.Lgs. n.152/2006, così come modificato dal recentissimo D.Lgs. n.4/2008. Il quarto capitolo definisce i termini per poter considerare i rifiuti da C&D trattati in impianto come MPS. L’attenzione è riposta sulla Direttiva 89/106/CEE, che impone obbligatoriamente, dal 01/06/2004, la marcatura CE per tutti i prodotti da costruzione e, quindi, anche per gli aggregati riciclati. Pertanto, in questo capitolo, vengono definite le prove richieste obbligatoriamente dal D.M 11/4/2007 in accordo con la norma europea UNI EN 13242 recante “Aggregati per materiali non legati e legati con leganti idraulici per l'impiego in opere di ingegneria civile e nella costruzione di strade" ed, in conclusione, viene studiata la Circolare n.5205/2005 che dovrebbe dare attuazione nel settore edile, stradale e ambientale al D.M. n.203/2003. Successivamente, il quinto capitolo delinea le caratteristiche principali degli impianti di trattamento per il recupero dei rifiuti da C&D, delineando le principali differenze tra gli impianti fissi e i mobili ed esaminando le diverse fasi del ciclo produttivo, anche in relazione ad un impianto di studio situato nella provincia di Verona. Infine, il sesto capitolo riassume i risultati delle prove di marcatura CE per gli aggregati riciclati prodotti nell’impianto descritto. Tali prove sono state eseguite presso il Laboratorio di Strade della Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Bologna.

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“Lean Thinking” non è semplicemente una nuova metodologia organizzativa, ma rappresenta un nuovo modo di ragionare, teso ad accrescere la flessibilità dell’impresa attraverso un ripensamento dell’intero flusso di creazione del valore, dalla progettazione fino alla gestione degli ordini. Questo lavoro presenta i risultati che un’azienda produttrice di macchine per l’agricoltura, la Gallignani di Russi, ha ottenuto in campo logistico e produttivo, grazie all’applicazione dei principi della Lean Production.

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Espongo i fatti di base della teoria delle rappresentazioni con lo scopo di indagare i possibili modi in cui un dato gruppo di Lie o algebra di Lie agisce su uno spazio vettoriale di dimensione finita. Tali risultati verranno applicati all'algebra di Lie del gruppo speciale lineare.

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ABSTRACT In passato valeva il motto “grande è meglio”. Le aziende avevano enormi magazzini che riempivano fino a che questi riuscivano a contenere merce. Ciò avveniva nella convinzione che gli alti costi della gestione delle scorte sarebbero stati superati dalle vendite. Negli ultimi anni le aziende hanno però radicalmente cambiato il loro approccio alla gestione delle rimanenze: queste, vengono considerate un eccesso e i magazzini con elevate scorte vengono visti come un‟opportunità mancata e capitale sprecato. I produttori sono sempre più consapevoli della necessità di minimizzare l‟inventario e massimizzare la rotazione dei prodotti. In questo contesto si inseriscono le problematiche connesse alla gestione delle scorte, con particolare riferimento al fenomeno dello slow moving, espressione che indica tutti i materiali a lenta movimentazione stoccati a magazzino. Questi spesso rappresentano un importante onere finanziario per le aziende: si sostengono costi di immobilizzo del capitale, di stoccaggio del materiale oltre a quelli connessi al rischio di obsolescenza. Molto spesso si tende a trascurare il problema, fino a quando le dimensioni di quest‟ultimo si ingrandiscono al punto di diventare una priorità aziendale da cui si cerca una rapida soluzione. L‟elaborato presenta un preliminare studio di caso che ha costituito il punto di partenza per la progettazione di un action plan per la riduzione e lo smaltimento degli item obsoleti e a bassa movimentazione di una realtà aziendale italiana del settore metalmeccanico di cui si presentano anche i primi risultati dell‟implementazione. Dopo aver fornito una panoramica teorica sul ruolo e la gestione delle scorte, si passa ad analizzare il problema dello slow moving in una particolare realtà aziendale, la Biffi s.r.l. di Fiorenzuola d‟Arda (Piacenza), un‟ impresa che dal 1955 produce attuatori per valvole. Esaminato il mercato di riferimento, il tipo di prodotto e il processo di fabbricazione, si passa all‟as-is del magazzino. Attraverso tale analisi, vengono poste in risalto le problematiche legate all‟identificazione, classificazione e gestione dei codici slow moving. E‟ stato proprio lo studio di questi dati che ha posto le basi per lo sviluppo dell‟action plan per la razionalizzazione delle giacenze a magazzino. Nell‟ultima parte dell‟elaborato ho quindi descritto le azioni intraprese e presentato i risultati ottenuti, che hanno consentito risparmi significativi senza effettuare investimenti , ma semplicemente utilizzando al meglio le risorse già disponibili.

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Il cambiamento organizzativo costituisce oggi un elemento fondamentale per la sopravvivenza dell'impresa. Un approccio al cambiamento è costituito dal Total Quality Management (o Qualità Totale). La Qualità Totale pone il cliente e la sua soddisfazione al centro delle decisioni aziendali. Ciò presuppone un coinvolgimento di tutto il personale dell'impresa nell'attività di miglioramento continuo. Un sistema di gestione della Qualità Totale è rappresentato dalla Lean Manufacturing. Infatti, i punti essenziali della Lean Manufacturing sono il focus sul cliente, l'eliminazione degli sprechi ed il miglioramento continuo. L'obiettivo è la creazione di valore per il cliente e, quindi, l'eliminazione di ogni forma di spreco. E' necessario adottare un'organizzazione a flusso e controllare continuamente il valore del flusso nell'ottica del miglioramento continuo. Il Lead Time costituisce l'indicatore principale della Lean Manufacturing.I risultati principali della Lean Manufacturing sono: aumento della produttività, miglioramento della qualità del prodotto, riduzione dei lead time e minimizzazione delle scorte ed aumento della rotazione. Tutto ciò è applicato ad un caso aziendale reale. Il caso si compone di un'analisi dei processi di supporto, dell'analisi del capitale circolante (analisi dello stock e del flusso attuale e futuro) e dell'analisi del sistema di trasporto, con l'obiettivo di ridurre il più possibile il lead time totale del sistema.

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Nel presente lavoro sono stati illustrati i risultati preliminari di uno studio mirato alla modellazione del processo di vagliatura di RSU. Il modello, sviluppato sulla base di ipotesi sia cinematiche che probabilistiche, è stato implementato ed applicato per la verifica dell’influenza delle condizioni operative sull’efficienza del processo di separazione. La modellazione è stata sviluppata studiando la cinematica di una particella all’interno di un vaglio rotante, prima studiando il comportamento della singola particella e poi studiando il comportamento di più particelle. Lo sviluppo di tale modello, consente di determinare l’efficienza di rimozione per le diverse frazioni merceologiche di un rifiuto, ciascuna caratterizzata da una propria distribuzione dimensionale,. La validazione è stata svolta effettuando una campagna di misurazioni utilizzando un vaglio in scala (1:10) e un vaglio di dimensioni reali . Da queste misurazioni è emerso che il modello è ben rappresentativo della realtà, in alcuni casi, si sono evidenziate delle discrepanze dal comportamento reale del rifiuto, ciò è senz’altro da attribuite alla forte eterogeneità dei materiali costituenti il rifiuto solido urbano e dall’interferenza che le une causano sulle altre. Si è appurato che, variando i parametri quali: l’angolo di inclinazione longitudinale del vaglio, la velocità di rotazione si ha un diverso comportamento del rifiuto all’interno del vaglio e quindi una variazione dell’efficienza di separazione di quest’ultimo. In particolare è stata mostrata una possibile applicazione del modello legata alla valutazione delle caratteristiche del sopravaglio nel caso questo sia destinato alla produzione di CDR. Attraverso la formula di Dulong si è calcolato il potere calorifico superiore, (sia allo stato umido che allo stato secco), ottenuto effettuando delle variazioni dei parametri citati precedentemente, calcolato sulla massa uscente dal sopravaglio e quindi quella utilizzata come combustibile per gli impianti di termovalorizzazione.( C.D.R.) Si è osservato il legame esistente tra le condizioni operative inclinazione e velocità di rotazione del tamburo ed il potere calorifico del flusso selezionato con l’obiettivo di massimizzare quest’ultimo. Dalle è prove è emerso come il fattore umidità giochi un ruolo fondamentale per l’ottimizzazione del CDR, l’umidità infatti incide negativamente sul potere calorifico del rifiuto invertendo il rapporto normalmente direttamente proporzionale tra percentuale di sopravaglio e potere calorifico, dunque a causa dell’umidità all’aumentare del flusso di sopravaglio si ha una diminuzione del potere calorifico. Lo sviluppo e la validazione di un modello teorico, ci permette di affrontare il problema della selezione e separazione dei RSU,non più solo tramite un procedimento induttivo basato unicamente sulle osservazioni, ma tramite un procedimento deduttivo grazie al quale "conoscendo l’input si prevede quale sarà l’output". Allo stato attuale la scelta e il dimensionamento delle unità di separazione dimensionale nei processi di selezione è basata unicamente su conoscenze di natura empirica L’obiettivo principale è stato dunque quello di costruire uno strumento in grado di determinare le caratteristiche dei flussi uscenti dall’unità di vagliatura, note che siano le caratteristiche del flusso in ingresso ed i parametri operativi Questo approccio permette di eseguire valutazioni oggettive circa la reale rispondenza delle caratteristiche dei flussi in uscita a standard prefissati,peraltro consente di eseguire valutazioni sulle uscite di processo rispetto alla variabilità delle caratteristiche dei rifiuti in ingresso .