189 resultados para Halmemies-Beauchet-Filleau, Anni


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Trent’anni or sono il concetto di ottimalità venne formulato in senso teorico da Lévy, ma solo un decennio dopo Lamping riesce a darne elegante implementazione algoritmica. Realizza un sistema di riduzione su grafi che si scoprirà poi avere interessanti analogie con la logica lineare presentata nello stesso periodo da Girard. Ma l’ottimalità è davvero ottimale? In altre parole, l’implementazione ottimale del λ calcolo realizzata attraverso i grafi di condivisione, è davvero la migliore strategia di riduzione, in termini di complessità? Dopo anni di infondati dubbi e di immeritato oblìo, alla conferenza LICS del 2007, Baillot, Coppola e Dal Lago, danno una prima risposta positiva, seppur parziale. Considerano infatti il caso particolare delle logiche affini elementare e leggera, che possiedono interessanti proprietà a livello di complessità intrinseca e semplificano l’arduo problema. La prima parte di questa tesi presenta, in sintesi, la teoria dell’ottimalità e la sua implementazione condivisa. La seconda parte affronta il tema della sua complessità, a cominciare da una panoramica dei più importanti risultati ad essa legati. La successiva introduzione alle logiche affini, e alle relative caratteristiche, costituisce la necessaria premessa ai due capitoli successivi, che presentano una dimostrazione alternativa ed originale degli ultimi risultati basati appunto su EAL e LAL. Nel primo dei due capitoli viene definito un sistema intermedio fra le reti di prova delle logiche e la riduzione dei grafi, nel secondo sono dimostrate correttezza ed ottimalità dell’implementazione condivisa per mezzo di una simulazione. Lungo la trattazione sono offerti alcuni spunti di riflessione sulla dinamica interna della β riduzione riduzione e sui suoi legami con le reti di prova della logica lineare.

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La Pialassa Baiona è una laguna sottoposta a diversi vincoli normativi, visto il suo inquadramento tra le aree SIC e ZPS, e soggetta a diverse sorgenti di disturbo antropico, più intense negli anni ‘50-‘70. Questa tesi si propone lo scopo di valutare il rischio associato ai metalli bivalenti presenti nei sedimenti della Pialassa Baiona attraverso tre approcci: il primo riguarda la determinazione della frazione biodisponibile dei metalli presenti nei sedimenti attraverso la determinazione dei solfuri acidi volatili (AVS) e dei metalli simultaneamente estraibili (SEM), nonché la valutazione della potenziale tossicità dei sedimenti attraverso la valutazione del rapporto molare SEM/AVS, il secondo approccio considera invece il contenuto pseudo totale dei metalli bivalenti (Cd, Cu, Ni, Pb e Zn) e il loro confronto sia con i valori tipici di fondo naturale del Mar Adriatico che con i valori guida di riferimento internazionale (Threshold Effect Level, TEL e Probable Effect Level, PEL) al fine di valutare lo stato di qualità dei sedimenti della zona d’indagine. Il terzo approccio considera l’influenza del gradiente naturale terra-mare tipico delle zone di transizione e del gradiente antropico legato alla vicinanza dell’area industriale alla Pialassa Baiona, sulla distribuzione spaziale dei metalli oggetto di questo studio. I risultati ottenuti evidenziano che l’area più prossima alla zona industriale e al contempo più lontana dall’effetto del ricambio delle acque e di dilavamento ad opera del mare, è risultata quella con livelli significativamente più elevati per la maggior parte dei metalli analizzati. Questo permette di ipotizzare un’influenza diretta delle sorgenti di inquinanti, ma anche un effetto dispersivo della circolazione. Gli AVS hanno invece evidenziato un gradiente terra-mare; ciò comporta che nelle zone più prossime all’influenza del mare si sono riscontrate concentrazioni minori di AVS. La valutazione della potenziale tossicità dei metalli in termini di rapporto SEM/AVS non ha evidenziato la presenza di siti a rischio per il biota acquatico, se non per un unico sito prossimo all’area industriale.

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L’oggetto del progetto di restauro è il Castello di Montebello, un’antica fortezza inserita all’interno del circuito di costruzioni militari della Valle del Marecchia, dunque un oggetto della storia e nella storia. Dunque un’attenta fase diagnostica-conoscitiva deve costituire la premessa indispensabile a qualsiasi intervento sulla preesistenza. Così a partire dai dati conoscitivi assunti si sono delineati gli obiettivi del progetto. L’obiettivo conservativo viene, in questo caso specifico, raggiunto non solo attraverso la conservazione vera e propria, ma anche attraverso la demolizione: una quasi paradossale demolizione per la conservazione. Le strutture introdotte con l’intervento di ricostruzione degli anni Sessanta del Novecento effettuato sul manufatto storico infatti, non solo, non introducono valore aggiuntivo all’opera,ma ne compromettono, per soluzioni, materiali ed incertezza costruttiva, la spazialità e la sicurezza, dunque la conservazione. Così, attraverso operazioni ora di conservazione, ora di demolizione e ricostruzione si è cercato di predisporre la fabbrica affinché, in modo sicuro possa accogliere una funzione, necessariamente compatibile e rispettosa del manufatto, che ne consenta il prolungamento della vita e la conservazione nel tempo. La funzione museale, finalizzata alla valorizzazione del complesso difensivo e all’esposizione della collezione epigrafica della famiglia proprietaria sembrano rispondere appieno alle domande del progetto di restauro.

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‘Una volta costruita, tuttavia, l’architettura è sottoposta ai mutamenti dovuti all’azione corruttrice del tempo, all’aggressione dell’ambiente all’uso e alle manipolazioni umane. La Natura, depredata delle sue forme, cerca di riappropriarsi di ciò che le è stato tolto’. B. Paolo Torsello Le parole di B. Paolo Torsello descrivono fedelmente ciò che è avvenuto al complesso di Carpineta una volta terminata la sua funzione di sede estiva del Seminario di Cesena negli anni Sessanta. Il fine del nostro progetto è la conoscenza e la rivalutazione, fare rivivere un luogo dall’evidente interesse culturale e paesaggistico ormai abbandonato da tempo, che pur essendo a breve distanza da un centro importante come Cesena, risulta dimenticato dai più. La complessità dell’oggetto è stata al contempo una difficoltà, nella fase iniziale di approccio al tema nel tentativo di capire come far dialogare elementi eterogenei tra loro, per poi rivelarsi, la vera forza del progetto, permettendoci una certa libertà di azione, sempre nel rispetto della preesistenza e dei caratteri del territorio. L’intervento è stato pensato innanzitutto dai dati storici la cui ricerca e successiva analisi ha permesso di capire le dinamiche di evoluzione dell’edificio, della cinta muraria e del parco dalle quali è scaturito come naturale conseguenza. Il nostro progetto prevede il recupero dell’intero complesso tramite un adeguato intervento di restauro finalizzato alla conservazione delle mura ancora visibili e del palazzo, la sistemazione del parco esistente che ne permetta una maggiore fruizione e ne valorizzi il grande pregio paesaggistico, una nuova destinazione d’uso come struttura ricettiva, rispettando il carattere dell’edificio, e l’inserimento di un corpo nuovo che ricrei la volumetria dell’antico torrione scomparso da secoli senza volerne imitare la forma, ma creando un necessario collegamento tra i diversi livelli di progetto. Il restauro, enunciato come il fine, si pone, di fatto, come la fine della conoscenza B. Paolo Torsello

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Chiunque visiti il Castello di Sorrivoli, può percepire lo straordinario valore testimoniale di questo monumento, dall’aspetto “venerando e pittoresco”, che racchiude in sé quasi mille anni di storia. Il continuo utilizzo del castello, le piccole opere di manutenzione e le campagne di restauro hanno garantito la trasmissione al presente di apparati tipici dell’architettura bellica medievale e del palatium residenziale, ma soprattutto hanno reso possibile leggere parte di questi mille anni direttamente sulla fabbrica. Quello che invece colpisce negativamente è come il castello abbia dovuto adattarsi alle nuove funzioni, imposte aprioristicamente negli ultimi decenni e non viceversa. Spazi straordinari sono stati compromessi, gran parte delle sale sono utilizzate come deposito e le ali del castello, che non possono essere ragionevolmente sfruttate dalla comunità religiosa, si trovano in uno stato di conservazione pessimo, mettendo così a repentaglio la possibilità di continuare questa traditio, intesa col significato latino di tradere ai posteri la memoria del castello. L’approccio alla fabbrica richiedeva dunque, oltre agli interventi sui paramenti, una nuova destinazione d’uso che, coinvolgendo tutto il castello, ne valorizzasse le spazialità e soprattutto permettesse la conservazione di tutte le sue parti costitutive. In secondo luogo, la nuova ipotesi aspirava a confrontarsi con una situazione realistica e sostenibile dal punto di vista della gestione del complesso. Dopo aver valutato quelle che erano le opportunità offerte dal territorio e le vocazioni d’uso del castello stesso, è quindi emersa la necessità di avere due livelli di fruizione, uno che permettesse a tutti di conoscere e visitare il castello e le sue parti più significative e il secondo più materiale, legato alla presenza di tutti quei servizi che rendono confortevole la permanenza delle persone. Per queste ragioni il percorso ha inizio nel parco, con una lettura complessiva del monumento; prosegue, attraverso la postierla, nel piano interrato, dove è allestito un museo virtuale che narra, in maniera interattiva, la storia del castello e termina sulla corte, dove il nuovo volume, che ripropone la spazialità dell’ala crollata, permette di comprendere i legami intrinseci col territorio circostante. La torre centrale assume infine il ruolo di punto culminante di questa ascesa verso la conoscenza del castello, diventando un luogo metaforico di meditazione e osservazione del paesaggio. Il piano terra e il piano primo dell’antico palatium ospitano invece una struttura ricettiva, che aspirando ad un’elevata qualità di servizi offerti, è dotata di punto vendita e degustazione di prodotti tipici e sala conferenze. La scelta di ricostruire l’ala crollata invece, non vuol essere un gesto autografo, ma deriva dall’esigenza di far funzionare al meglio il complesso sistema del castello; sono stati destinati al volume di nuova edificazione quei servizi necessari che però non erano compatibili con la fabbrica antica e soprattutto si è cercato di dar conclusione al racconto iniziato nel giardino. In tal senso la valorizzazione del castello si articola come un percorso di conoscenza che si pone come scopo primario la conservazione del monumento, senza però negare l’innovazione legata alla contemporaneità dell’intervento e alla volontà di volerlo includere in una più ampia dinamica territoriale.

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Con il termine Smart Grid si intende una rete urbana capillare che trasporta energia, informazione e controllo, composta da dispositivi e sistemi altamente distribuiti e cooperanti. Essa deve essere in grado di orchestrare in modo intelligente le azioni di tutti gli utenti e dispositivi connessi al fine di distribuire energia in modo sicuro, efficiente e sostenibile. Questo connubio fra ICT ed Energia viene comunemente identificato anche con il termine Smart Metering, o Internet of Energy. La crescente domanda di energia e l’assoluta necessità di ridurre gli impatti ambientali (pacchetto clima energia 20-20-20 [9]), ha creato una convergenza di interessi scientifici, industriali e politici sul tema di come le tecnologie ICT possano abilitare un processo di trasformazione strutturale di ogni fase del ciclo energetico: dalla generazione fino all’accumulo, al trasporto, alla distribuzione, alla vendita e, non ultimo, il consumo intelligente di energia. Tutti i dispositivi connessi, diventeranno parte attiva di un ciclo di controllo esteso alle grandi centrali di generazione così come ai comportamenti dei singoli utenti, agli elettrodomestici di casa, alle auto elettriche e ai sistemi di micro-generazione diffusa. La Smart Grid dovrà quindi appoggiarsi su una rete capillare di comunicazione che fornisca non solo la connettività fra i dispositivi, ma anche l’abilitazione di nuovi servizi energetici a valore aggiunto. In questo scenario, la strategia di comunicazione sviluppata per lo Smart Metering dell’energia elettrica, può essere estesa anche a tutte le applicazioni di telerilevamento e gestione, come nuovi contatori dell’acqua e del gas intelligenti, gestione dei rifiuti, monitoraggio dell’inquinamento dell’aria, monitoraggio del rumore acustico stradale, controllo continuo del sistema di illuminazione pubblico, sistemi di gestione dei parcheggi cittadini, monitoraggio del servizio di noleggio delle biciclette, ecc. Tutto ciò si prevede possa contribuire alla progettazione di un unico sistema connesso, dove differenti dispositivi eterogenei saranno collegati per mettere a disposizione un’adeguata struttura a basso costo e bassa potenza, chiamata Metropolitan Mesh Machine Network (M3N) o ancora meglio Smart City. Le Smart Cities dovranno a loro volta diventare reti attive, in grado di reagire agli eventi esterni e perseguire obiettivi di efficienza in modo autonomo e in tempo reale. Anche per esse è richiesta l’introduzione di smart meter, connessi ad una rete di comunicazione broadband e in grado di gestire un flusso di monitoraggio e controllo bi-direzionale esteso a tutti gli apparati connessi alla rete elettrica (ma anche del gas, acqua, ecc). La M3N, è un’estensione delle wireless mesh network (WMN). Esse rappresentano una tecnologia fortemente attesa che giocherà un ruolo molto importante nelle futura generazione di reti wireless. Una WMN è una rete di telecomunicazione basata su nodi radio in cui ci sono minimo due percorsi che mettono in comunicazione due nodi. E’ un tipo di rete robusta e che offre ridondanza. Quando un nodo non è più attivo, tutti i rimanenti possono ancora comunicare tra di loro, direttamente o passando da uno o più nodi intermedi. Le WMN rappresentano una tipologia di rete fondamentale nel continuo sviluppo delle reti radio che denota la divergenza dalle tradizionali reti wireless basate su un sistema centralizzato come le reti cellulari e le WLAN (Wireless Local Area Network). Analogamente a quanto successo per le reti di telecomunicazione fisse, in cui si è passati, dalla fine degli anni ’60 ai primi anni ’70, ad introdurre schemi di rete distribuite che si sono evolute e man mano preso campo come Internet, le M3N promettono di essere il futuro delle reti wireless “smart”. Il primo vantaggio che una WMN presenta è inerente alla tolleranza alla caduta di nodi della rete stessa. Diversamente da quanto accade per una rete cellulare, in cui la caduta di una Base Station significa la perdita di servizio per una vasta area geografica, le WMN sono provviste di un’alta tolleranza alle cadute, anche quando i nodi a cadere sono più di uno. L'obbiettivo di questa tesi è quello di valutare le prestazioni, in termini di connettività e throughput, di una M3N al variare di alcuni parametri, quali l’architettura di rete, le tecnologie utilizzabili (quindi al variare della potenza, frequenza, Building Penetration Loss…ecc) e per diverse condizioni di connettività (cioè per diversi casi di propagazione e densità abitativa). Attraverso l’uso di Matlab, è stato quindi progettato e sviluppato un simulatore, che riproduce le caratteristiche di una generica M3N e funge da strumento di valutazione delle performance della stessa. Il lavoro è stato svolto presso i laboratori del DEIS di Villa Grifone in collaborazione con la FUB (Fondazione Ugo Bordoni).

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La seguente tesi di Laurea è stata scritta durante uno stage della durata di sei mesi (dal 15 Giugno al 1 Dicembre 2011) presso la raffineria del gruppo Saras S.p.A. situata nel golfo di Cagliari. L’elaborato si prefigge di rappresentare un’ulteriore testimonianza dell’accresciuto interesse e della maggiore sensibilità e attenzione sviluppatesi negli ultimi anni nei confronti della Manutenzione dei sistemi di produzione. Lo scopo principale dello stage è stato quello di riuscire a scattare una dettagliata fotografia dei tempi e dei metodi dell’intero processo manutentivo riguardante le macchine rotanti di una delle più grandi e complesse raffinerie del Mediterraneo. Il lettore potrà rintracciare nel testo un’accurata analisi della politica manutentiva Saras seguita da alcune riflessioni e proposte di miglioramento organizzativo che abbiano un positivo impatto sull’ottimizzazione dell’intero sistema Manutenzione. L’esperienza in raffineria ha avuto come principale punto d’interesse la funzione manutentiva dell’azienda ed in particolare la sua sfera operativa. Tuttavia si è cercato di fornire una veduta d’insieme del sistema aziendale rintracciando fondamentali tematiche da sempre oggetto di studi di un corso di laurea in Ingegneria Gestionale, con l’obiettivo di suscitare nel lettore il maggior interesse possibile. Nella dissertazione si parlerà di processi di Manutenzione senza prescindere dall’analisi della sicurezza sul lavoro, delle politiche di approvvigionamento di beni e servizi, della gestione del magazzino ricambi e, ultima ma forse più importante, della gestione delle risorse umane. Si ringrazia la Saras, in particolare nella persona di Renato Virdis, responsabile dell’Unità Operativa Meccanica, per l’opportunità concessa e la collaborazione mostrata durante tutto il periodo, sperando di aver lasciato in azienda un utile documento che offra uno spunto di riflessione per tutti gli attori coinvolti.

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Questo elaborato si pone l'obiettivo di analizzare e valutare la sostenibilità dell'intera filiera dell'olio di palma, che viene importato da paesi del Sud Est asiatico per essere utilizzato in Europa per scopi sia energetici che alimentari. Nell'introduzione è inquadrata la problematica dei biocombustibili e degli strumenti volontari che possono essere utilizzati per garantire ed incentivare la sostenibilità in generale e dei biocombustibili; è presente inoltre un approfondimento sull'olio di palma, sulle sue caratteristiche e sulla crescita che ha subito negli ultimi anni in termini di produzione e compra/vendita. Per questa valutazione sono stati impiegati tre importanti strumenti di analisi e certificazione della sostenibilità, che sono stati applicati ad uno specifico caso di studio: l'azienda Unigrà SpA. La certificazione RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil) è uno strumento volontario per la garanzia della sostenibilità della filiera dell'olio di palma in termini economici (vitalità nel mercato), ambientali (risparmio delle emissioni di gas ad effetto serra o GHG, conservazione delle risorse naturali e della biodiversità) e sociali (preservazione delle comunità locali e miglioramento nella gestione delle aree di interesse). La Global Reporting Initiative è un'organizzazione che prevede la redazione volontaria di un documento chiamato bilancio di sostenibilità secondo delle linee guida standardizzate che permettono alle organizzazioni di misurare e confrontare le loro performance economiche, sociali e ambientali nel tempo. La Direttiva Comunitaria 2009/28/CE (Renewable Energy Directive o RED) è invece uno strumento cogente nel caso in cui le organizzazioni intendano utilizzare risorse rinnovabili per ottenere incentivi finanziari. A seguito di un calcolo delle emissioni di GHG, le organizzazioni devono dimostrare determinate prestazioni ambientali attraverso il confronto con delle soglie presenti nel testo della Direttiva. Parallelamente alla valutazione delle emissioni è richiesto che le organizzazioni aderiscano a dei criteri obbligatori di sostenibilità economica, ambientale e sociale, verificabili grazie a degli schemi di certificazione che rientrano all'interno di politiche di sostenibilità globale. Questi strumenti sono stati applicati ad Unigrà, un'azienda che opera nel settore della trasformazione e della vendita di oli e grassi alimentari, margarine e semilavorati destinati alla produzione alimentare e che ha recentemente costruito una centrale da 58 MWe per la produzione di energia elettrica, alimentata in parte da olio di palma proveniente dal sud-est asiatico ed in parte dallo scarto della lavorazione nello stabilimento. L'adesione alla RSPO garantisce all'azienda la conformità alle richieste dell'organizzazione per la commercializzazione e la vendita di materie prime certificate RSPO, migliorando l'immagine di Unigrà all'interno del suo mercato di riferimento. Questo tipo di certificazione risulta importante per le organizzazioni perché può essere considerato un mezzo per ridurre l'impatto negativo nei confronti dell'ambiente, limitando deforestazione e cambiamenti di uso del suolo, oltre che consentire una valutazione globale, anche in termini di sostenibilità sociale. Unigrà ha visto nella redazione del bilancio di sostenibilità uno strumento fondamentale per la valutazione della sostenibilità a tutto tondo della propria organizzazione, perché viene data uguale rilevanza alle tre sfere della sostenibilità; la validazione esterna di questo documento ha solo lo scopo di controllare che le informazioni inserite siano veritiere e corrette secondo le linee guida del GRI, tuttavia non da giudizi sulle prestazioni assolute di una organizzazione. Il giudizio che viene dato sulle prestazioni delle organizzazioni e di tipo qualitativo ma non quantitativo. Ogni organizzazione può decidere di inserire o meno parte degli indicatori per una descrizione più accurata e puntuale. Unigrà acquisterà olio di palma certificato sostenibile secondo i principi previsti dalla Direttiva RED per l'alimentazione della centrale energetica, inoltre il 10 gennaio 2012 ha ottenuto la certificazione della sostenibilità della filiera secondo lo schema Bureau Veritas approvato dalla Comunità Europea. Il calcolo delle emissioni di tutte le fasi della filiera dell'olio di palma specifico per Unigrà è stato svolto tramite Biograce, uno strumento di calcolo finanziato dalla Comunità Europea che permette alle organizzazioni di misurare le emissioni della propria filiera in maniera semplificata ed adattabile alle specifiche situazioni. Dei fattori critici possono però influenzare il calcolo delle emissioni della filiera dell'olio di palma, tra questi i più rilevanti sono: cambiamento di uso del suolo diretto ed indiretto, perché possono provocare perdita di biodiversità, aumento delle emissioni di gas serra derivanti dai cambiamenti di riserve di carbonio nel suolo e nella biomassa vegetale, combustione delle foreste, malattie respiratorie, cambiamenti nelle caratteristiche dei terreni e conflitti sociali; presenza di un sistema di cattura di metano all'oleificio, perché gli effluenti della lavorazione non trattati potrebbero provocare problemi ambientali; cambiamento del rendimento del terreno, che può influenzare negativamente la resa delle piantagioni di palma da olio; sicurezza del cibo ed aspetti socio-economici, perché, sebbene non inseriti nel calcolo delle emissioni, potrebbero provocare conseguenze indesiderate per le popolazioni locali. Per una valutazione complessiva della filiera presa in esame, è necessario ottenere delle informazioni puntuali provenienti da paesi terzi dove però non sono di sempre facile reperibilità. Alla fine della valutazione delle emissioni, quello che emerge dal foglio di Biograce e un numero che, sebbene possa essere confrontato con delle soglie specifiche che descrivono dei criteri obbligatori di sostenibilità, non fornisce informazioni aggiuntive sulle caratteristiche della filiera considerata. È per questo motivo che accanto a valutazioni di questo tipo è necessario aderire a specifici criteri di sostenibilità aggiuntivi. Il calcolo delle emissioni dell'azienda Unigrà risulta vantaggioso in quasi tutti i casi, anche considerando i fattori critici; la certificazione della sostenibilità della filiera garantisce l'elevato livello di performance anche nei casi provvisti di maggiore incertezza. L'analisi del caso Unigrà ha reso evidente come l'azienda abbia intrapreso la strada della sostenibilità globale, che si traduce in azioni concrete. Gli strumenti di certificazione risultano quindi dei mezzi che consentono di garantire la sostenibilità della filiera dell'olio di palma e diventano parte integrante di programmi per la strategia europea di promozione della sostenibilità globale. L'utilizzo e l'implementazione di sistemi di certificazione della sostenibilità risulta per questo da favorire.

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Lo sviluppo urbano avvenuto negli ultimi 20 anni soprattutto nelle grandi città, ma anche in quelle più piccole, è stato definito con il termine americano “urban sprawl”. In linea del tutto generale, lo sprawl può essere definito come la tendenza delle aree urbane a svilupparsi in maniera dispersa e disorganizzata nelle campagne circostanti. I principali impatti del fenomeno riguardano il consumo e l’impermeabilizzazione del suolo oltre a forti impatti su tutte le altre matrici ambientali. Per una corretta pianificazione necessita di essere studiato e quantificato nelle sue differenti declinazioni. Nella presente tesi vengono riportati i risultati della analisi diacronica nel Comune di Carpi (Provincia di Modena) attraverso una sequenza temporale di mappe dell’uso/copertura del suolo (1954,1976,1997,2003,2008) appositamente redatte. Vengono, in particolare, analizzati gli aspetti legati allo sviluppo urbano (del comune e delle frazioni di sua competenza) al fine di evidenziare l’occorrenza di sprawl. Ciò è stato fatto attraverso l’analisi degli andamenti dell’area urbana e di quella agricola nel tempo, delle trasformazioni principali avvenute nel territorio (sia in termini qualitativi che quantitativi), dell’evoluzione della rete infrastrutturale e infine mediante il calcolo di indici propri dell’ecologia del paesaggio utilizzati in molti studi sullo sprawl urbano. Dai risultati di questa analisi emerge che il territorio in esame si è fortemente trasformato dal 1954 al 1976; in particolare l’urbanizzazione è avvenuta in un primo tempo a carico del centro principale di Carpi e in seguito (1976-2008) ha interessato maggiormente le frazioni secondarie e l’edificato discontinuo lungo le principali infrastrutture viarie. Questo aspetto è attribuibile al fenomeno dello sprawl in termini di sviluppo periurbano e di invasione delle campagne. Il calcolo degli indici ha evidenziato che l’area urbana totale è fortemente dispersa, sia rispetto al centro principale che considerata come totale, fin dal 1954 (alta entropia relativa di Shannon) e contemporaneamente il territorio agricolo si presenta frammentato (Patch Density e Mean Patch Size) e con un’eterogeneità ambientale abbastanza limitata; questi indici non mostrano però un andamento che indichi un aumento dello sprawl nella sequenza temporale. Ciò che gli indici rilevano è l’urbanizzazione veloce e compatta avvenuta tra il 1954 ed il 1976. Il presente studio rivela quindi l’inadeguatezza degli indici scelti ad evidenziare il fenomeno dello sprawl negli ultimi vent’anni nel territorio d’indagine a causa della bassa sensibilità a trasformazioni molto moderate ed a scale di dettaglio dell’area urbana molto piccole.

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Le conoscenze relative al controllo ormonale del metabolismo epatico dei pesci sono ancora piuttosto limitate e per molti anni sono state controverse. Per lungo tempo si è ritenuto che le catecolamine, adrenalina e noradrenalina, agissero nel fegato dei pesci soltanto attraverso i recettori adrenergici di tipo β. Quindi l’assetto recettoriale dei mammiferi, che comprende recettori α e β, era considerato frutto di un processo evolutivo che non aveva ancora avuto luogo nei pesci. Successivamente, nel fegato di vari teleostei è stata dimostrata la presenza di recettori sia α che β. Tuttavia il ruolo fisiologico dei due tipi di recettori non è ancora chiaro. Per esempio, in acciughe e sgombri non è stato fatto alcuno studio sulla risposta alle catecolamine ottenuta attraverso i recettori α e β, nel fegato di trota i recettori α non sono accoppiati alla cascata fisiologica che porta al rilascio di glucosio, e in anguilla e pesce gatto l’azione delle catecolamine attraverso recettori β è predominante rispetto a quella attraverso recettori α. L’utilizzo di ligandi farmacologici non ha portato a chiarimenti significativi, perché la loro specificità per i recettori di mammifero non trova sempre riscontro nei pesci. In questo studio, quindi, abbiamo studiato l’espressione dei geni codificanti per i recettori α e β adrenergici attraverso la tecnica della PCR real time, ottenendo i primi dati in letteratura per quanto riguarda la loro quantificazione assoluta. L’organismo modello utilizzato è stata l’anguilla, teleosteo caratterizzato da un ciclo biologico molto particolare in cui si distinguono nettamente una fase gialla ed una argentina. Le anguille argentine non sono mai state studiate a tale proposito, e date le estreme differenze nella disponibilità e nell’uso delle risorse energetiche in questi due stadi di crescita, il presente studio ha mirato a valutare la differente sensibilità alle catecolamine da parte degli epatociti isolati da anguille gialle ed argentine. I nostri dati hanno confermato quanto solo ipotizzato nei vari studi pubblicati negli ultimi due decenni, ma mai avvalorato da risultati sperimentali, cioè che i recettori α e β sono contemporaneamente espressi negli epatociti dell’anguilla, sia gialla che argentina, e la proporzione tra loro giustifica il ruolo significativamente maggiore giocato dai recettori β. Nelle anguille argentine infatti, come nelle gialle, l’effetto dell’adrenalina sul rilascio di glucosio ottenuto attraverso recettori β è chiaramente predominante. Inoltre, i nostri dati indicano che in due diverse fasi del ciclo vitale dell’anguilla, così come si osserva nell’ontogenesi dei mammiferi, i recettori adrenergici sono espressi in quantità differente.

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I materiali polimerici espansi sono utilizzati come core di pannelli compositi di tipo sandwich (tipicamente a base di polivinilcloruro, polistirene e poliuretani). Negli ultimi anni molte ricerche si sono concentrate sulla possibilità di aumentare le loro proprietà meccaniche, termiche, di resistenza agli agenti esterni, ignifughe, etc cercando contemporaneamente la diminuzione del peso e del costo (sia delle materia prime che di processo). In questo contesto, l’obiettivo di questa tesi di laurea è lo studio, la preparazione e la caratterizzazione di espansi in PVC di natura cross-linked per la produzione di pannelli compositi a sandwich potenzialmente utilizzabili in campo eolico e navale.

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“Terre Naldi” è al giorno d'oggi un vero e proprio punto di incontro tra insegnamento, sperimentazione, e “pratica agricola” che si estende su una superficie di circa cento ettari sulle colline faentine. Situato in località Tebano, al confine tra i comuni di Faenza e Castelbolognese, questo centro si trova in un contesto di rilevanza locale sia dal punto di vista paesaggistico che storico grazie alla sua prossimità alla diga sul torrente Senio e a tutto il sistema del Canale dei Mulini risalente al 1300. Da un punto di vista architettonico però, Terre Naldi si presenta tutt'oggi in maniera problematica. I continui ampliamenti hanno trasformato negli anni il complesso originale (casa, casone e aia) in un agglomerato disomogeneo di edifici dalle caratteristiche totalmente discordanti tra loro e decisamente fuori scala rispetto al contesto in cui si trova.

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Questo lavoro mi ha dato la possibilità di unire tre grandi passioni: l’architettura, la storia e il teatro. Tali elementi hanno caratterizzato nel passato, come nel presente, vicissitudini e cambiamenti della città di Pesaro, scenario nel quale si alternano l’architettura a carattere nazionale e quella locale, la storia d’Italia e quella della comunità cittadina, gli spettacoli teatrali di richiamo internazionale a quelli di filodrammatica e dialettali. Con le dovute eccezioni, i cittadini pesaresi della mia generazione poco o nulla sanno della storia della città e della sua evoluzione, perché sono nati e cresciuti in anni in cui questa è rimasta pressoché invariata nella sua struttura urbana e nelle caratteristiche morfologiche; unico elemento visibile del continuo evolversi della città è l’espansione dell’area abitata verso la periferia, la progressiva saturazione dello spazio tra l’espansione urbana del dopoguerra e le zone periferiche. La memoria storica riguardante modifiche importanti che la città ha subìto è, come spesso accade, riposta in chi ha vissuto quei cambiamenti, nonché in qualche giornalista o studioso locale che per lavoro o passione indaga quegli avvenimenti. Tralasciando le controversie meramente politiche, Pesaro ha vissuto in passato una stagione di forti dibattiti sulle vicende architettoniche ed urbanistiche della città, tale fu il coinvolgimento e a volte l’ostruzionismo dell’opinione pubblica a tali trasformazioni; basti citare le discussioni e i dubbi sollevati dal Piano Particolareggiato del Centro Storico nel 1974 elaborato dagli architetti dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia - Carlo Aymonino, Costantino Dardi, Gianni Fabbri, Raffaele Panella, Gianugo Polesello, Luciano Semerani e Mauro Lena - nonostante negli anni seguenti solo pochi elementi del Piano vennero attuati e neanche compiutamente. Di questi dibattiti, negli anni seguenti, ve ne saranno pochi e limitati alla sfera politica, con scarso interesse e coinvolgimento da parte dei cittadini. Contrariamente, nell’ultimo periodo, si assiste parallelamente a due condizioni: un rinnovato interesse da parte dei cittadini per la storia della città, promosso anche dal moltiplicarsi di eventi, mostre, conferenze, pubblicazioni sull’argomento, e un’attenzione nuova per quelli che sono i temi legati alla qualità degli interventi architettonici ed urbanistici, da parte dell’amministrazione comunale. Primaria importanza nella promozione di questo interesse riveste l’Istituto di Storia Contemporanea della Provincia di Pesaro e Urbino e la Biblioteca–Archivio “Vittorio Bobbato”, i quali congiuntamente a diversi autori hanno realizzato vari studi e pubblicazioni su tali argomenti. Il Comune si è fatto promotore di diversi interventi, in attuazione di un Piano Regolatore Generale che, nelle intenzioni, mette al centro la qualità architettonica ed urbana degli interventi, puntando su nuove opere e, per quanto riguarda principalmente il Centro Storico, anche sul recupero dell’esistente. I presupposti dell’intervento progettuale si inseriscono in questo dibattito basandosi sull’idea, attualmente in discussione presso i diversi livelli istituzionali coinvolti, della realizzazione di un nuovo polo ospedaliero congiunto con la città di Fano; quando ciò si realizzerà, l’area ora occupata dall’ospedale pesarese verrà progressivamente liberata, interamente o in parte, determinando un grande vuoto urbano proprio alle porte del centro storico. Questo sito, di notevole privilegio sotto il profilo morfologico e posizionale rispetto alle infrastrutture, è assolutamente appropriato per insediarvi un polo culturale legato al teatro, essendo l’area confinante con quella sulla quale sorge il principale teatro cittadino, il Teatro Rossini. L’area di progetto è una testimonianza della storia urbana della città: presenta uno dei due esempi superstiti di quelli che furono i bastioni della cinta muraria cittadina, nella sua massima espansione, sotto il dominio dei Della Rovere ed il fatto che tale opera sia in parte arrivata ai giorni nostri, più che della scelta degli amministratori locali passati, fu il risultato di vicissitudini politiche, del caso e della centenaria presenza dell’ospedale che di fatto ha vincolato l’area preservandola da trasformazioni non idonee come accaduto per altre parti del centro storico. Se la storia urbana di Pesaro è la base per poter pensare il suo futuro, non meno importanza ricoprono le manifestazioni e le istituzioni che hanno fatto di Pesaro un punto d’incontro culturale a carattere internazionale, elementi anch’essi che testimoniano la qualità della città. La città ospita principalmente due eventi internazionali: la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema e il Rossini Opera Festival, ai quali si legano altre importanti manifestazioni e istituzioni culturali. Strutturalmente indipendente, ma legato indissolubilmente alla figura del grande compositore pesarese a cui è dedicato il festival, vi è il Conservatorio Statale di Musica “Gioachino Rossini”, anch’esso un punto di riferimento nel panorama culturale e musicale internazionale. Uno degli elementi caratterizzanti del festival rossiniano è quello di essere un evento che letteralmente coinvolge l’intera città, poiché le varie rappresentazioni sceniche, i concerti, gli eventi collaterali, trovano spazio in diversi luoghi del centro storico e non solo, arrivando ad utilizzare anche l’Adriatic Arena (palazzo dello sport), ubicato in periferia. L’allestimento di una struttura sportiva al fine di potervi svolgere spettacoli teatrali è un onere ulteriore per l’organizzazione dell’evento che viene ripagato solo dalla grande affluenza di pubblico che è capace di garantire tale struttura, allontanandosi però dall’intuizione iniziale dell’evento che voleva nel centro cittadino il fulcro stesso della manifestazione. Sviluppare un progetto per un centro culturale legato al teatro e alla musica, oltre ad essere un argomento di elevato interesse personale, è un tema ricorrente da oltre un decennio nei dibattiti cittadini, che però non ha trovato fino ad ora la possibilità di essere realizzato. Le motivazioni possono essere molteplici, dalla mancanza di una struttura univoca con cui la pubblica amministrazione possa confrontarsi, alla cronica mancanza di fondi pubblici che la obbligherebbero a ricercare figure private in grado di co-finanziare l’intervento e, non meno importante, la mancanza, fino ad ora, di un’area idonea. Al di là dell’utilizzo a cui sarà destinata l’area di progetto, è di primaria importanza per l’amministrazione comunale aprire un tavolo di confronto con la proprietà dell’area ospedaliera, in modo da non lasciare nulla al caso nelle scelte che condizioneranno la trasformazione. Questa tesi è un’opportunità di confronto personale con la città di oggi, le trasformazioni passate e quelle future; l’architettura, la storia della città ed il teatro possono essere tre elementi cardine per una crescita ed una consapevolezza nuova delle potenzialità di Pesaro nel panorama culturale. La progettazione di un luogo per la cultura e lo spettacolo si fonda su tutte queste premesse, sulla necessità per la città di dotarsi di luoghi idonei che possano finalmente accogliere al meglio tutte le manifestazioni legate al teatro e alla musica e che possa inserirsi quale ulteriore spunto di dibattito nella preparazione del dossier che punta a far riconoscere Pesaro quale “Città della Musica”, inserita nella rete delle città creative dell’UNESCO.

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Il percorso parte dall'analisi delle strategie della Teoria dei giochi, si sofferma sul concetto di razionalità nelle decisioni(economiche); continua con la descrizione del funzionamento del baratto in tempi antichi e le declinazioni che ha avuto(economie del dono, baratto muto); esamina la teoria del valore di Carl Menger, per poi allargare la visione alle teorie del valore enunciate dagli economisti dal XVIII secolo, anni in cui si iniziavano ad esaminare i meccanismi alla base degli scambi di mercato; si precisa il funzionamento del ciclo economico(non è eterno), la possibilità di crollo del sistema economico, le ripercussioni di questo sulla moneta(ricerca di sistemi economici alternativi). Nella seconda parte si analizzano i risultati delle più recenti simulazioni relative alla nascita della moneta e, non meno importante, al suo collasso.

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Il presente lavoro di tesi si inserisce all’interno del progetto ENI SEALINE-“Monitoraggio Linea di Costa e Sedimenti Ravenna”che segue il progetto appena concluso “Valutazione Impatto Ambientale Sealine Ravenna”(Protocollo d’Intesa fra Eni e ARPA Agenzia Regionale Prevenzione ed Ambiente). Il progetto in questione prende il nome di “PROGETTO SEALINE 3” e riparte dai precedenti risultati e relative conclusioni ottenute nell’arco dei PROGETTI SEALINE 1 e 2. Le Sealines sono oleodtti che si snodano da Punta Marina fino ai terminali SAROM, oggi in gestione all’azienda Eni, impattando un area di circa 290 km2. L’impatto attuale degli oleodotti appartenenti al complesso SEALINE A e SEALINE B se pur dismessi negli anni 70 e bonificati nel 2003 rimane argomento preponderante per lo stato della qualità ambientale e nello specifico delle acque adriatiche. Indispensabile a tale scopo è lo studio della comunità macrobentonica che caratterizza la zona; un analisi temporale relativa quest’ultima, relativa a tre anni di campionamento (2005-2006-2010) ha visto considerate 23 stazioni suddivise tra zone di controllo e Sealines. La comunità si è dimostrata fluttuante nel tempo e nello spazio con particolare discostamento tra zone impattate e non. Analisi collaterali sulla struttura di comunità hanno inoltre evidenziato il ruolo della batimetria nel guidare tale differenze; il fattore geografico in questione è stato sottolineato dall’analisi delle specie caratterizzanti le diverse batimetrie; specie quali Corbula gibba o Ampelisca diadema sono risultate vincolanti nel caratterizzare tali differenze. L’analisi sul gruppo trofico delle specie appartenenti alla comunità di Sealines, in relazione non solo al fattore batimetrico, ma anche a fattori quali concentrazioni lungo la colonna d’acqua di “clorofilla a”, e granulometria hanno posto l’accento delle differenze su un gradiente geospaziale e non di tipo area-sito.