112 resultados para Materiali compositi, CFRP, Combined Loading Compression (CLC) test method
Resumo:
Vi è un crescente interesse verso lo studio di materiali compositi nanostrutturati. Tra questi risultano di particolare interesse le membrane polimeriche composite. Questi materiali presentano proprietà uniche, sono già largamente utilizzate in ambito bio-medicale, industriale e in molti processi di separazione di effluenti liquidi e gassosi. Un’altra applicazione di grande interesse è l’utilizzo di queste membrane come catalizzatori, in particolare per lo sviluppo di sistemi in flusso. Le membrane polimeriche composite per scopi catalitici vengono prodotte inserendo una fase attiva inorganica nella matrice polimerica; una delle tecniche di produzione è l’elettrofilatura. Questa tecnica permette di ottenere fibre polimeriche di diametro sub-micrometrico, sfruttando l’azione di un intenso campo elettrico. In questo lavoro è stata studiata la preparazione di membrane catalitiche aventi come matrice polimerica il Nylon 6,6 e il polietileneossido (PEO), contenenti come fase attiva Au e Pd. La produzione di queste membrane viene studiata per una possibile applicazione in sistemi in flusso per l’ossidazione selettiva del 5-idrossimetilfurfurale (5-HMF) ad acido 2,5 furan-dicarbossilico (FDCA). Questa reazione è molto importante, in quanto consente di ottenere monomeri plastici di origine vegetale, come può essere l’FDCA.
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Scopo dell'elaborato è stato la produzione di un materiale bio-composito formato da PLA ed un rinforzo di origine naturale derivante dal settore agricolo, nell'ottica di diminuire i costi dei manufatti costituiti da tale materiale, riducendo il contenuto di PLA, e rivalorizzare lo scarto di farine in applicazioni di stampa 3D. Inizialmente le farine sono state studiate mediante analisi spettroscopiche (FT-ATR), osservazioni al microscopio ottico e analisi TGA. Dopodiché sono stati prodotti filamenti per stampa 3D di materiale composito al 10% e caratterizzati termicamente (DSC, TGA, Cp) e meccanicamente (DMA). Successivamente alla stampa 3D di questi filamenti, sono stati analizzati comportamenti termici (CTE, DSC) e meccanici (prove di trazione, DMA) dei provini stampati. Si è infine valutata l'influenza del trattamento termico di ricottura sui provini stampati mediante analisi DSC e DMA.
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La finalità della tesi è quella di poter progettare il cerchione del veicolo solare "Emilia 5" in materiale composito. Questa auto è l’evoluzione della "Emilia 4", sviluppata dalla squadra Onda Solare in collaborazione con l’Università di Bologna, con cui sono state vinte molte gare. Tramite software (Ansys) è stato realizzato il modello virtuale del cerchione in fibra di carbonio e, con l'ausilio dell'analisi agli elementi finiti, ne è stata verificata la stabilità, sottoponendolo a cinque condizioni di carico diverse. Lo studio approfondisce le tematiche riguardanti i materiali compositi, il concetto di sequenza di laminazione e come varia la distribuzione delle tensioni al variare di esse. In particolare, viene analizzato con attenzione lo studio tramite software della sequenza di laminazione che permette di ottenere i risultati migliori per il tipo di applicazione. Infine, vengono confrontati i dati ottenuti dalle simulazioni effettuate, per l'analisi e lo studio dei dati significativi.
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Nel seguente elaborato viene ripercorso il lavoro svolto per la progettazione di un box batterie in materiale composito e in particolare il relativo sistema di fissaggio al telaio che verrà utilizzato per l’auto solare Emilia 5. Questo prototipo di veicolo, che viene sviluppato dai membri del team Onda Solare presso l’azienda Metal TIG a Castel San Pietro Terme (BO), è un’auto completamente elettrica che sfrutta l’energia solare attraverso pannelli fotovoltaici e la cui propulsione è garantita dalla sola energia accumulata nelle batterie. Emilia 5 gareggerà all’evento World Solar Challenge 2023 in Australia, competizione riservata alle auto solari che vede impegnati teams da tutto il mondo. L’elaborato mostra inizialmente la modellazione geometrica tridimensionale delle parti sviluppata attraverso il software Solidworks, analizzandone i dettagli funzionali. In seguito, tramite il software Ansys Workbench, vengono eseguite simulazioni agli elementi finiti verificando che i componenti, considerati in alluminio, rispondano correttamente ai carichi imposti. Per ultimo, vengono menzionati i materiali compositi in fibra di carbonio e si analizza la sequenza di laminazione relativa alla scatola delle batterie. I risultati ottenuti saranno utilizzati dal team Onda Solare come punto di riferimento per la realizzazione dei componenti di Emilia 5.
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Sales prediction plays a huge role in modern business strategies. One of it's many use cases revolves around estimating the effects of promotions. While promotions generally have a positive effect on sales of the promoted product, they can also have a negative effect on those of other products. This phenomenon is calles sales cannibalisation. Sales cannibalisation can pose a big problem to sales forcasting algorithms. A lot of times, these algorithms focus on sales over time of a single product in a single store (a couple). This research focusses on using knowledge of a product across multiple different stores. To achieve this, we applied transfer learning on a neural model developed by Kantar Consulting to demo an approach to estimating the effect of cannibalisation. Our results show a performance increase of between 10 and 14 percent. This is a very good and desired result, and Kantar will use the approach when integrating this test method into their actual systems.
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I compositi a matrice polimerica rinforzati con fibre di carbonio (Carbon fiber reinforced polymers, CFRP) posseggono proprietà meccaniche uniche rispetto ai materiali convenzionali, ed un peso decisamente inferiore. Queste caratteristiche, negli ultimi decenni, hanno determinato un crescente interesse nei confronti dei CFRP che ha portato a numerose applicazioni in settori come l’industria aerospaziale e l’automotive. Le sollecitazioni cui i CFRP laminati sono soggetti durante la vita d’uso possono causare fenomeni di delaminazione che, portando ad una drastica riduzione delle proprietà meccaniche del materiale, ne compromettono l’integrità strutturale. Nel presente lavoro di tesi, sono state integrate in laminati CFRP membrane elettrofilate da blend polimeriche con capacità di self-healing. Le migliori condizioni da applicare in fase di cura del composito sono state approfonditamente investigate mediante analisi termica (DSC). Per verificare la capacità di autoriparazione dei laminati modificati, è stata valutata la tenacità a frattura interlaminare in Modo I e Modo II prima e dopo il trattamento di attivazione del self-healing.
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Numerosi incidenti verificatisi negli ultimi dieci anni in campo chimico e petrolchimico sono dovuti all’innesco di sostanze infiammabili rilasciate accidentalmente: per questo motivo gli scenari incidentali legati ad incendi esterni rivestono oggigiorno un interesse crescente, in particolar modo nell’industria di processo, in quanto possono essere causa di ingenti danni sia ai lavoratori ed alla popolazione, sia alle strutture. Gli incendi, come mostrato da alcuni studi, sono uno dei più frequenti scenari incidentali nell’industria di processo, secondi solo alla perdita di contenimento di sostanze pericolose. Questi eventi primari possono, a loro volta, determinare eventi secondari, con conseguenze catastrofiche dovute alla propagazione delle fiamme ad apparecchiature e tubazioni non direttamente coinvolte nell’incidente primario; tale fenomeno prende il nome di effetto domino. La necessità di ridurre le probabilità di effetto domino rende la mitigazione delle conseguenze un aspetto fondamentale nella progettazione dell’impianto. A questo scopo si impiegano i materiali per la protezione passiva da fuoco (Passive Fire Protection o PFP); essi sono sistemi isolanti impiegati per proteggere efficacemente apparecchiature e tubazioni industriali da scenari di incendio esterno. L’applicazione dei materiali per PFP limita l’incremento di temperatura degli elementi protetti; questo scopo viene raggiunto tramite l’impiego di differenti tipologie di prodotti e materiali. Tuttavia l’applicazione dei suddetti materiali fireproofing non può prescindere da una caratterizzazione delle proprietà termiche, in particolar modo della conducibilità termica, in condizioni che simulino l’esposizione a fuoco. Nel presente elaborato di tesi si è scelto di analizzare tre materiali coibenti, tutti appartenenti, pur con diversità di composizione e struttura, alla classe dei materiali inorganici fibrosi: Fibercon Silica Needled Blanket 1200, Pyrogel®XT, Rockwool Marine Firebatt 100. I tre materiali sono costituiti da una fase solida inorganica, differente per ciascuno di essi e da una fase gassosa, preponderante come frazione volumetrica. I materiali inorganici fibrosi rivestono una notevole importanza rispetto ad altri materiali fireproofing in quanto possono resistere a temperature estremamente elevate, talvolta superiori a 1000 °C, senza particolari modifiche chimico-fisiche. Questo vantaggio, unito alla versatilità ed alla semplicità di applicazione, li rende leader a livello europeo nei materiali isolanti, con una fetta di mercato pari circa al 60%. Nonostante l’impiego dei suddetti materiali sia ormai una realtà consolidata nell’industria di processo, allo stato attuale sono disponibili pochi studi relativi alle loro proprietà termiche, in particolare in condizioni di fuoco. L’analisi sperimentale svolta ha consentito di identificare e modellare il comportamento termico di tali materiali in caso di esposizione a fuoco, impiegando nei test, a pressione atmosferica, un campo di temperatura compreso tra 20°C e 700°C, di interesse per applicazioni fireproofing. Per lo studio delle caratteristiche e la valutazione delle proprietà termiche dei tre materiali è stata impiegata principalmente la tecnica Transient Plane Source (TPS), che ha consentito la determinazione non solo della conducibilità termica, ma anche della diffusività termica e della capacità termica volumetrica, seppure con un grado di accuratezza inferiore. I test sono stati svolti su scala di laboratorio, creando un set-up sperimentale che integrasse opportunamente lo strumento Hot Disk Thermal Constants Analyzer TPS 1500 con una fornace a camera ed un sistema di acquisizione dati. Sono state realizzate alcune prove preliminari a temperatura ambiente sui tre materiali in esame, per individuare i parametri operativi (dimensione sensori, tempi di acquisizione, etc.) maggiormente idonei alla misura della conducibilità termica. Le informazioni acquisite sono state utilizzate per lo sviluppo di adeguati protocolli sperimentali e per effettuare prove ad alta temperatura. Ulteriori significative informazioni circa la morfologia, la porosità e la densità dei tre materiali sono state ottenute attraverso stereo-microscopia e picnometria a liquido. La porosità, o grado di vuoto, assume nei tre materiali un ruolo fondamentale, in quanto presenta valori compresi tra 85% e 95%, mentre la frazione solida ne costituisce la restante parte. Inoltre i risultati sperimentali hanno consentito di valutare, con prove a temperatura ambiente, l’isotropia rispetto alla trasmissione del calore per la classe di materiali coibenti analizzati, l’effetto della temperatura e della variazione del grado di vuoto (nel caso di materiali che durante l’applicazione possano essere soggetti a fenomeni di “schiacciamento”, ovvero riduzione del grado di vuoto) sulla conducibilità termica effettiva dei tre materiali analizzati. Analoghi risultati, seppure con grado di accuratezza lievemente inferiore, sono stati ottenuti per la diffusività termica e la capacità termica volumetrica. Poiché è nota la densità apparente di ciascun materiale si è scelto di calcolarne anche il calore specifico in funzione della temperatura, di cui si è proposto una correlazione empirica. I risultati sperimentali, concordi per i tre materiali in esame, hanno mostrato un incremento della conducibilità termica con la temperatura, da valori largamente inferiori a 0,1 W/(m∙K) a temperatura ambiente, fino a 0,3÷0,4 W/(m∙K) a 700°C. La sostanziale similitudine delle proprietà termiche tra i tre materiali, appartenenti alla medesima categoria di materiali isolanti, è stata riscontrata anche per la diffusività termica, la capacità termica volumetrica ed il calore specifico. Queste considerazioni hanno giustificato l’applicazione a tutti i tre materiali in esame dei medesimi modelli per descrivere la conducibilità termica effettiva, ritenuta, tra le proprietà fisiche determinate sperimentalmente, la più significativa nel caso di esposizione a fuoco. Lo sviluppo di un modello per la conducibilità termica effettiva si è reso necessario in quanto i risultati sperimentali ottenuti tramite la tecnica Transient Plane Source non forniscono alcuna informazione sui contributi offerti da ciascun meccanismo di scambio termico al termine complessivo e, pertanto, non consentono una facile generalizzazione della proprietà in funzione delle condizioni di impiego del materiale. La conducibilità termica dei materiali coibenti fibrosi e in generale dei materiali bi-fasici tiene infatti conto in un unico valore di vari contributi dipendenti dai diversi meccanismi di scambio termico presenti: conduzione nella fase gassosa e nel solido, irraggiamento nelle superfici delle cavità del solido e, talvolta, convezione; inoltre essa dipende fortemente dalla temperatura e dalla porosità. Pertanto, a partire dal confronto con i risultati sperimentali, tra cui densità e grado di vuoto, l’obiettivo centrale della seconda fase del progetto è stata la scelta, tra i numerosi modelli a disposizione in letteratura per materiali bi-fasici, di cui si è presentata una rassegna, dei più adatti a descrivere la conducibilità termica effettiva nei materiali in esame e nell’intervallo di temperatura di interesse, fornendo al contempo un significato fisico ai contributi apportati al termine complessivo. Inizialmente la scelta è ricaduta su cinque modelli, chiamati comunemente “modelli strutturali di base” (Serie, Parallelo, Maxwell-Eucken 1, Maxwell-Eucken 2, Effective Medium Theory) [1] per la loro semplicità e versatilità di applicazione. Tali modelli, puramente teorici, hanno mostrato al raffronto con i risultati sperimentali numerosi limiti, in particolar modo nella previsione del termine di irraggiamento, ovvero per temperature superiori a 400°C. Pertanto si è deciso di adottare un approccio semi-empirico: è stato applicato il modello di Krischer [2], ovvero una media pesata su un parametro empirico (f, da determinare) dei modelli Serie e Parallelo, precedentemente applicati. Anch’esso si è rivelato non idoneo alla descrizione dei materiali isolanti fibrosi in esame, per ragioni analoghe. Cercando di impiegare modelli caratterizzati da forte fondamento fisico e grado di complessità limitato, la scelta è caduta sui due recenti modelli, proposti rispettivamente da Karamanos, Papadopoulos, Anastasellos [3] e Daryabeigi, Cunnington, Knutson [4] [5]. Entrambi presentavano il vantaggio di essere stati utilizzati con successo per materiali isolanti fibrosi. Inizialmente i due modelli sono stati applicati con i valori dei parametri e le correlazioni proposte dagli Autori. Visti gli incoraggianti risultati, a questo primo approccio è seguita l’ottimizzazione dei parametri e l’applicazione di correlazioni maggiormente idonee ai materiali in esame, che ha mostrato l’efficacia dei modelli proposti da Karamanos, Papadopoulos, Anastasellos e Daryabeigi, Cunnington, Knutson per i tre materiali analizzati. Pertanto l’obiettivo finale del lavoro è stato raggiunto con successo in quanto sono stati applicati modelli di conducibilità termica con forte fondamento fisico e grado di complessità limitato che, con buon accordo ai risultati sperimentali ottenuti, consentono di ricavare equazioni predittive per la stima del comportamento, durante l’esposizione a fuoco, dei materiali fireproofing in esame. Bologna, Luglio 2013 Riferimenti bibliografici: [1] Wang J., Carson J.K., North M.F., Cleland D.J., A new approach to modelling the effective thermal conductivity of heterogeneous materials. International Journal of Heat and Mass Transfer 49 (2006) 3075-3083. [2] Krischer O., Die wissenschaftlichen Grundlagen der Trocknungstechnik (The Scientific Fundamentals of Drying Technology), Springer-Verlag, Berlino, 1963. [3] Karamanos A., Papadopoulos A., Anastasellos D., Heat Transfer phenomena in fibrous insulating materials. (2004) Geolan.gr http://www.geolan.gr/sappek/docs/publications/article_6.pdf Ultimo accesso: 1 Luglio 2013. [4] Daryabeigi K., Cunnington G. R., and Knutson J. R., Combined Heat Transfer in High-Porosity High-Temperature Fibrous Insulation: Theory and Experimental Validation. Journal of Thermophysics and Heat Transfer 25 (2011) 536-546. [5] Daryabeigi K., Cunnington G.R., Knutson J.R., Heat Transfer Modeling for Rigid High-Temperature Fibrous Insulation. Journal of Thermophysics and Heat Transfer. AIAA Early Edition/1 (2012).
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Nel presente lavoro di tesi è stato studiato il comportamento all’impatto di laminati compositi di varia natura, valutando il danneggiamento ad impatti a bassa velocità. Il comportamento dei diversi campioni è stato osservato prendendo come riferimento un laminato in fibra di carbonio e resina epossidica. Al fine di studiare e migliorare la risposta dei materiali a questo tipo di sollecitazioni sono stati utilizzati diversi approcci: introduzione di strati eterogenei di natura differente e uso di tessuti ibridi (fibre di carbonio e fibre polimeriche). I campioni sono stati quindi sottoposti ad impatti a diversa energia, con lo scopo di valutare l’energia assorbita e la loro deformazione. I provini danneggiati sono stati quindi sottoposti ad analisi di caratterizzazione microscopica, termica e meccanica.
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I CFRP laminati sono materiali dalle eccellenti proprietà meccaniche specifiche che hanno, però, il grande svantaggio di essere soggetti a delaminazione. Essa è una problematica che può seriamente comprometterne l’affidabilità in vita d’uso e va, perciò, contrastata cercando di prevenirla o cercando di ridurne gli effetti negativi. Lo scopo del presente elaborato di tesi è stato quello di produrre, mediante elettrofilatura, membrane polimeriche che, integrate in laminati compositi, abbiano funzione di rendere il composito delaminato in grado di “autoripararsi” tramite meccanismo di self-healing. È stato condotto uno studio di ottimizzazione di tutti i parametri riguardanti la soluzione ed il processo di elettrofilatura che conducesse all’ottenimento di membrane con una morfologia fibrosa esente da difetti e, contemporaneamente, ad una buona maneggiabilità delle stesse. Le membrane sono state caratterizzate morfologicamente tramite analisi SEM e analisi DSC.
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I compositi rinforzati con fibre di carbonio (CFRC) stanno sempre più sostituendo i materiali convenzionali in applicazioni che necessitano di alte prestazioni meccaniche, grazie alla loro leggerezza e alle eccellenti proprietà meccaniche. Dato l'enorme incremento della loro produzione e delle loro applicazioni, uno dei principali problemi risiede nel loro smaltimento, sia a fine vita che degli scarti e sfridi di lavorazione. Inoltre, la produzione di fibre di carbonio (CF) necessita di un elevato fabbisogno energetico (183-286 MJ/kg), pertanto la possibilità di recupero dei compositi in ottica di riutilizzo delle CF sembra essere un'opzione promettente in termini di sostenibilità ed economia circolare. Nell’ottica di identificare una metodologia per recuperare e riciclare questi materiali, il lavoro della presente tesi di laurea sperimentale, svolto in collaborazione con Leonardo SpA, è stato quello di studiare e ottimizzare il processo di pirogassificazione su CRFP aeronautici.
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Nella presente tesi viene affrontato il comportamento di materiali granulari sotto carico dinamico. In particolare, viene presentata la sperimentazione di laboratorio seguita presso il Nottingham Transportation Engineering Centre dell'Università di Nottingham, la costruzione del box test e le prove dinamiche eseguite sul materiale granulare rinforzato e non.
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Il lavoro della tesi riguarda lo studio del comportamento di solai compositi, realizzati con tre strati di materiale. Questa metodologia costruttiva li fa ricadere nella tipologia strutturale del PANNELLO SANDWICH. Sono state condotte delle prove su campioni di materiali estratti da un provino di solaio, per determinare le caratteristiche meccaniche dei materiali stessi, poi sono state condotte le prove di carico su provini di solai integri, dai quali si sono ottenuti i diagrammi carico-spostamento. Successivamente sono state applicate due teorie sui pannelli sandwich, la teoria di Pantema e la teoria di Allen, allo scopo di vedere come riescano ad interpretare il comportamento sperimentale. Infine sono stati studiati i comportamenti agli SLE in termini di tensioni e frecce, e agli SLU in termini di capacità portante (taglio e momento flettente) secondo quanto dettato dal D.M. 14/01/2008.
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I materiali polimerici espansi sono utilizzati come core di pannelli compositi di tipo sandwich (tipicamente a base di polivinilcloruro, polistirene e poliuretani). Negli ultimi anni molte ricerche si sono concentrate sulla possibilità di aumentare le loro proprietà meccaniche, termiche, di resistenza agli agenti esterni, ignifughe, etc cercando contemporaneamente la diminuzione del peso e del costo (sia delle materia prime che di processo). In questo contesto, l’obiettivo di questa tesi di laurea è lo studio, la preparazione e la caratterizzazione di espansi in PVC di natura cross-linked per la produzione di pannelli compositi a sandwich potenzialmente utilizzabili in campo eolico e navale.
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Le leghe di alluminio da fonderia rivestono un ruolo fondamentale in ambito industriale e in particolare il settore dei trasporti ha notevolmente incrementato il loro impiego per la realizzazione di componenti strutturali. Al fine di aumentare ulteriormente la resistenza specifica, tali leghe possono essere impiegate come matrici per lo sviluppo di compositi (Metal Matrix Composites, MMCs), le cui fasi di rinforzo possono avere diversa composizione, forma e dimensione. In particolare, nel caso di rinforzo particellare, più le particelle sono piccole e finemente disperse nella matrice, più elevato può essere l’incremento delle prestazioni meccaniche. In quest’ottica, la ricerca ha portato allo sviluppo dapprima di compositi caratterizzati da un rinforzo micrometrico e, in anni recenti, si sta concentrando sul rinforzo nanometrico (Metal Matrix Nano Composites, MMNCs). I nano-compositi possono essere ottenuti attraverso metodologie differenti: tecniche in situ, in cui il rinforzo viene generato all’interno della matrice attraverso opportune reazioni chimiche, e tecniche ex situ, in cui i dispersoidi vengono inseriti nella matrice fusa, una volta già formati. Sebbene l’incremento prestazionale ottenibile da tali materiali sia stato dimostrato, è necessario far fronte ad alcune problematiche connesse a ciascuna tecnologia produttiva quali, ad esempio, il controllo dei parametri di processo, per quanto riguarda le tecniche in situ, e l’ottenimento di una efficace dispersione delle nano-particelle all’interno della matrice, nel caso delle metodologie ex-situ. Lo scopo della presente attività di tesi è lo studio di fattibilità, basato anche su un’ampia indagine bibliografica, e l’implementazione di metodologie produttive, su scala di laboratorio, volte allo sviluppo di MMNCs a matrice in lega di alluminio (A356, Al-Si-Mg). L’interesse è stato posto in primo luogo sul processo in situ di gas bubbling, mirato all’ottenimento di rinforzo d’allumina, indotto dalla reazione tra matrice metallica e gas ossidante (in questo caso aria secca industriale). In secondo luogo, dal punto di vista delle tecniche ex situ, è stato approfondito l’aspetto della dispersione delle particelle di rinforzo nel fuso, prestando particolare attenzione alla tecnica di trattamento ultrasonico del metallo.
Resumo:
In the last years, the importance of locating people and objects and communicating with them in real time has become a common occurrence in every day life. Nowadays, the state of the art of location systems for indoor environments has not a dominant technology as instead occurs in location systems for outdoor environments, where GPS is the dominant technology. In fact, each location technology for indoor environments presents a set of features that do not allow their use in the overall application scenarios, but due its characteristics, it can well coexist with other similar technologies, without being dominant and more adopted than the others indoor location systems. In this context, the European project SELECT studies the opportunity of collecting all these different features in an innovative system which can be used in a large number of application scenarios. The goal of this project is to realize a wireless system, where a network of fixed readers able to query one or more tags attached to objects to be located. The SELECT consortium is composed of European institutions and companies, including Datalogic S.p.A. and CNIT, which deal with software and firmware development of the baseband receiving section of the readers, whose function is to acquire and process the information received from generic tagged objects. Since the SELECT project has an highly innovative content, one of the key stages of the system design is represented by the debug phase. This work aims to study and develop tools and techniques that allow to perform the debug phase of the firmware of the baseband receiving section of the readers.