220 resultados para Cordel, Letteratura popolare, Brasile
Resumo:
Background: Attualmente, diversi approcci riabilitatavi vengono proposti per il miglioramento del dolore e della funzione a seguito di intervento chirurgico alla spalla. La teleriabilitazione si è rivelata una valida alternativa per l’erogazione dei servizi riabilitativi a distanza: grazie all’utilizzo delle tecnologie di telecomunicazione, è possibile fornire consulenza, valutazione, monitoraggio, intervento e educazione, superando le barriere geografiche, temporali, sociali ed economiche. Obiettivo: Lo scopo della revisione è valutare le prove di efficacia presenti in letteratura in merito all’utilizzo della teleriabilitazione per il miglioramento funzionale dei pazienti operati di spalla. Metodi: La revisione è stata redatta secondo la checklist del PRISMA statement. La ricerca è stata condotta da aprile a settembre 2022, consultando le banche dati Cochrane Library, PubMed e PEDro. La ricerca è stata limitata a studi primari sperimentali e quasi, con full-text reperibile in lingua italiana o inglese e senza limiti temporali, inerenti soggetti operati alla spalla trattati con diverse modalità di teleriabilitazione. Come elemento di confronto è stato incluso qualsiasi tipo di intervento riabilitativo convenzionale. La qualità metodologica è stata valutata con la PEDro scale. Risultati: sono stati inclusi 4 RCT e 1 CCT, che hanno indagato misure di outcome relative a: dolore, mobilità articolare, forza, abilità funzionale e qualità della vita. Dall’analisi qualitativa dei risultati degli studi si è osservato che in tutti i gruppi sperimentali si sono ottenuti miglioramenti significativi negli outcome d’interesse; in due studi è stata evidenziata una superiorità statisticamente significativa della teleriabilitazione. Conclusioni: Nonostante la revisione non sia giunta a risultati generalizzabili e di validità assoluta, la teleriabilitazione ha dimostrato di essere una modalità sicura ed efficace nel miglioramento clinico e funzionale dei soggetti operati alla spalla.
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Background: Il dolore pelvico cronico viene definito dall’associazione europea di urologia (EAU) come un dolore persistente, non ciclico, percepito nelle strutture connesse alla pelvi che dura più di 6 mesi. Nella maggior parte dei casi si parla di un dolore non specifico per cui è raccomandato un approccio bio-psico-sociale. Obiettivo: L’obiettivo di questa revisione sistematica è quello di individuare l’efficacia del trattamento fisioterapico nel dolore pelvico cronico femminile. Metodi: Per rispondere al quesito diagnostico è stata effettuata una ricerca nelle banche dati PubMed e PEDro. I criteri di inclusione sono stati i seguenti: incluse tutte le donne, tutte le varie tipologie e tecniche fisioterapiche, il PICOS è soddisfatto dall’articolo, il full-text dell’articolo è reperibile, la lingua di pubblicazione è in italiano o inglese, non ci sono limiti sulla data di pubblicazione ed infine vengono inclusi RCT con qualità metodologica medio-alta. Il rischio di bias è stato valutato tramite l’applicazione della PEDro Scale. Risultati: Dalla selezione degli studi sono stati trovati 11 articoli eleggibili. Il campione negli studi varia da 22 a 212 partecipanti; le dimensioni dei gruppi variano da 11 a 107 pazienti; l’età media varia da 22 a 52 anni. I gruppi di intervento prevedono differenti opzioni di tecniche fisioterapiche (educazione, PFME, rilascio miofasciale, terapia manuale, TENS, IVES, biofeedback, laser, esercizi di rilassamento, desensibilizzazione con focus sul pavimento pelvico, manipolazione dei tessuti e massaggio full body). Tutti gli studi hanno almeno un gruppo di controllo. I risultati ottenuti analizzando l’outcome principale (dolore) e gli outcome secondari (qualità del dolore, qualità di vita e indice delle funzioni sessuali) mostrano un cambiamento positivo in tutti gli studi. Conclusione: Il trattamento fisioterapico si è rivelato efficace nell’approccio al dolore pelvico cronico femminile.
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Background: Il termine “disturbi associati al colpo di frusta” indica l’insieme di sintomi che insorgono in seguito ad un trauma con accelerazione-decelerazione del rachide cervicale durante un incidente automobilistico. Un anno dopo l’infortunio, circa il 50% degli individui riferisce ancora la presenza di cervicalgia. Sono state proposte diverse strategie di intervento per la gestione conservativa di questa condizione, fra cui l’esercizio terapeutico, ma le prove a sostegno sono ancora incerte. Obiettivo: Valutare l’efficacia dell’esercizio terapeutico nel trattamento dei disturbi cronici associati al colpo di frusta rispetto ad altri interventi o a nessun trattamento, in termini di miglioramento del dolore, disabilità e kinesiofobia. Materiali e metodi: È stata condotta una revisione sistematica della letteratura seguendo la checklist del PRISMA Statement 2020. La ricerca è stata effettuata su tre banche dati: PubMed, PEDro, Cochrane Library. Sono stati selezionati solo Trial Clinici Randomizzati Controllati che includessero pazienti adulti con disturbi cronici associati al colpo di frusta di grado I-III. Risultati: Sono stati inclusi 6 studi. Il rischio di bias è stato valutato con la PEDro Scale, ottenendo per tutti un punteggio ≥ 6, che riflette un’alta qualità metodologica. L’esercizio terapeutico si è rivelato significativamente più efficace nel migliorare gli outcome indagati, sia nel breve che nel lungo termine, rispetto all’attività fisica prescritta, all’educazione e a nessun trattamento, ma non alla terapia di base per la consapevolezza del corpo. Conclusioni: I risultati suggeriscono che l’esercizio terapeutico potrebbe rappresentare un approccio riabilitativo efficace per gli individui con dolore e disabilità cronici dopo un trauma da colpo di frusta. Tuttavia, non è possibile affermare che esso costituisca la scelta più valida. Pertanto, sono necessari ulteriori studi per determinare quale tipologia di pazienti possa effettivamente beneficiarne.
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Background. La sclerosi multipla (SM) è una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale. I sintomi si manifestano prima dei 55 anni di età, possono essere molto diversi tra loro. Al momento non esiste una cura definitiva, ma sono disponibili tecniche riabilitative che modificano il suo andamento, tra cui la riabilitazione equestre, che consiste in attività svolte con l'aiuto del cavallo a fini di cura. Obiettivi. Lo scopo di questo studio è quello di indagare l’efficacia della riabilitazione equestre sui parametri funzionali del cammino e la qualità della vita in persone con SM. Metodi. Le banche dati visionate per questo studio sono state PUBMED, PEDro, Cochrane Central Register of Controlled Trial, Web of Science e Scopus. Nella revisione sono stati inclusi i Randomized Controlled Trial (RCT) che indagavano i parametri funzionali del cammino e la qualità della vita; articoli che esaminavano soggetti con sclerosi multipla senza limiti di età e sesso, in lingua inglese, pubblicati tra il 2010 e il 2020 e di cui era reperibile il full text. Risultati. Gli studi inclusi sono stati quattro RCT. Gli outcome indagati sono stati i parametri funzionali del cammino e la qualità della vita. In ogni studio esaminato si osserva un miglioramento significativo per ogni misura di outcome, in particolare la qualità della vita. Conclusioni. Ogni studio ha evidenziato come la riabilitazione equestre abbia influito positivamente sul decorso della SM. Riguardo i trial clinici esaminati, il numero esiguo dei partecipanti ai singoli studi, la durata eterogenea delle sessioni, l’impossibilità di disporre della descrizione della seduta, l’utilizzo di scale differenti per ogni studio e l’aver considerato parametri diversi per valutare uno stesso outcome non permettono di avere risultati estendibili a tutta la popolazione. Risulta necessario un ulteriore approfondimento in merito per comprendere la reale efficacia della riabilitazione equestre.
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Background: il groin pain è un dolore riferito in un’area che è delimitata medialmente dalla sinfisi pubica, superiormente dal basso addome, lateralmente dalla spina iliaca antero-superiore e inferiormente dalla porzione mediale della coscia. Una sindrome composta da patologie multiple e, per quanto sia diffusa a livello di casistica di infortunio, si tratta di una delle lesioni meno comprese e poco spiegate in chirurgia generale e ortopedia. In questo scenario, colpisce prevalentemente il giovane sportivo causando dolore e interruzione della pratica sportiva. Obiettivi: valutare l’efficacia della gestione conservativa su dolore e ritorno all’attività sportiva in pazienti con problematiche e lesioni nella zona pubico- inguinale. Materiali e metodi: la ricerca è stata condotta su due banche dati: PubMed e Cochrane Library. Non è stato impostato il filtro lingua; sono stati inclusi studi di trattamento in atleti con dolore all’inguine, studi randomizzati controllati, studi clinici controllati e serie di casi. Risultati: il trattamento conservativo si è rivelato sicuro ed efficace nella gestione del dolore all’inguine con un buon numero di atleti che è riuscito a tornare all’attività sportiva. Tuttavia secondo gli studi presi in considerazione, il trattamento chirurgico risulta più efficace in termini di tempi di recupero; per cui spesso viene utilizzato dopo il fallimento della terapia conservativa nell’atleta. Conclusioni: nella gestione dei pazienti affetti da groin pain come primo approccio si deve sempre preferire l’approccio conservativo rispetto al chirurgico, in quanto meno invasivo e comunque riporta buone evidenze scientifiche per quanto riguarda l’efficacia. Qualora questo non riportasse miglioramenti evidenti al termine di un periodo di cura di qualche settimana, si può procedere all’operazione chirurgica secondo la tecnica (chirurgica) giudicata più idonea alla situazione.
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Background:La gonartrosi è una patologia degenerativa che colpisce l’articolazione del ginocchio. Rappresenta un grave problema di salute pubblica mondiale e comporta dolore e riduzione della funzionalità. Sono presenti studi che confrontano l’uso di iniezioni intra articolari con la fisioterapia per ridurre il dolore, ma ad oggi non vi è ancora un gold standard per la gestione della malattia. Scopo della ricerca:Valutare l’efficacia della fisioterapia rispetto all’uso di iniezioni intra articolari in pazienti affetti da gonartrosi, sul dolore e sulla qualità di vita. Disegno dello studio:Revisione Sistematica della Letteratura effettuata seguendo il PRISMA Statement. Metodi:La ricerca è stata condotta nelle banche dati PubMed, PEDro, Cochrane Library. Sono stati inclusi trial randomizzati controllati (RCT) in lingua inglese e italiana, che confrontavano l’efficacia del trattamento fisioterapico rispetto all’utilizzo di iniezioni intra articolari, con outcome relativi a riduzione del dolore e al miglioramento della qualità di vita. La qualità metodologica e il rischio di bias sono stati valutati utilizzando la PEDro Scale. Risultati:Cinque studi sono stati inclusi in questa Revisione Sistematica. Ci sono stati due studi che hanno dimostrato la maggiore efficacia di altri trattamenti rispetto alla fisioterapia. Altri due trials hanno confrontato il trattamento fisioterapico con l’uso di iniezioni di acido ialuronico e si sono osservati risultati pressoché uguali tra i gruppi. Solo uno studio ha dimostrato la superiorità del trattamento combinato di iniezioni e programma riabilitativo nella gestione della gonartrosi, rispetto al solo utilizzo di iniezioni intra articolari. Conclusioni:I risultati contrastanti che si sono osservati non permettono di affermare con certezza la superiorità della fisioterapia rispetto all’utilizzo di iniezioni intra articolari, sebbene rappresenti una valida scelta terapeutica grazie al suo basso costo e alla sua ridotta invasività.
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ABSTRACT Background: L’ictus è una delle prime cause di morte e disabilità nel Mondo: in Europa il numero dei sopravvissuti ad ictus è circa 6 milioni. Tra gli esiti di questa patologia troviamo l’iperestensione di ginocchio, una deformità progressiva e invalidante che compromette il cammino e può essere associata a dolore. La riabilitazione dei soggetti colpiti può essere complessa, a causa della variabilità delle possibili eziologie. Ad oggi non esiste ancora un unico protocollo riabilitativo per il trattamento di questa patologia. L’obiettivo di questa revisione sistematica è quello di valutare l’efficacia dei trattamenti fisioterapici sull’iperestensione di ginocchio in soggetti colpiti da ictus. Metodi: Banche dati: PUBMED, PEDro, Cochrane. Studi inclusi: Trial clinici randomizzati sull’efficacia degli interventi fisioterapici sull’iperestensione di ginocchio in soggetti colpiti da ictus. Questa revisione è stata redatta seguendo la checklist del PRISMA statement. Risultati: Sono stati inclusi 4 studi (3RCT,1CCT), con identificazione di due tipi di intervento: trattamento propriocettivo e con ortesi. Tutti gli interventi hanno prodotto miglioramenti sul cammino dei partecipanti, nel breve termine. L’outcome che ha riportato un miglioramento significativo in seguito agli interventi effettuati è quello riguardante i gradi di iperestensione di ginocchio. Per quanto riguarda la velocità del cammino, è stato riscontrato un miglioramento significativo soltanto in uno dei quattro studi inclusi. Conclusioni: Sono state trovate evidenze in favore dell’allenamento propriocettivo abbinato alla normale fisioterapia nel trattamento dell’iperestensione di ginocchio in soggetti con esiti di ictus e iperestensione di ginocchio, nel breve termine. Questo approccio potrebbe migliorare la qualità del cammino e quindi anche l’autonomia e la qualità di vita di questi pazienti.
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Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI o MICI, dall’acrostico inglese di “Inflammatory bowel diseases”) costituiscono un insieme di disturbi autoimmuni, in cui è l’attivazione anormale del sistema immunitario, a stimoli altrimenti normali, a procurare danno al corpo stesso. In soggetti geneticamente predisposti si innesca difatti una risposta immunitaria abnorme, la quale produce uno stato infiammatorio cronico all’interno dell’apparato digerente che, nel tempo, genera un danno tissutale con perdita progressiva della funzionalità d’organo. L’obiettivo di questo lavoro di tesi è stato svolgere un’analisi attenta e il più possibile approfondita delle malattie infiammatorie croniche del tratto gastrointestinale, cercando di fornirne una panoramica generale dal punto di vista clinico, per poi addentrarsi nell’ambito della terapia nutrizionale ad esse associata, tema che in questi ultimi anni sta acquisendo progressivamente maggior rilevanza negli standard di cura alla persona.
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Background. La percezione di malattia gioca un ruolo importante nei disturbi del comportamento alimentare. Leventhal nel suo modello teorico dell’illness perception spiega che la rappresentazione di malattia si divide in diverse componenti, come la percezione di controllo e le aspettative di durata nel tempo. Obiettivo. L’obiettivo di questo elaborato è quello di realizzare una rassegna sistematica della letteratura sulle caratteristiche e le implicazioni della percezione di malattia nei disturbi del comportamento alimentare. Metodi. Per compiere la revisione sistematica della letteratura si è fatto riferimento a due banche dati: Pubmed e Scopus. Sono stati individuati articoli inerenti all’argomento trattato attraverso l’incrocio di diverse parole chiave, poi, sono stati esclusi diversi articoli non inerenti. Infine, sono stati approfonditi e confrontati tra loro i risultati dei 13 studi inclusi. Risultati. Nell’anoressia nervosa spesso il paziente non riesce a ricondurre i propri sintomi a un disturbo del comportamento alimentare e la malattia viene avvertita come parte integrante della propria vita. Questa percezione di malattia si traduce in una scarsa aderenza terapeutica. Nella bulimia nervosa si ha una scarsa identità di malattia, ma è più probabile che si riconosca di avere un problema e si cerchi un trattamento. Nel disturbo da binge-eating si ha una maggiore percezione di malattia rispetto all’anoressia nervosa. I disturbi del comportamento alimentare inoltre sono caratterizzati da una scarsa consapevolezza emotiva. Conclusioni. Prendere in considerazione questo tema è importante in quanto, in base alla percezione di malattia del paziente, lo specialista, in particolare il dietista, può modificare la terapia per adeguarla alle caratteristiche del caso specifico. Le rappresentazioni di malattia forniscono infatti al dietista informazioni utili sul livello di disagio e sulla fase di motivazione al cambiamento in cui si trova il paziente.
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La malattia policistica epatorenale autosomica dominante (ADPKD), patologia genetica ereditaria che coinvolge primariamente il rene, è una condizione cronica, caratterizzata dalla crescita lenta, graduale e progressiva di cisti nei reni, in concomitanza a diverse comorbidità renali ed extrarenali. Colpisce 12,5 milioni di persone di ogni etnia nel mondo e causa di più del 10% di tutte le insufficienze renali croniche terminali (ESRD). Lo studio prende in esame dietoterapia, attività fisica e qualità di vita, tre aspetti di fondamentale importanza nella gestione dei pazienti affetti da ADPKD. L’obiettivo è quello di capire quali sono le evidenze più recenti in materia, approfondire le relazioni tra questi differenti ambiti e come questi possano influenzare la gestione clinica e terapeutica dei pazienti affetti dalla patologia. Per raggiungere questo obiettivo molteplici ricerche sono state svolte interrogando i database di Scopus, Pubmed e Google Scholar. I risultati della ricerca ribadiscono l’importanza del trattamento multidisciplinare nell’ADPKD in cui il ruolo del dietista assume una grande importanza poiché emergono interessanti prospettive riguardo alle potenzialità date dall’adozione e dal mantenimento di specifici regimi alimentari e di uno stile di vita attivo in ADPKD nel contrasto dello sviluppo cistico, il tutto senza mai trascurare la condizione psicologica e sociale del paziente, fattore fondamentale per il mantenimento della compliance sia alla terapia medica che ad una corretta alimentazione e stile di vita.
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I libri e la letteratura per ragazzi sono fondamentali per la formazione, lo sviluppo e l’arricchimento dell’immaginario dei giovani lettori, costituendo peraltro un mercato in crescita nell’editoria di paesi come l’Italia. In tale quadro, la traduzione svolge un ruolo cruciale nel permettere a bambini, ragazzi, adolescenti e giovani adulti di incontrare l’estraneo e stabilire un contatto con altre culture. Tuttavia, la letteratura giovanile, che nel corso della propria storia si è evoluta fino a divenire l’arte complessa e sofisticata che è oggi, pone chi traduce di fronte a una serie di questioni teoriche, meccanismi editoriali e sfide traduttive che la distinguono dalla letteratura per adulti e sembrano meritare un approfondimento. Inserita in questo contesto, la letteratura Young Adult si rivolge ai lettori che si collocano tra l’infanzia e l’età adulta, cercando di rispondere a necessità e aspettative di un pubblico esigente e di difficile definizione. Se la sua storia, iniziata negli Stati Uniti del dopoguerra, è stata descritta da numerosi studiosi, le specificità della letteratura Young Adult e soprattutto le loro ripercussioni sull’aspetto traduttivo sembrano rappresentare un campo d’indagine per certi versi inesplorato in ambito accademico. Nel presente elaborato si propone dunque la traduzione parziale dall’inglese all’italiano del romanzo storico per giovani adulti The House of One Thousand Eyes, dell’autrice canadese Michelle Barker, nel tentativo di gettare luce non solo sulle caratteristiche specifiche del testo in esame, ma anche sulle questioni traduttive relative alla categoria Young Adult. La proposta di traduzione è accompagnata da un commento che illustra strategie e scelte applicate nel processo traduttivo, ed è preceduta da due capitoli che approfondiscono la storia della letteratura per ragazzi e il ruolo del traduttore letterario che si confronta con essa.
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Una delle limitazioni funzionali più comunemente citate dai soggetti con amputazione agli arti inferiori è il deficit nel controllo dell’equilibrio. La perdita, più o meno parziale, di un arto è accompagnata da mancanze e succisivi adattamenti del sistema di controllo posturale. Considerando l’aumento dell’età della popolazione generale e la crescente incidenza delle cause di amputazioni su di essa, vi è un’inequivocabile necessità di indagare come il controllo posturale cambi in questi individui. A tal riguardo, è stata condotta una revisione sistematica dei metodi proposti in letteratura riguardanti l’analisi del controllo posturale in soggetti con amputazione unilaterale agli arti inferiori, mediante la posturografia dinamica. Partendo dall’articolo di riferimento: “Balance control in lower extremity amputees during quiet standing: A systematic review” (Ku et al., 2013), a dicembre 2022 è stata evidenziata ed estesa la ricerca, fino all’anno corrente, degli articoli riguardanti il medesimo argomento, ma esclusivamente in ambito dinamico. Dalla ricerca, condotta su PubMed e Scopus, sono stati selezionati 8 articoli scientifici, nei quali, attraverso l’utilizzo di dispositivi di equilibrio, vengono analizzati i meccanismi alla base del controllo posturale nelle persone con amputazione agli arti inferiori. Dai risultati si è potuto dimostrare che gli amputati unilaterali degli arti inferiori fanno molto affidamento su input visivi, vestibolari e segnali somatosensoriali dalla loro gamba intatta per compensare le informazioni somatosensoriali mancanti dell'arto amputato. Quando uno di questi viene compromesso, mostrano uno scarso controllo posturale rispetto agli individui normodotati.
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La tesi nasce da una collaborazione di ricerca, attiva da anni, tra il DISTART - Area Topografia ed il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna, impegnato da lungo tempo in scavi archeologici nella regione egiziana del Fayyum. Lo scopo di questa tesi è offrire un contributo alla creazione di un database multiscala di informazioni georeferenziate, che possa essere di supporto ad ulteriori approfondimenti sul territorio del Fayyum. Il raggiungimento degli obiettivi preposti è stato perseguito mediante l’utilizzo sistematico di algoritmi di classificazione su immagini satellitari a media risoluzione registrate ed ortorettificate. Per quanto riguarda la classificazione litologica, sulla base delle informazioni presenti in letteratura, è stata ottenuta una mappa della fascia desertica che circonda l’oasi, in cui sono distinte diverse tipologie: sabbie sciolte recenti, arenarie mioceniche, calcareniti dell’Eocene superiore, calcari dell’Eocene medio, basalti tardo-oligocenici. Inoltre è stata messa a punto una procedura per giungere ad una classificazione almeno in parte automatica di anomalie sul terreno che presentano una forma lineare. L’applicazione di questa procedura potrà rivelarsi utile per ulteriori indagini finalizzate alla individuazione di paleocanali, naturali o artificiali, ed alla ricostruzione dell’assetto idrografico nel passato.
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L’idea di base della seguente tesi, finora mai applicata o descritta in letteratura scientifica in base alle ricerche effettuate, è stata quella di creare un sistema di monitoraggio strutturale intelligente (Structural Health Monitoring, SHM) mediante dei sensori di deformazione a reticolo di Bragg (Fiber Bragg Grating, FBG), incollati su fili a memoria di forma inseriti a loro volta, bloccati con opportuni ancoraggi esterni, in sei travi di betoncino cementizio armato. L’obbiettivo della sperimentazione è stato quindi quello di creare delle travi intelligenti che, in condizioni di carico eccezionali e critiche (monitorate dal sensore a fibra ottica), sapessero “autoripararsi” mediante gli attuatori a memoria di forma con un processo di riscaldamento appositamente progettato.
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Nella protezione idraulica del territorio la previsione e il controllo delle piene sono di fondamentale importanza. I territori sono sempre più antropizzati, pertanto la riduzione dei rischi connessi a eventi idrometeorologici estremi è di notevole interesse. La previsione delle piene è resa difficile dall’innumerevole quantità di variabili che intervengono nel processo della loro formazione. Nelle attività di progettazione e nella verifica di opere idrauliche la identificazione dell’idrogramma di progetto spesso riveste un’importanza fondamentale. Un idrogramma di progetto è definito come un’onda di piena, realmente osservata o sintetica, associata ad un determinato livello di rischio, quantificato usualmente in termini di tempo di ritorno. Con il presente lavoro si cerca di verificare la possibilità di applicazione una metodologia per la stima degli idrogrammi di progetto associati ad un determinato tempo di ritorno, recentemente proposta dalla letteratura scientifica (Maione et al., 2001, Una metodologia per la stima indiretta degli idrogrammi sintetici per il progetto di opere di difesa idraulica del territorio). Il lavoro è riferito al Fiume Secchia, un affluente importante del Po che scorre tra le provincie di Modena e Reggio Emilia.