85 resultados para Dario


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Simulazione di funzionamento di un sottosistema RADAR per Cubesat, destinato all'individuazione ed al tracciamento di detriti spaziali di piccole dimensioni.

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Con questo elaborato si è voluto continuare lo sviluppo di tecnologie finalizzate al deorbiting di satelliti CubeSat 3U, già iniziato durante il progetto di tirocinio. La ricerca è stata svolta nell’ambito di sistemi di rientro attivi, in particolare a propulsione. Inizialmente sono state determinate le orbite in cui un CubeSat 3U non rispetta le linee guida imposte dalla IADC. Quindi, optando per un deorbiting parziale e una manovra alla Hohmann, sono stati calcolati i delta-v necessari per trasferire una sonda dalle orbite operative più utilizzate (600-1000 km) a quella finale (quota di 450 km). Successivamente sono stati presi in considerazione tre diversi tipi di sistemi di propulsione: a gas freddo, a gas caldo e a monopropellente liquido. I tre diversi sistemi sono stati analizzati singolarmente, verificando che rispettassero i limiti in primis volumetrici, di massa e di nocività. Il sistema a monopropellente liquido a perossido di idrogeno si è rivelato il migliore. Quindi è stato eseguito il dimensionamento dei tre componenti principali: l’ugello, la camera catalitica e il serbatoio. Per concludere è stato svolto anche un dimensionamento strutturale statico di prima approssimazione del serbatoio.

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La tesi tratta del metodo PEA per la misura della carica di spazio. Viene fatta una valutazione sull'applicazione del metodo e sul significato dei risultati per le prove sui cavi modello. Utilizzando quanto ottenuto dalle prove si fa poi una riflessione su come sia più sensato calcolare il campo elettrico, partendo dalla distribuzione di carica ottenuta. Infine verra mostrata una prova su un cavo full size (progetto IFA2) per avere un riscontro degli studi fatti in laboratorio su un test di fabbrica. Le conclusioni si concentreranno sui problemi attuali relativi al sistema di misura e sulle possibili migliorie future.

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L’obiettivo della tesi è mettere a punto una metodologia che permetta di eseguire simulazioni sul comportamento di un serbatoio pressurizzato in alluminio di una vettura supersportiva ibrida.Verrà analizzato il sistema costituito dal serbatoio e da quattro bretelle di fissaggio, così da poter simulare differenti metodi di montaggio del serbatoio e valutare le tensioni generate dal fissaggio stesso. Lo strumento di lavoro utilizzato è ANSYS Mechanical, un software incluso nel pacchetto ANSYS Workbench che implementa un metodo di calcolo numerico agli elementi finiti. Per validare il modello sono stati testati in pressione due serbatoi, che e successivamente sono stati scansionati: la correlazione tra i dati sperimentali e le simulazioni ha mostrato che il modello, seppur semplificato, risulta sufficientemente accurato. Dopo i riscontri positivi avuti dalla validazione, sono stati applicati al modello sia carichi statici che ciclici, al fine di esprimere un giudizio sulla resistenza strutturale statica e a fatica del serbatoio. Successivamente, l’individuazione dei principali parametri di interesse ha consentito di effettuare la parametrizzazione del modello e l’ottimizzazione dei parametri. Ciò ha permesso di elaborare ulteriori considerazioni, sulla base delle quali sono stati forniti gli input di progettazione.

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I veicoli ad alte prestazioni sono soggetti ad elevati carichi per piccoli intervalli di tempo. Questo comporta diverse criticità sulle componenti che costituiscono la vettura: una di queste è la pinza freno. Al fine di renderla performante è necessario il possesso di due proprietà. In primo luogo, la pinza freno deve essere il più leggera possibile poiché essa conferisce un'inerzia nella risposta della sospensione del veicolo, procurando il distacco dello pneumatico dal suolo e causando perdita di aderenza. In secondo luogo, è necessario contenere le deformazioni della pinza freno garantendo un determinato feeling per il pilota. Il compito del progettista è ottimizzare questi due parametri che hanno effetti antitetici. Questa difficoltà porta il progettista a creare design molto complessi per raggiungere l’ottimale e non sempre le geometrie ottenute sono realizzabili con tecnologie convenzionali. Questo studio riguarda il miglioramento prestazionale di una pinza freno costruita con una lega di alluminio 7075-T6 e lavorato dal pieno. Gli obbiettivi sono quello di produrre il nuovo corpo in titanio TI6Al4V, dal momento che le temperature di esercizio portano a grandi decadute di caratteristiche meccaniche dell’alluminio, contenere il più possibile la massa a fronte dell’aumento di densità di materiale e ovviamente limitare le deformazioni. Al fine di ottenere gli obbiettivi prefissati sono utilizzati metodi agli elementi finiti in diverse fasi della progettazione: per acquisire una geometria di partenza (ottimizzazione topologica) e per la validazione delle geometrie ottenute. Le geometrie ricavate tramite l’ottimizzazione topologica devono essere ricostruite tramite software CAD affinché possano essere ingegnerizzate. Durante la modellazione è necessario valutare quale tecnologia è più vantaggiosa per produrre il componente. In questo caso studio si utilizza un processo di addizione di materiale, più specificatamente una tecnica Selective Laser Melting (SLM).

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Visto l’attuale fabbisogno di fosforo, è fondamentale, in un’ottica di sostenibilità ambientale, mettere a punto un trattamento che consenta di ottenere un efficiente recupero del fosforo. Il seguente lavoro di tesi si pone come obbiettivo quello di caratterizzare la prestazione di un adsorbente utilizzato in un impianto pilota presso l’università di Cranfield per il recupero del fosforo da acque reflue municipali dopo 2 anni di utilizzo, corrispondenti a 66 cicli di adsorbimento/desorbimento. In particolare sono state confrontate le prestazioni ottenibili dalla resina usata rigenerata con la procedura standard (mediante NaOH 2%) e con una procedura di ricondizionamento mediante un trattamento più forte (mediante NaOH 2% + NaCl 5%) con quelle della resina vergine. Le due tipologie di soluzione rigenerante serviranno a valutare il contributo all’adsorbimento totale delle nanoparticelle di HFO e dei gruppi funzionali presenti sulla resina. I test sono stati condotti sia in soluzioni sintetiche di fosfato (acqua demineralizzata a cui viene aggiunto un determinato quantitativo di sali di fosfato), sia in soluzioni reali (wastewaters, fornite dalla multiutility HERA). Lo studio è stato condotto mediante isoterme di adsorbimento e test in continuo (curve di breakthrough). I risultati ottenuti confermano che la resina, dopo due anni, mantiene ottime prestazioni, molto simili alla vergine. Il materiale ha mostrato una ottima resistenza meccanica, durabilità e facilità di rigenerazione, dimostrandosi un eccellente adsorbente per gli ortofosfati anche alle basse concentrazioni tipiche degli effluenti secondari di scarto. I test in continuo hanno inoltre mostrato come, alle tipiche concentrazioni delle acque reflue, la rigenerazione dei gruppi funzionali della resina mediante sodio cloruro non porti ad un significativo miglioramento delle proprietà adsorbenti. Dai dati ottenuti si può affermare con certezza che il ciclo vitale della resina risulta essere ben oltre i 2 anni.

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Lo studio rappresenta uno screening primario di vari adsorbenti riguardo la loro capacità di rimuovere e recuperare l'ammonio dalle acque reflue urbane in base alla capacità e alla selettività. Sono state analizzate le prestazioni di diverse resine polimeriche e zeoliti e l'effetto di variabili come la temperatura, il pH, la concentrazione del mezzo adsorbente e la concentrazione iniziale di ammonio sull'efficienza di rimozione dell‘ammonio da acque sintetiche e da acque reflue urbane. Si tratta di uno dei primi tentativi di collocare un processo basato sull'adsorbimento all'interno di un impianto di trattamento delle acque reflue esistente per rimuovere e recuperare l'ammonio (NH4) dalle acque reflue urbane di scarico secondarie (MWW). Il processo proposto è stato caratterizzato da 4 aspetti importanti: I) Impiego di una resina a scambio ionico disponibile in commercio; II) Impiego di una zeolite naturale a basso costo e selettiva per il recupero dell'ammonio. III) Studio approfondito sulla selettività e la capacità di adsorbimento dei materiali adsorbenti in esame. IV) Realizzazione di un test di breakthrough completo per la rimozione dell'ammonio in modo continuo. V) Rigenerazione del materiale adsorbente e recupero dell'ammonio tramite test di desorbimento. I test su scala di laboratorio, che includevano due colonne in PVC per la rimozione di N-NH4 impaccate con la resine polimerica Amberlyst 15WET (disponibile in commercio) e la zeolite naturale (Cabasite-Phillipsite), sono andati con successo dopo 1 ciclo di adsorbimento/desorbimento trattando 40L di MWW effettivi (concentrazione media in ingresso di 45±1 mgNH4-N/L). La concentrazione di ammonio alla fine del desorbimento per la zeolite naturale era il doppio di quella di Amberlyst 15wet dimostrando che questa resina è una resina promettente nel processo di recupero dell'ammonio e sono necessari ulteriori sviluppi e ottimizzazioni.

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L'inibizione dell'attività della proteina CDC20, importante nel processo di regolazione del ciclo cellulare, è attualmente considerata un target sul quale indirizzare la ricerca di farmaci per il trattamento della leucemia mieloide acuta (LAM). Recenti studi hanno evidenziato che il nucleo 2-amminopirimidinico e il gruppo tricloroetilenico si sono dimostrati essenziali per l’inibizione del processo di attivazione di CDC20. In questo lavoro di tesi è spiegata la sintesi di derivati indolici, benzotiazolici e benzofurazanici aventi in comune i gruppi 2-amminopirimidinico e tricloroetilenico; sono inoltre riportati i risultati dei saggi di attività biologica effettuati su linee cellulari di LAM e altri carcinomi umani.

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This thesis focuses on the investigation and the implementation of different observers for the estimation of the roll angle of a motorbike. The central core of the activity is applying a Model-Based design in order to outline, simulate and implement the filters with the aim of a final comparison of the performances. This approach is crucially underlined among the chapters that articulate this document: first the design and tuning of an Extended Kalman Filter and a Complementary Filter in a pure simulation environment emphasize the most accurate choice for the particular problem. After this, several steps were performed in order to move from the aforementioned simulation environment to a real hardware application. In conclusion, several sensor configurations were tested and compared in order to highlight which sensor suite gives the best performances.

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Small polarons (SP) have been thoroughly investigated in 3d transition metal oxides and they have been found to play a crucial role in physical phenomena such as charge transport, colossal magnetoresistance and surface reactivity. However, our knowledge about these quasi-particles in 5d systems remains very limited, since the more delocalised nature of the 5d orbitals reduces the strength of the Electronic Correlation (EC), making SP formation in these compounds rather unexpected. Nevertheless, the Spin-Orbit coupled Dirac-Mott insulator Ba2NaOsO6 (BNOO) represents a good candidate for enabling polaron formation in a relativistic background, due to the relatively large EC (U ∼ 3 eV) and Jahn-Teller activity. Moreover, anomalous peaks in Nuclear Magnetic Resonance (NMR) spectroscopy experiments suggest the presence of thermally activated SP dynamics when BNOO is doped with Ca atoms. We investigate SP formation in BNOO both from an electronic and structural point of view by means of fully relativistic first principles calculations. Our numerical simulations predict a stable SP ground state and agree on the value of 810 K for the dynamical process peak found by NMR experiments.

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Presso i laboratori del DICAM dell’Università di Bologna, partner del progetto FIT4REUSE, si studiano materiali adsorbenti innovativi per la rimozione ed il recupero di ammonio e fosfato dalle acque reflue municipali, mediante processo di scambio ionico in continuo su letto fisso, con l’obbiettivo di separare e concentrare l’azoto e il fosforo al fine di ottenere prodotti utilizzabili come fertilizzanti. Nello specifico questo elaborato di tesi riporta lo studio di due geopolimeri per l’adsorbimento di azoto, il geopolimero Na1.2G e il K1.2G, e li confronta con il geopolimero G13 che finora ha mostrato le prestazioni migliori.

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Plastic is an essential asset for the modern lifestyle, given its superiority as a material from the points of view of cost, processability and functional properties. However, plastic-related environmental pollution has become nowadays a very significant problem that can no longer be overlooked. For this reason, in recent decades, the research for new materials that could replace fossil fuel-based plastics has been focused on biopolymers with similar physicochemical properties to fossil fuel-based plastics, such as Polyhydroxyalkanoates (PHA). PHAs are a family of biodegradable polyesters synthesized by many microorganisms as carbon and energy reserves. PHA appears as a good candidate to substitute conventional petroleum-based plastics since it has similar properties, but with the advantage of being biobased and biodegradable, and has a wide range of applications (e.g., packaging). However, the PHA production cost is almost four times higher (€5/kg) than conventional plastic manufacturing. The PHA production by mixed microbial cultures (MMC) allows to reduce production costs as it does not require aseptic conditions and it enables the use of inexpensive by-products or waste streams as these cultures are more amenable to deal with complex feedstocks. Saline wastewaters (WWs), generated by several industries such as seafood, leather and dairy, are often rich in organic compounds and, due to a strong salt inhibition, the biological treatments are inefficient, and their disposal is expensive. These saline WWs are a potential feedstock for PHA production, as they are an inexpensive raw material. Moreover, saline WWs could allow the utilization of seawater in the process as dilution and cleaning agent, further decreasing the operational costs and the environmental burden of the process. The main goal of the current project is to assess and optimize the PHA production from a mixture of food waste and brine wastewater from the fishery industry by MMC.

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The rate at which petroleum based plastics are being produced, used and thrown away is increasing every year because of an increase in the global population. Polyhydroxyalkanoates can represent a valid alternative to petroleum based plastics. They are biodegradable polymers that can be produced by some microorganisms as intracellular reserves. The actual problem is represented by the production cost of these bioplastics, which is still not competitive if compared to the one of petroleum based plastics. Mixed microbial cultures can be fed with substrates obtained from the acidogenic fermentation of carbon rich wastes, such as cheese whey, municipal effluents and various kinds of food wastes, that have a low or sometimes even inexisting cost and in this way wastes can be valorized instead of being discharged. The process consists of three phases: acidogenic fermentation in which the substrate is obtained, culture selection in which a PHA-storing culture is selected and enriched eliminating organisms that do not show this property and accumulation, in which the culture is fed until reaching the maximum storage capacity. In this work the possibility to make the process cheaper was explored trying to couple the selection and accumulation steps and a halotolerant culture collected from seawater was used and fed with an artificially salted synthetic substrated made of an aqueous solution containing a mixture of volatile fatty acids in order to explore also if its performance can allow to use it to treat substrates derived from saline effluents, as these streams cannot be treated properly by bacterias found in activated sludge plants due to inhibition caused by high salt concentrations. Generating and selling the produced PHAs obtained from these bacterias it could be possible to lower, nullify or even overcome the costs associated to the new section of a treating plant dedicated to saline effluents.

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In this master's thesis, the formation of Primordial Black Holes (PBHs) in the context of multi-field inflation is studied. In these models, the interaction of isocurvature and curvature perturbations can lead to a significant enhancement of the latter, and to the subsequent production of PBHs. Depending on their mass, these can account for a significant fraction (or, in some cases, the entirety) of the universe's Dark Matter content. After studying the theoretical framework of generic N-field inflationary models, the focus is restricted to the two-field case, for which a few concrete realisations are analysed. A numerical code (written in Wolfram Mathematica) is developed to make quantitative predictions for the main inflationary observables, notably the scalar power spectra. Parallelly, the production of PBHs due to the dynamics of 2-field inflation is examined: their mass, as well as the fraction of Dark Matter they represent, is calculated for the models considered previously.

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L’obiettivo principale di questo lavoro di tesi è la progettazione dinamica e la modellazione 3D di una sedia (Blue Whale Chair) multifunzionale adattabile a diverse posizioni. Il progetto nasce da una ricerca specifica sulla postura tradizionale orientale, attraverso un viaggio nell'antico Giappone e nell'antica Cina, evidenziando gli aspetti positivi e negativi della fisiologia posturale. Prendendo spunto dagli aspetti positivi, è stato rielaborato un modello moderno e, attraverso un’opportuna modellazione, sono stati migliorati gli aspetti negativi. Nell'elaborato, inoltre, viene approfondito l'aspetto culturale che a sua volta ha influenzato tali posizioni. A chiosa, vengono studiati in maniera dettagliata alcuni casi studio più emblematici che possono essere utilizzati per lo sviluppo del concept e del design del prodotto. Il design della sedia ricorda la coda di una balena azzurra e il nome del progetto deriva proprio da questa caratteristica. Blue Whale Chair è una sedia che può assumere quattro posizioni con diverse utilità. Infatti, grazie alla sua maneggevolezza, alla sua struttura e ad una corretta progettazione, può essere utilizzata con duplice funzione: sia da tavolo che da sedia. I vari componenti della sedia sono stati progettati in modo tale da risultare regolabili, affinché le persone con diversa statura siano in grado di stare nella posizione più appropriata possibile rispetto alla propria fisiologia.