344 resultados para 540 Chimica e scienze connesse
Resumo:
Lo scopo di questo lavoro è stato quello di studiare dettagliatamente la reattività dell’N-benzilossicarbonil-1-aza-butadiene, utilizzando diversi dienofili in reazioni di Diels-Alder catalitiche enantioselettive promosse da organocatalizzatori bifunzionali in grado di dare interazioni deboli come legami a idrogeno. Questo 1-azadiene infatti può dare in linea di principio sia prodotti derivanti da reazioni di Diels-Alder a domanda elettronica diretta in cui funge da diene, sia reazioni a domanda elettronica inversa in cui il doppio legame terminale dell’1-azadiene, maggiormente reattivo in quanto meno ingombrato, funge da olefina elettronricca (reazione di Povarov). Per effettuare questo studio sono stati provati vari dienofili tra cui olefine elettron povere bi- e monosostituite che portavano alla degradazione del diene; derivati della malimmide e del pirazolo che davano cilcloaddotti derivanti dalla classica cicloaddizione [4+2] Diels-Alder con ottime conversioni in modo altamente diastereoselettivo, ma bassi eccessi enantiomerici ed infine si sono provate diverse immine che portavano al cicloaddotto della reazione di Povarov con ottimi risultati in termini di conversione e buoni eccessi enantiomerici. Quest’ultima applicazione che permette la sintesi di interessanti prodotti variamente funzionalizzabili, sarà oggetto di studio in futuro per ottimizzare le condizioni della reazione.
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Questo lavoro di tesi rientra nel progetto europeo SaveMe, al quale partecipa il gruppo di ricerca del dipartimento di chimica organica nel quale ho svolto l’attività di tirocinio. Obiettivo finale di tale progetto è la sintesi di nanoparticelle a base di PLGA (acido poli(D,L-lattico-co-glicolico)) superficialmente funzionalizzate con biomolecole, per l’impiego nel trattamento e nella diagnosi del cancro al pancreas. L’obiettivo da raggiungere nel primo anno di ricerca per il mio gruppo era la sintesi delle nanoparticelle centrali (core nanosystems). Nel presente lavoro sono quindi riportati i metodi di sintesi di polimeri derivati da PLGA e suoi copolimeri con PEG (polietilenglicole) aventi vari gruppi funzionali terminali: acidi idrossamici, amminici e acidi carbossilici. I polimeri sintetizzati sono stati caratterizzati tramite test colorimetrici qualitativi, 1H-NMR, 13C-NMR, spettrometria IR e TGA. Sono state sintetizzate nanoparticelle polimeriche (PNPs), con le tecniche Oil/Water (O/W) e nanoprecipitazione (NP), basate sui polimeri ottenuti, aventi quindi funzioni acide, idrossamiche ed amminiche sulla superficie. Su queste PNPs è stato effettuata una decorazione superficiale con nanoparticelle metalliche di maghemite (CAN-Maghemite). Le nanoparticelle polimeriche sono state caratterizzate tramite DLS e delle PNPs decorate sono state ottenute immagini TEM. Sono riportati inoltre i test di viabilità cellulare delle nanoparticelle ottenute.
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Le celle a combustibile ad ossido solido (SOFC) sono reattori elettrochimici che convertono l’energia chimica di un gas combustibile direttamente in energia elettrica con un’alta efficienza e con basse emissioni. Il materiale più comunemente usato come anodo, il Ni/YSZ cermet, mostra però numerosi svantaggi nell’applicazione quali la suscettibilità all’avvelenamento da zolfo e la deposizione di coke per cracking degli idrocarburi usati come combustibile. E’ perciò necessario sviluppare materiali alternativi che sopperiscano a questi problemi. Il titanato di stronzio drogato con lantanio con stechiometria La0.4Sr0.4TiO3 (LST) è stato scelto come anodo alternativo per le ottime proprietà possedute. Lo scopo del lavoro di tesi è stato quindi lo studio dell’influenza della natura dei precursori, delle condizioni di sintesi e dell’aggiunta di agenti porizzanti necessari per l’ottenimento della fase perovskitica pura e con porosità controllata. In un primo tempo è stata verificata la possibilità di ottenere la fase La0.4Sr0.4TiO3 pura mediante sintesi allo stato solido, trattando termicamente miscele di precursori diversi. I risultati ottenuti hanno evidenziato che l’utilizzo di nitrati metallici porta a risultati migliori rispetto all’utilizzo di carbonati ed ossidi poiché permette la formazione della fase perovskite a temperature inferiori e con una purezza maggiore. Poiché l’analisi elementare sui materiali preparati in questa prima fase ha evidenziato un problema sulla stechiometria, il metodo di sintesi è stato ottimizzato solubilizzando preventivamente i precursori di lantanio e stronzio e determinandone il titolo mediante ICP. Inoltre, sono state effettuate delle sintesi utilizzando TiO2 a diversa area superficiale, per verificare l’effetto sulle fasi formate di una maggior reattività di questo componente. Per completezza la perovskite è stata sintetizzata anche tramite sintesi sol-gel, utilizzando il metodo Pechini, ottenendo a 700°C la fase pura. L’analisi morfologica ha evidenziato che le polveri con caratteristiche migliori per la formatura sono quelle ottenute tramite sintesi allo stato solido. Le pastiglie prodotte, miscelando tali polveri e agenti porizzanti opportuni, hanno evidenziato la stabilità della fase perovskitica voluta ma anche la necessità di ottimizzare l’aggiunta del porizzante per avere una porosità adeguata all’applicazione del sistema quale anodo SOFC.
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I materiali polimerici espansi sono utilizzati come core di pannelli compositi di tipo sandwich (tipicamente a base di polivinilcloruro, polistirene e poliuretani). Negli ultimi anni molte ricerche si sono concentrate sulla possibilità di aumentare le loro proprietà meccaniche, termiche, di resistenza agli agenti esterni, ignifughe, etc cercando contemporaneamente la diminuzione del peso e del costo (sia delle materia prime che di processo). In questo contesto, l’obiettivo di questa tesi di laurea è lo studio, la preparazione e la caratterizzazione di espansi in PVC di natura cross-linked per la produzione di pannelli compositi a sandwich potenzialmente utilizzabili in campo eolico e navale.
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Le Dye – Sensitized Solar Cells (DSSC) sono attualmente considerate tra le alternative più promettenti al fotovoltaico tradizionale. I ridotti costi di produzione e l’elevata versatilità di utilizzo rappresentano i punti di forza di questi dispositivi innovativi. Ad oggi la ricerca è concentrata prevalentemente sull’incremento delle prestazioni delle DSSC, ottenibile solamente attraverso un miglioramento delle funzioni dei singoli componenti e dell’interazione sinergica tra questi. Tra i componenti, ha recentemente assunto particolare interesse il blocking layer (BL), costituito generalmente da un film sottile di TiO2 depositato sulla superficie dell’anodo (FTO) e in grado di ottimizzare i fenomeni all’interfaccia FTO/TiO2/elettrolita. Nel corso di questo lavoro di tesi si è rivolta l’attenzione prevalentemente sulle caratteristiche del BLs (ad esempio proprietà morfologico – strutturali) cercando di mettere in correlazione il processo di deposizione con le caratteristiche finali del film ottenuto. A questo scopo è stato ottimizzato un processo di deposizione dei film via spin coating, a partire da soluzioni acquosa o alcolica di precursore (TiCl4). I film ottenuti sono stati confrontati con quelli depositati tramite un processo di dip coating riportato in letteratura. I BLs sono stati quindi caratterizzati tramite microscopia (SEM – AFM), spettrofotometria (UV.- Vis) e misure elettrochimiche (CV – EIS). I risultati ottenuti hanno messo in evidenza come i rivestimenti ottenuti da soluzione acquosa di precursore, indipendentemente dalla tecnica di deposizione utilizzata (spin coating o dip coating) diano origine a film disomogenei e scarsamente riproducibili, pertanto non idonei per l’applicazione nelle DSSC. Viceversa, i BLs ottenuti via spin coating dalla soluzione alcolica di TiCl4 sono risultati riproducibili, omogenei, e uniformemente distribuiti sulla superficie di FTO. Infine, l’analisi EIS ha in particolare evidenziato un effettivo aumento della resistenza al trasferimento di carica tra elettrodo FTO ed elettrolita in presenza di questi BLs, fenomeno generalmente associato ad un efficace blocking effect.
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Lo scopo di questo lavoro è quello di sviluppare un consorzio altamente performante in grado di degradare il tricloroetilene (TCE) e l’1,1,2,2-tetracloroetano (TeCA) attraverso una degradazione aerobica cometabolica in reattori a letto impaccato (PBRs). Per questo obiettivo, sono state campionate da differenti pozzi di monitoraggio cinque acque di falda contaminate dai solventi clorurati sopra descritti e sono stati preparati 20 vial batch da 119 mL per testare differenti substrati di crescita della biomassa: metano, propano, butano, pentano. Substrato ed ossigeno sono stati periodicamenti riaggiunti. I solventi clorurati sono stati aggiunti a concentrazioni crescenti. Sono stati anche allestiti quattro reattori a colonna impaccata per testare il carrier più adatto per la biomassa selezionata. In tali reattori sono state condotte prove fluidodinamiche preliminari.
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Scopo di questa tesi di laurea sperimentale (LM) è stata la produzione di geopolimeri a base metacaolinitica con una porosità controllata. Le principali tematiche affrontate sono state: -la produzione di resine geopolimeriche, studiate per individuare le condizioni ottimali ed ottenere successivamente geopolimeri con un’ultra-macro-porosità indotta; -lo studio dell’effetto della quantità dell’acqua di reazione sulla micro- e meso-porosità intrinseche della struttura geopolimerica; -la realizzazione di schiume geopolimeriche, aggiungendo polvere di Si, e lo studio delle condizioni di foaming in situ; -la preparazione di schiume ceramiche a base di allumina, consolidate per via geopolimerica. Le principali proprietà dei campioni così ottenuti (porosità, area superficiale specifica, grado di geopolimerizzazione, comportamento termico, capacità di scambio ionico sia delle resine geopolimeriche che delle schiume, ecc.) sono state caratterizzate approfonditamente. Le principali evidenze sperimentali riscontrate sono: A)Effetto dell’acqua di reazione: la porosità intrinseca del geopolimero aumenta, sia come quantità che come dimensione, all’aumentare del contenuto di acqua. Un’eccessiva diluizione porta ad una minore formazione di nuclei con l’ottenimento di nano-precipitati di maggior dimensioni. Nelle schiume geopolimeriche, l’acqua gioca un ruolo fondamentale nell’espansione: deve essere presente un equilibrio ottimale tra la pressione esercitata dall’H2 e la resistenza opposta dalla parete del poro in formazione. B)Effetto dell’aggiunta di silicio metallico: un elevato contenuto di silicio influenza negativamente la reazione di geopolimerizzazione, in particolare quando associato a più elevate temperature di consolidamento (80°C), determinando una bassa geopolimerizzazione nei campioni. C)Effetto del grado di geopolimerizzazione e della micro- e macro-struttura: un basso grado di geopolimerizzazione diminuisce l’accessibilità della matrice geopolimerica determinata per scambio ionico e la porosità intrinseca determinata per desorbimento di N2. Il grado di geopolimerizzazione influenza anche le proprietà termiche: durante i test dilatometrici, se il campione non è completamente geopolimerizzato, si ha un’espansione che termina con la sinterizzazione e nell’intervallo tra i 400 e i 600 °C è presente un flesso, attribuibile alla transizione vetrosa del silicato di potassio non reagito. Le prove termiche evidenziano come la massima temperatura di utilizzo delle resine geopolimeriche sia di circa 800 °C.
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Il Protocollo di Montreal, che succede alla Convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono richiede l’eliminazione di idrocarburi contenenti cloro (CFC). Nel corso degli ultimi decenni ha quindi assunto importanza la reazione di idrodeclorurazione di clorofluorocarburi, in particolare rivolta alla produzione di idrocarburi fluorurati che sono risultati interessanti per la produzione di polimeri con specifiche caratteristiche di resistenza meccanica, termica e chimica. In questo lavoro di tesi, svolto in collaborazione con SOLVAY SPECIALTY POLYMERS ITALY, sono stati studiati catalizzatori innovativi per la produzione di perfluorometilviniletere (MVE), mediante idrodeclorurazione di perfluorometilcloroviniletere (AM). Attualmente la reazione di produzione industriale dell’MVE, condotta con l'utilizzo di quantità stechiometriche di Zn e dimetilformammide (DMF), presenta il notevole problema dello smaltimento di grandi quantità di zinco cloruro e di DMF. La reazione studiata, condotta in catalisi eterogenea, in presenta di H2, presenta una forte dipendenza dalla natura dei metalli utilizzati oltre che dal tipo di sintesi dei catalizzatori impiegati. Nell'ambito di questo lavoro è stato sviluppato un metodo, a basso impatto ambientale, per la sintesi si nanoparticelle preformate da utilizzare per la preparazione di catalizzatori supportati si TiO2 e SiO2. Le nanosospensioni ed i sistemi catalitici prodotti sono stati caratterizzati utilizzando diverse metodologie di analisi quali: XRD, XRF, TEM, TPR-MS, che hanno permesso di ottimizzare le diverse fasi della preparazione. Allo scopo di osservare effetti sinergici tra le specie utilizzate sono stati confrontati sistemi catalitici monometallici con sistemi bimetallici, rivelando interessanti implicazioni derivanti dall’utilizzo di fasi attive nanoparticellari a base di Pd e Cu. In particolare, è stato possibile apprezzare miglioramenti significativi nelle prestazioni catalitiche in termini di selettività a perfluorometilviniletere all’aumentare del contenuto di Cu. La via di sintesi ottimizzata e impiegata per la produzione di nanoparticelle bimetalliche è risultata una valida alternativa, a basso impatto ambientale, ai metodi di sintesi normalmente usati, portando alla preparazione di catalizzatori maggiormente attivi di quelli preparati con i metalli standard.
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La gestione di fanghi da dragaggio richiede una buona conoscenza della natura degli inquinanti da cui essi sono contaminati. Questo studio si è posto l’obiettivo di individuare una strategia di caratterizzazione applicata a sedimenti dragati nel Porto di Ravenna. Particolare attenzione è stata rivolta allo studio della mobilità degli inquinanti inorganici (metalli pesanti), sia sul materiale tal quale che sui residui ottenuti dopo trattamento di soil washing, operazione prevista al fine di separare sabbie a basso carico di contaminanti dalla frazione sitosa-argillosa dove si ha la maggior concentrazione di contaminanti. Lo studio sulla mobilità è stato eseguito avvalendosi di opportuni test di rilascio, valutando gli effetti di diversi parametri, quali pH, tempo di dilavamento, rapporto solido-liquido. In conclusione, dai risultati della caratterizzazione chimica si è potuto valutare l’efficienza del Soil Washing sui sedimenti trattati: efficienza elevata per le componenti organiche, meno vistosa la decontaminazione dei metalli sulle sabbie per valori bassi di contaminazione. I sedimenti e le sabbie non presentano livelli di contaminazione preoccupanti, cosa che li renderebbe idonei al riuso secondo le modalità previste. Il metallo la cui lisciviazione dipende maggiormente dal pH è lo Zn, il Cu è il metallo più influenzato dalla complessazione con la sostanza organica, l’As è l’unico metallo ad avere massima lisciviazione a pH basico. Dopo trattamento Soil Washing tutti i metalli ad esclusione di Cu e del Fe aumentano la loro mobilità nella frazione fina rispetto al sedimento tal quale.
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Il presente lavoro di tesi ha affrontato le problematiche legate alla speciazione del cromo in particolare i rischi legati alla forma esavalente che risulta particolarmente tossica per gli organismi acquatici. Sono state svolte diverse prove per la messa appunto di una metodica standar dell’US EPA “Method 3060A” indicata per l’estrazione selettiva del Cr(VI) in campioni di sedimento e suolo. Un set di campioni provenienti da sedimenti della laguna costiera della Pialassa della Baiona sono stati analizzati per quantificare i livelli cromo environmentally available, previa dissoluzione in acqua regia, e livelli di cromo esavalente per valutare l’eventuale rischio per il biota acquatico. Sia i livelli di concentrazione di cromo environmentally available confrontati con le linee guida internazionali che i livelli di cromo e Cr(VI) paragonati ai livelli di effetto ritrovati in letteratura non mostrano un potenziale rischio per gli organismi bentonici. I bassi valori di cromo esavalente sono in accordo con le condizioni riducenti tipiche di ambienti di transizione come quello di studio dove la forma chimica del cromo predominante sembra essere quella trivalente. La metodica seguita per la determinazione del cromo esavalente ha diversi limiti rappresentati dall’azione di interferenti quali AVS, Fe(II) e materia organica naturalmente presenti nei sedimenti, per questo procede ancora la ricerca di analisi di speciazione più selettive.
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Il presente lavoro di tesi è frutto di una collaborazione fra il Dipartimento di Chimica Fisica ed Inorganica (gruppo del Prof. Valerio Zanotti – Mattia Vaccari, Dr. Rita Mazzoni) ed il Dipartimento di Chimica Industriale e dei Materiali (gruppo del Prof. Angelo Vaccari – Dr. Thomas Pasini, Dr. Stefania Albonetti, Prof. Fabrizio Cavani) e si inserisce il un progetto volto a valutare l’attività e la selettività del catalizzatore di idrogenazione di Shvo 1, verso l’idrogenazione selettiva del doppio legame polare del 5-idrossimetilfurfurale (HMF) in fase omogenea. L’HMF è un composto di natura organica facilmente ottenibile dalle biomasse, il quale può essere impiegato come building block per ottenere prodotti ad alto valore aggiunto per la chimica fine o additivi per biocarburanti aventi un elevato potere calorifico. In particolare la nostra attenzione si è rivolta alla produzione del 2,5-diidrossimetilfurano (BHMF), un importante building block per la produzione di polimeri e schiume poliuretaniche. Il lavoro di tesi da me svolto ha riguardato la messa a punto di una nuova metodologia sintetica per la preparazione del catalizzatore di Shvo e lo studio della sua attività catalitica nella riduzione di HMF a BHMF. Il comportamento del catalizzatore è stato monitorato studiando la resa in BHMF in funzione di tutti i parametri di reazione: temperatura, pressione di H2, solvente, rapporto molare substrato/catalizzatore, concentrazione, tempo. Successivamente è stata valutata la possibilità di riciclare il catalizzatore recuperando il prodotto di estrazione con acqua, per precipitazione o eseguendo la reazione in miscela bifasica (toluene/H2O). The present work is a collaboration between the Department of Physics and Inorganic Chemistry (group of Prof. Valerio Zanotti - Mattia Vaccari, Dr. Rita Mazzoni) and the Department of Industrial Chemistry and Materials (Group of Prof. Angelo Vaccari - Dr. Thomas Pasini, Dr. Stefania Albonetti, Prof. Fabrizio Cavani), and it’s a project devoted to evaluate the activity and selectivity of the Shvo catalyst, in the selective hydrogenation of polar double bond of 5 -hydroxymethylfurfural (HMF) in homogeneous phase. The HMF is an organic compound easily obtained from biomass, which can be used as a building block for fine chemicals abd polymer production or additives for biofuels with a high calorific value. In particular, our attention turned to the production of 2.5-bishydroxymethylfuran (BHMF), an important building block for the production of polymers and polyurethane foams. This thesis has involved the development of a new synthetic methodology for the preparation of Shvo’s catalyst and the study of its catalytic activity in the reduction of HMF to BHMF. The behavior of the catalyst was monitored by studying the yield in BHMF as a function of all the reaction parameters: temperature, pressure of H2, solvent, substrate to catalyst molar ratio, concentration, time. Subsequently it was evaluated the possibility of recycling the catalyst recovering the product of extraction with water, by precipitation or performing the reaction in biphasic mixture (toluene/H2O).
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Il seguente lavoro è stato condotto con lo scopo di sviluppare una nano-piattaforma per imaging multimodale MRI/SPECT e MRI/PET. Nanoparticelle magnetiche sono state intrappolate in un polimero biocompatibile, e la superficie delle nanostrutture risultanti è stata funzionalizzata con un agente chelante per radioisotopi.
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Gli acciai inossidabili austenitici presentano ottime caratteristiche che li rendono ideali in tutti quei settori in cui è richiesta un’elevata resistenza alla corrosione associata a caratteristiche estetiche e funzionali. L’acciaio AISI 316L risulta essere uno dei più studiati ed utilizzati, specie nell’industria alimentare e farmaceutica, dove leapparecchiature debbono poter essere sottoposte ad aggressive procedure di sanificazione. Tuttavia, la modesta resistenza meccanica e la bassa durezza superficiale di questo acciaio determinano un comportamento non soddisfacente dal punto di vista dell’usura da strisciamento in assenza di lubrificanti, situazione che si verifica sovente in molti macchinari dedicati a queste industrie. Tra le varie soluzioni, studiate per migliorare il suo comportamento tribologico, la cementazione a bassa temperatura (LowTemperature Carburizing, LTC) seguita dalla deposizione PE-CVD (Plasma-Enhanced Chemical Vapour Deposition) di un rivestimento di carbonio amorfo idrogenato (a-C:H), sembra essere molto promettente. In questo lavoro vengono analizzate le caratteristiche tribologiche dell’acciaio AISI 316L cementato a bassa temperatura e rivestito di carbonio amorfo idrogenato, tramite prove tribologiche di strisciamento non lubrificato in geometria di contatto pattino su cilindro. Sono state verificate, inoltre, le caratteristiche microstrutturali e meccaniche superficiali del rivestimento multistrato LTC/a-C:H tramite osservazioni morfologiche/topografiche, analisi in spettroscopia micro-Raman e misure di indentazione strumentata sulle superfici rivestite, seguite da analisi metallografia e misura dei profili di microdurezza Vickers in sezione trasversale. I risultati ottenuti dimostrano che, ai fini di contenere l’effetto negativo legato all’aumento di rugosità dovuto al trattamento LTC, è opportuno effettuare una lucidatura precedente al trattamento stesso, poiché effettuandola successivamente si rischierebbe dicomprometterne lo strato efficace. Inoltre, si osserva come il trattamento LTC incrementi le capacità del substrato di supportare il rivestimento a-C:H, portando ad un miglioramento delle prestazioni tribologiche, nelle prove di strisciamento non lubrificato. Infine, si dimostra come l’utilizzo di un rivestimento a base di carbonio amorfo idrogenato adeguatamente supportato permetta una riduzione dell’attrito (di oltre cinque volte) e dell’usura (di circa dieci ordini di grandezza) rispetto ai corrispondenti materiali non rivestiti.
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Questo elaborato di tesi descrive l'attività scientifica svolta presso il Dipartimento di Chimica Industriale e dei Materiali della Facoltà di Chimica Industriale dell'Università degli Studi di Bologna, il cui scopo principale è stato la sintesi e la caratterizzazione di nuovi monomeri cianoacrilici ad uso biomedicale che auspicabilmente presentino elevata velocità di polimerizzazione e minima adesività. Mediante il metodo di protezione e deprotezione, con reazioni di Diels Alder, dell'etil-2-cianoacrilato (SuperAttackTM) sono stati sintetizzati tre monomeri cianoacrilici aromatici florurati e un monomero cianoacrilico alifatico iodurato. Successivamente i prodotti sono stati testati per valutarne i tempi di polimerizzazione e le proprietà adesive rispetto ad uno dei cianoacrilati maggiormente impiegati in chirurgia. Il risultato di questi studi e stato l'effettivo ottenimento di tre monomeri aventi elevata velocità di polimerizzazione e dotati di scarsa adesività. Il quarto monomero, a causa della sua spiccata tendenza alla polimerizzazione non è risultato testabile.