499 resultados para riuso, archeologia industriale
Resumo:
Con l’aumento dell’acidità e degli inquinanti nelle deposizioni umide, la corrosione atmosferica dei bronzi esposti all’aperto è stata accelerata e la stabilità della patina di prodotti di alterazione, che solitamente protegge parzialmente il substrato metallico, risulta compromessa. La patina costituisce il supporto reale nelle condizioni d’impiego dell’inibitore o del protettivo, il quale viene applicato in seguito ad una pulitura del manufatto corroso che non espone il metallo nudo. L’inibitore attualmente più utilizzato, benzotriazolo (BTA), risulta non totalmente adeguato nei confronti del bronzo, tossico per l’ambiente e sospetto cancerogeno per l’uomo. Occorre quindi sviluppare soluzioni alternative per la conservazione dei bronzi all’aperto: a questo scopo, il presente lavoro di tesi si è sviluppato in tre fasi: (i) patinazione via invecchiamento artificiale accelerato, simulando la pioggia battente (dropping test) e la pioggia stagnante (wet&dry) su campioni di bronzo quaternario Cu-Sn-Zn-Pb, al fine di produrre un substrato rappresentativo, diversificando le patine prodotte dalle due geometrie di esposizione, sul quale possa essere applicato un inibitore o protettivo. La patinazione artificiale ha permesso di riprodurre efficacemente le due tipologie di patine naturali: le superfici patinate in pioggia battente hanno mostrato il tipico arricchimento in Stagno dovuto alla decuprificazione, mentre le superfici patinate in pioggia stagnante hanno presentato la comparsa dei tipici prodotti precursori dei solfati basici. (ii) pulitura di una patina naturale su bronzo quaternario (fontana del XVII sec.) mediante sabbiatura criogenica (dry-ice blasting), al fine di verificare l’efficienza di questa tecnica per preparare le superfici patinate all’applicazione di un inibitore o protettivo e il suo eventuale utilizzo in sostituzione alle tecniche tradizionali. La sabbiatura criogenica si è tuttavia dimostrata non selettiva nei confronti dei depositi calcarei, dimostrandosi non utilmente applicabile. (iii) protezione di superfici di bronzo quaternario, patinate artificialmente simulando la pioggia battente, mediante un trattamento innovativo di biopatinazione ottenuto applicando il ceppo fungino Beauveria Bassiana, potenzialmente in grado di convertire in ossalati i prodotti di corrosione della patina naturale. Lo scopo è quello di valutare l’efficienza protettiva della biopatina in seguito ad un invecchiamento accelerato simulante la pioggia battente. La biopatinazione è risultata applicabile anche a superfici arricchite in Stagno artificialmente (dropping test), ma la biopatina ottenuta non si è mostrata in grado di limitare i fenomeni corrosivi. Si ritengono necessarie ulteriori prove per valutarne l’efficienza a più lungo termine.
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Il sito archeologico di Suasa è stato oggetto di una lunga campagna di scavi iniziata negli anni sessanta, che ha portato alla pubblicazione di diversi saggi e ha stimolato l’attenzione di numerosi studiosi nel corso degli ultimi anni. Questo interesse, però, rimane un fenomeno ristretto agli addetti al settore e non vede una vera riflessione sul piano turistico. Suasa, infatti, rimane un gioiello culturale scarsamente conosciuto nel territorio ed escluso dai principali percorsi turistici. Il primo obiettivo del nostro intervento è quello di porre l’attenzione su un’area di così grande interesse e avvicinare le persone, esperti di storia e non, all’antica città, in modo che questa possa acquisire una nuova vita e ritrovare una sua valenza nel territorio. Il primo passo in questa direzione è stato quello di mettere in relazione il parco archeologico con gli altri siti archeologici della zona inserendolo in un sistema di offerta culturale volto all’esplorazione e all’approfondimento del territorio marchigiano e della sua storia. La posizione di Suasa sul fiume Cesano, inoltre, risulta particolarmente favorevole ad una integrazione dell’area con i percorsi cicloturistici, in quanto fornisce la possibilità di creare un parco fluviale di supporto a queste nuove tratte di collegamento, così come alle esistenti, andando ad aggiungere valore all’area. Questo elemento risulterà un fattore chiave per la collocazione e la definizione del visitor center del parco archeologico, il quale fa del rapporto tra il sito archeologico e il territorio il suo punto fondante. L’organizzazione del parco richiama quella che era l’organizzazione della città romana, cercando di restituire al visitatore non tanto l’immagine precisa di una ricostruzione, ma la logica e la successione degli spazi che l’impianto urbano poteva assumere. Gli interventi sulle emergenze, quindi, sono realizzati seguendo una coerenza progettuale e materica volta a minimizzare l’impatto sull’archeologia e nel contesto.
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Oggetto di questa tesi è un'ipotesi di musealizzazione di un parco archeologico attraverso la valorizzazione degli elementi che caratterizzavano la città romana di Suasa. L'intento del progetto è quello di far comprendere al visitatore, o al fruitore dello spazio, che il paesaggio agreste e naturale presente oggi nell'area archeologica un tempo era occupato da una città. Città che, nonostante le numerose ricostruzioni e gli studi effettuati non è ancora stata decodificata nella sua interezza. I resti delle architetture antiche fuori terra infatti rappresentano solo una parte di un contesto molto più vasto che è quello proprio della città. Accanto alle architetture evidenti esistono delle archeologie cosiddette "nascoste", individuate tramite sondaggi geofisici. La sfida è stata quindi quella di rendere visibile una città invisibile attraverso interventi sulle archeologie e sul paesaggio. Essendo l'architettura un fatto percepibile in tre dimensioni e la rovina un antico manufatto oggi apprezzabile quasi solo in pianta, si è scelto di riconsegnare la terza dimensione dell'archeologia al paesaggio. In questo modo è possibile leggere le tracce della storia attraverso l'interpretazione dei segni lasciati. Gli interventi su foro, domus e anfiteatro hanno seguito questa linea di approccio, un fil rouge che lega i tre progetti sull'archeologia: la volontà di alludere alla volumetria antica. Per musealizzare il parco e facilitarne la sua comprensione non si è intervenuto solo sull'esistente ma è stato ritenuto necessario ai fini della comprensione del sito stesso rinforzare alcuni temi e attivare alcuni servizi tramite l'inserimento di nuovi manufatti architettonici come l'unità introduttiva.
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The importance of the β-amino nitroalkanes is due to their high versatility allowing a straightforward entry to a variety of nitrogen-containing chiral building blocks; furthermore obtaining them in enantiopure form allows their use in the synthesis of biologically active compounds or their utilization as chiral ligands for different uses. In this work, a reaction for obtaining enantiopure β-amino nitroalkanes through asymmetric organocatalysis has been developed. The synthetic strategy adopted for the obtainment of these compounds was based on an asymmetric reduction of β-amino nitroolefins in a transfer hydrogenation reaction, involving an Hantzsch ester as hydrogen source and a chiral thiourea as organic catalyst. After the optimization of the reaction conditions over the β-acyl-amino nitrostyrene, we tested the reaction generality over other aromatic compound and for Boc protected substrate both aromatic and aliphatic. A scale-up of the reaction was also performed.
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Lo studio compiuto in questa tesi è posto ad identificare i caratteri ricorrenti dell'architettura spontanea della Romagna toscana al fine di definire una strategia di riconquista territoriale. La zona è infatti caratterizzata da un forte abbandono, causa del degrado e perdita di tutti quei manufatti simbolo della storia e cultura particolari dell'area. Osservando i processi di mutazione dei singoli insediativi storici, una serie di nuove azioni viene identificata e, tramite queste, delineate le linee guida compositive per l'inserimento di un nuovo nucleo all'interno degli edifici rurali allo stato di rudere. Insieme a processi di associazione e mutazione, viene fornita un'analisi della relazione che questi hanno con l'assetto morfologico delle vallate, combinando un sistema modulare e ripetitivo con quello della realtà fisica. Infine è proposto un esempio progettuale, dove le dinamiche prima teorizzate vengono esposte attraverso le necessità del progetto architettonico.
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Il sito archeologico della città romana di Suasa, nell’entroterra marchigiano, costituisce l'area di intervento della Tesi di Laurea. Il tema progettuale riguarda la musealizzazione del sito e del relativo scavo nell'ambito marchigiano. Si è stabilito come obiettivo progettuale quello di rievocare, proteggere e conservare le tracce archeologiche e la città nel suo insieme. Il progetto mette in evidenza l’estensione dell’insediamento urbano attraverso la riproposizione in superficie di tutte le tracce rinvenute mediante i sondaggi effettuati dagli archeologi. Particolare attenzione è stata posta a Fòro, Domus dei Coiedii e Decumano, attraverso lo scavo di una finestra archeologica con lo scopo di avvicinare il visitatore alla quota degli scavi. Osservando i resti si è concluso che l’atteggiamento progettuale dovesse differenziarsi a seconda dei casi con interventi mirati e specifici: il Decumano, di cui è evidente un'ampia parte del basolato, è stato preservato dal continuo passaggio dei visitatori mediante l’inserimento di una passerella sopraelevata e traslata rispetto ad esso; L'intento progettuale riguardante il Fòro è quello di rievocarne la forma e la relazione che esso instaurava con la città e col paesaggio circostante. La scelta architettonica è ricaduta sulla riproposizione in volume dell'edificio, attraverso la semplificazione della sagoma e l'utilizzo di tecnologie moderne, senza tuttavia negare i principi compositivi romani. Tale involucro viene posizionato al di sopra del dato preesistente senza punti di contatto con esso, mentre la struttura vi poggia direttamente. Atteggiamento differente è stato adottato per la musealizzazione della Domus dei Coiedii; l’intenzione progettuale è, in questo caso, conseguenza della necessità di coprire e rendere fruibile ed apprezzabile, oltre che proteggere, l'intero scavo, in quanto le tracce risultano essere più consistenti e costituite inoltre da una ricca compagine di elementi musivi in un buono stato di conservazione. Definiti tali obiettivi è risultato necessario studiare un percorso museografico interno.
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L’esigenza di contestualizzare le rovine di Suasa Senonum all’interno di un Parco Archeologico che racconti la composizione della città e le relazioni che questa ha intessuto con il territorio, ha condotto alla formulazione di un progetto territoriale; il Parco Archeologico è così inteso come un’occasione per rilanciare la conoscenza di un sistema che connette aspetti culturali, storici e paesaggistici. La città è intersecata da uno dei percorsi più antichi e importanti della Regione: la Salaria Gallica che attraversa città, borghi, vallate, fiumi e parchi archeologici tra cui quello di Suasa Senonum e offre la possibilità di leggere le dinamiche che hanno modellato il territorio sin dall’antichità. Il punto di forza di questa via consiste nell’offrire la possibilità di leggere come la natura e l’uomo abbiano interagito nel tempo e di come esso eserciti la propria opera modellatrice sul risultato delle loro relazioni. Queste considerazioni hanno portato ad affrontare temi che pongono l’accento su questioni che vanno dalle connessioni territoriali all’aggiunta di stratificazione sullo spessore del tempo culminando in un risultato che riconsegna la città alla collettività. Il progetto traduce queste riflessioni affrontando la costruzione di un ponte sul fiume Cesano quale punto di ricucitura della via Salaria Gallica, dell’inserimento di un visitor centre e della rivitalizzazione dell’anfiteatro quale luogo di spettacolo. Il filo conduttore del tutto, dal lining out all’opera land art, sta nella volontà di intaccare il meno possibile quell’equilibrio con cui la natura ha preso il sopravvento sulle attività umane di un tempo celandone le tracce; la sfida è stata quella di rendere l’organismo urbano nuovamente leggibile attraverso il progetto di architettura. Abbiamo così cercato di reinserire in un circuito ritrovato ciò che il tempo ha in parte cancellato.
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A study towards the synthesis of a new fulvestrant analogue with improved bioavailability was carried out. In this work a twelve-step synthetic route starting from β-estradiol was optimized and a palladium (Pd)-catalyzed endo-selective Heck reaction for the functionalization of an advanced intermediate was investigated.
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Questo studio ha condotto allo sviluppo di una nuova e altamente efficiente metodologia per la sintesi di diidropiranoni-spiroossindoli, in alte rese ed eccellenti eccessi enantiomerici. In particolare è stata condotta l’addizione viniloga enantioselettiva tra sistemi 3-alchilidenossindolici e isatine, sfruttando un catalizzatore chirale bifunzionale derivante dalla cincona, in grado di attivare mediante catalisi basica la posizione gamma del suddetto ossindolo e attraverso legame idrogeno l’isatina elettrofilica. Successivamente a questo stadio, in cui si ha la formazione del centro chirale, segue anellazione intramolecolare con formazione di un ciclo lattonico e infine apertura dell’anello ossindolico che dà origine ai diidropiranoni-spiroossindoli enantiomericamente arricchiti.
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In questo lavoro di tesi è stata investigata la possibilità di utilizzare particolari composti inorganici chiamati metallo-esacianometallati per la produzione elettrochimica di idrogeno. In particolare, elettrodi di glassy carbon (GC) sono stati modificati con TiO2-esacianometallati, come il cobalto-esacianoferrato (CoHCF), indio-esacianoferrato (InHCF) e nichel-cobalto esacianoferrato (NiCoHCF) e le loro performance per la produzione elettrocatalitica di idrogeno sono state esaminate con e senza esposizione alla luce UV. La spettroscopia IR e diffrazione dei raggi X di polveri (XRD) sono stati utilizzate per studiare la morfologia e la struttura dei campioni di TiO2 modificata con metallo-esacianoferrati. La caratterizzazione elettrochimica è stata eseguita attraverso voltammetria ciclica (CV) e cronopotenziometria. Per ottimizzare le condizioni, l'influenza di alcuni parametri tra cui la quantità di catalizzatori nella composizione dell’elettrodo ed il pH dell'elettrolita di supporto sono stati esaminati nel processo di produzione di idrogeno. Gli studi effettuati utilizzando gli elettrodi modificati, evidenziano la migliore performance quando l’elettrodo è modificato con TiO2-InHCF ed è esposto a luce UV. L'elettrodo proposto mostra diversi vantaggi tra cui un lungo ciclo di vita, basso costo, ottima performance e facilità di preparazione su larga scala, potrebbe quindi essere considerato un candidato ideale per la produzione elettrocatalitica di idrogeno.
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3,5-dimethyl-4-nitroisoxazole derivatives are useful synthetic intermediates as the isoxazole nucleus chemically behaves as an ester, but establish better-defined interactions with chiral catalysts and lability of its N-O aromatic bond can unveil other groups such as 1,3-dicarbonyl compounds or carboxylic acids. In the present work, these features are employed in a 3,5-dimethyl-4-nitroisoxazole based synthesis of the γ-amino acid pregabalin, a medication for the treatment of epilepsy and neuropatic pain, in which this moiety is fundamental for the enantioselective formation of a chiral center by interaction with doubly-quaternized cinchona phase-transfer catalysts, whose ability of asymmetric induction will be investigated. Influence of this group in cinchona-derivatives catalysed stereoselective addition and Darzens reaction of a mono-chlorinated 3,5-dimethyl-4-nitroisoxazole and benzaldehyde will also be investigated.
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Questo lavoro si è posto l’obiettivo di valutare come differenti qualità di pellet di legno, in accordo con la norma EN 14961-2, e la diversa potenza termica di una moderna stufa domestica influenzino le relative emissioni prodotte. La norma EN 14961-2 prevede una serie di proprietà per il pellet di legno con valori caratteristici per ogni classe di qualità, A1, A2 e B. Per simulare le condizioni cui sono sottoposte le emissioni in aria ambiente, il campionamento del particolato è stato effettuato per mezzo di un tunnel di diluizione. Per valutare e confrontare le emissioni prodotte della stufa a pellet, i dati ottenuti sono stati espressi come fattori di emissione cioè il rapporto tra la quantità di inquinante emesso e i MJ sviluppati dalla combustione. Dallo studio emerge che il pellet di più scarsa qualità mostra emissioni maggiori di CO, NOx, PM, ioni solubili, e la formazione di IPA con alta tossicità: questo implica un maggior impatto sulla salute dell’uomo e sull’ambiente. Inoltre la combustione di pellet di bassa qualità di tipo B causa frequenti problemi di combustione dovuti all’alta percentuale di ceneri, portando a maggiori emissioni di prodotti da combustione incompleta (TC, IPA, PM). La maggior potenza di funzionamento della stufa limita l’emissione di prodotti di combustione incompleta, TC, CO, PM e IPA, ma aumenta la tossicità di quest’ultimi.
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Il passo preliminare del presente elaborato è quello di mettere a punto un metodica solida e riproducibile per la sovraespressione della subunità α di D. radiodurans per via eterologa. L’ospite ideale per realizzare la sovraespressione è E. coli, microorganismo ampiamente discusso e impiegato per via della sua semplice manipolazione. Per realizzare la sovraespressione il ceppo di E. coli prescelto è stato trasformato con il plasmide pBAD-dnaE e la proteina in esame è stata ottenuta come corpi di inclusione (biologicamente inattiva). Successivamente alla fase di rinaturazione e alla purificazione tramite cromatografia liquida dell’enzima è stato possibile ottenere quantità sufficienti di proteina pura e biologicamente attiva con la quale condurre saggi spettrofotometrici di attività enzimatica per valutare il comportamento dell’enzima in vitro simulando le condizioni di substrato attese in vivo. È proprio in quest’ultimo frangente che si condensa lo scopo di questo lavoro. La conduzione dei saggi di attività enzimatica in condizioni ricombinative e non ricombinative (quindi in presenza o meno di RecAEc nell’ambiente di reazione) ci ha consentito di comprendere meglio il comportamento della pol III-α durante la fase di strand invasion mediata dalla ricombinasi e la successiva sintesi del neofilamento, contribuendo a chiarire alcuni aspetti dei meccanismi che intervengono lungo la via di riparazione del genoma danneggiato in D. radiodurans ancora poco discussi. Inoltre l’elaborazione di un sistema di espressione per la singola subunità α getterebbe le basi per sviluppare un sistema di co-espressione più complesso ove siano coinvolte anche altre subunità dell’oloenzima (τ-δ-δ’), in modo da poter verificare la tipologia di subassemblaggio che spontaneamente avverrebbe in vivo e gli stimoli relativi tra le diverse subunità che ne migliorerebbero l’efficienza.
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The research activities were focused on evaluating the effect of Mo addition to mechanical properties and microstructure of A354 aluminium casting alloy. Samples, with increasing amount of Mo, were produced and heat treated. After heat treatment and exposition to high temperatures samples underwent microstructural and chemical analyses, hardness and tensile tests. The collected data led to the optimization of both casting parameters, for obtaining a homogeneous Mo distribution in the alloy, and heat treatment parameters, allowing the formation of Mo based strengthening precipitates stable at high temperature. Microstructural and chemical analyses highlighted how Mo addition in percentage superior to 0.1% wt. can modify the silicon eutectic morphology and hinder the formation of iron based β intermetallics. High temperature exposure curves, instead, showed that after long exposition hardness is slightly influenced by heat treatment while the effect of Mo addition superior to 0,3% is negligible. Tensile tests confirmed that the addition of 0.3%wt Mo induces an increase of about 10% of ultimate tensile strength after high temperature exposition (250°C for 100h) while heat treatments have slight influence on mechanical behaviour. These results could be exploited for developing innovative heat treatment sequence able to reduce residual stresses in castings produced with A354 modified with Mo.
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Per limitare gli effetti tossici delle Ag-NPs, si è pensato che esse possano essere utilizzate in forma di microincapsulati, in quanto le microcapsule possono avere una certa velocità di rilascio sotto specifiche condizioni. Incapsulando quindi le Ag-NPs, posso ottenere un rilascio controllato di esse, in modo da ottenere una concentrazione di esse utile allo scopo per cui vengono impiegate, evitando un sovradosaggio che non porterebbe alcun beneficio ma solo a una maggior probabilità di causare effetti tossici.