464 resultados para Elaborazione delle immagini, UAV, traffico aereo, opencv
Resumo:
L’interazione che abbiamo con l’ambiente che ci circonda dipende sia da diverse tipologie di stimoli esterni che percepiamo (tattili, visivi, acustici, ecc.) sia dalla loro elaborazione per opera del nostro sistema nervoso. A volte però, l’integrazione e l’elaborazione di tali input possono causare effetti d’illusione. Ciò si presenta, ad esempio, nella percezione tattile. Infatti, la percezione di distanze tattili varia al variare della regione corporea considerata. Il concetto che distanze sulla cute siano frequentemente erroneamente percepite, è stato scoperto circa un secolo fa da Weber. In particolare, una determinata distanza fisica, è percepita maggiore su parti del corpo che presentano una più alta densità di meccanocettori rispetto a distanze applicate su parti del corpo con inferiore densità. Oltre a questa illusione, un importante fenomeno osservato in vivo è rappresentato dal fatto che la percezione della distanza tattile dipende dall’orientazione degli stimoli applicati sulla cute. In sostanza, la distanza percepita su una regione cutanea varia al variare dell’orientazione degli stimoli applicati. Recentemente, Longo e Haggard (Longo & Haggard, J.Exp.Psychol. Hum Percept Perform 37: 720-726, 2011), allo scopo di investigare come sia rappresentato il nostro corpo all’interno del nostro cervello, hanno messo a confronto distanze tattili a diverse orientazioni sulla mano deducendo che la distanza fra due stimoli puntuali è percepita maggiore se applicata trasversalmente sulla mano anziché longitudinalmente. Tale illusione è nota con il nome di Illusione Tattile Orientazione-Dipendente e diversi risultati riportati in letteratura dimostrano che tale illusione dipende dalla distanza che intercorre fra i due stimoli puntuali sulla cute. Infatti, Green riporta in un suo articolo (Green, Percpept Pshycophys 31, 315-323, 1982) il fatto che maggiore sia la distanza applicata e maggiore risulterà l’effetto illusivo che si presenta. L’illusione di Weber e l’illusione tattile orientazione-dipendente sono spiegate in letteratura considerando differenze riguardanti la densità di recettori, gli effetti di magnificazione corticale a livello della corteccia primaria somatosensoriale (regioni della corteccia somatosensoriale, di dimensioni differenti, sono adibite a diverse regioni corporee) e differenze nella dimensione e forma dei campi recettivi. Tuttavia tali effetti di illusione risultano molto meno rilevanti rispetto a quelli che ci si aspetta semplicemente considerando i meccanismi fisiologici, elencati in precedenza, che li causano. Ciò suggerisce che l’informazione tattile elaborata a livello della corteccia primaria somatosensoriale, riceva successivi step di elaborazione in aree corticali di più alto livello. Esse agiscono allo scopo di ridurre il divario fra distanza percepita trasversalmente e distanza percepita longitudinalmente, rendendole più simili tra loro. Tale processo assume il nome di “Rescaling Process”. I meccanismi neurali che operano nel cervello allo scopo di garantire Rescaling Process restano ancora largamente sconosciuti. Perciò, lo scopo del mio progetto di tesi è stato quello di realizzare un modello di rete neurale che simulasse gli aspetti riguardanti la percezione tattile, l’illusione orientazione-dipendente e il processo di rescaling avanzando possibili ipotesi circa i meccanismi neurali che concorrono alla loro realizzazione. Il modello computazionale si compone di due diversi layers neurali che processano l’informazione tattile. Uno di questi rappresenta un’area corticale di più basso livello (chiamata Area1) nella quale una prima e distorta rappresentazione tattile è realizzata. Per questo, tale layer potrebbe rappresentare un’area della corteccia primaria somatosensoriale, dove la rappresentazione della distanza tattile è significativamente distorta a causa dell’anisotropia dei campi recettivi e della magnificazione corticale. Il secondo layer (chiamato Area2) rappresenta un’area di più alto livello che riceve le informazioni tattili dal primo e ne riduce la loro distorsione mediante Rescaling Process. Questo layer potrebbe rappresentare aree corticali superiori (ad esempio la corteccia parietale o quella temporale) adibite anch’esse alla percezione di distanze tattili ed implicate nel Rescaling Process. Nel modello, i neuroni in Area1 ricevono informazioni dagli stimoli esterni (applicati sulla cute) inviando quindi informazioni ai neuroni in Area2 mediante sinapsi Feed-forward eccitatorie. Di fatto, neuroni appartenenti ad uno stesso layer comunicano fra loro attraverso sinapsi laterali aventi una forma a cappello Messicano. E’ importante affermare che la rete neurale implementata è principalmente un modello concettuale che non si preme di fornire un’accurata riproduzione delle strutture fisiologiche ed anatomiche. Per questo occorre considerare un livello astratto di implementazione senza specificare un’esatta corrispondenza tra layers nel modello e regioni anatomiche presenti nel cervello. Tuttavia, i meccanismi inclusi nel modello sono biologicamente plausibili. Dunque la rete neurale può essere utile per una migliore comprensione dei molteplici meccanismi agenti nel nostro cervello, allo scopo di elaborare diversi input tattili. Infatti, il modello è in grado di riprodurre diversi risultati riportati negli articoli di Green e Longo & Haggard.
Resumo:
Fra le varie ragioni della crescente pervasività di Internet in molteplici settori di mercato del tutto estranei all’ICT, va senza dubbio evidenziata la possibilità di creare canali di comunicazione attraverso i quali poter comandare un sistema e ricevere da esso informazioni di qualsiasi genere, qualunque distanza separi controllato e controllore. Nel caso specifico, il contesto applicativo è l’automotive: in collaborazione col Dipartimento di Ingegneria Elettrica dell’Università di Bologna, ci si è occupati del problema di rendere disponibile a distanza la grande quantità di dati che i vari sotto-sistemi componenti una automobile elettrica si scambiano fra loro, sia legati al tipo di propulsione, elettrico appunto, come i livelli di carica delle batterie o la temperatura dell’inverter, sia di natura meccanica, come i giri motore. L’obiettivo è quello di permettere all’utente (sia esso il progettista, il tecnico riparatore o semplicemente il proprietario) il monitoraggio e la supervisione dello stato del mezzo da remoto nelle sue varie fasi di vita: dai test eseguiti su prototipo in laboratorio, alla messa in strada, alla manutenzione ordinaria e straordinaria. L’approccio individuato è stato quello di collezionare e memorizzare in un archivio centralizzato, raggiungibile via Internet, tutti i dati necessari. Il sistema di elaborazione a bordo richiede di essere facilmente integrabile, quindi di piccole dimensioni, e a basso costo, dovendo prevedere la produzione di molti veicoli; ha inoltre compiti ben definiti e noti a priori. Data la situazione, si è quindi scelto di usare un sistema embedded, cioè un sistema elettronico di elaborazione progettato per svolgere un limitato numero di funzionalità specifiche sottoposte a vincoli temporali e/o economici. Apparati di questo tipo sono denominati “special purpose”, in opposizione ai sistemi di utilità generica detti “general purpose” quali, ad esempio, i personal computer, proprio per la loro capacità di eseguire ripetutamente un’azione a costo contenuto, tramite un giusto compromesso fra hardware dedicato e software, chiamato in questo caso “firmware”. I sistemi embedded hanno subito nel corso del tempo una profonda evoluzione tecnologica, che li ha portati da semplici microcontrollori in grado di svolgere limitate operazioni di calcolo a strutture complesse in grado di interfacciarsi a un gran numero di sensori e attuatori esterni oltre che a molte tecnologie di comunicazione. Nel caso in esame, si è scelto di affidarsi alla piattaforma open-source Arduino; essa è composta da un circuito stampato che integra un microcontrollore Atmel da programmare attraverso interfaccia seriale, chiamata Arduino board, ed offre nativamente numerose funzionalità, quali ingressi e uscite digitali e analogici, supporto per SPI, I2C ed altro; inoltre, per aumentare le possibilità d’utilizzo, può essere posta in comunicazione con schede elettroniche esterne, dette shield, progettate per le più disparate applicazioni, quali controllo di motori elettrici, gps, interfacciamento con bus di campo quale ad esempio CAN, tecnologie di rete come Ethernet, Bluetooth, ZigBee, etc. L’hardware è open-source, ovvero gli schemi elettrici sono liberamente disponibili e utilizzabili così come gran parte del software e della documentazione; questo ha permesso una grande diffusione di questo frame work, portando a numerosi vantaggi: abbassamento del costo, ambienti di sviluppo multi-piattaforma, notevole quantità di documentazione e, soprattutto, continua evoluzione ed aggiornamento hardware e software. È stato quindi possibile interfacciarsi alla centralina del veicolo prelevando i messaggi necessari dal bus CAN e collezionare tutti i valori che dovevano essere archiviati. Data la notevole mole di dati da elaborare, si è scelto di dividere il sistema in due parti separate: un primo nodo, denominato Master, è incaricato di prelevare dall’autovettura i parametri, di associarvi i dati GPS (velocità, tempo e posizione) prelevati al momento della lettura e di inviare il tutto a un secondo nodo, denominato Slave, che si occupa di creare un canale di comunicazione attraverso la rete Internet per raggiungere il database. La denominazione scelta di Master e Slave riflette la scelta fatta per il protocollo di comunicazione fra i due nodi Arduino, ovvero l’I2C, che consente la comunicazione seriale fra dispositivi attraverso la designazione di un “master” e di un arbitrario numero di “slave”. La suddivisione dei compiti fra due nodi permette di distribuire il carico di lavoro con evidenti vantaggi in termini di affidabilità e prestazioni. Del progetto si sono occupate due Tesi di Laurea Magistrale; la presente si occupa del dispositivo Slave e del database. Avendo l’obiettivo di accedere al database da ovunque, si è scelto di appoggiarsi alla rete Internet, alla quale si ha oggi facile accesso da gran parte del mondo. Questo ha fatto sì che la scelta della tecnologia da usare per il database ricadesse su un web server che da un lato raccoglie i dati provenienti dall’autovettura e dall’altro ne permette un’agevole consultazione. Anch’esso è stato implementato con software open-source: si tratta, infatti, di una web application in linguaggio php che riceve, sotto forma di richieste HTTP di tipo GET oppure POST, i dati dal dispositivo Slave e provvede a salvarli, opportunamente formattati, in un database MySQL. Questo impone però che, per dialogare con il web server, il nodo Slave debba implementare tutti i livelli dello stack protocollare di Internet. Due differenti shield realizzano quindi il livello di collegamento, disponibile sia via cavo sia wireless, rispettivamente attraverso l’implementazione in un caso del protocollo Ethernet, nell’altro della connessione GPRS. A questo si appoggiano i protocolli TCP/IP che provvedono a trasportare al database i dati ricevuti dal dispositivo Master sotto forma di messaggi HTTP. Sono descritti approfonditamente il sistema veicolare da controllare e il sistema controllore; i firmware utilizzati per realizzare le funzioni dello Slave con tecnologia Ethernet e con tecnologia GPRS; la web application e il database; infine, sono presentati i risultati delle simulazioni e dei test svolti sul campo nel laboratorio DIE.
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Città natale del famoso compositore Gioacchino Rossini, Pesaro ospita e celebra le tracce della sua vita e della sua opera. L’appellativo di Pesaro “Città rossiniana”richiede alla città stessa la presenza di molte sedi tecniche e amministrative per tutti gli enti che si occupano della celebrazione e del mantenimento in vita della tradizione rossiniana. Questo è il motivo per cui si propone l’idea di un Centro Rossiniano che possa racchiudere in sé tutte le funzioni che stanno “dietro le quinte” delle manifestazioni, delle rappresentazioni, dello studio, della conservazione del materiale e della didattica riguardanti Gioacchino Rossini. Attualmente le consistenze storiche e artistiche che lo riguardano hanno diversi proprietari e altrettante numerose sedi, senza appartenere ad una collezione unica con univoca ed ordinata collocazione. Alla funzione museale si propone di affiancare quella di studio e approfondimento sulla vita del compositore e sul materiale conservato, prevedendo un Centro Studi con laboratori, aule studio e per la didattica. Ulteriormente, si propone di dare sede amministrativa al Rossini Opera Festival e alla Fondazione Rossini, liberando così il Teatro ed il Conservatorio dalle funzioni che non sono loro prettamente coerenti. Il progetto prevede inoltre di dotare il Centro Rossiniano di un auditorium-sala conferenze, che possa alleggerire il carico di attività del Teatro Rossini e della Sala Pedrotti. L’area di cui il progetto si interessa è racchiusa all’interno di un bastione che apparteneva alla cinta muraria cinquecentesca e che attualmente ospita l’Istituto Ospedaliero San Salvatore. In accordo con gli uffici competenti dell’amministrazione comunale, si prevede il decentramento della sede dell’Ospedale e la liberazione dell’area del bastione dalle preesistenze che oggi ne opprimono il valore storico ed il carattere esclusivo. Lo scopo di tale disimpegno dell’area è inoltre quello di destinarla a verde pubblico, nel rispetto della preesistenza storica e di collegare la zona di interesse al sistema dei percorsi ciclopedonali che si diramano in tutta la città di Pesaro. Il progetto propone ancora, l’inserimento nell’area di una quota di residenze e prevede l’alleggerimento del carico di traffico all’interno del centro storico, dirottandone gran parte lungo i viali alberati che ne percorrono il perimetro.
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Questa tesi propone una riflessione critica sulle pratiche della pianificazione urbanistica attraverso l’analisi di un significativo caso di studio, costituito dalla Darsena di Città a Ravenna. Questo approccio di ricerca è dal nostro punto di vista una conseguenza della difficoltà di governare le attuali problematiche di sviluppo dello spazio urbano attraverso gli strumenti tradizionali della pianificazione e dell’urbanistica. La tesi ha lo scopo di far emergere temi di dibattito attuale sulle aree di sviluppo urbano, in particolare la complessità dei compiti decisionali riguardanti aree oggetto di interventi di rigenerazione urbana. La definizione “area di sviluppo urbano” si pone come prodotto di un’attiva collaborazione tra Stato, mercato e società civile e costituisce dal nostro punto di vista una vera “questione sociale”. Prenderemo come riferimento il caso della Darsena di Città di Ravenna, oggetto della sperimentazione urbanistica degli ultimi trenta anni, sul quale diversi “stili” e strumenti di pianificazione si sono confrontati, nell’intento di guidare un processo di riqualificazione che ha portato ad oggi a risultati concreti assai limitati. Attraverso gli strumenti consultabili e un rapido sopralluogo infatti, possiamo intuire immediatamente come la realizzazione di interventi sull’area si limiti a casi localizzati come la riqualificazione della raffineria Almagià, la nuova sede dell’autorità portuale e l’ex molino Pineta, oltre agli interventi residenziali riconducibili all’edificio progettato dall’architetto Cino Zucchi e ai nuovi isolati attorno alla parte centrale di via Trieste. Le problematiche di fondo che hanno creato conflitti sono molte, dall’elevata divisione proprietaria alla cesura del comparto con il centro storico data dalla barriera ferroviaria, alla questione relativa al risanamento delle acque e dei suoli, solo per citare le più evidenti. Siamo quindi interessati a capire il problema dal punto di vista del processo di pianificazione per poi concentrare la nostra riflessione su possibili soluzioni che possano risolvere i conflitti che sembrano all’oggi non trovare una risposta condivisa. Per meglio comprendere come rapportarci al caso specifico si è cercato di analizzare alcuni aspetti teorici fondanti del “procedimento archetipico” di pianificazione urbana in contrapposizione con metodi di pianificazione “non convenzionali”. Come lo studio dei primi ci ha permesso di capire come si è arrivati all’attuale situazione di stallo nella trasformazione urbana della Darsena di Città, i secondi ci hanno aiutato a comprendere per quali ragioni i piani urbanistici di tipo “tradizionale” pensati per la Darsena di Città non sono stati portati a realizzazione. Consci che i fattori in gioco sono molteplici abbiamo deciso di affrontare questa tesi attraverso un approccio aperto al dialogo con le reali problematiche presenti sul territorio, credendo che la pianificazione debba relazionarsi con il contesto per essere in grado di proporre e finalizzare i suoi obiettivi. Conseguenza di questo è per noi il fatto che una sensibile metodologia di pianificazione debba confrontarsi sia con i processi istituzionali sia con le dinamiche e i valori socio-culturali locali. In generale gerarchie di potere e decisioni centralizzate tendono a prevalere su pratiche decisionali di tipo collaborativo; questa tesi si è proposta quindi l’obiettivo di ragionare sulle une e sulle altre in un contesto reale per raggiungere uno schema di pianificazione condiviso. La pianificazione urbanistica è da noi intesa come una previsione al futuro di pratiche di accordo e decisione finalizzate a raggiungere un obiettivo comune, da questo punto di vista il processo è parte essenziale della stessa pianificazione. Il tema è attuale in un contesto in cui l’urbanistica si è sempre confrontata in prevalenza con i temi della razionalizzazione della crescita, e con concetti da tempo in crisi che vanno oggi rimessi in discussione rispetto alle attuali istanze di trasformazione “sostenibile” delle città e dei territori. Potremmo riassumere le nostre riflessioni sull’urbanistica ed i nostri intenti rispetto al piano della Darsena di Città di Ravenna attraverso una definizione di Rem Koolhaas: l’urbanistica è la disciplina che genera potenziale, crea opportunità e causa eventi, mentre l’architettura è tradizionalmente la disciplina che manipola questo potenziale, sfrutta le possibilità e circoscrive. Il percorso di ragionamento descritto in questa tesi intende presentare attraverso alcune questioni significative l’evoluzione dello spazio urbano e delle pratiche di pianificazione, arrivando a formulare un “progetto tentativo” sul territorio della Darsena di Città.
Resumo:
In questo lavoro, sono stati analizzati come caso di studio due tipi di salami fermentati italiani (tipo Felino e tipo Milano). Lo scopo è stato quello di valutare l’effetto di diverse condizioni ambientali nelle celle d’asciugamento e l’effetto di diverse colture starter sulle caratteristiche dei salami di produzione industriale. Alla fine della maturazione, i salami ottenuti sono stati analizzati per determinare i conteggi microbici, l’accumulo di ammine biogene (AB) e il profilo aromatico volatile, mediante l’utilizzo delle analisi SPME-GC. Questi profili sono stati confrontati con i risultati di un gruppo panel esperto. I salami tipo Felino, inoculati solo con Stafilococchi, sono stati caratterizzati da un lento abbassamento del pH e dalla presenza di alti contenuti di AB. Inoltre, sono state osservate le attività enzimatiche specifiche degli Stafilococchi, come il metabolismo della fenilalanina, che hanno modificato radicalmente i profili volatili del prodotto. Anche le diverse condizioni d’asciugamento applicate sono state in grado d’influenzare alcune caratteristiche sensoriali dei prodotti finali come la durezza e la masticabilità che mostrano diverse cinetiche di perdita d’acqua.