175 resultados para logica matematica cardinalità insiemi cardinali ordinali ipotesi continuo Cantor


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Un artificial surfing reef (di seguito ASR) è un’importante opera che ha come obiettivo principe la riproduzione di onde e correnti ideali per eseguire il surf. Com’è noto, questo spettacolare sport si basa sul processo di frangimento delle onde che si propagano a riva. Ciò nonostante gli ASR possono servire come opere di difesa dall’erosione della spiaggia essendo in grado di smorzare sulla loro cresta l’energia ondosa. In questo lavoro di tesi si andrà ad analizzare quali parametri sono necessari per rendere uno paraggio fruibile dai surfers assieme ad una disamina degli effetti che un ASR può ingenerare sull’idrodinamica della costa, oltre a definire compiutamente i criteri di progettazione di un reef artificiale, basandoci su studi pregressi di progettisti e su evidenze sperimentali condotte su modelli fisici. Applicheremo tali criteri progettuali ad un caso pratico sulle coste emiliano - romagnole, nella provincia di Rimini laddove il fiume Conca sfocia in Adriatico. Ci baseremo su una progettazione di massima dell’ASR ed infine, anche sulla base di una sommaria analisi dei costi, valuteremo quale alternativa meglio si addica allo stato della costa e del litorale della regione.

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Il continuo verificarsi di gravi incidenti nei grandi impianti industriali ha spinto gli Stati membri dell’Unione Europea a dotarsi di una politica comune in materia di prevenzione dei grandi rischi industriali. Anche a seguito della pressione esercitata dall’opinione pubblica sono state implementate, nel corso degli ultimi quarant’anni, misure legislative sempre più efficaci per la prevenzione e la mitigazione dei rischi legati ad attività industriali particolarmente pericolose. A partire dagli ultimi anni dello scorso secolo, l’Unione Europea ha emanato una serie di direttive che obbligano gli Stati membri ad essere garanti della sicurezza per l’uomo e per l’ambiente nelle zone circostanti a stabilimenti a rischio di incidente rilevante. In quest’ottica è stata pubblicata nel 1982 la Direttiva Seveso I [82/501/EEC], che è stata ampliata nel 1996 dalla Direttiva Seveso II [96/82/CE] ed infine emendata nel dicembre 2003 dalla Direttiva Seveso III [2003/105/CE]. Le Direttive Seveso prevedono la realizzazione negli Stati membri di una valutazione dei rischi per gli stabilimenti industriali che sono suscettibili a incendi, esplosioni o rilasci di gas tossici (quali, ad esempio, le industrie chimiche, le raffinerie, i depositi di sostanze pericolose). La Direttiva Seveso II è stata trasposta in legge belga attraverso “l’Accord de Coopération” del 21 giugno 1999. Una legge federale nel giugno del 2001 [M.B. 16/06/2001] mette in vigore “l’Accord de Coopération”, che è stato in seguito emendato e pubblicato il 26 aprile del 2007 [M.B. 26/04/2007]. A livello della Regione Vallona (in Belgio), la tematica del rischio di incidente rilevante è stata inclusa nelle disposizioni decretali del Codice Vallone della Pianificazione Territoriale, dell’Urbanismo e del Patrimonio [CWATUP]. In questo quadro la Regione Vallona ha elaborato in collaborazione con la FPMs (Faculté Polytechnique de Mons) una dettagliata metodologia di analisi del rischio per gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante. In Italia la Direttiva Seveso II è stata recepita dal Decreto Legislativo n°334 emanato nell’agosto del 1999 [D. Lgs. 334/99], che ha introdotto per la prima volta nel quadro normativo italiano i concetti fondamentali di “controllo dell’urbanizzazione” e “requisiti minimi di sicurezza per la pianificazione territoriale”. Il Decreto Legislativo 334/99 è attualmente in vigore, modificato ed integrato dal Decreto Legislativo n°238 del 21 settembre 2005 [D. Lgs. 238/05], recepimento italiano della Direttiva Seveso III. Tra i decreti attuativi del Decreto Legislativo 334/99 occorre citare il Decreto Ministeriale n°151 del 2001 [D. M. 151/01] relativo alla pianificazione territoriale nell’intorno degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante. L’obiettivo di questo lavoro di tesi, che è stato sviluppato presso la Faculté Polytechnique di Mons, è quello di analizzare la metodologia di quantificazione del rischio adottata nella Regione Vallona, con riferimento alla pianificazione territoriale intorno agli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, e di confrontarla con quella applicata in Italia. La metodologia applicata in Vallonia è di tipo “probabilistico” ovvero basata sul rischio quale funzione delle frequenze di accadimento e delle conseguenze degli scenari incidentali. Il metodo utilizzato in Italia è “ibrido”, ovvero considera sia le frequenze che le conseguenze degli scenari incidentali, ma non la loro ricomposizione all’interno di un indice di rischio. In seguito al confronto teorico delle due metodologie, se ne è effettuato anche una comparazione pratica tramite la loro applicazione ad un deposito di GPL. Il confronto ha messo in luce come manchino, nella legislazione italiana relativa agli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, indicazioni di dettaglio per la quantificazione del rischio, a differenza di quanto accade nella legislazione belga. Ciò lascia all’analista di rischio italiano una notevole arbitrarietà nell’effettuare ipotesi ed assunzioni che rendono poi difficile la comparazione del rischio di stabilimenti differenti. L’auspicio è che tale lacuna possa essere rapidamente superata.

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VILLA “CAPELLO - MORA”: PROGETTO DI RESTAURO E RIFUNZIONALIZZAZIONE Il restauro è da intendere come un intervento diretto sull’opera, e anche come sua eventuale modifica, condotta sempre sotto un rigoroso controllo tecnico-scientifico e storico-critico, se parliamo di conservazione, intendiamo l’operare in un intento di salvaguardia e di prevenzione, da attuare proprio per evitare che si debba poi intervenire con il restauro, che comprende un evento traumatico per il manufatto. Un seconda parola chiave in questo discorso è la “materia” il restauro interviene sulla materia di un monumento e questa costituisce il tramite dei valori culturali antichi, la sua conservazione e il suo restauro garantisce la trasmissione anche dei significati estetici, storici simbolici del costruito. Ma certamente influisce il tempo sulle cose per cui il progetto di restauro non può astenersi dall’intervenire, in una logica di minimo intervento, di reversibilità, di facile lettura. Il concetto di nuovo in un opera antica, concetto che a parere personale, pare centrare in pieno il problema. Il nuovo infatti “deve avere carattere di autonomia e di chiara leggibilità: come l’<> di Boito deve essere inequivocabilmente opera nuova, come prodotto figurativo e materiale autonomo, chiara ed inequivocabile espressione <>”. Ne deriva riassumendo che oggi l’obbiettivo deve essere quello di conservare da un lato senza non sotrarre altra materia alla fabbrica e di valorizzare, ossia aggiungere, nuove “presenze” di cultura contemporanea. Per questo si parlerà di progetto di restauro e rifunzionalizzazione. La fabbrica ha subito nel corso dell’ultimo decennio una serie di “rovinose” manomissioni, che a differenza di quelle operate in tempi più antichi (coincidenti con esigenze funzionali corrispondenti alla logica dell’adattare) appaiano ben più gravi, e contribuiscono a peggiorare la lettura del fabbricato. Il Veneto e soprattutto la zona intorno a Bassano del Grappa presenta una infinità di dimore padronali casini di caccia, resti di antiche residenze (colombare, oratori, ecc.) risalenti al periodo di maggior fioritura della residenza di “Villa” della Serenissima. Nel caso specifico di studio , quindi della rifunzionalizzazione dell’edificio, la domanda sorge spontanea; Come ristabilire un senso a questi spazi? E nell’ipotesi di poter realmente intervenire che cosa farne di questi oggetti?. E ultimo ma non ultimo in che modo poter ristabilire un “dialogo” con l’edificio in una lettura corretta del suo significato non solo per quel che riguarda la materia ma anche per ciò che ci trasmette nel “viverlo”, nell’usufruirne nel fatto stesso di poterlo vedere, passandoci davanti. tà. Lidea si forma prima ancora da un esigenza del territorio, il comune di Cassola dove ha sede la Villa,pur avendo un discreto numero di abitanti e collocandosi in posizione nevralgica in quanto molto vicino al centro diBasssano (ne è quasi la promulgazione), non possiede uno spazio espositivo /rappresentativo, un edificio a carattere pubblico, sede di “eventi” culturali locali e non. Villa Capello –Mora, potrebbe rispondere bene a questo tipo di utilizzo. Si è deciso di pensare ad un luogo a carattere espositivo che possa funzionare durante tutto l’anno e nei periodi etsivi includa anche il giardino esterno. Il progetto muove da due principi il principio di “reversibilità” e quello del “minimo intervento” sottolinenando volutamente che siano gli ogetti esposti e lo spazio dei locali a fare da protagonisti, Punti chiave nell’interpretazione degli spazi sono stati i percorsi, la “narrazione” degli oggetti esposti avviene per momenti e viene rimarcata nell’allestimento tramite i materiali i colori e le superfici espositive, perché nel momento in cui visito una mostra o un museo, è come se stessi vivendo la narrazione di un qualcosa, oggetto semplice od opera complessa che sia inteso nell’ambito museale-espositivo esso assume una capacità di trasmissione maggiore rispetto a qundo lo stesso ogetto si trova in un contesto differente, la luce e la sua disposizione nello spazio, fanno sì che il racconto sia narrato, bene o male, ancora più importante è lo sfondo su cui si staglia l’opera, che può essere chiuso, come una serie di scatole dentro la scatola (edificio) oppure aperto, con singole e indipendenti pannellature dove l’edificio riveste il carattere proprio di sfondo. Scelta la seconda delle due ipotesi, si è voluto rimarcare nella composizione degli interni i momenti della narrazione, così ad esempio accedendo dall’ingresso secondario (lato nord-ovest) al quale si è dato l’ingresso alla mostra, -superata la prima Hall- si viene, catapultati in uno spazio porticato in origine aperto e che prevediamo chiuso da una vetrata continua, portata a debita distanza dal colonnato. Questo spazio diventa la prima pagina del testo, una prima pagina bianca, uno spazio libero, di esposizione e non di relax e di presentazione dell’evento, uno spazio distributivo non votato solo a questo scopo, ma passibile di trasformazione. A rimarcare il percorso una pavimentazione in cemento lisciato, che invita l’accesso alle due sale espositive a sinista e a destra dell’edificio. Nell’ala a sinistra (rispetto al nord) si apre la stanza con camino seicentesco forse un tempo ad uso cucina? Sala che ospita dei pannelli a sospesi a muro e delle teche espositive appese a soffitto. L’ala di destra, diametralmente opposta, l’unica che al piano terra mantiene la pavimentazione originale, stabiliva il vero atrio d’entrata, nel XVII sec. riconoscibile da quattro colonne tuscaniche centrali a reggere un solaio ligneo, in questa stanza il percorso segnato a terra torna nella disposizione dei pannelli espositivi che si dispongono in un a formare un vero corridoio, tra uno e l’atro di questi pannelli degli spazi sufficienti a intravedere le colonne centrali, i due lati dello stretto percorso non sono paralleli e aprono in senso opposto a due restanti spazi dell’intero salone, La sala suddivisa così in queste tre parti - una di percorrenza due di esposizione - , risulta modificata nella lettura che ne annulla l’originale funzione. Questa nuova “forma”, non vuole essere permanente infatti i pannelli non sono fissi. la narrazione avviene così per momenti, per parti, , che non devono necessariamente far comprendere il “tutto”, ma suggerirlo. Così come per il percorso che non è obbligato ma suggerito. A terminare il piano altre due sale di minore dimensione e di modesto carattere, nelle quali sono presenti pannellature a parete come nella prima sala. L’allestimento prosegue al piano primo a cui si accede tramite due rampe, trattate nel progetto difformemente, in base al loro stato e al loro significato, la rampa più recente (XIX sec) rompe lo spazio al piano nobile stravolgendo l’ingresso a questo salone, che originariamente avveniva salendo dalla scala principale e oltrepassando un disimpegno. La scala ottocentesca introduce direttamente all’ambiente che ora risulta liberato dalle superfetazioni dello scorso secolo, mostrandosi come era stato previsto in origine. Questa rottura dello spazio viene marcata nel progetto da un volume che “imprigiona” la rampa e segna l’inizio della sala espositiva, la sala delle architetture. Al centro della sala in un gioco di pieni e vuoti i pannelli, espositivi, distaccati di poco gli uni dagli altri questa volta non a incorniciare delle colonne ma a richiamo delle pitture murali che raffiguranti una loggia alludono ad una lettura per “parti” e scandiscono lo spazio in una “processione” di eventi. A seguito del “gioco” sono presenti in senso ortogonale ai pannelli sopradescritti ulteriori pannellature appese ad una struttura metallica indipendente dalle capriate lignee. Tale struttura assume ad una duplice funzione, funge sia da irrigidimento della struttura (edificio) che da supporto alla pannellatura, ad essa infatti è collegata una fune, che entrerà in tensione, quando il pannello verrà ad appendersi. Infine questa fune passante da due puleggie permetterà al pannello di traslare da un lato all’altro dell’edificio, bloccandosi nella posizione desiderata tramite freno interno, azionato manualmente.

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In questa tesi si discute di alcuni modelli di pricing per opzioni di tipo europeo e di opportuni metodi perturbativi che permettono di trovare approssimazioni soddisfacenti dei prezzi e delle volatilità implicite relative a questi modelli.

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Questa dissertazione si concentra sul dibattito circa l’essenza della matematica a partire dalla nascita delle geometrie non euclidee. Essa è una scienza della natura o una costruzione (e dunque una libera invenzione) della mente umana? Trattando altresì della crisi dei fondamenti, e tenendo a mente le posizioni platoniste e costruttiviste, questa tesi analizza le risposte che, da fine Ottocento in poi, diedero Jules-Henri Poincaré, Bertrand Russell, L.E.J. Brouwer e David Hilbert, e con loro le varie correnti convenzionaliste, logiciste, intuizioniste e formaliste.

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La crittografia ha sempre rivestito un ruolo primario nella storia del genere umano, dagli albori ai giorni nostri, e il periodo in cui viviamo non fa certo eccezione. Al giorno d'oggi, molti dei gesti che vengono compiuti anche solo come abitudine (operazioni bancarie, apertura automatica dell'auto, accedere a Facebook, ecc.), celano al loro interno la costante presenza di sofisticati sistemi crittografici. Proprio a causa di questo fatto, è importante che gli algoritmi utilizzati siano in qualche modo certificati come ragionevolmente sicuri e che la ricerca in questo campo proceda costantemente, sia dal punto di vista dei possibili nuovi exploit per forzare gli algoritmi usati, sia introducendo nuovi e sempre più complessi sistemi di sicurezza. In questa tesi viene proposto una possibile implementazione di un particolare tipo di attacco crittoanalitico, introdotto nel 2000 da due ricercatori dell'Università "La Sapienza" di Roma, e conosciuto come "Crittoanalisi Logica". L'algoritmo su cui è incentrato il lavoro è il Data Encryption Standard (DES), ostico standard crittografico caduto in disuso nel 1999 a causa delle dimensioni ridotte della chiave, seppur tuttora sia algebricamente inviolato. Il testo è strutturato nel seguente modo: il primo capitolo è dedicato ad una breve descrizione di DES e della sua storia, introducendo i concetti fondamentali con cui si avrà a che fare per l'intera dissertazione Nel secondo capitolo viene introdotta la Crittoanalisi Logica e viene fornita una definizione della stessa, accennando ai concetti matematici necessari alla comprensione dei capitoli seguenti. Nel capitolo 3 viene presentato il primo dei due software sviluppati per rendere possibile l'attuazione di questo attacco crittoanalitico, una libreria per la rappresentazione e la manipolazione di formule logiche scritta in Java. Il quarto ed ultimo capitolo descrive il programma che, utilizzando la libreria descritta nel capitolo 3, elabora in maniera automatica un insieme di proposizioni logiche semanticamente equivalenti a DES, la cui verifica di soddisfacibilità, effettuata tramite appositi tools (SAT solvers) equivale ad effettuare un attacco di tipo known-plaintext su tale algoritmo.

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L'informazione è alla base della conoscenza umana. Senza, non si potrebbe sapere nulla di ciò che esiste, di ciò che è stato o di quello che potrebbe accadere. Ogni giorno si assimilano moltissime informazioni, che vengono registrate nella propria memoria per essere riutilizzate all'occorrenza. Ne esistono di vari generi, ma il loro insieme va a formare quella che è la cultura, educazione, tradizione e storia dell'individuo. Per questo motivo è importante la loro diffusione e salvaguardia, impedendone la perdita che costerebbe la dipartita di una parte di sé, del proprio passato o del proprio futuro. Al giorno d'oggi le informazioni possono essere acquisite tramite persone, libri, riviste, giornali, la televisione, il Web. I canali di trasmissione sono molti, alcuni più efficaci di altri. Tra questi, internet è diventato un potente strumento di comunicazione, il quale consente l'interazione tra chi naviga nel Web (ossia gli utenti) e una partecipazione attiva alla diffusione di informazioni. Nello specifico, esistono siti (chiamati di microblogging) in cui sono gli stessi utenti a decidere se un'informazione possa essere o meno inserita nella propria pagina personale. In questo caso, si è di fronte a una nuova "gestione dell'informazione", che può variare da utente a utente e può defluire in catene di propagazione (percorsi che compiono i dati e le notizie tra i navigatori del Web) dai risvolti spesso incerti. Ma esiste un modello che possa spiegare l'avanzata delle informazioni tra gli utenti? Se fosse possibile capirne la dinamica, si potrebbe venire a conoscenza di quali sono le informazioni più soggette a propagazione, gli utenti che più ne influenzano i percorsi, quante persone ne vengono a conoscenza o il tempo per cui resta attiva un'informazione, descrivendone una sorta di ciclo di vita. E' possibile nel mondo reale trovare delle caratteristiche ricorrenti in queste propagazioni, in modo da poter sviluppare un metodo universale per acquisirne e analizzarne le dinamiche? I siti di microblogging non seguono regole precise, perciò si va incontro a un insieme apparentemente casuale di informazioni che necessitano una chiave di lettura. Quest'ultima è proprio quella che si è cercata, con la speranza di poter sfruttare i risultati ottenuti nell'ipotesi di una futura gestione dell'informazione più consapevole. L'obiettivo della tesi è quello di identificare un modello che mostri con chiarezza quali sono i passaggi da affrontare nella ricerca di una logica di fondo nella gestione delle informazioni in rete.