504 resultados para adattamento ai cambiamenti climatici, fiume Reno, Bologna


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In questo lavoro si studierà un nuovo sistema di consegna merci, denominato crowd-shipping. Questo si propone come soluzione per il trasporto della merce a domicilio, soprattutto per quanto riguarda l’ultimo miglio, con la quale si intendono le consegne che vengono effettuate all’interno dei centri urbani. È una soluzione recente che prevede di appoggiare ai corrieri tradizionali delle persone comuni, definiti corrieri occasionali (OD, Occasional Drivers). Questi ultimi, percorrendo un tratto di strada per motivi personali, sono disposti a consegnare la merce ai destinatari finali effettuando delle deviazioni al loro tragitto originario, in cambio di un compenso. Dopo aver studiato la situazione attuale dell’E-commerce e dello sviluppo delle Sharing Economy, dopo aver appreso il funzionamento di questo nuovo tipo di soluzione logistica, verrà presentato un modello matematico di programmazione lineare per le consegne last mile della merce in crowd-shipping. Questo modello verrà testato nel contesto urbano di Bologna e prevedrà due livelli di consegna rappresentati in primis dai corrieri tradizionali e in secondo luogo dai corrieri occasionali. Modalità possibile grazie all’utilizzo di armadietti automatici come depositi intermedi; si avranno, infatti, dei corrieri classici che riforniscono gli armadietti e dei corrieri occasionali che prelevano la merce dagli armadietti e la consegnano ai destinatari finali. Il modello sarà implementato in scenari diversi, con un differente numero di attori coinvolti, diverse ricompense per gli OD e diverse tipologie di veicoli, più o meno inquinanti. Questo ultimo punto ci anticipa che questa modalità di consegne può portare benefici importanti anche a livello ambientale; e in un mondo dove i cambiamenti atmosferici dovuti all’inquinamento sono sempre più devastanti, il crowd-shipping può portare a benefici concreti. Benefici che si sono dimostrati anche economici, sia per le aziende di spedizioni, sia per i clienti finali.

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L’istruzione superiore in Europa è stata oggetto di un significativo processo di riforma: è aumentato l’interesse per un modello di apprendimento intorno ai progetti, centrato sullo studente, che favorisse lo sviluppo di competenze trasversali – il project-based learning (PBL). Inserire il PBL nelle Università richiede un processo di innovazione didattica: il curriculum di un corso PBL e le competenze richieste all’insegnante si differenziano dall’apprendimento tradizionale. Senza un'adeguata attenzione ai metodi di supporto per insegnanti e studenti, questi approcci innovativi non saranno ampiamente adottati. L’obiettivo di questo studio è determinare in che modo sia possibile implementare un corso PBL non presenziato da figure esperte di PBL. Le domande della ricerca sono: è possibile implementare efficacemente un approccio PBL senza il coinvolgimento di esperti dei metodi di progettazione? come si declinano i ruoli della facilitazione secondo questa configurazione: come si definisce il ruolo di tutor d’aula? come rafforzare il supporto per l’implementazione del corso? Per rispondere alle domande di ricerca è stata utilizzata la metodologia AIM-R. Viene presentata la prima iterazione dell’implementazione di un corso di questo tipo, durante la quale sono state svolte attività di ricerca e raccolta dati. L’attività di facilitazione è affidata a tre figure diverse: docente, tutor d’aula e coach professionisti. Su questa base, sono stati definiti gli elementi costituenti un kit di materiale a supporto per l’implementazione di corsi PBL. Oltre a un set di documenti e strumenti condivisi, sono stati elaborati i vademecum per guidare studenti, tutor e docenti all’implementazione di questo tipo di corsi. Ricerche future dovranno essere volte a identificare fattori aggiuntivi che rendano applicabile il kit di supporto per corsi basati su un modello diverso dal Tech to Market o che utilizzino strumenti di progettazione diversi da quelli proposti durante la prima iterazione.

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Il mercato col tempo si è reso sempre più dinamico e ha richiesto alle aziende per sopravvivere una sempre maggiore capacità di innovare e adattarsi. Per rispondere a queste esigenze sono stati ridisegnati nuovi modelli di innovazione, il più famoso tra questi è l’Open Innovation. GELLIFY nasce nel 2016 per favorire l’Open Innovation in Italia, il suo stesso modello è basato sul concetto di Ecosistema e su una strategia win-win tra tutti i soggetti partecipanti: investitori, Start-ups, Corporate. Grazie a questa brillante idea l’azienda ha raggiunto in pochi anni più di 200 dipendenti con tre sedi (Italia, Middle East, Iberia) e un fatturato superiore agli 11 milioni di euro. Per sostenere la crescita e mantenersi agili, GELLIFY, ha dovuto effettuare dei grandi cambiamenti strutturali. Lo scopo di questo elaborato è analizzare GELLIFY combinando insieme la teoria dei microfondamenti con la stella di Galbraith rivisitata da Mckinsey (in cui il sistema premiante è stato incorporato dentro i processi ed è stato dato un ruolo a se stante alla tecnologia). Tutti i diversi elementi sono stati analizzati studiando ciò che l’azienda ha fatto o sta facendo in merito e soprattutto analizzando il percepito dei dipendenti a riguardo, raccolto attraverso l’utilizzo di interviste semistrutturate ai dipendenti e ad alcuni manager. Infine, tutti questi elementi sono stati collegati tra loro studiando come questi incidano sull’espressione delle capacità dinamiche degli individui facendo emergere una carenza nella gestione delle risorse umane dell’azienda. Per risolvere questo problema si è ipotizzato di restringere il campo della soluzione al processo di Onboarding, ritenuto un tassello fondamentale per l’employeer branding e per l’engagement dei dipendenti. La soluzione è stata descritta in maniera dettagliata considerando anche gli elementi presenti in GELLIFY che possono favorirne l’attuazione ma anche evidenziando i fattori critici e come gestirli.

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Il presente elaborato mira ad approfondire il settore della traduzione audiovisiva e, in particolare, la pratica dell’adattamento dialoghi per il doppiaggio, che costituisce la modalità traduttiva più utilizzata in Italia in ambito cinetelevisivo. L’elaborato prende come esempio tre episodi della serie TV britannica Inside No. 9 (BBC, 2014), di genere dark humour, per i quali vengono proposti la traduzione e l’adattamento dialoghi per il doppiaggio in italiano. Innanzitutto, viene presentata una panoramica generale sulla serie TV, sul contesto teorico della traduzione audiovisiva e dell’industria del doppiaggio, nonché, visto il genere della serie TV scelta, sulle strategie di traduzione più adeguate alla resa di contenuti audiovisivi umoristici. Successivamente, si passa a un’analisi previa del testo di partenza, con approfondimenti su tutti i fattori e i vincoli da tenere in considerazione durante la stesura dell’adattamento dialoghi. L’elaborato si conclude con un’analisi delle problematiche emerse durante il processo traduttivo e delle strategie impiegate per la realizzazione di una versione italiana fedele all’originale, con un focus sulle difficoltà specifiche legate alla natura intersemiotica del medium audiovisivo.

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Nell’a.a. 20/21 viene attivato presso il Dipartimento di Interpretazione e Traduzione dell’Università di Bologna il corso Service Learning Laboratory. L’insegnamento si basa sul service-learning, un approccio didattico sviluppatosi alla fine del XX secolo che integra il servizio significativo reso alla comunità all’interno del curriculum. D’accordo con tale proposta, il corso di service-learning si poneva un obiettivo tanto virtuoso quanto ambizioso: la fondazione di un’agenzia di servizi linguistici pro bono a gestione studentesca. Tale scopo è stato raggiunto nel marzo del 2021 con la fondazione di IN.TRA. Il presente elaborato si pone l’obiettivo di effettuare una valutazione finale del corso Service Learning Laboratory al duplice scopo di provare la rilevanza e la qualità del servizio sociale offerto alla comunità e di dimostrare la sua utilità nella formazione degli studenti e delle studentesse che hanno preso parte al corso. A tal fine, sono state raccolte le autovalutazioni e le opinioni dei protagonisti del progetto IN.TRA e analizzate sulla base delle tre domande di valutazione: quali risultati sono stati raggiunti dal punto di vista dell’apprendimento degli studenti? Quali risultati sono stati raggiunti dal punto di vista del servizio sociale offerto? Sono stati rispettati i criteri che rendono un’esperienza di service-learning di qualità? I risultati mostrano alti livello di apprendimento da parte dei discenti a fianco di un servizio rilevante e di qualità offerto ai partner comunitari. Tutto ciò, nel pieno rispetto degli elementi cardine di un progetto di service-learning di qualità. Il presente elaborato si propone inoltre di offrire un contributo alla limitata letteratura circa l’implementazione del service-learning nei curricula di traduzione, senza tuttavia la pretesa di generalizzare i risultati ottenuti. A tale scopo, si rendono necessarie ulteriori ricerche che l’autrice si auspica possano trovare ispirazione dal presente elaborato.

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Sapersi muovere con efficienza è fondamentale per tutti gli esseri viventi. Gli uccelli sono abili navigatori del cielo e, per orientarsi, utilizzano diversi tipi di bussole naturali e un orologio circadiano che gli consente di compensare i cambiamenti giornalieri dovuti alla rotazione terrestre. Essi sono in grado di immagazzinare, in una mappa cognitiva, le informazioni percepite durante i vari voli effettuati; queste possono derivare da riferimenti sia di tipo visivo, che di altro genere, come odori e geomagnetismo, e consentono ai volatili di ritrovare facilmente la strada di casa. Gli uccelli, inoltre, sono in grado di percepire il flusso ottico proveniente da un paesaggio pieno di irregolarità (come può esserlo una foresta o una superficie ondosa marina); grazie ad esso possono controllare con precisione l'altitudine di volo a bassa quota e possono individuare ostacoli nelle immediate vicinanze in modo da evitare collisioni. Durante le migrazioni capita di volare a quote più elevate per cercare di risparmiare energie e, in questo caso, gli uccelli possono controllare la loro altitudine con un errore all'incirca di 10m, poiché sono in grado di percepire direttamente le variazioni di pressione atmosferica. Per risparmiare energie sono molto abili nello sfruttare la forza dei venti e nel compensarne la deriva. Gli uccelli possiedono diverse abilità che spiegano la loro impressionante capacità di navigazione e quindi rappresentano un ottimo spunto per apprendere diverse tecniche in modo da migliorare i nostri metodi di orientamento ed elaborazione dei dati.

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La conoscenza del regime dei deflussi di un corso d’acqua è uno strumento imprescindibile in diverse applicazioni tecniche, dalla progettazione di opere idrauliche alla calibrazione di modelli afflussi-deflussi. Tuttavia, poiché questa informazione non è sempre disponibile, si sono sviluppati in letteratura metodi regionali in grado di trasferire il dato di portata disponibile su sezioni idrologicamente simili alla sezione di interesse. Nel presente lavoro di Tesi, è stato sviluppato un algoritmo di generazione di serie di deflussi sintetici per sezioni non strumentate a partire da serie osservate in sezioni ad esse sincrone nei deflussi. L’algoritmo sfrutta una curva di durata regionale relativa al sito di interesse, stimata attraverso il metodo della portata indice: la portata indice è valutata da un modello multiregressivo mentre la curva regionale adimensionale è ottenuta dalle osservazioni di portata in sezioni strumentate, applicando il criterio della Regione di Influenza. La tecnica è stata verificata su una sezione dell’asta principale del Fiume Marecchia (nell’Italia settentrionale), caratterizzata da limitate osservazioni idrometriche, sfruttando i dati osservati su bacini orientali della Regione Emilia-Romagna. Per l’applicazione del metodo del deflusso indice, si è reso necessario anche il reperimento di indici morfologici e climatici, estraendo solo quelli più rappresentativi del dataset. Inoltre, vista la brevità degli eventi di piena nel bacino del Marecchia, si è messa a punto una procedura per discretizzare a passo orario le portate ricostruite degli eventi più significativi, sulla base delle osservazioni orarie nei bacini strumentati. L’algoritmo mostra buone prestazioni nel replicare le portate osservate, specialmente le piene, mentre sottostima le portate medio-basse. L’accordo tra osservazioni e simulazioni si è rivelato pienamente soddisfacente per la sezione del Fiume Marecchia considerata nelle indagini.

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Tesi in Storia dell'Architettura che si propone di analizzare il complesso architettonico che corona il colle dell'Osservanza a Bologna, descrivendone le stratificazioni per comprendere come si sia consolidato l'assetto odierno. La ricerca ricostruisce tutte le fasi storiche e si concentra sulla rilettura critica degli interventi passati al fine di trovare nuove funzioni compatibili per riqualificare l'area. Partendo dalla costruzione del primo nucleo, costituito dalla rotonda romanica, si è cercato di ipotizzare la struttura del Monastero di Santa Maria del Monte all'apice della sua estensione, arrivando alla successiva villa neoclassica ottocentesca e alla residenza per vedove di guerra edificata in epoca fascista. Tramite lo studio di piante, disegni e planimetrie conservate negli Archivi, si è cercato di ricostruire la scansione temporale dei numerosi progetti di rinascita che si sono succeduti fino ai giorni nostri, ma anche di rintracciare ogni segno delle demolizioni e le trasformazioni subite nel corso dei secoli dalle strutture, come quelli lasciati sulla villa dalla progettazione dell'enfatica cappella di Antonio Serra per una fallita riconversione in chiesa. La tesi prende in esame in particolare la delicata fase dei restauri della rotonda della Madonna del Monte ad opera di Guido Zucchini, intervento fortemente integrativo avvenuto tra gli anni Trenta e Cinquanta del Novecento, il cui approccio stilistico aderiva perfettamente alla concezione di restauro del Comitato per la Bologna Storica e Artistica di quegli anni e del suo maestro Alfonso Rubbiani. Da complesso sacro a vanto architettonico dell'Italia napoleonica, divenuto problema urbanistico e quasi dimenticato, il luogo si trova oggi di fronte a una nuova possibilità: riappropriarsi dei suoi più autentici valori storici, architettonico e simbolici come un moderno “Campidoglio felsineo”, ridefinendo la propria identità nel rispetto delle antiche memorie.

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La tesi riguarda la descrizione di un percorso didattico, dalla sua fase di progettazione, alla sua fase di realizzazione, fino alla descrizione degli effetti osservati nel gruppo classe in cui tale percorso didattico è stato svolto. In particolare, tale percorso ha come obiettivo generale quello di introdurre all’esistenza dei problemi di minimo attraverso un laboratorio matematico che sfrutti le bolle di sapone, e l’acqua saponata in generale, per mostrare esempi di fenomeni di minimo. L’obiettivo è quello di mostrare le dinamiche che sono avvenute durante la realizzazione del percorso didattico dato il contesto specifico in cui tale percorso è stato svolto. Si conclude affermando che questo percorso didattico sia riuscito nel suo intento di motivare e interessare gli studenti della classe all’argomento. Inoltre, gli studenti più interessati hanno avuto modo di approfondire molto l’argomento, mentre gli altri studenti, nonostante si siano fermati ad una comprensione molto più generale e approssimativa, hanno avuto modo di sviluppare e mettere in pratica quelle che sono le loro inclinazioni personali, pur non aventi queste a che fare con la matematica o la fisica.

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La tecnica di ozonolisi viene applicata ai fanghi biologici derivanti da impianti di depurazione acque reflue urbane, e consiste nell'ottenere, grazie all'ozono, una minor massa fangosa da smaltire e una miglior trattabilità del fango residue. In questo elaborato si prendono in esame le sperimentazioni effettuate a Marina di Ravenna e si estraggono le prime conclusioni gestionali, economiche e ambientali sull'applicabilità del metodo a questo tipo di fango.

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Il presente studio ha avuto l’obiettivo di indagare la produzione di bioetanolo di seconda generazione a partire dagli scarti lignocellulosici della canna da zucchero (bagassa), facendo riscorso al processo enzimatico. L’attività di ricerca è stata svolta presso il Dipartimento di Ingegneria Chimica dell’Università di Lund (Svezia) all’interno di rapporti scambio con l’Università di Bologna. Il principale scopo è consistito nel valutare la produzione di etanolo in funzione delle condizioni operative con cui è stata condotta la saccarificazione e fermentazione enzimatica (SSF) della bagassa, materia prima che è stata sottoposta al pretrattamento di Steam Explosion (STEX) con aggiunta di SO2 come catalizzatore acido. Successivamente, i dati ottenuti in laboratorio dalla SSF sono stati utilizzati per implementare, in ambiente AspenPlus®, il flowsheet di un impianto che simula tutti gli aspetti della produzione di etanolo, al fine di studiarne il rendimento energetico dell’intero processo. La produzione di combustibili alternativi alle fonti fossili oggigiorno riveste primaria importanza sia nella limitazione dell’effetto serra sia nel minimizzare gli effetti di shock geopolitici sulle forniture strategiche di un Paese. Il settore dei trasporti in continua crescita, consuma nei paesi industrializzati circa un terzo del fabbisogno di fonti fossili. In questo contesto la produzione di bioetanolo può portare benefici per sia per l’ambiente che per l’economia qualora valutazioni del ciclo di vita del combustibile ne certifichino l’efficacia energetica e il potenziale di mitigazione dell’effetto serra. Numerosi studi mettono in risalto i pregi ambientali del bioetanolo, tuttavia è opportuno fare distinzioni sul processo di produzione e sul materiale di partenza utilizzato per comprendere appieno le reali potenzialità del sistema well-to-wheel del biocombustibile. Il bioetanolo di prima generazione ottenuto dalla trasformazione dell’amido (mais) e delle melasse (barbabietola e canna da zucchero) ha mostrato diversi svantaggi: primo, per via della competizione tra l’industria alimentare e dei biocarburanti, in secondo luogo poiché le sole piantagioni non hanno la potenzialità di soddisfare domande crescenti di bioetanolo. In aggiunta sono state mostrate forti perplessità in merito alla efficienza energetica e del ciclo di vita del bioetanolo da mais, da cui si ottiene quasi la metà della produzione di mondiale di etanolo (27 G litri/anno). L’utilizzo di materiali lignocellulosici come scarti agricolturali e dell’industria forestale, rifiuti urbani, softwood e hardwood, al contrario delle precedenti colture, non presentano gli svantaggi sopra menzionati e per tale motivo il bioetanolo prodotto dalla lignocellulosa viene denominato di seconda generazione. Tuttavia i metodi per produrlo risultano più complessi rispetto ai precedenti per via della difficoltà di rendere biodisponibili gli zuccheri contenuti nella lignocellulosa; per tale motivo è richiesto sia un pretrattamento che l’idrolisi enzimatica. La bagassa è un substrato ottimale per la produzione di bioetanolo di seconda generazione in quanto è disponibile in grandi quantità e ha già mostrato buone rese in etanolo se sottoposta a SSF. La bagassa tal quale è stata inizialmente essiccata all’aria e il contenuto d’acqua corretto al 60%; successivamente è stata posta a contatto per 30 minuti col catalizzatore acido SO2 (2%), al termine dei quali è stata pretrattata nel reattore STEX (10L, 200°C e 5 minuti) in 6 lotti da 1.638kg su peso umido. Lo slurry ottenuto è stato sottoposto a SSF batch (35°C e pH 5) utilizzando enzimi cellulolitici per l’idrolisi e lievito di birra ordinario (Saccharomyces cerevisiae) come consorzio microbico per la fermentazione. Un obiettivo della indagine è stato studiare il rendimento della SSF variando il medium di nutrienti, la concentrazione dei solidi (WIS 5%, 7.5%, 10%) e il carico di zuccheri. Dai risultati è emersa sia una buona attività enzimatica di depolimerizzazione della cellulosa che un elevato rendimento di fermentazione, anche per via della bassa concentrazione di inibitori prodotti nello stadio di pretrattamento come acido acetico, furfuraldeide e HMF. Tuttavia la concentrazione di etanolo raggiunta non è stata valutata sufficientemente alta per condurre a scala pilota un eventuale distillazione con bassi costi energetici. Pertanto, sono stati condotti ulteriori esperimenti SSF batch con addizione di melassa da barbabietola (Beta vulgaris), studiandone preventivamente i rendimenti attraverso fermentazioni alle stesse condizioni della SSF. I risultati ottenuti hanno suggerito che con ulteriori accorgimenti si potranno raggiungere gli obiettivi preposti. E’ stato inoltre indagato il rendimento energetico del processo di produzione di bioetanolo mediante SSF di bagassa con aggiunta di melassa in funzione delle variabili più significative. Per la modellazione si è fatto ricorso al software AspenPlus®, conducendo l’analisi di sensitività del mix energetico in uscita dall’impianto al variare del rendimento di SSF e dell’addizione di saccarosio. Dalle simulazioni è emerso che, al netto del fabbisogno entalpico di autosostentamento, l’efficienza energetica del processo varia tra 0.20 e 0.53 a seconda delle condizioni; inoltre, è stata costruita la curva dei costi energetici di distillazione per litro di etanolo prodotto in funzione delle concentrazioni di etanolo in uscita dalla fermentazione. Infine sono già stati individuati fattori su cui è possibile agire per ottenere ulteriori miglioramenti sia in laboratorio che nella modellazione di processo e, di conseguenza, produrre con alta efficienza energetica bioetanolo ad elevato potenziale di mitigazione dell’effetto serra.

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Confronto tra due software specifici per l'analisi di rischio nel trasporto stradale di merci pericolose (TRAT GIS 4.1 e QRAM 3.6) mediante applicazione a un caso di studio semplice e al caso reale di Casalecchio di Reno, comune della provincia di Bologna.

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Con questo studio si è volto effettuare un confronto tra la generazione di energia termica a partire da cippato e da pellet, con particolare riferimento agli aspetti di carattere ambientale ed economico conseguenti la produzione delle due differenti tipologie di combustibile. In particolare, si sono ipotizzate due filire, una di produzione del cippato, una del pellet, e per ciascuna di esse si è condotta un'Analisi del Ciclo di Vita, allo scopo di mettere in luce, da un lato le fasi del processo maggiormente critiche, dall'altro gli impatti sulla salute umana, sugli ecosistemi, sul consumo di energia e risorse. Quest'analisi si è tradotta in un confronto degli impatti generati dalle due filiere al fine di valutare a quale delle due corrisponda il minore. E' stato infine effettuato un breve accenno di valutazione economica per stimare quale tipologia di impianto, a cippato o a pellet, a parità di energia prodotta, risulti più conveniente.

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I policlorobifenili (PCB) sono un gruppo di 209 congeneri di bifenili policlorurati altamente tossici e persistenti che, a causa della loro elevata lipofilia, tendono ad accumularsi in sedimenti anaerobici marini, tramite i quali possono entrare nella catena alimentare. I PCB possono essere degradati mediante processi di declorurazione riduttiva mediati da popolazioni microbiche anaerobiche in grado di utilizzarli fortuitamente come accettori finali della catena respiratoria. Il processo consiste quindi nella bioconversione di congeneri ad alto grado di clorurazione in PCB basso clorurati, meno tossici, meno bioaccumulabili e più facilmente biodegradabili in condizioni aerobiche. Nel presente elaborato è stata investigata la capacità di una popolazione microbica arricchita su congeneri coplanari di PCB da un sedimento contaminato del Canale Brentella (Prima Zona Industriale di Porto Marghera, laguna di Venezia), di declorurare miscele commerciali di PCB (Aroclor 1254) in condizioni geobiochimiche di laboratorio che riproducono quelle presenti in sito. Il processo è quindi stato studiato in microcosmi anaerobici slurry di sedimento sospeso nella stessa acqua del sito e monitorato con un approccio chimico e microbiologico integrato. Ai fini di caratterizzare e stimolare i microganismi responsabili del processo degradativo sono state utilizzate tecniche convenzionali basate sull’inibizione selettiva di diversi gruppi microbici. Dopo una fase di latenza di 7 settimane, la coltura microbica ha declorurato velocemente ed estesamente la miscela commerciale di PCB saggiata, bioconvertendo il 70% dei congeneri ad alto grado di clorurazione (da penta- a octa- clorurati) in PCB di- e tri-clorurati. Il processo ha esibito selettività nei confronti delle posizioni meta dei gruppi 2,3- e 2,3,4-clorofenile e para dei gruppi 3,4- e 3,4,5-clorofenile, secondo il modello di declorurazione H’. Il monitoraggio delle attività microbiche in presenza dei diversi inibitori saggiati ha permesso inoltre di concludere che i batteri metanogeni e i batteri solfato-riduttori non sono direttamente coinvolti nel processo degradativo, suggerendo invece che le specie decloruranti siano appartenenti o strettamente correlate al genere Dehalococcoides. Poiché lo studio è stato eseguito in condizioni geobiochimiche di laboratorio che mimano quelle presenti in sito, i risultati ottenuti indicano che la popolazione microbica dei sedimenti del canale Brentella, se opportunamente stimolata, è potenzialmente in grado di mediare in situ la declorurazione riduttiva dei PCB preesistenti nel sedimento, contribuendo alla natural attenuation dei sedimenti contaminati.

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L’utilizzo di materiali compositi come i calcestruzzi fibrorinforzati sta diventando sempre più frequente e diffuso. Tuttavia la scelta di nuovi materiali richiede una approfondita analisi delle loro caratteristiche e dei loro comportamenti. I vantaggi forniti dall’aggiunta di fibre d’acciaio ad un materiale fragile, quale il calcestruzzo, sono legati al miglioramento della duttilità e all'aumento di assorbimento di energia. L’aggiunta di fibre permette quindi di migliorare il comportamento strutturale del composito, dando vita ad un nuovo materiale capace di lavorare non solo a compressione ma anche in piccola parte a trazione, ma soprattutto caratterizzato da una discreta duttilità ed una buona capacità plastica. Questa tesi ha avuto come fine l’analisi delle caratteristiche di questi compositi cementizi fibrorinforzati. Partendo da prove sperimentali classiche quali prove di trazione e compressione, si è arrivati alla caratterizzazione di questi materiali avvalendosi di una campagna sperimentale basata sull’applicazione della norma UNI 11039/2003. L’obiettivo principale di questo lavoro consiste nell’analizzare e nel confrontare calcestruzzi rinforzati con fibre di due diverse lunghezze e in diversi dosaggi. Studiando questi calcestruzzi si è cercato di comprendere meglio questi materiali e trovare un riscontro pratico ai comportamenti descritti in teorie ormai diffuse e consolidate. La comparazione dei risultati dei test condotti ha permesso di mettere in luce differenze tra i materiali rinforzati con l’aggiunta di fibre corte rispetto a quelli con fibre lunghe, ma ha anche permesso di mostrare e sottolineare le analogie che caratterizzano questi materiali fibrorinforzati. Sono stati affrontati inoltre gli aspetti legati alle fasi della costituzione di questi materiali sia da un punto di vista teorico sia da un punto di vista pratico. Infine è stato sviluppato un modello analitico basato sulla definizione di specifici diagrammi tensione-deformazione; i risultati di questo modello sono quindi stati confrontati con i dati sperimentali ottenuti in laboratorio.