217 resultados para acido polilattico termoformatura biochar propietà meccaniche
Resumo:
Adipic Acid (AA) is one of the most important chemicals in the actual worldwide Industrial Chemistry, because of his environmental and economical issues a lot of research challenge are open in this context. The main issue is regarding the substitution of Nitric Acid as oxidant in the last step of the industrial synthesis. This step, in fact, cause the production of various kind of nitrogen oxides that are gaseous pollutant and must be removed from the emissions. The substitution of Nitric Acid with molecular Oxygen or air as oxidant can avoid the production of nitric oxides reducing, in this way, the environmental and economic sustainability of the process. In this work is presented an alternative pathway for the synthesis of the AA. This concern a first step of oxidation with hydrogen peroxide that involve the transformation of ciclohexene into trans-1,2-cyclohexanediole than, the latter, is transformed into AA through a catalyzed oxidative cleavage with molecular Oxygen as oxidant. The first step has been already optimized by a work did in the past. This thesis is focused on the second step, here is presented an experimental work based on the study of the catalytic activity of three kind of catalyst, a Keggin heteropoliacid Mo-V, a Ru - based catalyst and an Au NP - based catalyst.
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La produzione di sedili auto rappresenta una delle principali applicazioni delle schiume poliuretaniche flessibili a bassa densità. La forte necessità di riduzione del peso totale del veicolo si traduce in una richiesta di significative riduzioni di densità dei materiali utilizzati per l’interno vettura. Tale riduzione deve tuttavia essere associata a migliorate proprietà, nel senso del mantenimento delle performance nel tempo, della sicurezza e del comfort. Ricerche di mercato hanno evidenziato la necessità di sviluppare schiume poliuretaniche con elevate performance in termini di comfort, associate a significative riduzioni di densità e significative riduzioni di spessori applicati, nell’ottica di produrre sedili sempre più sottili consentendo la massima flessibilità di design dell’interno del veicolo. Scopo del presente progetto è lo sviluppo di una nuova chimica associata a quella del poliuretano che permetta di ottenere un elevato comfort. Il corpo umano e maggiormente sensibile a vibrazioni con frequenza tra i 4 e gli 8 Hz. In questo intervallo di frequenze le vibrazioni trasmesse sono correlate con l’isteresi del materiale stesso. Solitamente basse isteresi sono associate a bassa trasmissività delle vibrazioni. I produttori di auto hanno quindi cominciato a valutare il comfort di un sedile in termini di isteresi del materiale stesso. Nel caso specifico è considerato un sedile confortevole se possiede una isteresi inferiore al 18%. Le performance in termini di comfort devono essere associate anche ad una bassa emissione di composti organici volatili, con particolare attenzione ad ammine e aldeidi, ad un 15% di riduzione di densità (l’obiettivo è raggiungere una densità di 60 g/L a fronte di una densità attuale che si colloca nel range 75-80 g/L), con proprietà fisico meccaniche e resistenza all’invecchiamento in grado di soddisfare i capitolati delle case automobilistiche. Recentemente la produzione di SMPs (silane-modified polymers) ricopre un ruolo fondamentale nel mercato dei sigillanti e degli adesivi. L’idea di utilizzare questa famiglia di silani nella produzione di schiume poliuretaniche flessibili risiede nel fatto che, esattamente come in sigillanti e adesivi, ci possa essere una reazione successiva a quella di formazione del PU che possa dare ulteriore reticolazione della frazione morbida. La reazione di post-curing del silano ha incontrato diverse problematiche relative alla scarsa reattività del silano stesso. Per attivare la reazione di idrolisi e oligomerizzazione si è utilizzato un acido di Brønsted (DBSA) ma l’interazione con le ammine presenti nel poliolo formulato, necessarie alla reazione di formazione del legame uretanico, ne hanno inibito l’attività.
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L’ossido di grafene (GO) è un materiale stratificato prodotto dall'ossidazione di cristalli di grafite con una miscela di acido solforico, nitrato di sodio e permanganato di potassio. A differenza del grafene, l'ossido di grafene è fortemente ossigenato, reca gruppi funzionali ossidrilici ed epossidici sui piani basali, che sono dei punti di attacco ottimali per la funzionalizzazione e la compatibilizzazione del grafene con la matrice polimerica, oltre a gruppi carbonilici e carbossilici situati ai bordi dei piani. Una delle applicazioni più promettenti di questo materiale è nei nanocompositi polimerici, ovvero materiali a matrice polimerica che incorporano materiali riempitivi nanodimensionali. Grazie alle dimensioni estremamente ridotte della carica e della sua elevata area superficiale, che garantisce una elevata interazione interfacciale polimero/riempitivo, basse quantità di nanocariche sono in grado di modificare pesantemente le proprietà della matrice migliorandone notevolmente le performance, così da ottenere notevoli incrementi prestazionali nel polimero. In questo lavoro di tesi, si è studiata la possibilità di aggiungere il GO in matrice poliuretanica al fine di migliorarne le proprietà. Il lavoro di tesi ha dimostrato su scala di laboratorio una produttività compatibile con le esigenze industriali. Potrebbero così essere preparati materiali più leggeri ed estremamente performanti con applicazioni nel campo automobilistico, aerospaziale, aeronautico e dei materiali in generale. L’incremento delle proprietà meccaniche ottenute con l’aggiunta di piccolissime quantità di GO, può essere sfruttato nella costruzione di manufatti che debbano sopportare carichi elevati senza modificare le altre proprietà del materiale (prodotto ad elevato valore aggiunto).
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Alla luce delle improrogabili necessità ambientali, le prospettive di crescita del mercato dei bio-combustibili e quindi del biodiesel, sono molto ampie; si rende quindi necessario lo sviluppo di nuovi processi chimici in grado di valorizzare il co-prodotto della sintesi del biodiesel, ovvero il glicerolo. Tra le varie opzioni proposte dalla recente letteratura scientifica e brevettuale, la trasformazione one-pot del glicerolo ad acido acrilico può rappresentare una soluzione. All’interno di questa tematica, durante il periodo di tesi ho eseguito uno studio di catalizzatori a base di ossidi misti contenenti tungsteno, molibdeno e/o vanadio. Tali ossidi presentano sia funzionalità acida, necessaria per il primo stadio di disidratazione del glicerolo ad acroleina, sia funzionalità redox, necessaria all’ossidazione dell’acroleina ad acido acrilico. I sistemi tri-componente W-V-Mo si sono rivelati catalizzatori attivi e selettivi per la sintesi diretta di glicerolo ad acido acrilico. La miglior performance catalitica di questa classe di catalizzatori ha consentito di ottenere selettività in acido acrilico del 31%, con selettività totale ad acido acrilico ed acroleina superiore al 38% (valori tra i più elevati rispetto a quelli riportati in letteratura). Infine, si è dimostrato che i catalizzatori a base di W-V-Mo sono sistemi potenzialmente sfruttabili anche in impianti a doppio stadio per la produzione di acido acrilico con alimentazioni miste propilene/glicerolo. Ulteriori studi sono attualmente in corso per approfondire le capacità catalitiche degli ossidi misti studiati.
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L’acido adipico (AA) è un importante intermedio chimico prodotto in quantità pari a circa tre milioni di tonnellate annue, i cui usi riguardano principalmente la produzione di Nylon-6,6. Tutti i processi industriali odierni per la produzione dell’AA hanno in comune lo stadio finale di ossidazione con acido nitrico dell’ultimo intermedio di sintesi, che in genere è una miscela di cicloesanolo e cicloesanone (KA Oil). Esistono diversi problemi riguardanti questo processo, come la pericolosità che deriva dall’uso di acido nitrico concentrato. Dal punto di vista ambientale, il problema principale riguarda la produzione di protossido di azoto e di altri ossidi di azoto durante l’ultima fase di ossidazione con HNO3, per questo motivo, tutte le aziende che producono AA devono essere munite per legge di sistemi di abbattimento quantitativi o di recupero degli ossidi di azoto, che però risultano essere molto incisivi sul costo del processo. A livello industriale, quindi, il problema riguarda principalmente la sostenibilità economica, ma poiché queste procedure hanno un prezzo in termini di materiali ed energia, si ha anche un forte legame con la sostenibilità ambientale. Gli studi riguardanti nuovi processi per la produzione di AA sono numerosi; alcuni hanno portato a vie più “green”, ma solo pochi esempi sono veramente sostenibili dal punto di vista sia ambientale che economico. Il presente lavoro di tesi è diviso in due parti, entrambe riguardanti vie di sintesi alternative per la produzione di AA. La prima parte riguarda lo studio del secondo passaggio di una via di sintesi in due step che parte da cicloesene e che ha come intermedio l’1,2-cicloesandiolo.Sono stati provati catalizzatori eterogenei a base di nanoparticelle di Au supportate su MgO per il cleavage ossidativo in fase liquida del diolo con O2 in ambiente basico. La seconda parte invece riguarda il processo di sintesi dell’AA a partire da cicloesanone mediante l’ossidazione con perossido di idrogeno a e- caprolattone e la successiva ossidazione ad AA. Nello specifico, è stato studiato il meccanismo di reazione del primo passaggio in quanto evidenze sperimentali ottenute nel corso di lavori precedenti avevano dimostrato la presenza di un cammino di reazione differente da quello tipico per un’ossidazione di Baeyer-Villiger. In questa parte, si è studiato l’effetto di alcuni catalizzatori eterogenei a base di acidi di Lewis sui prodotti ottenuti nel primo stadio ossidativo.
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L’alluminio, grazie alla sua bassa temperatura di fusione e all’elevata fluidità di molte leghe, è uno dei metalli più versatili in fonderia. Per ottenere il massimo delle proprietà resistenziali, le leghe che lo permettono sono sottoposte a trattamento termico. Questo, però, in componenti geometricamente complessi può far insorgere tensioni residue che inficeranno la resistenza del materiale durante la sua messa in esercizio. Gli obiettivi della presente ricerca sono stati: la valutazione dell’incidenza del mezzo temprante usato durante il trattamento termico sulle tensioni residue che si sviluppano nella lega AlSi7Mg e la definizione di come questo potesse essere modificato per ridurre le tensioni senza peggiorare le proprietà resistenziali del materiale. Per tale ragione sono state eseguite prove di trattamento termico, analisi microstrutturali e test di durezza su campioni estratti direttamente da getti colati in sabbia.
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Obiettivo della tesi è quello di effettuare una panoramica sull'evoluzione del modello Windkessel fino al modello a quattro elementi. In seguito si ha un analisi del comportamento dei modelli WK alternativi relativamente ad un campione di soggetti in età pediatrica confrontati con altri in età adulta.
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Dal 2008, sono evidenti che i benefici del selenio nell'organismo dipendono dalla forma in cui è ingerito, stabilendo che quella organica è migliore dell'inorganica. L’introduzione di selenio raccomandato a livello internazionale è di 55-70 μg/giorno e la sua specie chimica efficace dal punto di vista biologico è la seleniometionina. Infatti, si può affermare che il selenio in forma inorganica possieda una bassa bioattività rispetto al selenio legato agli aminoacidi (Se-metionina e Se-cisteina) di maggiore bioattività. Nell’ambito dei prodotti lievitati da forno, uno dei fattori che desta maggior interesse è l’effetto esercitato dal processo tecnologico (che include fermentazione e cottura) sull’aumento della biodisponibilità dei composti antiossidanti e nutrizionali. In particolare, attraverso il processo fermentativo, è possibile aumentare sia l’azione degli enzimi digestivi sul substrato alimentare, che la stabilità del selenio inorganico e organico presente modificandone le caratteristiche chimiche e fisiche (es. organicazione). Nello specifico, i processi fermentativi che caratterizzano gli impasti acidi (basati sulle interazioni metaboliche tra batteri lattici e lieviti) sono stati riconosciuti efficaci per modificare la composizione delle micro e macromolecole responsabili del miglioramento non solo delle caratteristiche qualitative ma anche di quelle nutrizionali, come il selenio. Lo scopo della mia tesi era lo sviluppo di un prodotto funzionale a base di cereali arricchito con selenio bioattivo tramite un processo di natura biotecnologica di tipo fermentativo. L’aggiunta di selenio alla farina attraverso un impasto acido arricchito favorisce la sua organicazione da parte dei batteri lattici presenti che trasformano parte del selenio additivato (SeIV) in forme organiche come SeMet e MeSeCys e in parte in altri frammenti organici non rilevati dall’analisi. D’altra parte la quantità di selenio inorganico rilevato nei digeriti di piadina ottenuta con impasto acido è risultata essere drasticamente ridotta. Dalla mia sperimentazione ho ottenuto molteplici indicazioni che riguardano la possibilità di produrre un alimento fermentato a base di cereali ed a elevato contenuto di selenio bioattivo. Dal punto di vista applicativo questo sperimentazione costituisce una base sia per la comprensione del ruolo dei processi fermentativi nella generazione di alimenti o ingredienti funzionali ma anche per l’individuazione di nuovi microrganismi probiotici con potenziali attività antiossidante ricchi di selenio bioattivo.
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Il termine biochar definisce il prodotto solido derivante dalla pirolisi di un qualsiasi materiale organico, con lo specifico scopo di essere applicato nei suoli sia per fini agronomici che di gestione ambientale. Un suo utilizzo in maniera "responsabile" richiede però una piena comprensione delle sue proprietà e dei meccanismi che controllano la sua attività nel terreno, che dipendono dalla biomassa di partenza e dalle condizioni di sintesi tramite pirolisi. Infatti le condizioni di pirolisi, in particolare la temperatura di processo e il tempo di residenza, determinano biochar con caratteristiche differenti. In questo lavoro di tesi sono stati prodotti biochar da due diverse tipologie di biomassa residuale ampiamente disponibili (stocchi di mais e pollina). Per ciascuna biomassa sono state scelte tre condizioni di pirolisi (400°C x 20 minuti, 500°C x 10 minuti e 600°C x 5 minuti). Sui biochar ottenuti sono state effettuate le seguenti determinazioni: analisi elementare, Pirolisi‐GC‐MS, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), acidi grassi volatili (VFA), azoto ammoniacale (N‐NH4 +), pH, conduttività elettrica e ritenzione idrica. Infine i biochar sintetizzati sono stati utilizzati per fare due test di germinazione per valutare l'effetto sulla formazione delle prime strutture di crescita delle plantule, tramite test di tossicità brevi con piastre Petri. Il primo test è stato condotto a concentrazione crescente di miscele acqua/biochar (2, 5, 40 e 100 g/L sulla base delle quantità di biochar utilizzate come ammendante nel suolo), sulla germinazione seguendo la metodologia normata dalla ISO 11269:2012. I semi utilizzati nel primo test sono stati quelli del crescione (Lepidium sativum L.) come specie dicotiledone, e del sorgo (Sorghum saccharatum M.) come monocotiledone. Il secondo saggio di tossicità eseguito è stato quello descritto dalla normativa in materia UNI 11357, valutando l'eventuale effetto di tossicità alla massima concentrazione delle varie tipologie di biochar, utilizzando come specie dicotiledoni il cetriolo (Cucumis sativus L.) ed il crescione (Lepidium sativum L.), come monocotiledone il sorgo (Sorghum saccharatum M.). Per i biochar da stocchi di mais, rappresentativi di biomasse erbacee e con diverso grado di carbonizzazione, non si osservano effetti apprezzabili alle condizioni di uso agricolo. Nel caso dei biochar da pollina si osservano invece inibizioni alla germinazione sin dalle concentrazioni più basse. In particolare, quello pirolizzato a 400°C mostra un potenziale effetto tossico più marcato, probabilmente associato ad un contenuto di IPA e VFA superiore a quello degli altri biochar.
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Utilizzando membrane dense si è voluto analizzare la possibilità di permeare soluzioni contenenti vanillina ed acido ferulico attraverso il processo di dialisi, con entrambe le soluzioni a valle e monte della membrana in fase liquida ed a contatto diretto con essa. Studiando i risultati ottenuti si vogliono valutare i vantaggi e gli svantaggi rispetto ai risultati di un processo di pervaporazione.
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Questo elaborato presenta un metodo per lo sviluppo di correlazioni lineari con lo scopo di determinare le proprietà meccaniche di un acciaio laminato e zincato utilizzando un sensore che percepisce la magnetizzazione residua del materiale. Vengono utilizzati metodi statistici di analisi della varianza per lo studio delle funzioni di regressione lineari. Lo studio effettuato è stato sviluppato per la lavorazione di zincatura di coils presso Marcegaglia spa, stabilimento di Ravenna. È risultato evidente che la sola misurazione della magnetizzazione residua non fosse sufficiente per la determinazione delle proprietà meccaniche, a tale proposito sono stati sviluppati dei modelli di calcolo con funzioni multivariabili e, attraverso risolutori che minimizzano la differenza quadratica dell'errore, si sono determinati i coefficienti di regressione. Una delle principali problematiche riscontrate per la definizione delle correlazioni è stato il reperimento dei dati necessari per considerare affidabili i risultati ottenuti. Si sono infatti analizzate solamente le famiglie di materiale più numerose. Sono stati sviluppati tre modelli di calcolo differenti per parametri di processo di produzione utilizzati per la definizione delle correlazioni. Sono stati confrontati gli errori percentuali medi commessi dalle funzioni, gli indici di regressione che indicano la qualità della correlazione e i valori di significatività di ogni singolo coefficiente di regressione delle variabili. Si è dimostrato che la magnetizzazione residua influisce notevolmente, così come i parametri dei processo di ricottura del materiale, come le temperature in forno, lo spessore e le velocità. Questo modello di calcolo è stato utilizzato direttamente in linea per lo sviluppo di un ciclo ottimale per la produzione di un nuovo materiale bifasico. Utilizzando il modello per la predizione delle proprietà meccaniche si è concluso che per limiti impiantistici la chimica del materiale utilizzata non fosse idonea. Si è perciò utilizzato un acciaio con percentuali di carbonio, manganese e cromo differenti. In conclusione del progetto si sono formulate delle possibili alternative di funzioni di regressione che utilizzano il valore della durezza piuttosto che il valore di magnetizzazione residua. Si è appurato che l'utilizzo di un durometro, anziché il sensore studiato, potrebbe risultare una valida alternativa al sensore studiato.
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La saturazione del mercato del glicerolo, co-prodotto del biodiesel, ha portato allo sviluppo di nuovi processi che permettessero la sua trasformazione in composti a maggiore valore aggiunto. Uno dei principali processi di interesse è la sintesi diretta di acido acrilico, che prevede uno step di disidratazione, catalizzato da siti acidi, con l’ottenimento dell’acroleina, e un successivo step di ossidazione dell’aldeide insatura, mediato da siti redox, ad acido acrilico. Il compimento di entrambi gli step catalitici può essere effettuato mediante l’utilizzo di catalizzatori bifunzionali. I sistemi più promettenti sono costituiti da bronzi di tungsteno/vanadio con struttura esagonale. Per sviluppare ulteriormente tali sistemi è necessario determinare l’influenza di alcune loro caratteristiche, come l’acidità e le caratteristiche dello ioni vanadio, sulle prestazioni catalitiche. Lo scopo di questo lavoro ha riguardato lo studio dell’influenza dei centri acidi presenti nei bronzi esagonali di tungsteno/vanadio, e del ruolo dello ione vanadio, analizzando il comportamento catalitico di bronzi di tungsteno e di alluminofosfati.
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I componenti del carbonio in ambito strutturale (aeronautico, navale, automobilistico) sono soggetti a deterioramenti ambientali di difficile determinazione, in particolare alla temperatura e all'umidità. Scopo di questa tesi è determinare i danneggiamenti dei materiali compositi CFRP in funzione di un invecchiamento a diverse percentuali della temperatura di transizione vetrosa Tg. In particolare si vuole studiare e approfondire il processo di reazione della matrice e del carbonio. Per meglio descrivere il procedimento di deterioramento e reazione del materiale composito dovuto ad alti livelli di temperatura, mi sono avvalso del supporto pratico dell’azienda “Riba Composites” di Faenza che in particolare si occupa della prototipazione e produzione di componenti strutturali in materiali compositi avanzati e che si è dimostrata leader nel settore dei compositi CFRP. Pochi studi sono stati condotti su tale argomento. Da qui il mio interesse specifico nel volere studiare e dimostrare come questo processo possa ulteriormente apportare un aiuto agli studi in ambito strutturale già effettuati e pubblicati precedentemente. La dimostrazione pratica della seguente tesi è avvenuta, con l’aiuto dell’Ing. Paolo Proli, nel laboratorio di MaSTeR Lab dell’Università di Bologna, dove si è deciso di eseguire vari invecchiamenti termici a diverse temperature per constatare i livelli di deterioramento e influenza delle variazioni di temperatura sulla matrice del composito preso in analisi. Gli effetti di tale studi sono stati sostenuti anche grazie alla guida del Professore Lorenzo Donati, e verranno dettagliatamente evidenziati nello specifico con spiegazioni in ambito teorico e dimostrazioni pratiche affiancate da schemi dimostrativi e supporto grafico.