325 resultados para sintesi asimmetrica dialchil-azodicarbossilati crotilborazione
Resumo:
Negli ultimi anni, è aumentato notevolmente l'interesse per piante e prodotti vegetali, e composti da essi derivati od estratti, in alternativa ai conservanti chimici per prevenire o ritardare lo sviluppo microbico negli alimenti. Questo deriva dalla percezione negativa, ormai diffusa a livello pubblico, nei confronti di sostanze di sintesi che sono ampiamente utilizzate come conservanti nell’industria alimentare. Sono stati effettuati diversi studi sull’attività antimicrobica di questi composti negli alimenti, anche se il loro utilizzo a livello industriale è limitato. Ciò dipende dalla difficile standardizzazione di queste sostanze, dovuta alla variabilità della matrice alimentare che ne può alterarne l’attività antimicrobica. In questa sperimentazione si sono utilizzati l’olio essenziale di Sateureja montana e l’estratto di Cotinus coggygria e sono state fatte delle prove preliminari, determinandone le componenti volatili tramite gas-cromatografia abbinata a microestrazione in fase solida. Sono stati selezionati un ceppo di Listeria monocytogenes (Scott A) e uno di Saccharomyces cerevisiae (SPA), e sono stati utilizzati per realizzare curve di morte termica in sistema modello e in sistema reale. Dai risultati ottenuti si può affermare che Satureja montana e Cotinus coggygria possono essere presi in considerazione come antimicrobici naturali da impiegare per la stabilizzazione di alimenti, nonché per ridurre l’entità dei trattamenti termici atti a salvaguardare le proprietà nutrizionali ed organolettiche di alimenti, come ad esempio succhi di frutta, garantendone la sicurezza e qualità microbiologica.
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Il controllo degli artropodi infestanti le derrate in post-raccolta si basa principalmente sull’utilizzo di molecole chimiche di sintesi. I loro residui – spesso presenti nei prodotti alimentari finiti – hanno destato nell’opinione pubblica crescenti preoccupazioni di ordine igienico sanitario. Anche la legislazione Europea – dal canto suo – impone limiti restrittivi alla loro presenza nei cibi e al loro uso. Nell’ambito delle tecniche alternative ai pesticidi di sintesi, gli oli essenziali mostrano interessanti potenzialità per il controllo degli insetti. Il lavoro svolto in questa tesi si è proposto di valutare l’efficacia insetticida di due oli essenziali commerciali, estratti da Cannabis sativa L. e Coridothymus capitatus (L.) Rchb. f., nel controllo di Tribolium castaneum Herbst, uno degli insetti più dannosi delle derrate. La loro caratterizzazione chimica ha permesso di individuare alcune molecole che presumibilmente sono responsabili dell’azione tossica nei confronti del coleottero. I risultati ottenuti mostrano un’attività insetticida di entrambi gli oli essenziali in condizione di temperatura modificata. All’interno di un moderno protocollo di lotta integrata agli insetti, gli oli essenziali potranno effettivamente rappresentare uno tra i diversi ausili tecnici alternativi agli insetticidi di sintesi, che puntino a ridurre al minimo la presenza di residui chimici nei prodotti alimentari.
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Il fine della presente tesi è quello di definire parametri di riferimento progettuali e di controllo sul funzionamento degli abbattitori ad umido e degli abbattitori degli ossidi di azoto dalle emissioni industriali, utili ad una valutazione preventiva del progetto di impianto ed alla gestione dello stesso, da proporre come rappresentativi dello stato dell’arte per questi abbattitori. E’ innanzitutto effettuata una breve disamina sui composti inorganici quali inquinanti atmosferici: da quali fonti deriva la loro presenza in aria, quali sono gli effetti sull’ambiente, quantificazione delle emissioni antropiche per questa categoria di inquinanti e quali obiettivi di riduzione si pone la Regione Emilia Romagna. Viene quindi affrontata una breve sintesi della legislazione nazionale e regionale necessaria a comprendere dove si innesta la necessità di definire questi parametri di riferimento, con il confronto di disposizioni normative vigenti sull’argomento a livello nazionale e delle regioni Lombardia ed Emilia Romagna per giungere infine ad una proposta aggiornata. Si passa poi ad una descrizione accurata degli abbattitori ad umido e, di seguito, degli abbattitori degli ossidi di azoto, fornendo il discrimine tra le diverse tipologie presenti sul mercato e concretamente utilizzate in campo; inoltre grazie allo studio di due impianti presenti nel territorio di Modena viene fornita una comprensione più approfondita dei parametri tecnici di progettazione e funzionamento. L’analisi ha interessato: - parametri tecnici costruttivi; - parametri di funzionamento; - efficienza di abbattimento. La proposta conclusiva rappresenta la sintesi di confronto tecnico con esperti costruttori/installatori di impianti di depurazione dell’aria, di una dettagliata analisi conoscitiva delle caratteristiche e delle rese di abbattimento di impianti autorizzati, installati e controllati, presenti nel territorio della regione Emilia Romagna.
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Con il presente elaborato, si vuole fornire un contributo alla conoscenza sul riutilizzo degli scarti derivanti dall’estrazione e lavorazione nelle cave di marmo, per aggiungere un’ulteriore tassello per arriva ad un’economia circolare anche in questo settore. Viene descritta la realtà del comprensorio apuo-versiliese, le cave e le tecnologie utilizzate per l’estrazione e le lavorazioni. Successivamente, viene presentata la regolamentazione europea e regionale sulla gestione e lo smaltimento dei rifiuti di cava, definiti rifiuti speciali. È stata presentata una breve sintesi delle regolamentazioni europee e regionali riguardanti l’attività estrattiva, con particolare riguardo alla problematica del trattamento dei rifiuti speciali dal punto di vista legislativo. Attraverso il caso della Cooperativa Apuana Vagli, si prende in esame uno studio reale dove analizzare le problematiche legate allo smaltimento dei rifiuti generati dall’attività estrattiva. Il materiale prodotto dai tagli dei blocchi in cava è stato campionato e sottoposto ad analisi granulometriche di laboratorio. Dai risultati è stato possibile ottenere le proprietà fisiche del materiale analizzato, grazie alle quali sono stati ipotizzati i possibili riutilizzi.
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The hydrogenation of biomass-derived molecules is a key reaction in upgrading these compounds into chemicals and fuels. The use of catalytic transfer hydrogenation, employing alcohols as hydrogen sources, offers an alternative approach to this process, avoiding the use of H2 under high pressure and precious metal catalysts. In this work, the gas-phase conversion of biomass-derived furfural into furfuryl alcohol and 2-methylfuran was studied, using methanol as the H-transfer agent and CaO-based catalysts. The results obtained with this catalyst were compared with those obtained by using MgO, which due to its basic properties and to its high surface area, at present appears to be among the best basic catalysts used for the conversion of biomass-derived molecules. Pure CaO, despite having a very low surface area, compared to MgO catalyst (5 m2/g vs. 172 m2/g), was shown to reduce furfural into its corresponding unsaturated alcohol at 350°C, thus allowing selective H-transfer from methanol to the substrate. These results highlight the potential application of the H-transfer reaction over CaO based catalysts as an efficient process for the selective reduction of biomass-derived molecules.
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Lo scopo di questo lavoro di tesi sperimentale consiste nell’ideazione e nell’ottimizzazione di nuove forme d’ingegnerizzazione di sistemi nano e micrometrici di silice (SiO2) in cui sono stati incorporati complessi di metalli di transizione e lantanoidei. Lo studio è scaturito dalla prospettiva di poter trasferire le caratteristiche di luminescenza dei complessi dalla scala molecolare di sintesi a quella macroscopica, attraverso l’utilizzo di una opportuna matrice veicolante. Dopo una intensa sessione di lavoro dedicata all’ottimizzazione della sintesi e delle caratteristiche di stabilità e resistenza dei sistemi, dalla fase sol fino ai micronizzati, si è sviluppata una possibile applicazione industriale come substrato tessile dotato di funzioni eventualmente antibatteriche. This experimental work is aimed at exploiting and optimizing new and convenient ways to incorporate organometallic and lanthanoid complexes into silica-based colloid matrices. Following a similar approach, the luminescent properties of both organometallic and lanthanoid complexes could be kept unaltered on passing from the molecular to nanometric scale (sol), ending up to micrometer sized systems (micro-powders). The subsequent optimization of the processes led to systems that were loaded onto the surface of fabric, which were successively studied for their light-induced antimicrobial abilities.
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Il mio elaborato, partendo dalla scoperta di un nuovo materiale, il grafene, ne illustra le caratteristiche, la produzione, la distribuzione e le applicazioni. Lo studio è stato condotto tramite l' utilizzo di fonti bibliografiche e sitografiche , con lo scopo di far conoscere questo nuovo materiale e di illustrarne le potenzialità e le forme di utilizzo, in particolare in ambito biomedico. Si illustreranno nel dettaglio le sue proprietà fisiche e chimiche, descrivendo alcuni metodi sperimentali con i quali viene sintetizzato. In particolare, vedremo nel dettaglio la tecnica sperimentale di sintesi, chiamata Chemical Vapour Deposition, e il successivo trasferimento del grafene prodotto su diversi substrati adatti per la sua caratterizzazione. Inoltre, analizzeremo lo sfruttamento tecnologico di questo materiale e le varie possibilità di creare nuovi compositi. Sono state svolte alcune considerazioni non solo sugli scenari attuali, ma anche su quelli futuri, mettendo in luce le ricerche e le tecniche di produzione nell'ambito di una vasta gamma di applicazioni. Il lavoro svolto è stato possibile grazie all' interesse crescente per il grafene che ha portato, il 28 gennaio 2013, la Comunità Europea ad approvare i due più grandi progetti mai finanziati in Europa. Tra questi il Graphene Flagship Project (www.graphene-flagship.eu) che coinvolge oltre 143 gruppi di ricerca da 23 Stati Europei con un budget di 1000 milioni di euro per lo sviluppo di tecnologie e dispositivi a base grafene.
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Il lavoro oggetto di questa tesi è rivolto alla sintesi e alla caratterizzazione di materiali nanostrutturati costituiti da biossido di titanio e ossido di silicio da utilizzare come fotocatalizzatori per la depurazione delle acque. L’obiettivo è stato quello di realizzare un sistema in fase solida costituito da una matrice inerte, la silice, e una fase fotocataliticamente attiva, la nano-TiO2. Tale sistema si inserisce perfettamente nel settore di ricerca che studia la sintesi colloidale di eterostrutture nano e micro cristalline che combinano materiali diversi in un’unica particella. Il progetto nasce all’interno dell’ISTEC-CNR di Faenza, dove è stato svolto il lavoro.
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Il poliuretano termoplastico (TPU) è un materiale polimerico molto versatile che, se formulato in maniera opportuna può assumere un’ampia gamma di caratteristiche chimico-fisiche e proprietà meccaniche. Per questo motivo negli ultimi decenni sono state studiate estesamente le sue applicazioni e i metodi di sintesi. Il lavoro presentato ha come scopo la valutazione delle proprietà reologiche dei fusi polimerici di una serie di TPUs, mediante l'ausilio di un reometro capillare. A tal proposito lo scopo del progetto è stato quello di incrementare la conoscenza dei fenomeni reologici che avvengono in un fuso polimerico in fase di lavorazione per ottenere un determinato prodotto finito e commercializzabile e che sanciscono l'effettiva realizzazione del processo in funzione delle caratteristiche del TPU in questione. Con l’utilizzo del reometro capillare si ha la possibilità di simulare le condizioni termiche e di stress meccanico delle più comuni tecnologie di formatura dei materiali polimerici: dall’estrusione allo stampaggio ad iniezione, passando per lo stampaggio a compressione. Questa importante caratteristica strumentale risulta utile in fase di assistenza al cliente, in modo da proporre una tipologia di materiale adatta alla tecnologia disponibile e, in alcuni casi, suggerire le condizioni più opportune per la lavorazione dello stesso.
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In questo lavoro viene condotta un’analisi critica delle caratteristiche materiali e delle performance di una classe di polimeri recentemente sviluppata, i “Polimeri a Microporosità Intrinseca”, di grande interesse per lo sviluppo di membrane per la separazione di gas, specialmente nella Carbon Capture. Partendo dall’analisi del meccanismo di separazione di gas in membrane polimeriche dense si fornisce una overview sulle tecnologie assodate e innovative per la separazione di gas e per la CC. Le caratteristiche e le proprietà strutturali di rilievo dei polimeri vetrosi sono poi brevemente illustrate e le correlazioni empiriche note tra le suddette e le proprietà di trasporto di materia. Vengono quindi descritti i PIMs analizzando in primis la loro tipica struttura chimica, i processi di sintesi e le caratteristiche principali. Per il PIM-1, capostipite della categoria, il trasporto di gas viene approfondito con lo studio della variabilità delle proprietà quali la permeabilità, la diffusività e la solubilità di penetranti gassosi con i parametri operativi (p, T, composizione dei feed), considerando anche fenomeni tipici dei polimeri vetrosi quali l’aging e l’effetto dei solventi. Sono poi analizzate le proprietà di trasporto nei diversi PIMs, e confrontate con quelle di polimeri di comune utilizzo nelle separazioni in esame. La rielaborazione dei dati raccolti permette di confrontare le performance di una varietà di polimeri nella separazione di gas. In particolare l’analisi critica dei diagrammi permeabilità/selettività induce ad una valutazione approssimativa ma significativa delle possibili soluzioni tra cui optare per una data separazione di gas, considerando anche i parametri operativi tipici della stessa. Infine, vengono riportati e commentati dati di permeazione di miscele gassose in due diversi PIMs e nel polimero PTMSP, ponendo l’attenzione sulle reali condizioni operative con cui la tecnologia a membrane si deve confrontare in applicazioni reali.
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Lactobacillus sakei è una specie altamente specializzata nella colonizzazione di prodotti a base di carne. Possiede un genoma relativamente ridotto nel quale, ad esempio, mancano le informazioni per la sintesi di 18 aminoacidi su 20, per i quali risulta dunque auxotrofo. La carne è quindi un substrato ottimale poiché tali aminoacidi sono facilmente disponibili. Una delle caratteristiche più interessanti di Lb. sakei, ed il motivo per cui viene largamente impiegato come coltura starter nell’industria dei salumi, è la sua capacità di permanere attivo e dominante per lungo tempo, anche quando le fonti principali di zuccheri sono esaurite. Inoltre tale microorganismo non è in grado di produrre sostanze dannose, come ad esempio le ammine biogene, ma bensì produce sostanze con attività antimicrobica: le batteriocine (sakacina). Questo elaborato ha costituito il primo tassello di un lavoro più ampio di selezione di ceppi di Lb. sakei da destinare all’utilizzo come colture starter. Sono state valutate alcune caratteristiche tecnologiche di ceppi di Lb. sakei, isolati da prodotti ottenuti tramite fermentazioni spontanee, e le loro performance sono state confrontate con ceppi di collezione e con un ceppo utilizzato a livello commerciale. In particolare si sono studiate le cinetiche di fermentazione a temperature diverse, variabili da 5°C a 40°C, e a differenti concentrazione di NaCl, da 0 a 8%. Per quanto riguarda la temperatura, tutti i ceppi sono stati in grado di sviluppare tra 5°C e 35°C, ma nessuno è riuscito a 40°C. I risultati hanno evidenziato una notevole variabilità delle performance fermentative tra 15 e 20°C. Per quanto riguarda la presenza di sale, tutti i ceppi sono cresciuti a tutte le concentrazioni di NaCl, anche a quella più elevata (8%), seppur con cinetiche diverse. Questi diversi pattern fermentativi, associati con altre caratteristiche che verranno valutate in futuro, determineranno i criteri di scelta per nuovi starter.
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Supportato da una crescente consapevolezza ambientale, il glicerolo carbonato ha guadagnato molto interesse negli ultimi 20 anni grazie alla sua versatile reattività e alla possibilità di valorizzare il glicerolo co-prodotto nella sintesi di biodiesel. Sono stati identificati numerosi percorsi di sintesi per questa molecola, alcuni dei quali molto promettenti e sul punto di essere applicati su scala industriale. Qui, riportiamo uno studio volto a valorizzare il glicerol carbonato come intermedio chimico, in particolare come agente alchilante innovativo del fenolo al fine di sintetizzare aril gliceril eteri. Queste molecole trovano importanti applicazioni come intermedi chiave per la sintesi di un'ampia classe di farmaci e agenti terapeutici. Abbiamo effettuato la reazione in massa senza l’impiego di solventi, con una miscela di glicerolo carbonato e fenolo, in presenza di un catalizzatore basico (omogeneo o eterogeneo). È interessante notare come, nelle condizioni ottimizzate, sia stato possibile ottenere un'alta conversione dei reagenti, unita ad una elevata resa e selettività negli aril gliceril eteri voluti, già dopo poche ore di reazione. Inoltre, è stato proposto un approccio multi-step per la sintesi selettiva di difenil gliceril eteri.
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Il presente lavoro di Tesi Magistrale nasce dall’esigenza di trovare soluzioni alle problematiche legate alla produzione e smaltimento delle plastiche, prevalentemente provenienti dal packaging alimentare. Una delle strategie maggiormente utilizzate in alternativa all’accumulo in discarica, è il riciclo. Questa soluzione ha però alcuni limiti: basse performance rispetto al materiale vergine e costi di processo troppo elevati a causa dei problemi di contaminazione e delle strutture multistrato. Alla luce di ciò, la ricerca scientifica si è orientata verso nuovi approcci come la sintesi di bioplastiche compostabili. Il poli(butilene furanoato) (PBF), è un buon candidato come materiale plastico per il packaging alimentare, ma possiede scarse caratteristiche di biodegradabilità e proprietà meccaniche non adeguate all’imballaggio flessibile. Per superare tali limitazioni, è stata messa a punto la sintesi di un nuovo poliestere, il poli(dietilene furanoato) (PDEF), un polimero biobased che si differenzia dal PBF per la presenza di un atomo di ossigeno etereo nella sub-unità glicolica. I due polimeri sono stati sottoposti ad una completa caratterizzazione chimico-fisica, con lo scopo di valutare l’effetto dell’introduzione di ossigeni eterei lungo la catena polimerica sulle proprietà finali del materiale. Oltre alla caratterizzazione molecolare e strutturale, è stato studiato anche il comportamento termico, la risposta meccanica e la permeabilità a diversi tipi di gas oltre che le caratteristiche di compostabilità. I risultati ottenuti hanno mostrato come nel PDEF vi sia un netto miglioramento delle proprietà non idonee per applicazioni nel packaging flessibile del PBF, in particolare quelle meccaniche, insieme a un ulteriore potenziamento delle già buone proprietà barriera. Inoltre, aspetto di fondamentale importanza nell’ottica della realizzazione di un materiale ecosostenibile, il PDEF mostra una velocità di degradazione in compost eccezionalmente elevata.
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Gli oli microbici stanno ricevendo sempre più attenzioni come possibile alternativa agli oli vegetali, nel processo di sostituzione dei combustibili fossili. Tuttavia, diversi aspetti necessitano di essere ottimizzati al fine di ottenere oli economicamente competitivi e con caratteristiche chimico-fisiche desiderate. In questa ricerca, sono stati utilizzati due differenti approcci per poter realizzare l’obiettivo preposto. Il primo, si è basato sull’ingegnerizzazione genetica del lievito C. oleaginous, al fine di incrementare la produttività di lipidi e modificare la composizione dei trigliceridi (TAG) sintetizzati. Un protocollo basato su una trasformazione genetica mediata da Agrobacterium è stato utilizzato per sovraesprimere la diacilglicerol trasnferasi (DGA1), l’enzima responsabile dell’ultimo step della sintesi dei TAG, e la Δ9-desaturasi, l’enzima che catalizza la conversione dell’acido stearico (C18:0) in acido oleico (C18:1). La selezione di colonie positive e l’analisi dei mutanti ottenuti ha confermato la buona riuscita della trasformazione. Il secondo approccio ha mirato a studiare l’influenza sulla crescita e sul profilo di lipidi accumulati da C. oleaginous da parte di diversi acidi grassi volatili (VFAs), una materia prima ottenibile da trattamenti di scarti industriali. A questo proposito, sono state utilizzate fermentazioni fed-batch su scala da 1-L basate su glucosio e miscele sintetiche di acido acetico e di VFAs come fonte di carbonio. L’utilizzo simultaneo di acido acetico e acidi secondari ha mostrato come sia possibile stimolare il metabolismo microbico al fine di incrementare l'accumulo di oli e ottenere una composizione chimica lipidica desiderata.
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Questo lavoro di tesi si occupa della sintesi, caratterizzazione e applicazione in catalisi di nanoparticelle d’oro (AuNPs) supportate su silice o allumina funzionalizzate con PPTEOS. L’attività catalitica di Au/OS@Yne (OS= SiO2, Al2O3), insieme a quella del catalizzatore commerciale AUROlite™ è investigata per la reazione di ossidazione dell’acido oleico (raw material) a prodotti a più alto valore aggiunto, come l’acido azelaico e l’acido pelargonico. Sono inoltre sintetizzati i catalizzatori Au/SiO2@Yne-TMS (modificato con trimetilsilossano) e Au/SiO2@Yne-NEt3 (modificato con trietilammina), per studiare sulla stessa reazione di ossidazione l’effetto dell’acidità del supporto di SiO2. Tutti i catalizzatori sintetizzati vengono caratterizzati per mezzo di diverse tecniche complementari quali la spettroscopia di assorbimento atomico (AAS), la microscopia a trasmissione elettronica (TEM), l’analisi termogravimetrica (TGA), la spettroscopia fotoelettronica a raggi X (XPS) in modo da determinarne le caratteristiche chimiche e strutturali quali il contenuto percentuale in peso di Au(0) e il diametro delle nanoparticelle. Inoltre, sono stati condotti preliminari studi di catalisi per la reazione di scissione ossidativa dell’acido oleico tramite nanomateriali basati su film di ossidi di manganese (MnO2 e Mn3O4) sintetizzati tramite Chemical Vapor Deposition (CVD). I vari test catalitici sono stati eseguiti al fine di ricercare un’alternativa sostenibile al processo industriale di ozonolisi dell’acido oleico sfruttando ossidanti organici come il tert-butilidroperossido e inorganici come l’H2O2. Per tutti i catalizzatori sono variate diverse condizioni di reazione, quali il solvente, la temperatura, i tempi di reazione e gli equivalenti di ossidante, focalizzandosi sull’ottimizzazione della reazione di scissione ossidativa. Infine è eseguito uno studio accurato sulla migliore metodologia per la caratterizzazione dei prodotti di reazione, attraverso analisi NMR, GC-MS e GPC.