430 resultados para teorema della divergenza identità di Green funzioni armoniche formule di media teorema di Koebe


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Gli ultimi 10 anni hanno visto un crescente aumento delle richieste di fornitura di servizi legati alla manutenzione edilizia da parte della Grande Distribuzione Organizzata; la domanda è quella di servizi riconducibili al Facility Management, ovvero rapporti basati sul raggiungimento di standard qualitativi predefiniti in sede contrattuale e garanzia di intervento 24h/24. Nella prima parte del progetto di tesi viene inquadrata la disciplina del FM, le motivazioni, gli strumenti e gli attori coinvolti. Dopo un excursus normativo sulla manutenzione in Italia, una classificazione delle tipologie di intervento manutentivo e una valutazione sull’incidenza della manutenzione nel Life Cycle Cost, viene effettuata un’analisi delle modalità interoperative del FM applicato alla manutenzione edilizia nel caso della GDO. La tesi è stata svolta nell'ambito di un tirocinio in azienda, il che ha permesso alla laureanda di affrontare il caso di studio di un contratto di Global Service con un’importante catena di grande distribuzione, e di utilizzare un software gestionale (PlaNet) con il quale viene tenuta traccia, per ogni punto vendita, degli interventi manutentivi e della loro localizzazione nell’edificio. Questo permette di avere un quadro completo degli interventi, con modalità di attuazione già note, e garantisce una gestione più efficace delle chiamate, seguite tramite un modulo di Call Center integrato. La tesi esamina criticamente i principali documenti di riferimento per l’opera collegati alla manutenzione: il Piano di Manutenzione e il Fascicolo dell’Opera, evidenziando i limiti legati alla non completezza delle informazioni fornite. L’obbiettivo finale della tesi è quello di proporre un documento integrativo tra il Piano di Manutenzione e il Fascicolo, al fine di snellire il flusso informativo e creare un documento di riferimento completo ed esaustivo, che integra sia gli aspetti tecnici delle modalità manutentive, sia le prescrizioni sulla sicurezza.

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Il presente lavoro di tesi è stato sviluppato presso l’azienda “Nuova Star” SpA di Zola Predosa, leader mondiale nella produzione di meccanismi di apertura per porte di forni domestici. Gli scopi principali di questi meccanismi sono quelli di bilanciare il peso della porta durante l’apertura della stessa e di generare, a porta chiusa, una opportuna forza di ritenuta che la tenga pressata contro le guarnizioni del forno. L’azienda produce una notevole varietà di modelli, realizzati mediante componenti in lamiera stampata che si basano su varianti dei medesimi meccanismi di base, in particolare un manovellismo di spinta (per ottenere il bilanciamento) e un sistema camma-punteria (per garantire la chiusura). In un’ottica di sperimentazione e innovazione del prodotto, l’azienda ha quindi espresso il desiderio di realizzare un nuovo modello, concepito attraverso un sistema inedito e originale e che allo stesso tempo risultasse più economico rispetto ai vari modelli attualmente in produzione. In particolare questo nuovo meccanismo dovrà sfruttare un sistema a cavi. L’obiettivo di questa tesi è quindi quello di ripensare il meccanismo attualmente esistente, analizzando le proprietà offerte da un sistema a cavi per sfruttarne i possibili vantaggi, sia in termini di funzionamento che di economicità del prodotto finale. A tale scopo si partirà con l’analisi concettuale dell’architettura e del funzionamento dei meccanismi su cui si basano i modelli attualmente in produzione. Si passerà poi a una seconda fase di progettazione concettuale, nella quale verranno ideate e proposte varie soluzioni alternative. Seguirà quindi uno studio articolato nei seguenti punti: - Analisi cinematica e cinetostatica - Analisi e scelta dei parametri ottimali di funzionamento - Disegno costruttivo dei vari componenti - Simulazione multibody del nuovo meccanismo tramite il software MSC Adams;

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L’utilizzo di compositi fibrorinforzati per il rinforzo e l’adeguamento di strutture esistenti in calcestruzzo armato e in muratura ha raggiunto una grande popolarità negli ultimi decenni. Tra i materiali compositi, i fibrorinforzati a matrice cementizia (fiber reinforced cementitious matrix, FRCM) rappresentano una novità nel mondo del rinforzo e la letteratura disponibile a riguardo è ancora molto limitata. Il presente lavoro si inserisce all’interno di un contesto di campagne sperimentali volte ad approfondire la conoscenza su questi materiali. Uno dei problemi di maggiore importanza nell’utilizzo dei compositi FRCM è costituito dalla valutazione della resistenza al distacco (debonding) del composito dal supporto su cui è applicato. Nel caso di strutture in muratura, i cicli di cristallizzazione salina sono una della cause principali di degrado della murature. In questa tesi vengono analizzati gli effetti della cristallizzazione salina sul debonding di compositi FRCM, con fibre di acciaio galvanizzato a matrice a base di calce idraulica, applicati alla muratura.

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Il Building Information Modelling nasce da un processo di integrazione sostenibile, basato sull'interoperabilità dei processi. La caratteristica vincente è la circolarietà delle informazioni: ogni informazione è gestita come parametro di un ricco e complesso modello parametrico dell'edificio; la geometria, i materiali, i costi ed i tempi sono gestiti come parametri internamente collegati e quindi variabili di uno stesso sistema. Nel caso di beni storici, la maggior parte degli edifici possiede vincoli intrinseci che influenzano tali parametri. I materiali non possono essere scelti liberamente, in quanto parte di un organismo esistente, la geometria dell'edificio è definita e difficilmente sarà variata negli interventi di recupero. Nella presente tesi si applica il metodo CLOUD2FEM al mondo dell'Historic Building Information Modelling (HBIM) concentrandosi sullo studio della Rocca Estense di San Felice sul Panaro, colpita dal sisma dell'Emilia e attualmente inagibile. La procedura CLOUD2FEM permette di trasformare le informazioni ricavate dal laser scanner in mesh chiuse e regolari, generando in modo semi-automatico un modello FEM 3D. Nel caso di costruzioni complesse, la cui geometria non può essere ricondotta a modelli semplificati, è necessario valutare l'attendibilità del modello strutturale. Nel caso in esame, la validazione è stata condotta mediante il confronto del danno rilevato con il danno simulato. La flessibilità del modello permette di aggiungere dettagli inizialmente non rilevati: ogni informazione è inserita nel modello attraverso un parametro differente, al fine di eseguire analisi sullo stato di fatto e su futuri stati di progetto con semplice aggiornamento dei parametri.

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In questo lavoro di tesi ci proponiamo di determinare lo spessore degli isotopi ^155Gd e ^157Gd in vista della misura della sezione d’urto di cattura neutronica presso la facility n_TOF del CERN. La principale motivazione dell’esperimento è legata alla necessità di ottenere misure più accurate per le applicazioni ai reattori nucleari. Inoltre, i nuovi risultati, potranno essere sfruttati anche per applicazioni ai recenti sviluppi nella Terapia di Cattura Neutronica e per costruire nuovi rivelatori nell’ambito della ricerca del neutrino. La misura sarà effettuata nella prima area sperimentale EAR-1 di n TOF, equipaggiata con rivelatori, come per esempio gli scintillatori liquidi al benzene deuterato (C6D6) particolarmente adatti per questi tipi di misura. La sezione d’urto di questi due isotopi cambia di molti ordini di grandezza al variare dell’energia dei neutroni incidenti. Per questo motivo, lo studio effettuato in questa tesi ha mostrato che sono necessari due campioni altamente arricchiti per ogni isotopo da misurare: un campione estremamente sottile per energie del neutrone fino a 100 meV, e uno più spesso per energie maggiori. Inoltre per questi campioni sono stati determinati le densità areali necessarie per lo svolgimento dell’esperimento affinchè avvenga il fenomeno di trasmissione dei neutroni.

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Negli ultimi anni, lo scenario di crescente competizione su cui si affaccia il mercato ha spinto le aziende a interessarsi sempre più frequentemente all’ingegneria della manutenzione, allo scopo di avvalersi di tecniche che permettano di pianificare strategie di manutenzione per i sistemi produttivi che siano efficaci nel minimizzare i costi di gestione garantendo prestazioni e livelli di sicurezza elevati. Le tecniche analitiche tipiche dell’ingegneria della manutenzione sono nate in settori industriali che richiedono elevati livelli di progresso tecnologico (aeronautico, nucleare), e si basano su ipotesi specifiche stringenti, che risultano limitanti nel panorama sempre più vasto ed eterogeneo in cui ne si richiede l’applicazione. D’altra parte, la rimozione di tali ipotesi rende necessario il ricorso a tecniche di risoluzione numeriche. In questa tesi si definisce un nuovo modello che permetta di caratterizzare un sistema di produzione tenendo conto di tutti i possibili aspetti di interesse nell’ambito dell’ingegneria della manutenzione. Inoltre, sono descritti gli algoritmi definiti per la risoluzione di tale modello.

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Per garantire la sicurezza di tutte le operazioni in volo (avvicinamento, decollo, holding, ecc..) il decreto legge del 15 marzo del 2006 n. 151 ha imposto la redazione di opportune cartografie basate sul Regolamento ENAC per la Costruzione e l’Esercizio degli Aeroporti e sulla normativa internazionale ICAO così da poterle annettere agli Strumenti Urbanistici del territorio e governare lo sviluppo delle costruzioni. La sicurezza delle operazioni in volo è garantita attraverso delle Superfici di Delimitazione Ostacoli che impongono dei vincoli plano-altimetrici nelle aree limitrofe agli Aeroporti, quindi costruzioni, alberi e lo stesso terreno non devono forare queste superfici altrimenti diventerebbero “Ostacoli” alla navigazione aerea. Per gli ostacoli già presenti sono definiti dei provvedimenti da adottarsi in funzione della superficie che questi forano: potranno essere abbattuti se ricadenti in aree critiche come in prossimità delle piste oppure essere segnalati in mappe in uso ai piloti e anche con segnali visivi posizionati sugli stessi. Per quanto riguarda le future costruzioni, queste non potranno mai diventare Ostacolo in quanto sarà obbligatorio rispettare i vincoli plano-altimetrici. La tesi di laurea in questione vuole illustrare come si è arrivati alla redazione delle sopraccitate mappe nel caso specifico dell'Aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna; sono analizzate nel primo capitolo le caratteristiche fisiche degli Aeroporti per acquisire una certa padronanza su termini tecnici che compaiono nei capitoli successivi (è inoltre presente un glossario). Nel secondo capitolo è individuato il percorso normativo che ha portato alla redazione dell’ultima revisione al Codice della Navigazione. Il capitolo 3 introduce le superfici di delimitazione ostacoli secondo quanto esposto nel Regolamento per la Costruzione e l’Esercizio degli Aeroporti di ENAC; il capitolo 4 è dedicato al lay-out dell’Aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna. Infine la tesi si conclude con il capitoli 5 nel quale sono esposte le fasi e le metodologie usate per la realizzazione delle planimetrie e con il capitolo 6 in cui si discute delle problematiche sorte a causa dell’orografia del territorio che deve tenersi nella giusta considerazione per la definizione dei suddetti vincoli aeronautici.

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CAPITOLO 1 INTRODUZIONE Il lavoro presentato è relativo all’utilizzo a fini metrici di immagini satellitari storiche a geometria panoramica; in particolare sono state elaborate immagini satellitari acquisite dalla piattaforma statunitense CORONA, progettata ed impiegata essenzialmente a scopi militari tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, e recentemente soggette ad una declassificazione che ne ha consentito l’accesso anche a scopi ed utenti non militari. Il tema del recupero di immagini aeree e satellitari del passato è di grande interesse per un ampio spettro di applicazioni sul territorio, dall’analisi dello sviluppo urbano o in ambito regionale fino ad indagini specifiche locali relative a siti di interesse archeologico, industriale, ambientale. Esiste infatti un grandissimo patrimonio informativo che potrebbe colmare le lacune della documentazione cartografica, di per sé, per ovvi motivi tecnici ed economici, limitata a rappresentare l’evoluzione territoriale in modo asincrono e sporadico, e con “forzature” e limitazioni nel contenuto informativo legate agli scopi ed alle modalità di rappresentazione delle carte nel corso del tempo e per diversi tipi di applicazioni. L’immagine di tipo fotografico offre una rappresentazione completa, ancorché non soggettiva, dell’esistente e può complementare molto efficacemente il dato cartografico o farne le veci laddove questo non esista. La maggior parte del patrimonio di immagini storiche è certamente legata a voli fotogrammetrici che, a partire dai primi decenni del ‘900, hanno interessato vaste aree dei paesi più avanzati, o regioni di interesse a fini bellici. Accanto a queste, ed ovviamente su periodi più vicini a noi, si collocano le immagini acquisite da piattaforma satellitare, tra le quali rivestono un grande interesse quelle realizzate a scopo di spionaggio militare, essendo ad alta risoluzione geometrica e di ottimo dettaglio. Purtroppo, questo ricco patrimonio è ancora oggi in gran parte inaccessibile, anche se recentemente sono state avviate iniziative per permetterne l’accesso a fini civili, in considerazione anche dell’obsolescenza del dato e della disponibilità di altre e migliori fonti di informazione che il moderno telerilevamento ci propone. L’impiego di immagini storiche, siano esse aeree o satellitari, è nella gran parte dei casi di carattere qualitativo, inteso ad investigare sulla presenza o assenza di oggetti o fenomeni, e di rado assume un carattere metrico ed oggettivo, che richiederebbe tra l’altro la conoscenza di dati tecnici (per esempio il certificato di calibrazione nel caso delle camere aerofotogrammetriche) che sono andati perduti o sono inaccessibili. Va ricordato anche che i mezzi di presa dell’epoca erano spesso soggetti a fenomeni di distorsione ottica o altro tipo di degrado delle immagini che ne rendevano difficile un uso metrico. D’altra parte, un utilizzo metrico di queste immagini consentirebbe di conferire all’analisi del territorio e delle modifiche in esso intercorse anche un significato oggettivo che sarebbe essenziale per diversi scopi: per esempio, per potere effettuare misure su oggetti non più esistenti o per potere confrontare con precisione o co-registrare le immagini storiche con quelle attuali opportunamente georeferenziate. Il caso delle immagini Corona è molto interessante, per una serie di specificità che esse presentano: in primo luogo esse associano ad una alta risoluzione (dimensione del pixel a terra fino a 1.80 metri) una ampia copertura a terra (i fotogrammi di alcune missioni coprono strisce lunghe fino a 250 chilometri). Queste due caratteristiche “derivano” dal principio adottato in fase di acquisizione delle immagini stesse, vale a dire la geometria panoramica scelta appunto perché l’unica che consente di associare le due caratteristiche predette e quindi molto indicata ai fini spionaggio. Inoltre, data la numerosità e la frequenza delle missioni all’interno dell’omonimo programma, le serie storiche di questi fotogrammi permettono una ricostruzione “ricca” e “minuziosa” degli assetti territoriali pregressi, data appunto la maggior quantità di informazioni e l’imparzialità associabili ai prodotti fotografici. Va precisato sin dall’inizio come queste immagini, seppur rappresentino una risorsa “storica” notevole (sono datate fra il 1959 ed il 1972 e coprono regioni moto ampie e di grandissimo interesse per analisi territoriali), siano state molto raramente impiegate a scopi metrici. Ciò è probabilmente imputabile al fatto che il loro trattamento a fini metrici non è affatto semplice per tutta una serie di motivi che saranno evidenziati nei capitoli successivi. La sperimentazione condotta nell’ambito della tesi ha avuto due obiettivi primari, uno generale ed uno più particolare: da un lato il tentativo di valutare in senso lato le potenzialità dell’enorme patrimonio rappresentato da tali immagini (reperibili ad un costo basso in confronto a prodotti simili) e dall’altro l’opportunità di indagare la situazione territoriale locale per una zona della Turchia sud orientale (intorno al sito archeologico di Tilmen Höyük) sulla quale è attivo un progetto condotto dall’Università di Bologna (responsabile scientifico il Prof. Nicolò Marchetti del Dipartimento di Archeologia), a cui il DISTART collabora attivamente dal 2005. L’attività è condotta in collaborazione con l’Università di Istanbul ed il Museo Archeologico di Gaziantep. Questo lavoro si inserisce, inoltre, in un’ottica più ampia di quelle esposta, dello studio cioè a carattere regionale della zona in cui si trovano gli scavi archeologici di Tilmen Höyük; la disponibilità di immagini multitemporali su un ampio intervallo temporale, nonché di tipo multi sensore, con dati multispettrali, doterebbe questo studio di strumenti di conoscenza di altissimo interesse per la caratterizzazione dei cambiamenti intercorsi. Per quanto riguarda l’aspetto più generale, mettere a punto una procedura per il trattamento metrico delle immagini CORONA può rivelarsi utile all’intera comunità che ruota attorno al “mondo” dei GIS e del telerilevamento; come prima ricordato tali immagini (che coprono una superficie di quasi due milioni di chilometri quadrati) rappresentano un patrimonio storico fotografico immenso che potrebbe (e dovrebbe) essere utilizzato sia a scopi archeologici, sia come supporto per lo studio, in ambiente GIS, delle dinamiche territoriali di sviluppo di quelle zone in cui sono scarse o addirittura assenti immagini satellitari dati cartografici pregressi. Il lavoro è stato suddiviso in 6 capitoli, di cui il presente costituisce il primo. Il secondo capitolo è stato dedicato alla descrizione sommaria del progetto spaziale CORONA (progetto statunitense condotto a scopo di fotoricognizione del territorio dell’ex Unione Sovietica e delle aree Mediorientali politicamente correlate ad essa); in questa fase vengono riportate notizie in merito alla nascita e all’evoluzione di tale programma, vengono descritti piuttosto dettagliatamente gli aspetti concernenti le ottiche impiegate e le modalità di acquisizione delle immagini, vengono riportati tutti i riferimenti (storici e non) utili a chi volesse approfondire la conoscenza di questo straordinario programma spaziale. Nel terzo capitolo viene presentata una breve discussione in merito alle immagini panoramiche in generale, vale a dire le modalità di acquisizione, gli aspetti geometrici e prospettici alla base del principio panoramico, i pregi ed i difetti di questo tipo di immagini. Vengono inoltre presentati i diversi metodi rintracciabili in bibliografia per la correzione delle immagini panoramiche e quelli impiegati dai diversi autori (pochi per la verità) che hanno scelto di conferire un significato metrico (quindi quantitativo e non solo qualitativo come è accaduto per lungo tempo) alle immagini CORONA. Il quarto capitolo rappresenta una breve descrizione del sito archeologico di Tilmen Höyuk; collocazione geografica, cronologia delle varie campagne di studio che l’hanno riguardato, monumenti e suppellettili rinvenute nell’area e che hanno reso possibili una ricostruzione virtuale dell’aspetto originario della città ed una più profonda comprensione della situazione delle capitali del Mediterraneo durante il periodo del Bronzo Medio. Il quinto capitolo è dedicato allo “scopo” principe del lavoro affrontato, vale a dire la generazione dell’ortofotomosaico relativo alla zona di cui sopra. Dopo un’introduzione teorica in merito alla produzione di questo tipo di prodotto (procedure e trasformazioni utilizzabili, metodi di interpolazione dei pixel, qualità del DEM utilizzato), vengono presentati e commentati i risultati ottenuti, cercando di evidenziare le correlazioni fra gli stessi e le problematiche di diversa natura incontrate nella redazione di questo lavoro di tesi. Nel sesto ed ultimo capitolo sono contenute le conclusioni in merito al lavoro in questa sede presentato. Nell’appendice A vengono riportate le tabelle dei punti di controllo utilizzati in fase di orientamento esterno dei fotogrammi.

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In questi ultimi anni il tema della sicurezza sismica degli edifici storici in muratura ha assunto particolare rilievo in quanto a partire soprattutto dall’ordinanza 3274 del 2003, emanata in seguito al sisma che colpì il Molise nel 2002, la normativa ha imposto un monitoraggio ed una classificazione degli edifici storici sotto tutela per quanto riguarda la vulnerabilità sismica (nel 2008, quest’anno, scade il termine per attuare quest’opera di classificazione). Si è posto per questo in modo più urgente il problema dello studio del comportamento degli edifici storici (non solo quelli che costituiscono monumento, ma anche e soprattutto quelli minori) e della loro sicurezza. Le Linee Guida di applicazione dell’Ordinanza 3274 nascono con l’intento di fornire strumenti e metodologie semplici ed efficaci per affrontare questo studio nei tempi previsti. Il problema si pone in modo particolare per le chiese, presenti in grande quantità sul territorio italiano e di cui costituiscono gran parte del patrimonio culturale; questi edifici, composti di solito da grandi elementi murari, non presentano comportamento scatolare, mancando orizzontamenti, elementi di collegamento efficace e muri di spina interni e sono particolarmente vulnerabili ad azioni sismiche; presentano inoltre un comportamento strutturale a sollecitazioni orizzontali che non può essere colto con un approccio globale basato, ad esempio, su un’analisi modale lineare: non ci sono modi di vibrare che coinvolgano una sufficiente parte di massa della struttura; si hanno valori dei coefficienti di partecipazione dei varii modi di vibrare minori del 10% (in generale molto più bassi). Per questo motivo l’esperienza e l’osservazione di casi reali suggeriscono un approccio di studio degli edifici storici sacri in muratura attraverso l’analisi della sicurezza sismica dei cosiddetti “macroelementi” in cui si può suddividere un edificio murario, i quali sono elementi che presentano un comportamento strutturale autonomo. Questo lavoro si inserisce in uno studio più ampio iniziato con una tesi di laurea dal titolo “Analisi Limite di Strutture in Muratura. Teoria e Applicazione all'Arco Trionfale” (M. Temprati), che ha studiato il comportamento dell’arco trionfale della chiesa collegiata di Santa Maria del Borgo a San Nicandro Garganico (FG). Suddividere un edificio in muratura in più elementi è il metodo proposto nelle Linee Guida, di cui si parla nel primo capitolo del presente lavoro: la vulnerabilità delle strutture può essere studiata tramite il moltiplicatore di collasso quale parametro in grado di esprimere il livello di sicurezza sismica. Nel secondo capitolo si illustra il calcolo degli indici di vulnerabilità e delle accelerazioni di danno per la chiesa di Santa Maria del Borgo, attraverso la compilazione delle schede dette “di II livello”, secondo quanto indicato nelle Linee Guida. Nel terzo capitolo viene riportato il calcolo del moltiplicatore di collasso a ribaltamento della facciata della chiesa. Su questo elemento si è incentrata l’attenzione nel presente lavoro. A causa della complessità dello schema strutturale della facciata connessa ad altri elementi dell’edificio, si è fatto uso del codice di calcolo agli elementi finiti ABAQUS. Della modellazione del materiale e del settaggio dei parametri del software si è discusso nel quarto capitolo. Nel quinto capitolo si illustra l’analisi condotta tramite ABAQUS sullo stesso schema della facciata utilizzato per il calcolo manuale nel capitolo tre: l’utilizzo combinato dell’analisi cinematica e del metodo agli elementi finiti permette per esempi semplici di convalidare i risultati ottenibili con un’analisi non-lineare agli elementi finiti e di estenderne la validità a schemi più completi e più complessi. Nel sesto capitolo infatti si riportano i risultati delle analisi condotte con ABAQUS su schemi strutturali in cui si considerano anche gli elementi connessi alla facciata. Si riesce in questo modo ad individuare con chiarezza il meccanismo di collasso di più facile attivazione per la facciata e a trarre importanti informazioni sul comportamento strutturale delle varie parti, anche in vista di un intervento di ristrutturazione e miglioramento sismico.

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Lo scopo del presente elaborato è lo studio della regolarità stradale. La regolarità è una caratteristica fondamentale sia dal punto di vista dell’utenza, poiché da essa dipendono il comfort, ma soprattutto, la sicurezza della guida, sia dal punto di vista dell’ente proprietario della strada, perché dalla regolarità dipende la pianificazione della manutenzione della rete viaria, con tutti i pesi economici che essa comporta. Da questa piccola considerazione si comprende perché nell’ultimo secolo l’argomento abbia suscitato sempre maggiore interesse, vedendo la nascita, sin dagli anni ’50, di strumenti sempre più sofisticati, grazie allo sviluppo dell’elettronica, e sempre più veloci nell’acquisizione dei dati, per far fronte al contemporaneo sviluppo della rete viaria. Nel primo capitolo si affronterà la tematica della regolarità stradale, cercando di comprenderne la natura e i suoi livelli di degrado, dei quali viene fatta un’ampia descrizione, comprensiva di cause scatenanti. Inoltre si fa un accenno al Catasto Stradale, poiché costituisce uno strumento essenziale per la gestione dell’infrastruttura viaria e per l’ottimizzazione delle risorse destinate alla sua manutenzione e alla sua sicurezza; infine si parla delle tecnologie finalizzate al rilievo della regolarità. Il secondo capitolo è dedicato al panorama normativo in materia di regolarità stradale. Le varie norme sono commentate nel dettaglio, data l’importanza di una standardizzazione nella calibrazione e nell’uso degli strumenti di rilievo e nelle procedure di stima della regolarità. Il capitolo successivo contiene una trattazione sugli indici di regolarità, ma l’attenzione è in particolar modo rivolta all’IRI, l’indice internazionale di irregolarità. Per le caratteristiche con cui è stato concepito, cioè stabilità temporale, validità e compatibilità, è stato assunto come scala di riferimento internazionale, a cui gli altri indici possono riferirsi. Viene quindi illustrato il significato di IRI, il modello matematico su cui si basa la sua definizione, per passare poi al procedimento analitico e a quello informatico con il quale viene calcolato. Essendo la presente tesi avvenuta in collaborazione con la ditta Siteco Informatica di Bologna, nel capitolo quarto, sono stati analizzati gli strumenti installati sul veicolo ad alto rendimento (VAR) messo a disposizione dalla ditta stessa. Gli strumenti consistono principalmente in dispositivi per il calcolo del posizionamento e dell’assetto del veicolo, in un profilometro laser per il rilievo della regolarità stradale e in un laser scanner, di cui si è tentato di studiarne le potenzialità nell’ambito dell’oggetto di questa tesi. Il percorso di ricerca ha incluso l’esperienza diretta in sito tramite varie campagne di rilievo, per meglio comprendere il mezzo e la natura dei dati ottenuti. Si è quindi ripercorso l’intero processo di elaborazione dei dati grezzi di rilievo, così com’è strutturato per le finalità della ditta collaborante, per utilizzare poi il dato finito per finalità ingegneristiche.

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Con il presente lavoro di tesi si è studiata la possibilità di estrarre informazioni sugli andamenti dei processi biologici dall’osservazione dei segnali di pH, potenziale di ossido riduzione (ORP) e ossigeno disciolto (DO) nelle vasche di processo di un impianto a fanghi attivi a flusso continuo (predenitro/nitro) per verificare la possibilità di utilizzare questo tipo di sonde per lo sviluppo di sistemi per il controllo automatico e la gestione intelligente, eventualmente remota, degli impianti di depurazione. Il lavoro di sperimentazione è stato svolto su un impianto pilota a flusso continuo con schema predenitro – nitro, costruito ed installato presso i laboratori della sede Enea di Bologna (Sezione ACS PROT IDR - Gestione Risorse Idriche). L’obiettivo primario della sperimentazione è stato quello di portare il sistema in uno stato stazionario di equilibrio, così da poter stabilire delle condizioni di funzionamento note e costanti, riscontrabili anche nei segnali di riferimento. Tali condizioni sono state definite prendendo come riferimento un impianto reale noto, funzionante in condizioni di processo costanti e medie, definendo contestualmente test sperimentali che riproducessero condizioni riscontrabili sullo stesso impianto reale. Le condizioni del sistema sono state monitorate costantemente, attraverso il monitoraggio giornaliero dei processi, effettuato con attività di campionamento e di analisi, osservando costantemente i segnali indiretti.

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L'elaborato di tesi sviluppato ha come obiettivo l'ottimizzazione della Supply Chian di contesti manufatturieri con particolare attenzione alle procedure di approvvigionamento dei materiali e al problema dei materiali "mancanti" in produzione.Viene esposto il risultato di un’attività di analisi di due casi reali per l’ottimizzazione dell'impatto logistico del problema dell'alimentazione di sistemi di fabbricazione e montaggio. Lo studio è stato affrontato definendo un approccio basato su una duplice analisi del processo, top-down e bottom-up. Le due analisi condotte hanno permesso di procedere alla mappatura dell’intero processo end to end (che inizia con le richieste del cliente e termina con la consegna dei prodotti allo stesso) e di individuare le criticità in esso presenti, sulla base delle quali sono state fornite una serie di linee guida per la risoluzione del problema dei mancanti. I risultati ottenuti hanno evidenziato che l’ottimizzazione dell’area di pianificazione permette di migliorare la qualità dei dati in ingresso all’intero processo con conseguente diminuzione del numero di materiali mancanti. Tuttavia, la trasversalità dell’argomento ai processi aziendali impedisce la definizione di un approccio al problema focalizzato su un’area specifica. Infine, è stata eseguita una bozza di valutazione economica per la stima dei tempi di recupero degli investimenti necessari.

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Il lavoro svolto nella presente tesi di laurea si sviluppa all’interno del progetto di ricerca europeo SmooHs (Smart Monitoring of Historic Structures-Monitoraggio intelligente di edifici e strutture storiche) nell’ambito del 7 Programma Quadro della Commissione Europea. Gli edifici storici sono caratterizzati da elementi architettonici, materiali e soluzioni progettuali uniche e pertanto da valorizzare. Al fine si salvaguardare tali beni storici si richiede una conoscenza approfondita dei processi di deterioramento, legati spesso a fattori ambientali, e una loro rilevazione immediata. Il monitoraggio continuo dei possibili parametri che influenzano i suddetti processi può contribuire significativamente, ma un’applicazione estesa di questa tecnica è finora fallita a causa dei costi elevati di sistemi completi di monitoraggio; per questo sono stati osservati solitamente pochi parametri. L’obiettivo del progetto prevede lo sviluppo di strumenti di monitoraggio e diagnostica competitivi per gli specialisti nel settore che vada al di là del mero accumulo di dati. La normativa, in particolare le Linee Guida per l’applicazione al patrimonio culturale della normativa tecnica di cui all’Ordinanza PCM-3274 del 2005, evidenziano l’importanza di raggiungere un elevato livello di informazione dell’oggetto e del suo comportamento strutturale attraverso un percorso conoscitivo pluriramificato. “Si ha pertanto la necessità di affinare tecniche di analisi ed interpretazione dei manufatti storici mediante fasi conoscitive dal diverso grado di attendibilità, anche in relazione al loro impatto. La conoscenza può infatti essere conseguita con diversi livelli di approfondimento, in funzione dell’accuratezza delle operazioni di rilievo, delle ricerche storiche e delle indagini sperimentali” (Linee guida per l’applicazione all patrimonio culturale della normativa tecnica di cui all’ordinanza PCM-3274, 2005). Per quanto riguarda la caratterizzazione meccanica dei materiali, la normativa cita “Tecniche diagnostiche non distruttive di tipo indiretto, quali prove soniche ed ultrasoniche, consentono di valutare l’omogeneità dei parametri meccanici nelle diverse parti della costruzione, ma non forniscono stime quantitative attendibili dei loro valori, in quanto essi vengono desunti dalla misura di altre grandezze”. Non viene identificata una procedura univoca di prove non distruttive per ciascuna tipologia edilizia, pertanto ci domandiamo quale sia la procedura più idonea da utilizzare, considerando il tipo di risultato che si vuole ottenere. Si richiedono quindi degli studi di fattibilità di diverse tecniche non distruttive, soprattutto tecniche per immagini che diano un risultato più immediato da comprendere. Per questo scopo è stato impostato un programma di ricerca per valutare l’efficacia di una tecnica non distruttiva, la tomografia sonica, su provini in muratura costruiti nei laboratori del LaRM (Laboratorio di Resistenza dei Materiali del DISTART dell’Università di Bologna), reputando questa la strada da percorrere verso una diagnostica strutturale sempre più dettagliata. I provini in muratura di laterizio PNDE e PNDF, presentano al loro interno dei difetti (in polistirolo espanso) di geometria e posizione nota e diverse tessiture murarie (muratura di laterizio tradizionale e muratura a sacco). Nel capitolo 2 vengono descritte le caratteristiche e le basi teoriche delle prove soniche e di altre tecniche non distruttive, al fine di poterne fare un confronto. La tomografia sonica è definita e sono illustrate le sue peculiarità; vengono inoltre riportati alcuni esempi di applicazioni della stessa su strutture storiche lignee e murarie. Nel capitolo 3 sono presentati i provini oggetto di studio ed introdotto qualche accenno sulla natura delle murature di laterizio. Sono specificati i corsi e le sezioni verticali sui quali viene sperimentata la tomografia; essi hanno precise caratteristiche che permettono di eseguire una sperimentazione mirata all’individuazione di anomalie in una sezione e al riconoscimento di diverse tessiture murarie. Nel capitolo 4 è illustrata la procedura di acquisizione dei dati in laboratorio e di rielaborazione degli stessi nella fase di post-processing. Dopo aver scelto, in base alla risoluzione, la distanza che intercorre tra le stazioni di misura, sono stati progettati i vari percorsi uscenti da ogni stazione trasmittente, andando a definire i ray-paths delle sezioni sia orizzontali che verticali. I software per il calcolo dei tempi di volo (in ambiente LabView) e per l’inversione degli stessi (Geotom) sono presentati e vengono definite le istruzioni per l’utilizzo. Il capitolo 5 assieme al capitolo 6, mostra i risultati ottenuti dall’inversione dei tempi di volo. Per i diversi corsi orizzontali e sezioni verticali sono riportate le mappe di velocità ottenute al variare di diversi parametri di settaggio impostati nel software tomografico. Le immagini tomografiche evidenziano le caratteristiche interne delle sezioni studiate, in base alla risoluzione geometrica della tecnica. Nel capitolo 7 e 8 sono mostrati i risultati delle prove soniche dirette applicate sia sui corsi verticali sia sulle sezioni verticali. Le stazioni di misura considerate sono le stesse utilizzate per la tomografia. Il capitolo 9 riporta il confronto tra le mappe di velocità prodotte dalla tomografia sonica e gli istogrammi delle velocità registrate nelle prove soniche dirette. Si evidenziano le differenze nell’individuazione di difetti tra due metodologie differenti. Infine sono riportate le conclusioni sul lavoro svolto. I limiti e i vantaggi della tecnica tomografica vengono desunti dai risultati ottenuti per varie tipologie di sezioni, a confronto anche con risultati di prove soniche dirette. Ciò ci porta a definire la fattibilità di utilizzo della tomografia sonica nella diagnosi delle strutture in muratura.

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La crescente attenzione verso un utilizzo attento, sostenibile ed economicamente efficiente della risorsa idrica rende di primaria importanza il tema delle perdite idriche e della gestione efficiente dei sistemi idrici. La richiesta di controlli dell’uso dell’acqua è stata avanzata a livello mondiale. Il problema delle perdite idriche nei Paesi industrializzati è stato così affrontato con specifiche normative e procedure di best practice gestionale per avanzare una valutazione delle perdite idriche e una limitazione degli sprechi e degli usi impropri. In quest’ambito, la pressione gioca un ruolo fondamentale nella regolazione delle perdite reali. La regolazione delle pressioni nelle diverse ore del giorno consente, infatti, di poter agire su queste ultime perdite, che aumentano all’aumentare della pressione secondo una cosiddetta legge di potenza. La motivazione della presente tesi è originata dalla necessità di quantificare il livello di perdita idrica in un sistema acquedottistico in relazione alla pressione all’interno del sistema stesso. Per avere una stima realistica che vada al didella legge della foronomia, si vuole valutare l’influenza della deformabilità della condotta in pressione fessurata sull’entità delle perdite idriche, con particolare attenzione alle fessurazioni di tipo longitudinale. Tale studio è condotto tramite l’introduzione di un semplice modello di trave alla Winkler grazie al quale, attraverso un’analisi elastica, si descrive il comportamento di una generica condotta fessurata longitudinalmente e si valuta la quantità d’acqua perduta. I risultati ottenuti in condizioni specifiche della condotta (tipo di materiale, caratteristiche geometriche dei tubi e delle fessure, etc.) e mediante l’inserimento di opportuni parametri nel modello, calibrati sui risultati forniti da una raffinata modellazione tridimensionale agli elementi finiti delle medesime condotte, verranno poi confrontati con i risultati di alcune campagne sperimentali. Gli obiettivi del presente lavoro sono, quindi, la descrizione e la valutazione del modello di trave introdotto, per stabilire se esso, nonostante la sua semplicità, sia effettivamente in grado di riprodurre, in maniera realistica, la situazione che si potrebbe verificare nel caso di tubo fessurato longitudinalmente e di fornire risultati attendibili per lo studio delle perdite idriche. Nella prima parte verrà approfondito il problema della perdite idriche. Nella seconda parte si illustrerà il semplice modello di trave su suolo elastico adottato per l’analisi delle condotte in pressione fessurate, dopo alcuni cenni teorici ai quali si è fatto riferimento per la realizzazione del modello stesso. Successivamente, nella terza parte, si procederà alla calibrazione del modello, tramite il confronto con i risultati forniti da un’analisi tridimensionale agli elementi finiti. Infine nella quarta parte verrà ricavata la relazione flusso-pressione con particolare attenzione all’esponente di perdita, il cui valore risulterà superiore a quello predetto dalla teoria della foronomia, e verrà verificata l’effettiva validità del modello tramite un confronto con i risultati sperimentali di cui è stata fatta menzione in precedenza.

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Il mio lavoro di tesi è partito da uno studio approfondito del contesto in cui si trova la Darsena di Ravenna, la mia area di progetto. Tutta la storia dell’evoluzione di Ravenna è legata soprattutto a due fattori principali: la necessità di difendersi dalle incursioni esterne e il continuo adattarsi alle trasformazioni del territorio soprattutto per quanto riguarda la linea di costa e il corso dei due fiumi che la circondano, il Ronco e il Montone. Questi due fattori hanno fatto si che Ravenna sia apparsa, sin dai primi secoli d. C., una città cinta da grandi mura, circondate da fiumi. Il Ronco e il Montone, sono poi diventati, a metà del XVI sec. i protagonisti principali della storia di Ravenna. I diversi progetti che si sono susseguiti nel tempo per cercare di deviarli e allontanarli dalla città, dato che ormai rappresentavano solo un grosso pericolo di alluvione, hanno determinato l’abbandono del primo porto della città, voluto dall’imperatore Augusto e la nascita dell’attuale canale Candiano. Fin dall’inizio il nuovo porto di Ravenna ha presentato una serie di problemi legati alla scarsa profondità del fondale e ai costi di manutenzione, a tal punto che le attività del porto sono sempre state molto limitate. Oggi la Darsena di città è caratterizzata da una moltitudine di edifici di archeologia industriale, risalenti al boom economico degli anni ’50, che risultano per la maggior parte, in uno stato di degrado e abbandono, incominciato con la crisi petrolifera degli anni ’70. A partire dal P.R.G. del 1993, si sono messi in atto una serie di iniziative atte a rivitalizzare e reintegrare quest’area all’interno della città storica, in modo che non sembri più un’entità separata ma che possa diventare un grande potenziale di sviluppo per la città stessa. La politica di riqualificazione del waterfront non riguarda solo Ravenna, ma è una strategia che molte città del modo hanno adottato negli ultimi decenni per ridare lustro alla città stessa e, allo stesso tempo recuperare zone spesso lasciate al loro destino. Fra queste città ho scelto di approfondirne cinque, Baltimora, Barcellona, Genova, Amburgo e Bilbao, evidenziando le diverse situazioni ma soprattutto le diverse motivazioni che le hanno spinte a raggiungere la medesima conclusione, quella che l’area portuale rappresenta un grande fattore di sviluppo. La mia attenzione poi si è spostata su quale attività potesse essere più adatta ad assolvere questo obiettivo. Ho pensato di progettare un museo e una serie di edifici ad esso collegati, come un centro di ricerca con residenze annesse e una torre belvedere, che dessero all’area la possibilità di essere vissuta in tutto l’arco della giornata e per tutto l’anno. Prima di affrontare direttamente la parte progettuale ho cercato di capire quale fosse la tipologia di museo e quali fossero i principali elementi indispensabili che caratterizzano questi edifici. Durante lo studio di questi casi ho classificato i musei secondo 5 categorie diverse, la galleria, la rotonda, la corte, la spirale e la pianta libera, che rispecchiano anche lo sviluppo storico di questa particolare tipologia architettonica. In base a tutte queste considerazioni ho affrontato il mio progetto. L’area presa in esame è caratterizzata da un’ampia superficie su cui insistono tre imponenti edifici di archeologia industriale molto degradati e utilizzati come magazzini dalla società proprietaria dell’area. Due di questi presentano un orientamento parallelo alla tessitura dei campi, il terzo invece segue un orientamento proprio. Oltre a queste due trame nell’area se ne può rilevare una terza legata all’andamento del canale. Queste grandi cattedrali del lavoro mi hanno fatto subito pensare di poterle utilizzare come spazi espositivi per mostre permanenti e temporanee, mantenendo intatta la loro struttura portante. Ho deciso di immergere l’edificio più imponente dei tre, che si trova in asse con la strada veicolare di accesso dalla città, in una grande corte verde delimitata ai lati da due nuovi edifici a L adibiti a veri e propri musei. Se da una parte questi musei costituiscono i limiti della corte, dall’altra rappresentano le quinte sceniche di aree completamenti differenti. Il museo adiacente al canale si affaccia su una grande piazza pavimentata dove troneggia l’edificio di archeologia industriale più simile ad una basilica e che accoglie i visitatori che arrivano tramite la navetta costiera; l’altro invece guarda verso il centro di ricerca e le residenze universitarie legati tra loro da un grande campo lungo completamente verde. A concludere la composizione ho pensato ad una torre belvedere dalla pianta circolare che potesse assorbire tutte le diverse direzioni e che si trova proprio in asse con il terzo edificio di archeologia industriale e a contatto con l’acqua. Per quanto riguarda l’organizzazione interna dei musei ho scelto di proporre due sezioni dello stesso museo con caratteristiche ben distinte. Il primo museo riguarda la storia della civiltà marinara di Ravenna ed è caratterizzato da ambienti conclusi lungo un percorso prestabilito che segue un criterio cronologico, il secondo invece presenta una pianta abbastanza libera dove i visitatori possono scegliere come e su cosa indirizzare la propria visita. Questa decisione è nata dalla volontà di soddisfare le esigenze di tutta l’utenza, pensando soprattutto alla necessità di coinvolgere persone giovani e bambini. Il centro di ricerca è organizzato planimetrica mente come una grande C, dove le due ali più lunghe ospitano i laboratori mentre l’ala più corta rappresenta l’ingresso sottolineato da un portico aggettante sulla corte. Simmetricamente si trovano i sette volumi delle residenze. Ognuno di questi può alloggiare sei studenti in altrettanti monolocali con servizi annessi, e presenta al piano terra aree di relax e sale lettura comuni. La torre belvedere invece riveste un ruolo più commerciale ospitando negozi, uffici per le varie associazioni legate al mare e un ristorante su più livelli, fino ad arrivare alla lanterna, che, come il faro per le navi, diventa un vero segno di riconoscimento e di orientamento dell’area sia dal mare che dalla città.