429 resultados para LCA , differenziazione , simapro , rifiuti , impatto
Resumo:
Questo elaborato è il risultato dell’approfondimento del brief di tirocinio presso Focchi S.p.A. L’idea di progetto è quella di ricavare un prodotto industriale dai rifiuti, dai campioni inutilizzati e dagli avanzi di magazzino. Questo obiettivo richiede ideazione e costituzione di un’architettura prodotto, ma anche selezione dei materiali, implementazione tecnica e inserimento nel processo aziendale. Quindi il lavoro è cominciato con una documentazione sull’ambiente delle costruzioni, e i danni ambientali che progettare in maniera non-circolare comporta. Poi è stata studiata l’azienda e il percorso che i materiali fanno durante la produzione. Una volta inquadrato il problema è cominciata la fase di concept. La varietà di materiali ha generato molte idee, quindi ne è stata selezionata una utilizzando criteri misurabili, attraverso il metodo QFD, tenendo conto di vari parametri di natura ambientale, economica e sociale. Il concept selezionato è stato quindi una serra, da donare alle scuole primarie, in cui praticare l’idroponica: la struttura vetrata della serra è simile agli involucri trattati da Focchi e la destinazione didattica garantisce un buon impatto sulla comunità. A questo punto, il progetto è stato sviluppato, tramite uno studio dei dettagli tecnici. Quindi un inquadramento storico-architettonico è stato integrato con una documentazione normativa sulle strutture vetrate, oltre all’analisi del territorio circostante l’azienda in cui individuare possibili beneficiari del progetto. In seguito, c’è stata una fase di sketching, attraverso un’analisi dei requisiti della struttura e dei materiali a disposizione. Oltre ad una soluzione scalabile per il collegamento fra cellule, è stata definita la forma, disegnata con approccio modulare. Le ultime considerazioni riguardo la fattibilità del progetto sono state fatte dal punto di vista logistico ed economico, per un prodotto ormai sufficientemente dettagliato e pronto per l’implementazione.
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Questa tesi si propone di fornire un approccio multidisciplinare per la valutazione delle prestazioni di una tipologia di intervento sostenibile che consiste in un telaio in calcestruzzo armato (RCFramed skin) per la ristrutturazione integrata di edifici esistenti. Viene fornita una descrizione preliminare di tale tecnologia, con particolare attenzione al miglioramento simultaneo delle prestazioni strutturali (sismiche), non strutturali (energetiche) e alle questioni relative alla limitazione dell'invasività e dell'interruzione dell'uso della costruzione. La valutazione delle prestazioni dell'edificio nelle configurazioni pre e post intervento è effettuata, principalmente in termini di capacità sismica, ma anche del comportamento termo-igrometrico. In particolare, i benefici ottenuti sia dal punto di vista strutturale che energetico sono valutati con riferimento a tre diverse città appartenenti a tre differenti zone sismiche e climatiche. La fattibilità e la sostenibilità dell'intervento di adeguamento proposto sono indagate attraverso una valutazione LCA(Life Cycle Assessment) per l'impatto ambientale e LCC(Life Cycle Cost) per l’analisi economica. Infine, viene proposto un metodo per facilitare la selezione della soluzione di intervento ottimale per ogni sito, combinando l'aspetto strutturale con quello energetico, di impatto ambientale ed economico.
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La gestione e il recupero dei rifiuti è un aspetto fondamentale per tentare di ridurre l’impatto negativo delle nostre attività sull’ambiente; è responsabilità di ognuno di noi contribuire all’arresto del processo di degrado a cui è sottoposto il pianeta. È noto che gli agglomerati urbani, con i loro scarichi e scarti, sono una delle cause principali di contaminazione ambientale. La vertiginosa espansione dei tessuti urbani degli ultimi cinquant’anni ha notevolmente aumentato la produzione di rifiuti. Ogni cittadino italiano, secondo i dati ISPRA 2021, produce circa 500 kg di rifiuti in un anno. La rincorsa verso il benessere conquistato attraverso l’accumulo di beni materiali non ha lasciato spazio alla cultura attenta al rispetto delle risorse naturali e ne paghiamo le conseguenze. Il focus di questa ricerca è supportare la gestione dei rifiuti urbani e garantire il loro recupero e riutilizzo immediato. L’obiettivo finale è quello della diminuzione/eliminazione dell’abbandono dei rifiuti della plastica, mettendo in relazione operosa gli attori coinvolti nel processo e sviluppando un servizio che semplifichi e rafforzi i meccanismi di raccolta e di riuso. Collocandosi nel contesto di Zaragoza, in Spagna, vengono introdotte alcune specifiche azioni strategiche al fine di condurre i cittadini ad adottare precise pratiche per la salvaguardia ambientale. L’azione a livello locale diventa prototipo con prospettiva globale. Un’osservazione dal basso ci può mostrare cose che, dalla distanza, non si sarebbero potute vedere. Si parte da identità specifiche, considerando i comportamenti di individui che abitano uno stesso luogo e concentrandosi sulla dimensione collettiva delle loro pratiche cercando di cambiarle attraverso obiettivi chiari e premialità. Analizzando i comportamenti di piccoli gruppi, sono state individuate azioni capaci di indirizzarli verso modelli più appropriati modificando le regole del progetto a partire dall’osservazione di questi comportamenti.
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La prima parte della seguente tesi intende studiare lo stato dell’arte in ambito delle principali tecnologie di smaltimento e di recupero dei rifiuti da costruzione, per poi analizzare le metodologie di analisi del sistema di decostruzione, basate su processi di calcolo semplificati. La seconda parte si concentra invece sul confronto tra due ipotesi di intervento differenti: uno scenario di riqualificazione energetica e uno di demolizione e ricostruzione. L’obiettivo della ricerca è indagare quale dei due interventi sia il più circolare e sostenibile, dal punto di vista ambientale ed economico. Questo obiettivo si concretizza mediante lo svolgimento di una analisi LCA attraverso l’utilizzo del software OneClick LCA. Il caso di studio sul quale viene svolta tale indagine consiste nella villa realizzata agli inizi del Novecento, appartenente al complesso “Corte Palazzo” sito ad Argelato (Bologna). Per lo scenario di demolizione, dopo una prima analisi iniziale delle tecniche circolari da poter applicare più adeguate al contesto esistente, è stato sviluppato un progetto che rispettasse le stesse caratteristiche dimensionali (in termini di sagoma) e le stesse prestazioni dell’involucro (in termini di trasmittanza termica) dell’edificio riqualificato. Il metodo di analisi proposto, reiterabile e proposto ad altri casi di studio, eventualmente implementato per includere tutti i materiali che compongono il sistema costruttivo e non soltanto quelli dell’involucro, rappresenta un efficace strumento di valutazione dell’impatto ambientale ed economico degli interventi, per consentire ai progettisti e ai committenti di compiere scelte più consapevoli.
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La salvaguardia ambientale, intesa come la capacità di garantire nel futuro la stabilità di un ecosistema, i processi ecologici che lo interessano e la sua biodiversità, costituiscono i pilastri fondamentali del concetto moderno di sostenibilità. Il presente lavoro di tesi ha lo scopo di fornire informazioni in merito all’utilizzo di granulato di conglomerato bituminoso e di scorie d’acciaieria, all’interno di miscele prodotte a caldo per strati di usura drenanti. Si è proceduto ad analizzare le caratteristiche meccaniche e prestazionali di due miscele di conglomerato bituminoso, confezionate una con percentuali di scorie d’acciaieria al suo interno, ed una con percentuali sia di scorie d’acciaieria sia di granulato di conglomerato bituminoso. La prima fase della sperimentazione si è concentrata nella calibrazione della quantità di materiali da inserire all’interno delle due miscele. Successivamente, la seconda fase della sperimentazione ha coinvolto i test di caratterizzazione per entrambe le miscele confrontandole con le prestazioni date della miscela di riferimento. Le due miscele di conglomerato bituminoso a ridotto impatto ambientale sono risultate paragonabili, in termini di prestazioni, alla miscela di riferimento e idonee al rispetto delle principali caratteristiche prestazionali imposte dal capitolato speciale d’appalto di Autostrade per l’Italia.
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Negli ultimi anni si sono riscontrati in tutto il territorio Nazionale un consistente aumento di eventi incendiari negli impianti di stoccaggio e smaltimento rifiuti. In questo elaborato troviamo una prima panoramica sulle normative nazionali riguardanti la prevenzione incendi, le emergenze e l’ambiente. Successivamente si focalizza l’attenzione sulle Linee Guida dei piani di Emergenza Esterni .La parte delle linee guida relativa al “Metodo ad indici per la classificazione del rischio incendio negli impianti di stoccaggio e trattamento rifiuti” , è stata elaborata a partire dalla metodologia per la gestione del rischio di incendio negli impianti di deposito di rifiuti. Le linee guida a cui ci si riferisce hanno ritenuto di considerare l'incendio quale scenario di riferimento per la valutazione del rischio dell'impianto, anche a seguito della complessità e variabilità delle caratteristiche dei rifiuti che comportano una differente pericolosità degli effluenti. La procedura sviluppata prevede un metodo di valutazione del rischio ad indici che consiste nell’attribuire determinati punteggi a fattori di rischio e misure di prevenzione e protezione presenti nell’impianto e considerando i pericoli per la salute umana e l’ambiente circostante. Il metodo ha l’obiettivo di semplificare e unificare i criteri di classificazione dei livelli di rischio in tali impianti, in base al livello viene quindi stabilita una certa distanza di attenzione su cui poi si baseranno i Piani di Emergenza Esterni. Il metodo ad indici esposto nelle Linee Guida è stato quindi testato su un caso studio. I risultati ottenuti da tale elaborazione sono stati poi integrati e contestualizzati con l’ausilio del software QGIS attraverso il quale si sono ricavate mappe raffiguranti i vari impianti e le loro rispettive distanze di attenzione, le quali saranno conferite alle autorità competenti per lo sviluppo di efficienti Piani di Emergenza Esterni.
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In questo lavoro di Tesi è stato progettato un modello di bioraffineria che valorizza una matrice vegetale di scarto, la farina di ghianda, utilizzandola come materia prima per la produzione di biocosmetici ad elevato valore aggiunto. Le ghiande, lungi dall’essere uno scarto forestale privo di valore, sono una preziosa risorsa rinnovabile, disponibile a livello globale in ingenti quantità nonché ricca fonte di preziosi fitocomposti che mediante bioliquefazione molecolare possono essere resi biodisponibili e solubili in ambiente acquoso. Vengono condotte prove di bioliquefazione molecolare con preparati enzimatici commerciali diversi al fine di identificare il metodo di estrazione più adatto per ottenere il bioliquefatto con il maggiore potere antiossidante da inserire nelle formulazioni cosmetiche. Dalla scomposizione di tale materia vegetale di scarto nelle componenti principali e dalla ricomposizione delle stesse si ottengono biocosmetici che soddisfano tutti i requisiti di sostenibilità: costituiti quasi interamente da una sola materia prima di scarto, ottenuti attraverso processi biotecnologici a basso impatto ambientale e una produzione di rifiuti prossima allo zero. Mediante modellazione 3D vengono progettati prototipi di packaging cosmetici sostenibili ed ecocompatibili.
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In food and beverage industry, packaging plays a crucial role in protecting food and beverages and maintaining their organoleptic properties. Their disposal, unfortunately, is still difficult, mainly because there is a lack of economically viable systems for separating composite and multilayer materials. It is therefore necessary not only to increase research in this area, but also to set up pilot plants and implement these technologies on an industrial scale. LCA (Life Cycle Assessment) can fulfil these purposes. It allows an assessment of the potential environmental impacts associated with a product, service or process. The objective of this thesis work is to analyze the environmental performance of six separation methods, designed for separating the polymeric from the aluminum fraction in multilayered packaging. The first four methods utilize the chemical dissolution technique using Biodiesel, Cyclohexane, 2-Methyltetrahydrofuran (2-MeTHF) and Cyclopentyl-methyl-ether (CPME) as solvents. The last two applied the mechanical delamination technique with surfactant-activated water, using Ammonium laurate and Triethanolamine laurate as surfactants, respectively. For all six methods, the LCA methodology was applied and the corresponding models were built with the GaBi software version 10.6.2.9, specifically for LCA analyses. Unfortunately, due to a lack of data, it was not possible to obtain the results of the dissolution methods with the solvents 2-MeTHF and CPME; for the other methods, however, the individual environmental performances were calculated. Results revealed that the methods with the best environmental performance are method 2, for dissolution methods, and method 5, for delamination methods. This result is confirmed both by the analysis of normalized and weighted results and by the analysis of 'original' results. An hotspots analysis was also conducted.
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In this Thesis, a life cycle analysis (LCA) of a biofuel cell designed by a team from the University of Bologna was done. The purpose of this study is to investigate the possible environmental impacts of the production and use of the cell and a possible optimization for an industrial scale-up. To do so, a first part of the paper was devoted to studying the present literature on biomass, and fuel cell treatments and then LCA studies on them. The experimental part presents the work done to create the Life Cycle Inventory and Life Cycle Impact Assessment. Several alternative scenarios were created to study process optimization. Reagents and energy supply were changed. To examine whether this technology can be competitive, a comparison was made with some biofuel cell use scenarios with traditional biomass treatment technologies. The result of this study is that this technology is promising from an environmental point of view in case it is possible to recover nutrients in output, without excessive energy consumption, and to minimize the use of energy used to prepare the solution.
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Introduzione: Il COVID-19 colpisce vari apparati e il meccanismo di diffusione non è noto. La quarantena durante la malattia inoltre costringe alla sedentarietà con ripercussioni fisiche e psicologiche. Lo studio indaga se il COVID-19 possa avere un’influenza sugli infortuni e sulla performance sportiva dei podisti e il ruolo della fisioterapia nella riabilitazione post infortunio. Materiali e metodi: La raccolta dati è avvenuta tramite distribuzione di questionari cartacei e digitali nelle società podistiche italiane dal 2 Marzo al 15 Aprile 2022. I criteri di inclusione erano l’essere maggiorenni, allenarsi almeno 1-2 volte a settimana e comprendere la lingua italiana. Risultati: 245 podisti rispettavano i criteri di inclusione. Negli ultimi 3 anni l’81,63% è incorso in infortunio; per la riabilitazione la maggior parte degli atleti si è rivolta a un fisioterapista e il grado di soddisfazione della riabilitazione è molto alto. Il 45,31% ha contratto il COVID-19 e di questi il 47,74% ha riferito una percezione di diminuzione della performance dopo la malattia, la quale non è influenzata dalla durata dell’interruzione degli allenamenti. Il 48,65% è incorso in infortunio dopo il COVID-19 e il tasso d’infortunio è maggiore rispetto al periodo antecedente al contagio. Non vi è invece differenza tra l’incidenza di infortunio di chi ha contratto il COVID-19 e il restante campione. Conclusione: Il COVID-19 potrebbe non predisporre maggiormente l’atleta a infortunio rispetto alla popolazione generale, ma potrebbe aumentare la sua suscettibilità rispetto al periodo antecedente al contagio. Il percorso riabilitativo più efficace per il recupero è quello intrapreso affidandosi a professionisti sanitari del settore. La malattia per molti ha un impatto molto negativo sulla propria performance, ma questo non dipende dall’interruzione prolungata degli allenamenti e quindi potrebbe non essere dovuto al deallenamento ma a qualche aspetto non ancora indagato in letteratura.
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La tesi presenta la storia e le caratteristiche dei materiali compositi con particolare riguardo ai CFRP, alle resine termoplastiche e ai materiali termoindurenti. Sono, poi, riportati i risultati di alcuni esperimenti condotti su questi materiali con lo scopo di analizzarne le proprietà e capire se possono essere adatti o meno ad un particolare utilizzo. In seguito, si procede con l'analisi del comportamento dei materiali compositi quando vengono soggetti ad impatti a bassa energia, al fine di verificare la variazione subita dalle proprietà dei materiali stessi. Da ultimo, lo studio tratta l'impiego dei CFRP, delle resine termoplastiche e dei materiali termoindurenti nell'industria aerospaziale ed automobilistica.
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L’inquinamento olfattivo, negli ultimi anni, ha acquisito rilevanza a livello istituzionale e varie Regioni italiane hanno adottato Regolamenti e Linee Guida in materia. Queste, individuano gli studi di impatto olfattivo come strumenti per valutare la necessità di interventi correttivi, a seguito di simulazioni effettuate con modelli di dispersione atmosferica. In studi di primo livello uno dei modelli utilizzabili è quello gaussiano, con cui vengono ricercate le concentrazioni di inquinante massime possibili nelle situazioni di simulazione considerate, a scopo di screening. In questo elaborato gli output di queste simulazioni saranno confrontati e correlati con quelli ottenuti da un modello di dispersione non stazionario di tipo lagrangiano a particelle, utilizzato invece negli studi di impatto olfattivo di secondo livello. Le variabili studiate sono state la concentrazione odorigena di picco, confrontata con il 98° percentile delle concentrazioni di picco orario su base annua, e la relativa distanza dalla sorgente. Il setting sperimentale presume una singola sorgente puntiforme, di cui è stata variata l’altezza della ciminiera. Per tutte le altezze emissive considerate, ogni run di simulazione è stato effettuato con entrambi i modelli. Le operazioni di regressione eseguite sugli output così ottenuti, hanno evidenziato delle buone funzioni di correlazione per entrambe le variabili considerate, valutate attraverso il parametro R2. Questo permette un’analisi di impatto olfattivo di primo livello molto più accurata, poiché, utilizzando all’atto pratico un modello di tipo gaussiano, si possono stimare da esso i risultati che si sarebbero ottenuti con l’applicazione di quello lagrangiano, più complesso e in linea con quanto richiesto dalla normativa. Si ottengono, quindi, valutazioni di impatto più aderenti al territorio analizzato senza, tuttavia, la necessità di utenti con competenze tecniche specifiche e di strumenti informatici con potenze di calcolo molto elevate.
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Recentemente è stato stimato che si trovino circa 150 milioni di tonnellate di plastica nei mari di tutto il mondo, con conseguente aumento annuo di 8 milioni di tonnellate: si dice anche che entro il 2050 sarà presente, in termini di peso, nei mari e negli oceani più plastica che pesci. Inoltre, non solo le macro plastiche sono un serio problema ambientale, ma anche la loro frammentazione e decomposizione a causa della prolungata esposizione al sole, acqua e aria porta a microplastiche (dimensione minore di 5 mm): questi piccoli rifiuti che si vanno a depositare nei fondali rappresentano una seria problematica per la salute umana, poiché questi ultimi potrebbero essere ingeriti da pesci, provocandogli anche ridotta riproduttività e infiammazioni, entrando dunque nella nostra catena alimentare. L’idea di questo elaborato sviluppato mediante la collaborazione con il centro di ricerca VTT in Finlandia è quella di sviluppare soluzioni innovative e nuovi metodi per la rilevazione di rifiuti in plastica galleggianti. In sintesi, in questo elaborato sarà presente una parte di ricerca bibliografica, in cui vengono illustrati i principali articoli che spiegano i progetti più attinenti al Remote Sensing di rifiuti di plastica galleggianti trovati in letteratura, successivamente sarà presente la parte più pratica svolta al VTT, in particolare verrà spiegato il Radar MIMO a 60 GHz (prodotto dal VTT) utilizzato per le misurazioni di test su una piccola piscina circolare con i relativi dati ottenuti, infine si descriverà la campagna di misure tramite telecamere iperspettrali, sensori RGB e termo-infrarossi ad Oulu con, anche in tale caso, i dati spettrali di risalto che sono stati ricavati. Infine, in aggiunta ai risultati della campagna iperspettrale, si vuole cercare di applicare degli algoritmi di Machine Learning per cercare di classificare e dunque di identificare i vari campioni di plastica visualizzati nelle varie immagini spettrali acquisite.
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I materiali compositi a matrice polimerica rinforzati con fibra di carbonio (CFRP) si stanno sviluppando in maniera esponenziale negli ultimi anni, con una crescita del 20 – 25% annua, tanto che si prevede una domanda di circa 194.000 tonnellate entro il 2022 per cui è evidente che negli anni a venire dovranno essere smaltiti diversi rifiuti realizzati con tale materiale. Lo stato attuale relativo al riciclo dei CFRP prevede, per la maggior parte di essi, di essere conferiti in discarica o inviati all’inceneritore per ottenere un recupero energetico grazie alla presenza della matrice a base polimerica ma questo non consente il recupero della fibra per cui non è una tecnica che sfrutta l’alto valore del rifiuto. È proprio per questo motivo che si stanno sviluppando diverse metodologie di riciclo dei materiali compositi fibro – rinforzati nell’ottica dell’economia circolare, in particolare, si distinguono in riciclo meccanico, termico e chimico in base ai principi che stanno alla base degli stessi. Si precisa che su scala commerciale è stato realizzato solamente il riciclo termico tramite pirolisi mentre per tutte le altre tecniche si è ancora in fase di sperimentazione e di ricerca in laboratorio. L’obiettivo dell’elaborato di tesi è quello di valutare e approfondire il riciclo dei materiali compositi in fibra di carbonio in modo tale da studiare e validare sperimentalmente due componenti realizzati in materiale composito rinforzato con fibra di carbonio riciclata per poterli confrontare con i medesimi componenti realizzati in fibra nuova così da trarre delle conclusioni in merito alle proprietà meccaniche di rigidezza e resistenza ottenibili. Il lavoro di tesi è stato svolto all’interno dell’azienda Bucci Composites S.p.A. con sede a Faenza, la quale si occupa di progettazione e realizzazione di diversi componenti in materiale composito avanzato per diverse aziende clienti provenienti dai settori automotive, aerospaziale, nautico e industriale più in generale.
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Il presente studio ha avuto l’obiettivo di indagare la produzione di bioetanolo di seconda generazione a partire dagli scarti lignocellulosici della canna da zucchero (bagassa), facendo riscorso al processo enzimatico. L’attività di ricerca è stata svolta presso il Dipartimento di Ingegneria Chimica dell’Università di Lund (Svezia) all’interno di rapporti scambio con l’Università di Bologna. Il principale scopo è consistito nel valutare la produzione di etanolo in funzione delle condizioni operative con cui è stata condotta la saccarificazione e fermentazione enzimatica (SSF) della bagassa, materia prima che è stata sottoposta al pretrattamento di Steam Explosion (STEX) con aggiunta di SO2 come catalizzatore acido. Successivamente, i dati ottenuti in laboratorio dalla SSF sono stati utilizzati per implementare, in ambiente AspenPlus®, il flowsheet di un impianto che simula tutti gli aspetti della produzione di etanolo, al fine di studiarne il rendimento energetico dell’intero processo. La produzione di combustibili alternativi alle fonti fossili oggigiorno riveste primaria importanza sia nella limitazione dell’effetto serra sia nel minimizzare gli effetti di shock geopolitici sulle forniture strategiche di un Paese. Il settore dei trasporti in continua crescita, consuma nei paesi industrializzati circa un terzo del fabbisogno di fonti fossili. In questo contesto la produzione di bioetanolo può portare benefici per sia per l’ambiente che per l’economia qualora valutazioni del ciclo di vita del combustibile ne certifichino l’efficacia energetica e il potenziale di mitigazione dell’effetto serra. Numerosi studi mettono in risalto i pregi ambientali del bioetanolo, tuttavia è opportuno fare distinzioni sul processo di produzione e sul materiale di partenza utilizzato per comprendere appieno le reali potenzialità del sistema well-to-wheel del biocombustibile. Il bioetanolo di prima generazione ottenuto dalla trasformazione dell’amido (mais) e delle melasse (barbabietola e canna da zucchero) ha mostrato diversi svantaggi: primo, per via della competizione tra l’industria alimentare e dei biocarburanti, in secondo luogo poiché le sole piantagioni non hanno la potenzialità di soddisfare domande crescenti di bioetanolo. In aggiunta sono state mostrate forti perplessità in merito alla efficienza energetica e del ciclo di vita del bioetanolo da mais, da cui si ottiene quasi la metà della produzione di mondiale di etanolo (27 G litri/anno). L’utilizzo di materiali lignocellulosici come scarti agricolturali e dell’industria forestale, rifiuti urbani, softwood e hardwood, al contrario delle precedenti colture, non presentano gli svantaggi sopra menzionati e per tale motivo il bioetanolo prodotto dalla lignocellulosa viene denominato di seconda generazione. Tuttavia i metodi per produrlo risultano più complessi rispetto ai precedenti per via della difficoltà di rendere biodisponibili gli zuccheri contenuti nella lignocellulosa; per tale motivo è richiesto sia un pretrattamento che l’idrolisi enzimatica. La bagassa è un substrato ottimale per la produzione di bioetanolo di seconda generazione in quanto è disponibile in grandi quantità e ha già mostrato buone rese in etanolo se sottoposta a SSF. La bagassa tal quale è stata inizialmente essiccata all’aria e il contenuto d’acqua corretto al 60%; successivamente è stata posta a contatto per 30 minuti col catalizzatore acido SO2 (2%), al termine dei quali è stata pretrattata nel reattore STEX (10L, 200°C e 5 minuti) in 6 lotti da 1.638kg su peso umido. Lo slurry ottenuto è stato sottoposto a SSF batch (35°C e pH 5) utilizzando enzimi cellulolitici per l’idrolisi e lievito di birra ordinario (Saccharomyces cerevisiae) come consorzio microbico per la fermentazione. Un obiettivo della indagine è stato studiare il rendimento della SSF variando il medium di nutrienti, la concentrazione dei solidi (WIS 5%, 7.5%, 10%) e il carico di zuccheri. Dai risultati è emersa sia una buona attività enzimatica di depolimerizzazione della cellulosa che un elevato rendimento di fermentazione, anche per via della bassa concentrazione di inibitori prodotti nello stadio di pretrattamento come acido acetico, furfuraldeide e HMF. Tuttavia la concentrazione di etanolo raggiunta non è stata valutata sufficientemente alta per condurre a scala pilota un eventuale distillazione con bassi costi energetici. Pertanto, sono stati condotti ulteriori esperimenti SSF batch con addizione di melassa da barbabietola (Beta vulgaris), studiandone preventivamente i rendimenti attraverso fermentazioni alle stesse condizioni della SSF. I risultati ottenuti hanno suggerito che con ulteriori accorgimenti si potranno raggiungere gli obiettivi preposti. E’ stato inoltre indagato il rendimento energetico del processo di produzione di bioetanolo mediante SSF di bagassa con aggiunta di melassa in funzione delle variabili più significative. Per la modellazione si è fatto ricorso al software AspenPlus®, conducendo l’analisi di sensitività del mix energetico in uscita dall’impianto al variare del rendimento di SSF e dell’addizione di saccarosio. Dalle simulazioni è emerso che, al netto del fabbisogno entalpico di autosostentamento, l’efficienza energetica del processo varia tra 0.20 e 0.53 a seconda delle condizioni; inoltre, è stata costruita la curva dei costi energetici di distillazione per litro di etanolo prodotto in funzione delle concentrazioni di etanolo in uscita dalla fermentazione. Infine sono già stati individuati fattori su cui è possibile agire per ottenere ulteriori miglioramenti sia in laboratorio che nella modellazione di processo e, di conseguenza, produrre con alta efficienza energetica bioetanolo ad elevato potenziale di mitigazione dell’effetto serra.