252 resultados para sistema votazione gestione utenti sito web


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Questa si ripropone in prima istanza di analizzare le origini e l’evoluzione del concetto di sostenibilità e successivamente di prendere in considerazione uno dei tanti mezzi che consentono di perseguirla: la gestione della sosta. Per molti anni infatti, a partire dal momento in cui sono iniziate ad emergere le esternalità negative legate al traffico, si è pensato che quello dei parcheggi fosse solo un ulteriore problema. Solo di recente, dalla fine degli anni ’90, fatta eccezione per il caso della Gran Bretagna che ha fatto da capofila già a partire dagli anni ’80, si è iniziato a considerare la sosta come parte della soluzione dei problemi di congestione, inquinamento e di vivibilità delle città. Verrà analizzata perciò nel secondo capitolo l’evoluzione delle politiche della sosta a livello europeo, con particolare attenzione all’operato svolto dall’EPA (European Parking Association) associazione leader nel settore riconosciuta dall’Unione Europea e sostenuta da 18 Paesi membri tra cui anche l’Italia. Il lavoro svolto da quest’associazione, nata nei primi anni ’80, è quello di decidere insieme agli associati delle linee comuni da seguire per migliorare le politiche a livello europeo riguardo la gestione della sosta. Si tratta nella pratica di studi, convegni e analisi degli effetti prodotti da provvedimenti intrapresi nelle varie città che hanno iniziato ad introdurre la regolamentazione della sosta. Sempre nel secondo capitolo saranno quindi presentate le linee guida europee nell’ambito dei parcheggi e si analizzeranno casi di “Best Practices” di alcuni Paesi che hanno introdotto provvedimenti per la gestione della sosta. Nel terzo capitolo invece viene considerata la situazione in Italia parlando in principio di Aipark, l’associazione italiana operatori nel settore dei parcheggi che partecipa alle attività dell’Epa e prendendo in esame in seguito le politiche adottate a livello nazionale e nello specifico in alcune tra le più importanti città italiane. Si vedrà come sia ancora troppo marcata la distanza del nostro Paese dai progressi registrati in altri Paesi dell’UE, con le dovute eccezioni. Per quel che riguarda l’aspetto normativo è significativo il fatto che, nonostante il riconoscimento della forte influenza che le politiche della sosta hanno sulla regolazione del traffico, ci siano ancora molte lacune legislative e che spesso la sosta non compaia tra i soggetti delle leggi in tale settore. La legislazione italiana nell’ambito dei parcheggi verrà analizzata nel quarto capitolo. Successivamente, nei capitoli 5 e 6 si parlerà delle fasi preliminari della redazione del Piano della Sosta di Casalecchio di Reno. Il Piano della Sosta è uno dei Piani Particolareggiati che costituiscono il 2° livello di progettazione del PUT (Piano Urbano del Traffico) e rappresenta uno strumento di pianificazione utile ad analizzare lo stato di fatto del sistema dei parcheggi di una città in modo da coglierne le criticità e fornire eventualmente le soluzioni per ovviare ad esse. Nel quinto capitolo viene effettuato un inquadramento territoriale di Casalecchio e si parlerà delle problematiche della sosta emerse nel PGTU (Piano Generale del Traffico Urbano) che costituisce il progetto preliminare o Piano Quadro del PUT. Le fasi attraverso le quali viene elaborato un Piano della sosta si possono sintetizzare nei seguenti punti: - Studio della normativa nazionale e locale e di esempi significativi di altre realtà nell’ambito della sosta. - Analisi dello stato di fatto in termini di domanda e offerta. - Indagini mediante incontri pubblici, distribuzione di questionari o interviste dirette, per cogliere le esigenze degli utenti che usufruiscono del servizio. - Analisi delle eventuali criticità emerse. - Progettazione del nuovo assetto della sosta. - Campagna di sensibilizzazione per fare “accettare” con più facilità i cambiamenti agli utenti. Nel sesto capitolo di questa tesi, e negli allegati si possono consultare i risultati delle indagini su domanda e offerta condotte da TPS (Transport Planning Service), azienda che svolge attività di pianificazione e progettazione, di fornitura software, oltre che indagini e rilievi nell’ambito dei trasporti. Verranno descritte le modalità di rilievo e verranno presentati i risultati ottenuti dall’elaborazione dei dati raccolti, con qualche accenno alle possibili soluzioni per risolvere le problematiche emerse. La fase di progettazione vera e propria degli interventi non verrà invece trattata in questa sede.

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Cambiamenti di habitat in ambienti marini: uno studio sperimentale sulla perdita di foreste a Cystoseira barbata (Stackhouse) C. Agardh e sui popolamenti che le sostituiscono La presente tesi affronta il tema scientifico generale di come prevedere e mitigare la perdita di habitat marini naturali causata dalle attività umane. La tesi si è focalizzata sugli habitat subtidali a “canopy” formati da macroalghe brune a tallo eretto dell’ordine Fucales, che per morfologia, ruolo ed importanza ecologica possono essere paragonate alle “foreste” in ambienti terrestri temperati. Questi sistemi sono tra i più produttivi in ambienti marini, e sono coinvolti in importanti processi ecologici, offrendo cibo, protezione, riparo ed ancoraggio a diverse altre specie animali e vegetali, modificando i gradienti naturali di luce, sedimentazione e idrodinamismo, e partecipando al ciclo dei nutrienti. Sulle coste temperate di tutto il mondo, le foreste di macroalghe a canopy sono in forte regressione su scala locale, regionale e globale. Questo fenomeno, che sta accelerando a un ritmo sempre più allarmante, sta sollevando interesse e preoccupazione. Infatti, data la loro importanza, la perdita di questi habitat può avere importanti conseguenze ecologiche ed economiche, tra cui anche il possibile declino della pesca che è stato osservato in alcune aree in seguito alla conseguente riduzione della produttività complessiva dei sistemi marini costieri. Nel Mar Mediterraneo questi tipi di habitat sono originati prevalentemente da alghe appartenenti al genere Cystoseira, che sono segnalate in forte regressione in molte regioni. Gli habitat a Cystoseira che ancora persistono continuano ad essere minacciati da una sineregia di impatti antropici, ed i benefici complessivi delle misure di protezione fin ora attuate sono relativamente scarsi. Scopo della presente tesi era quello di documentare la perdita di habitat a Cystoseira (prevalentemente Cystoseira barbata (Stackhouse) C. Agardh) lungo le coste del Monte Conero (Mar Adriatico centrale, Italia), e chiarire alcuni dei possibili meccanismi alla base di tale perdita. Studi precedentemente condotti nell’area di studio avevano evidenziato importanti cambiamenti nella composizione floristica e della distribuzione di habitat a Cystoseira in quest’area, e avevano suggerito che la scarsa capacità di recupero di questi sistemi potesse essere regolata da interazioni tra Cystoseira e le nuove specie dominanti sui substrati lasciati liberi dalla perdita di Cystoseira. Attraverso ripetute mappature dell’habitat condotte a partire da Luglio 2008 fino a Giugno 2010, ho documentato la perdita progressiva delle poche, e sempre più frammentate, patch di habitat originate da questa specie in due siti chiamati La Vela e Due Sorelle. Attraverso successivi esperimenti, ho poi evidenziato le interazioni ecologiche tra le specie dominanti coinvolte in questi cambiamenti di habitat, al fine di identificare possibili meccanismi di feedback che possano facilitare la persistenza di ciascun habitat o, viceversa, l’insediamento di habitat alternativi. La mappatura dell’habitat ha mostrato un chiaro declino della copertura, della densità e della dimensione degli habitat a Cystoseira (rappresentati soprattutto dalla specie C. barbata e occasionalmente C. compressa che però non è stata inclusa nei successivi esperimenti, d’ora in avanti per semplicità verrà utilizzato unicamente il termine Cystoseira per indicare questo habitat) durante il periodo di studio. Nel sito Due Sorelle le canopy a Cystoseira sono virtualmente scomparse, mentre a La Vela sono rimaste poche, sporadiche ed isolate chiazze di Cystoseira. Questi habitat a canopy sono stati sostituiti da nuovi habitat più semplici, tra cui soprattutto letti di mitili, feltri algali e stand monospecifici di Gracilaira spp.. La mappatura dell’habitat ha inoltre sottolineato una diminuzione del potenziale di recupero del sistema con un chiaro declino del reclutamento di Cystoseira durante tutto il periodo di studio. Successivamente ho testato se: 1) una volta perse, il recupero di Cystoseira (reclutamento) possa essere influenzato dalle interazioni con le nuove specie dominanti, quali mitili e feltri algali; 2) il reclutamento di mitili direttamente sulle fronde di Cystoseira (sia talli allo stadio adulto che giovanili) possa influenzare la sopravvivenza e la crescita della macroalga; 3) la sopravvivenza e la crescita delle nuove specie dominanti, in particolare mitili, possa essere rallentata dalla presenza di canopy di Cystoseira. I risultati dimostrano che le nuove specie dominanti insediatesi (feltri algali e mitili), possono inibire il reclutamento di Cystoseira, accelerandone il conseguente declino. L’effetto diretto dei mitili sulle fronde non è risultato particolarmente significativo né per la sopravvivenza di Cystoseira che finora non è risultata preclusa in nessun stadio di sviluppo, né per la crescita, che nel caso di individui adulti è risultata leggermente, ma non significativamente, più elevata per le fronde pulite dai mitili, mentre è stato osservato il contrario per i giovanili. La presenza di canopy a Cystoseira, anche se di piccole dimensioni, ha limitato la sopravvivenza di mitili. Questi risultati complessivamente suggeriscono che una foresta di macroalghe in buone condizioni può avere un meccanismo di autoregolazione in grado di facilitare la propria persistenza. Quando però il sistema inizia a degradarsi e a frammentarsi progressivamente, i cambiamenti delle condizioni biotiche determinati dall’aumento di nuove specie dominanti contribuiscono alla mancanza di capacità di recupero del sistema. Pertanto le strategie per una gestione sostenibile di questi sistemi dovrebbero focalizzarsi sui primi segnali di cambiamenti in questo habitat e sui possibili fattori che ne mantengono la resilienza.

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La gestione di sorgenti multiple di disturbo in AMP: il caso delle Isole Tremiti Il seguente lavoro di tesi valuta l’efficacia di protezione di un’area marina protetta (AMP) sui popolamenti di differenti habitat compresi in zone a diverso regime di tutela. Questo tema è molto sentito sia dal punto di vista scientifico, poiché le AMP rappresentano uno esperimento di esclusione delle attività antropiche ad ampia scala, sia dal punto di vista socio-economico per l’interesse che sono in grado di generare nelle comunità locali. Tuttavia, ad oggi, gli studi che abbiano dimostrato l’efficacia di protezione delle AMP sono pochi e sono per lo più diretti sulle specie di maggior interesse commerciale. In generale, c’è un’evidente mancanza di protezione in molte AMP del Mediterraneo e di aree extra-mediterranee che può essere attribuita a diversi fattori, tra cui le caratteristiche fisiche dei siti dove sono state istituite, le modalità di gestione e le numerose attività illegali che vengono svolte all’interno dei loro confini. Inoltre, nelle aree protette, spesso, anche le attività lecite non sono adeguatamente regolamentate, limitando ulteriormente il perseguimento degli obiettivi istitutivi e la tutela della biodiversità marina. Testare le ipotesi sull’efficacia di protezione delle AMP è, quindi, di fondamentale importanza per capire quali tipi di impatti sono maggiormente presenti e per poter fornire agli Enti gestori informazioni utili per migliorare l’amministrazione delle AMP. In particolare, l’AMP dell’arcipelago delle Isole Tremiti, istituita da oltre venti anni, è un’area protetta che presenta molte criticità, come dimostrato in precedenti campagne di monitoraggio condotte dal Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (CoNISMa). In questo contesto, la presente tesi è stata sviluppata con lo scopo di quantificare l’effetto della regolamentazione di diverse attività umane sui popolamenti del subtidale, della frangia e delle praterie di Posidonia oceanica nell’AMP delle Isole Tremiti a diverse scale spaziali per un periodo di circa dieci anni. Questo lavoro, inoltre, rientra in un progetto finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare al CoNISMa volto ad impostare un’attività di monitoraggio sperimentale e di mitigazione in questa AMP. I campionamenti sono stati condotti tra Giugno e Settembre 2010 e i dati raccolti sono stati integrati a quelli ottenuti nei precedenti monitoraggi svolti nelle Isole Tremiti. I risultati hanno mostrato che: 1) ci sono differenze significative consistenti nel tempo tra il subtidale dell’isola di Pianosa e quello delle altre isole dell’arcipelago; 2) i popolamenti nella frangia di Pianosa, di San Domino e di Caprara non presentano differenze significative; 3) c’è un’elevata variabilità a scala di sito nelle praterie di Posidonia oceanica, ma non si osserva una differenza tra località protette ed impattate. La differenza riscontrata nel subtidale tra zona a protezione integrale (Pianosa) e le altre isole dell’arcipelago (controlli) non è però attribuibile ad un effetto della protezione. Infatti, il subtidale di Pianosa è caratterizzato da un barren molto esteso con elevate percentuali di spugne rosse incrostanti, di alghe rodoficee incrostanti e di ricci di mare, mentre nelle isole di San Domino e di Caprara c’è una maggiore diversità data da alghe corallinacee articolate, alghe erette, idrozoi, ascidiacei e numerose spugne. Diversi fattori possono aver agito nel determinare questo risultato, ma molto probabilmente la cospicua attività di pesca illegale che viene praticata a Pianosa combinata all’attività di grazing degli erbivori, non controllati dai predatori, limita il recupero dei popolamenti. Al contrario, l’assenza di differenze nei popolamenti della frangia delle tre isole campionate fa ipotizzare la mancanza di impatti diretti (principalmente il calpestio) su questo habitat. Per quanto riguarda la Posidonia oceanica i risultati suggeriscono che si stia verificando un ancoraggio indiscriminato su tutte le praterie delle Isole Tremiti e che molto probabilmente si tratta di praterie in forte regressione, come indicano anche le ricerche condotte dall’Università di Bari. C’è bisogno, tuttavia, di ulteriori studi che aiutino a comprendere meglio la variabilità nella riposta dei popolamenti in relazione alle diverse condizioni ambientali e al diverso sforzo di gestione. In conclusione, dai risultati ottenuti, emerge chiaramente come anche nell’AMP delle Isole Tremiti, ci sia una scarsa efficacia di protezione, così come è stato rilevato per la maggior parte delle AMP italiane. Per risolvere le costanti conflittualità che perdurano nelle Isole Tremiti e che non permettono il raggiungimento degli obiettivi istitutivi dell’AMP, è assolutamente necessario, oltre che far rispettare la regolamentazione vigente incrementando il numero di guardacoste sull’isola durante tutto l’anno, procedere, eventualmente, ad una rizonizzazione dell’AMP e sviluppare un piano di gestione in accordo con la popolazione locale adeguatamente sensibilizzata. Solo in questo modo sarà possibile ridurre le numerose attività illegali all’interno dell’AMP, e, allo stesso tempo, rendere gli stessi cittadini una componente imprescindibile della conservazione di questo arcipelago.

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Applicazione Web che permette di creare eventi in un calendario relativo all'assunzione di farmaci da parte di utenti con deficit di memorizzazione.

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L'informazione è alla base della conoscenza umana. Senza, non si potrebbe sapere nulla di ciò che esiste, di ciò che è stato o di quello che potrebbe accadere. Ogni giorno si assimilano moltissime informazioni, che vengono registrate nella propria memoria per essere riutilizzate all'occorrenza. Ne esistono di vari generi, ma il loro insieme va a formare quella che è la cultura, educazione, tradizione e storia dell'individuo. Per questo motivo è importante la loro diffusione e salvaguardia, impedendone la perdita che costerebbe la dipartita di una parte di sé, del proprio passato o del proprio futuro. Al giorno d'oggi le informazioni possono essere acquisite tramite persone, libri, riviste, giornali, la televisione, il Web. I canali di trasmissione sono molti, alcuni più efficaci di altri. Tra questi, internet è diventato un potente strumento di comunicazione, il quale consente l'interazione tra chi naviga nel Web (ossia gli utenti) e una partecipazione attiva alla diffusione di informazioni. Nello specifico, esistono siti (chiamati di microblogging) in cui sono gli stessi utenti a decidere se un'informazione possa essere o meno inserita nella propria pagina personale. In questo caso, si è di fronte a una nuova "gestione dell'informazione", che può variare da utente a utente e può defluire in catene di propagazione (percorsi che compiono i dati e le notizie tra i navigatori del Web) dai risvolti spesso incerti. Ma esiste un modello che possa spiegare l'avanzata delle informazioni tra gli utenti? Se fosse possibile capirne la dinamica, si potrebbe venire a conoscenza di quali sono le informazioni più soggette a propagazione, gli utenti che più ne influenzano i percorsi, quante persone ne vengono a conoscenza o il tempo per cui resta attiva un'informazione, descrivendone una sorta di ciclo di vita. E' possibile nel mondo reale trovare delle caratteristiche ricorrenti in queste propagazioni, in modo da poter sviluppare un metodo universale per acquisirne e analizzarne le dinamiche? I siti di microblogging non seguono regole precise, perciò si va incontro a un insieme apparentemente casuale di informazioni che necessitano una chiave di lettura. Quest'ultima è proprio quella che si è cercata, con la speranza di poter sfruttare i risultati ottenuti nell'ipotesi di una futura gestione dell'informazione più consapevole. L'obiettivo della tesi è quello di identificare un modello che mostri con chiarezza quali sono i passaggi da affrontare nella ricerca di una logica di fondo nella gestione delle informazioni in rete.

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IMPARARE LA SOSTENIBILITA’ Oggetto di questa tesi di laurea è la progettazione di un asilo nido in prossimità della scuola dell’infanzia “Coccinella” di Bertinoro (FC) per rispondere alle esigenze espresse dalla’Amministrazione Comunale, orientate a realizzare un ampliamento della struttura esistente, completando così il polo scolastico comprendente anche la scuola elementare comunale adiacente. La strategia di intervento che il progetto ha adottato prevede due scenari: uno che assume integralmente gli obiettivi dell’Amministrazione e prevede la realizzazione di una struttura per la prima infanzia ad ampliamento di quella esistente, e un secondo che invece propone anche la realizzazione di una nuova scuola materna, in sostituzione di quella attualmente presente. Il progetto ha adottato un approccio integrato dal punto di vista formale e costruttivo, mostrando particolari attenzioni alle tematiche ambientali, assunte come determinanti per ottenere elevati livelli di benessere per i fruitori. La scuola diventa così promotrice di una progettazione orientata a principi di sostenibilità ambientale, efficienza e risparmio energetico, attraverso scelte in cui, sin dalle prime fasi, tecnologia, ambiente, comfort e salute cercano un reciproco equilibrio. A scala urbana si è scelto di recuperare e ampliare il sistema di percorsi pedonali che consente il collegamento tra le diverse parti della città, valorizzando il paesaggio quale risorsa primaria. A scala locale, per garantire l’integrazione del nuovo intervento con l’ambiente e il territorio, il progetto ha richiesto un’approfondita analisi preliminare del sito, comprendente lo studio di elementi del contesto sociale, culturale, ambientale e paesaggistico. A questi si sono affiancati gli aspetti climatologici, funzionali alla scelta dell’esposizione da attribuire all’edificio in modo da mitigare gli effetti delle variazioni climatiche e ottimizzare la qualità indoor. Dal punto di vista funzionale e distributivo il progetto ha risposto a criteri di massima flessibilità e fruibilità degli ambienti interni, assecondando le esigenze di educatori e bambini. Particolare attenzione è stata rivolta alla scelta della tipologia costruttiva, adottando elementi prefabbricati in legno assemblati a secco. Questo sistema consente la realizzazione di strutture affidabili, durevoli nel tempo e rispondenti a tre criteri fondamentali nell’ottica della sostenibilità: impiego di materiali rinnovabili, minimizzazione dei rifiuti e del consumo di acqua in cantiere e possibilità di recupero tramite smontaggio. Per garantire un corretto rapporto tra costruito e contesto urbano si è deciso di utilizzare materiali da rivestimento della tradizione locale, quali la pietra, e di attenuare l’impatto visivo dell’intervento attraverso l’impiego di coperture verdi. Queste, oltre a restituire in copertura il suolo occupato dai volumi edificati, contribuiscono alla mitigazione del microclima, sia all’interno dell’edificio che nel suo intorno. Rispetto agli obiettivi di benessere degli utenti, il progetto si è posto l’obiettivo di superare i confini determinati dalla normativa sui requisiti energetici, puntando al raggiungimento di condizioni ottimali in termini di salubrità del costruito e confort abitativo. Questo intervento si propone di sperimentare un approccio ecologico di sensibilizzazione ai criteri di sostenibilità, capace di coinvolgere tutti i protagonisti della vita scolastica: i bambini, gli insegnanti, i genitori e la città. “Imparare la sostenibilità” è l’obiettivo del progetto e la linea guida della tesi, i “percorsi di sostenibilità”, rappresenta il frutto degli studi, delle analisi, delle scelte che ci hanno spinto ad ottenere lo scopo prefissato e racchiude in un significato sia fisico che metaforico i risultati finali, sia a scala urbana, che a scala dell’edificio. Il termine “percorsi” ci permette di comprendere sia la nuova rete di collegamenti tra l’area di intervento e il resto della città quali strumento di rigenerazione e di contatto con il paesaggio, ma anche il processo di crescita e formativo che il bambino, destinatario e protagonista del progetto, intraprenderà in questi luoghi. La realizzazione di edifici tecnologicamente efficienti dal punto di vista delle prestazioni energetiche (raggiungimento classe B per la struttura esistente, classe A per le ipotesi di ampliamento) ma anche dal punto di vista del confort luminoso rappresenta la premessa per la formazione di una nuova generazione più responsabile e rispettosa nei confronti dell’ambiente che la circonda.

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Questa tesi affronta il progetto di riqualificazione energetica, riorganizzazione funzionale ed ampliamento del plesso scolastico a Villa Romiti a Forlì, costituito da tre istituti scolastici (scuola dell'infanzia "Le Api", scuola primaria "P. Squadrani" e scuola secondaria inferiore "G. Mercuriali") inseriti in un comparto su cui insistono anche il palazzetto dello sport "Pala-Romiti" e la torre piezometrica dell'acquedotto, a servizio dell'omonimo quartiere. Al fine di comprendere meglio le dinamiche che intercorrono tra il plesso scolastico, il quartiere in cui è collocato e la città , è stata inizialmente effettuata un'analisi dell'area, del territorio circostante e del sistema scolastico forlivese, che ne ha evidenziato alcuni dei tratti salienti. Il comparto è una superficie pianeggiante di forma rettangolare, con un'estensione di 34000 mq, collocata a ovest del centro storico di Forlì, in prossimità  del fiume Montone e a contatto diretto con il territorio agricolo periurbano, delimitata su due lati dalla rete viaria urbana e sui restanti due dai campi circostanti. Questa particolare collocazione dispone l'area nel punto di incontro tra due diverse trame del territorio: quella urbana definita dall'allineamento dei corpi di fabbrica del quartiere Romiti, ripreso dall'orientamento degli edifici all'interno del plesso scolastico, e la trama agricola derivante dalla centuriazione romana, che segna l'intero territorio circostante in relazione al tracciato dell'antica via Emilia. In seguito, l'attenzione si è focalizzata sulle relazioni tra i vari elementi che occupano l'area e sugli elementi di criticità  che le condizionano. Sulla scorta dei programmi fissati dall'Amministrazione comunale, un ulteriore approfondimento ha permesso di individuare le criticità  a livello del singolo edificio e di delineare le strategie di intervento per la riqualificazione del comparto. Rispetto al sistema scolastico forlivese, che si è sviluppato invece seguendo le direttrici di espansione della città storica verso est, l'area appare come un nucleo isolato, in cui gli indirizzi dell'Amministrazione prevedono di mantenere ed intensificare la presenza di più istituti scolastici, in modo da rafforzarne il carattere di polo di formazione, a servizio di un bacino di utenza molto vasto, che dall'insediamento urbano più prossimo si estende fino alle frazioni presenti sui colli circostanti. La presenza all'interno del comparto del Palazzetto dello sport accentua le difficoltà  di gestione e l'utilizzo promiscuo degli spazi connettivi e di pertinenza, già  complesse a causa della convivenza di diverse scuole. La necessità  di assicurare l'accesso al Palazzetto anche da parte degli utenti esterni alle scuole ha generato una confusa rete di percorsi di accesso all'area; in cui percorrenze carrabili e pedonali si sovrappongono, con conseguenti problemi sia di funzionalità  che di sicurezza, soprattutto per gli alunni degli istituti. Elemento positivo su cui innestare una riqualificazione del plesso è la presenza di estese aree verdi, in parte di pertinenza esclusiva, che ospitano le attività  ludiche degli studenti ma che attualmente soffrono di incuria e di scarsa manutenzione, aggravate dalla mancanza di un efficiente sistema perimetrale di controllo. Il palazzetto dello sport e la torre piezometrica, servizi di quartiere utili alla collettività , rappresentano due emergenze architettoniche che, nell'ottica di una sistemazione planivolumetrica dell'area, necessitano di un'attenzione particolare, al fine di integrarle all'interno di un unico disegno generale di un "campus" scolastico. Approfondendo l'analisi alla scala dei singoli edifici, di ciascuno di essi sono state evidenziate le principali criticità , in termini architettonici, funzionali ed energetici. La scuola primaria "P. Squadrani", costruita alla fine degli anni "40, è un edificio a corte, con un regolare disegno di facciata scandito da aperture ad arco, che gli conferiscono un'identità  architettonica, molto più debole invece negli altri edifici del comparto. Per questo edificio, che presenta problemi legati alla fruizione e all'orientamento delle aule per la didattica, il programma dell'Amministrazione comunale prevede un ampliamento in grado di ospitare un'ulteriore sezione. L'Amministrazione non prevede prossimi interventi, invece, per scuola secondaria inferiore "G. Mercuriali", che però, nonostante la sua costruzione risalga agli anni '80, appare in cattivo stato di conservazione e manca sia di un'adeguata area verde di pertinenza, che di una palestra a uso esclusivo. Infine, la scuola dell'infanzia "Le Api", di recente costruzione, è dotata di un'area verde di grande estensione, ma collocata in posizione sfavorevole, a causa dell'ombra proiettata dall'edificio "Pala-Romiti". Per questo istituto, l'Amministrazione prevede il raddoppio della capienza, per raggiungere il numero di sei unità  pedagogiche complessive. Le analisi effettuate sul comportamento energetico evidenziano che le prestazioni di tutti e tre gli edifici sono inadeguate e devono essere sensibilmente migliorate per allinearsi agli standard della recente normativa regionale (DAL 156/2008 Regione Emilia-Romagna). Sulla base degli elementi emersi dalle analisi preliminari e degli obiettivi fissati dall'Amministrazione comunale, la strategia di progetto adottata si è focalizzata su sette principali obiettivi: riorganizzare il sistema di accessi e percorsi, separando l'uso carrabile da quello pedonale: si è previsto di declassare e riservare ai soli mezzi pubblici il tratto di strada comunale antistante il lato sud del comparto e di innestarvi un asse principale di accesso all'area scolastica, ad uso esclusivo degli utenti delle scuole; attestare sul nuovo asse principale di percorrenza i cinque diversi nuclei funzionali presenti nell'area: le tre scuole, il palazzetto dello sport, il nuovo parco pubblico e infine l'area riservata alla torre piezometrica e ai parcheggi; progettare un'unica nuova scuola per l'infanzia, dimensionata per ospitare tutte le sei sezioni previste, collocata a diretto contatto con il verde agricolo circostante, caratterizzata da una separazione netta -funzionale e volumetrica- tra gli spazi dedicati ai bambini e quelli dedicati al personale e organizzata in due blocchi indipendenti di unità pedagogiche, da tre aule ciascuno, dotate di un ampio spazio esterno di gioco e attività all'aperto; riqualificare energeticamente e funzionalmente la scuola primaria e ampliarla con l'aggiunta di un adiacente corpo di fabbrica di nuova costruzione, in continuità planimetrica e volumetrica con l'edificio esistente, a cui il nuovo volume si collega tramite una corte coperta; sottoporre il "Pala-Romiti" ad un "restyling" delle facciate e riorganizzarne i sistemi di collegamento verticale esterni; riconfigurare l'area di pertinenza esclusiva della scuola secondaria inferiore, raccordandola con il nuovo parco pubblico progettato sull'area liberata dalla demolizione della precedente scuola dell'infanzia, collocato nelle vicinanze dell'attuale parco di quartiere, cosi da rinforzare la presenza di verde urbano nel comparto; dotare la torre piezometrica di una propria via di accesso indipendente, sulla quale vengono concentrati i parcheggi necessari alle esigenze dell'intera area. In sintesi, l'obiettivo da raggiungere attraverso questa tesi è quello di proporre un intervento che analizzi e ponga rimedio alle criticità  e contemporaneamente valorizzi i punti di forza già presenti, cercando di progettare uno spazio a misura di bambino, un'isola pedonale immersa nel verde.

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In questo elaborato prenderemo in esame la questione della progettazione di un sistema software atto a gestire alcuni dei problemi legati alla raccolta dei dati in ambito medico. Da tempo infatti si è capita l'importanza di una speciale tecnica di raccolta dei dati clinici, nota in letteratura col nome di "patient-reported outcome", che prevede che siano i pazienti stessi a fornire le informazioni circa l'andamento di una cura, di un test clinico o, più semplicemente, informazioni sul loro stato di salute fisica o mentale. Vedremo in questa trattazione come ciò sia possibile e, soprattutto, come le tecniche e le tecnologie informatiche possano dare un grande contributo ai problemi di questo ambito. Mostreremo non solo come sia conveniente l'uso, in campo clinico, di tecniche automatiche di raccolta dei dati, della loro manipolazione, aggregazione e condivisione, ma anche come sia possibile realizzare un sistema moderno che risolva tutti questi problemi attraverso l'utilizzo di tecnologie esistenti, tecniche di modellazione dei dati strutturati e un approccio che, mediante un processo di generalizzazione, aiuti a semplificare lo sviluppo del software stesso.

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Con il termine Smart Grid si intende una rete urbana capillare che trasporta energia, informazione e controllo, composta da dispositivi e sistemi altamente distribuiti e cooperanti. Essa deve essere in grado di orchestrare in modo intelligente le azioni di tutti gli utenti e dispositivi connessi al fine di distribuire energia in modo sicuro, efficiente e sostenibile. Questo connubio fra ICT ed Energia viene comunemente identificato anche con il termine Smart Metering, o Internet of Energy. La crescente domanda di energia e l’assoluta necessità di ridurre gli impatti ambientali (pacchetto clima energia 20-20-20 [9]), ha creato una convergenza di interessi scientifici, industriali e politici sul tema di come le tecnologie ICT possano abilitare un processo di trasformazione strutturale di ogni fase del ciclo energetico: dalla generazione fino all’accumulo, al trasporto, alla distribuzione, alla vendita e, non ultimo, il consumo intelligente di energia. Tutti i dispositivi connessi, diventeranno parte attiva di un ciclo di controllo esteso alle grandi centrali di generazione così come ai comportamenti dei singoli utenti, agli elettrodomestici di casa, alle auto elettriche e ai sistemi di micro-generazione diffusa. La Smart Grid dovrà quindi appoggiarsi su una rete capillare di comunicazione che fornisca non solo la connettività fra i dispositivi, ma anche l’abilitazione di nuovi servizi energetici a valore aggiunto. In questo scenario, la strategia di comunicazione sviluppata per lo Smart Metering dell’energia elettrica, può essere estesa anche a tutte le applicazioni di telerilevamento e gestione, come nuovi contatori dell’acqua e del gas intelligenti, gestione dei rifiuti, monitoraggio dell’inquinamento dell’aria, monitoraggio del rumore acustico stradale, controllo continuo del sistema di illuminazione pubblico, sistemi di gestione dei parcheggi cittadini, monitoraggio del servizio di noleggio delle biciclette, ecc. Tutto ciò si prevede possa contribuire alla progettazione di un unico sistema connesso, dove differenti dispositivi eterogenei saranno collegati per mettere a disposizione un’adeguata struttura a basso costo e bassa potenza, chiamata Metropolitan Mesh Machine Network (M3N) o ancora meglio Smart City. Le Smart Cities dovranno a loro volta diventare reti attive, in grado di reagire agli eventi esterni e perseguire obiettivi di efficienza in modo autonomo e in tempo reale. Anche per esse è richiesta l’introduzione di smart meter, connessi ad una rete di comunicazione broadband e in grado di gestire un flusso di monitoraggio e controllo bi-direzionale esteso a tutti gli apparati connessi alla rete elettrica (ma anche del gas, acqua, ecc). La M3N, è un’estensione delle wireless mesh network (WMN). Esse rappresentano una tecnologia fortemente attesa che giocherà un ruolo molto importante nelle futura generazione di reti wireless. Una WMN è una rete di telecomunicazione basata su nodi radio in cui ci sono minimo due percorsi che mettono in comunicazione due nodi. E’ un tipo di rete robusta e che offre ridondanza. Quando un nodo non è più attivo, tutti i rimanenti possono ancora comunicare tra di loro, direttamente o passando da uno o più nodi intermedi. Le WMN rappresentano una tipologia di rete fondamentale nel continuo sviluppo delle reti radio che denota la divergenza dalle tradizionali reti wireless basate su un sistema centralizzato come le reti cellulari e le WLAN (Wireless Local Area Network). Analogamente a quanto successo per le reti di telecomunicazione fisse, in cui si è passati, dalla fine degli anni ’60 ai primi anni ’70, ad introdurre schemi di rete distribuite che si sono evolute e man mano preso campo come Internet, le M3N promettono di essere il futuro delle reti wireless “smart”. Il primo vantaggio che una WMN presenta è inerente alla tolleranza alla caduta di nodi della rete stessa. Diversamente da quanto accade per una rete cellulare, in cui la caduta di una Base Station significa la perdita di servizio per una vasta area geografica, le WMN sono provviste di un’alta tolleranza alle cadute, anche quando i nodi a cadere sono più di uno. L'obbiettivo di questa tesi è quello di valutare le prestazioni, in termini di connettività e throughput, di una M3N al variare di alcuni parametri, quali l’architettura di rete, le tecnologie utilizzabili (quindi al variare della potenza, frequenza, Building Penetration Loss…ecc) e per diverse condizioni di connettività (cioè per diversi casi di propagazione e densità abitativa). Attraverso l’uso di Matlab, è stato quindi progettato e sviluppato un simulatore, che riproduce le caratteristiche di una generica M3N e funge da strumento di valutazione delle performance della stessa. Il lavoro è stato svolto presso i laboratori del DEIS di Villa Grifone in collaborazione con la FUB (Fondazione Ugo Bordoni).

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All'interno della tesi si è sviluppata una metodologia di supporto alle decisioni utile all'individuazione di determinate zone distribuite all'interno dell'area del delta del fiume Ural (Kazakistan), da considerare prioritarie ai fini della tutela della biodiversità. Il livello di priorità di queste aree è stato ricavato mediante l'aggregazione delle informazioni relative alle categorie di conservazione delle specie minacciate che popolano i diversi ecosistemi che caratterizzano l'area studio. Le categorie sono state confrontate fra loro mediante l'AHP che ha permesso di ottenere un set di pesi. L'utilizzo di tre differenti metodi di aggregazione (SAW, OWA, TOPSIS), ha permesso di ricavare un valore di conservazione che raggruppa le informazioni dei pesi attribuiti alle specie in un unico valore (CV) diverso per ogni metodo. Distribuiti i CV, sulla base della presenza delle relative specie, viene sviluppata una mappa di distribuzione dei valori di conservazione sintetici (CVS) ricavati mediante l'aggregazione dei CV in ogni punto dell'area studio. L'utilizzo di questa metodologia ha permesso di individuare, come previsto dagli obiettivi dell'elaborato, le aree a maggior valore per la conservazione degli habitat e delle specie, sulle quali focalizzare le future azioni di tutela e monitoraggio ambientale, dall'altro l'applicazione di una metodologia di supporto alle decisioni in grado di far fronte ai problemi di scarsa disponibilità e reperibilità di dati utili alla caratterizzazione dell’area di studio.

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Il presente lavoro di tesi si inserisce all’interno del progetto Europeo Theseus (Innovative technologies for European coasts in a changing climate), volto a fornire una metodologia integrata per la pianificazione sostenibile di strategie di difesa per la gestione dell’erosione costiera e delle inondazioni che tengano in conto non solo gli aspetti tecnici ma anche quelli sociali, economici e ambientali/ecologici. L'area oggetto di studio di questo elaborato di tesi è la zona costiera della Regione Emilia Romagna, costituita unicamente da spiagge sabbiose. In particolare si è focalizzata l’attenzione sulla zona intertidale, in quanto, essendo l’ambiente di transizione tra l’ambiente marino e quello terrestre può fornire indicazioni su fenomeni erosivi di una spiaggia e cambiamenti del livello del mare, unitamente alla risposta agli interventi antropici. Gli obiettivi della tesi sono sostanzialmente tre: un primo obiettivo è confrontare ecosistemi di spiagge dove sono presenti strutture di difesa costiera rispetto a spiagge che ne erano invece prive. Il secondo obiettivo è valutare l’impatto provocato sugli ecosistemi di spiaggia dall’attività stagionale del “bulldozing” e in ultimo proporre un sistema esperto di nuova concezione in grado di prevedere statisticamente la risposta delle comunità bentoniche a diversi tipi di interventi antropici. A tal fine è stato pianificato un disegno di campionamento dove sono stati indagati tre siti differenti per morfologia e impatto antropico: Cesenatico (barriere e pratica bulldozing), Cervia, dissipativa e non soggetta a erosione (assenza di barriere e ma con pratica del bulldozing) e Lido di Dante, tendenzialmente soggetta a erosione (senza barriere e senza pratica del bulldozing). Il campionamento è stato effettuato in 4 tempi (due prima del “bulldozing” e due dopo) nell’arco di 2 anni. In ciascun sito e tempo sono stati campionati 3 transetti perpendicolari alla linea di costa, e per ogni transetto sono stati individuati tre punti relativi ad alta, media e bassa marea. Per ogni variabile considerata sono stati prelevati totale di 216 campioni. Io personalmente ho analizzato i campioni dell’ultima campagna di campionamento, ma ho analizzato l’insieme dei dati. Sono state considerate variabili relative ai popolamenti macrobentonici quali dati di abbondanza, numero di taxa e indice di diversità di Shannon e alcune variabili abiotiche descrittive delle caratteristiche morfologiche dell’area intertidale quali granulometria (mediana, classazione e asimmetria), detrito conchigliare, contenuto di materia organica (TOM), pendenza e lunghezza della zona intertidale, esposizione delle spiagge e indici morfodinamici. L'elaborazione dei dati è stata effettuata mediante tecniche di analisi univariate e multivariate sia sui dati biotici che sulle variabili ambientali, “descrittori dell’habitat”, allo scopo di mettere in luce le interazioni tra le variabili ambientali e le dinamiche dei popolamenti macrobentonici. L’insieme dei risultati delle analisi univariate e multivariate sia dei descrittori ambientali che di quelli biotici, hanno evidenziato, come la risposta delle variabili considerate sia complessa e non lineare. Nonostante non sia stato possibile evidenziare chiari pattern di interazione fra “protezione” e “bulldozing”, sono comunque emerse delle chiare differenze fra i tre siti indagati sia per quanto riguarda le variabili “descrittori dell’habitat” che quelle relative alla struttura dei popolamenti. In risposta a quanto richiesto in contesto water framework directive e in maniera funzionale all’elevate complessità del sistema intertidale è stato proposto un sistema esperto basato su approccio congiunto fuzzy bayesiano (già utilizzato con altre modalità all’interno del progetto Theseus). Con il sistema esperto prodotto, si è deciso di simulare nel sito di Cesenatico due ripascimenti virtuali uno caratterizzato da una gralometria fine e da uno con una granulometria più grossolana rispetto a quella osservata a Cesenatico. Il sistema fuzzy naïve Bayes, nonostante al momento sia ancora in fase di messa a punto, si è dimostrato in grado di gestire l'elevato numero di interazioni ambientali che caratterizzano la risposta della componente biologica macrobentonica nell'habitat intertidale delle spiagge sabbiose.

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Progettazione di un sistema di Social Intelligence e Sentiment Analysis per un'azienda del settore consumer goods

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L’università di Bologna, da sempre attenta alle nuove tecnologie e all’innovazione, si è dotata nel 2010 di un Identity Provider (IDP), ovvero un servizio per la verifica dell’identità degli utenti dell’organizzazione tramite username e password in grado di sollevare le applicazioni web (anche esterne all’organizzazione) dall’onere di verificare direttamente le credenziali dell’utente delegando totalmente la responsabilità sul controllo dell’identità digitale all’IDP. La soluzione adottata (Microsoft ADFS) si è dimostrata generalmente semplice da configurare e da gestire, ma ha presentato problemi di integrazione con le principali federazioni di identità regionali e italiane (FedERa e IDEM) a causa di una incompatibilità con il protocollo SAML 1.1, ancora utilizzato da alcuni dei servizi federati. Per risolvere tale incompatibilità il "CeSIA – Area Sistemi Informativi e Applicazioni" dell’Università di Bologna ha deciso di dotarsi di un Identity Provider Shibboleth, alternativa open source ad ADFS che presenta funzionalità equivalenti ed è in grado di gestire tutte le versioni del protocollo SAML (attualmente rilasciato fino alla versione 2.0). Il mio compito è stato quello di analizzare, installare, configurare e integrare con le federazioni IDEM e FedERa un’infrastruttura basata sull’IDP Shibboleth prima in test poi in produzione, con la collaborazione dei colleghi che in precedenza si erano occupati della gestione della soluzione Microsoft ADFS. Il lavoro che ho svolto è stato suddiviso in quattro fasi: - Analisi della situazione esistente - Progettazione della soluzione - Installazione e configurazione di un Identity Provider in ambiente di test - Deploy dell’Identity Provider in ambiente di produzione

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Il presente elaborato di tesi si inserisce nell’ambito del progetto europeo THESEUS (Innovative technologies for safer European coasts in a changing climate) fra i cui principali obiettivi c’è quello di fornire un’adeguata metodologia integrata per la pianificazione di strategie di difesa costiera sostenibili. Le zone costiere sono sempre più soggette agli impatti antropici, legati all’intensificazione dell’urbanizzazione, e agli effetti del global climate change, ed in particolare al conseguente sea level rise. Diventa quindi importante, in un’ottica di preservazione e di gestione, capire come gli ecosistemi costieri e i beni e servizi che essi forniscono risponderanno a questi cambiamenti ambientali. Fra questi, preponderanti sono quelli rappresentati dalle spiagge sabbiose. Al fine di valutare come differenti strategie di gestione possono influenzare il sistema spiaggia, è stata analizzata la riposta del comparto bentonico della zona intertidale di due differenti spiagge lungo la costa emiliano-romagnola. Lido di Spina è fortemente antropizzato e caratterizzato dalla presenza di infrastrutture balneari-turistiche permanenti. E’ soggetto, inoltre, a interventi di ripascimento annuali e di pulizia della spiaggia. Bellocchio, invece, è un sito naturale che presenta una spiaggia caratterizzata dall’arretramento della linea di costa causata dell’erosione, e non è soggetta a interventi di gestione finalizzati alla sua mitigazione. In questo studio è stata utilizzata la componente meiobentonica, generalmente trascurata, come indicatore chiave della vulnerabilità ecologica, mentre la zona intertidale sabbiosa è stata indagata in quanto reputata uno dei primi habitat costieri “recettore” degli eventi di flooding e degli interventi di gestione. Globalmente è stato possibile evidenziare differenze di struttura di comunità fra i due siti indagati, sottolineando come, anche questa componente sia in grado di far emergere i cambiamenti dovuti a differenti approcci di gestione delle coste sabbiose. Nella seconda parte del lavoro, invece, è stato testato un approccio metodologico innovativo, denominato “Fuzzy Bayes Ecological Model” (FBEM), sviluppato nell’ambito del progetto THESEUS. L’applicazione del FBEM in THESEUS è finalizzata alla simulazione delle risposte ecosistemiche ad eventi di flooding costiero ed al fenomeno del sea level rise. In questo elaborato, il modello è stato adottato al fine di descrivere eventuali cambiamenti dei popolamenti meiobentonici. Nello specifico, l’utilizzo del modello è servito per poter confrontare la situazione attuale relativa, quindi, allo scenario di sea level rise pari a zero, con quella ipotizzata dall’IPCC per il 2080 di sea level rise pari a 0,22 m, prendendo in considerazione otto tempi di ritorno di eventi simulati di flooding a intensità crescente. Dalle simulazioni emerge come il driver del danno ecologico sia l’onda frangente il cui effetto risulta, però, mitigato dal sea level rise. I popolamenti meiobentonici sono risultati dei buoni indicatori per la valutazione dei rischi connessi al flooding e al sea level rise, dimostrando così il loro possibile utilizzo come descrittori dei cambiamenti ecologici delle zone costiere. Per questo, lo studio ed il monitoraggio della dinamica e della struttura dei popolamenti meiobentonici può diventare un mezzo fondamentale per la comprensione delle funzionalità ecosistemiche delle spiagge sabbiose. E’ inoltre in grado di produrre alcune delle informazioni necessarie allo sviluppo dei piani di gestione integrata della fascia costiera in un ottica di conservazione di questi habitat costieri e dei servizi e beni da essi forniti.