72 resultados para cancro,immunoterapia,biomateriali,scaffold,nanoparticelle,vaccini


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Il cancro è una delle principali cause di morte al mondo. Nel 2019, solo negli Stati Uniti, i nuovi casi di cancro sono stati 1.762.450 con 606.880 decessi. Ad oggi, sono numerosi gli studi interdisciplinari in atto aventi come fine ultimo quello di trovare una cura per il cancro più efficiente ed efficace di quelle tradizionali. La seguente trattazione descrive una soluzione che coniuga le conoscenze mediche del campo immuno-terapico con quelle ingegneristiche del settore dei biomateriali. Nello specifico, vengono analizzati scaffold e nanoparticelle biomateriali utilizzati per la somministrazione di vaccini contro il cancro. Gli obiettivi principali, infatti, risultano essere il raggiungimento di una memoria immunitaria, per contrastare metastasi e ricadute, e la diminuzione degli effetti collaterali che i pazienti oncologici sono costretti a sopportare sottoponendosi alle terapie convenzionali. I risultati mostrano dati molto promettenti, poiché l’utilizzo combinato dei biomateriali con fattori caratterizzanti il sistema immunitario permette di ottenere vaccini somministrabili in maniera sicura, seppur le indagini cliniche per molte tipologie di cancro siano ancora in atto.

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Una strategia promettente per potenziare l’efficacia di un trattamento antitumorale limitandone gli effetti collaterali sistemici e i fenomeni di resistenza, è quella di combinare, all’interno di un nanoveicolo, l’azione sinergica/additiva di diversi trattamenti terapeutici, come ad esempio la terapia fotodinamica (PDT) e l’immunoterapia. In questo lavoro di tesi sono state preparate nanoparticelle multimodali altamente biodegradabili e biocompatibili, a base di albumina umana (HSA) caricate con un pro-farmaco del paclitaxel (PTX), un agente chemioterapeutico approvato per il trattamento di diversi tumori solidi; una molecola fotosensibile, IR780, che illuminata a una specifica lunghezza d'onda, induce la formazione di specie radicaliche dell'ossigeno (ROS) e ossigeno di singoletto (1O2), in grado di uccidere le cellule malate; ed infine con Indoximod (IND), in grado di inibire un checkpoint immunitario, con azione indiretta sull’enzima indoleamine 2,3-dioxygenase (IDO-1). Le nanoparticelle sono poi state rivestite con un guscio di MnO2, per limitare l’ipossia caratteristica dell’ambiente tumorale, potenziando così l’azione citotossica. Le nanoparticelle ottenute sono state caratterizzate in termini di dimensioni, capacità di loading, stabilità in acqua e in ambiente fisiologico. Inoltre, mediante spettroscopia UV-vis, è stata studiata la capacità dell’IR780 di produrre specie reattive all’ossigeno (ROS). In futuro, saranno studiati i fenomeni di rilascio dei diversi agenti dalle nanoparticelle e sarà verificato se la presenza dell’ossido di manganese sia in grado di migliorare l’ossigenazione del microambiente tumorale.

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Questo lavoro di tesi rientra nel progetto europeo SaveMe, al quale partecipa il gruppo di ricerca del dipartimento di chimica organica nel quale ho svolto l’attività di tirocinio. Obiettivo finale di tale progetto è la sintesi di nanoparticelle a base di PLGA (acido poli(D,L-lattico-co-glicolico)) superficialmente funzionalizzate con biomolecole, per l’impiego nel trattamento e nella diagnosi del cancro al pancreas. L’obiettivo da raggiungere nel primo anno di ricerca per il mio gruppo era la sintesi delle nanoparticelle centrali (core nanosystems). Nel presente lavoro sono quindi riportati i metodi di sintesi di polimeri derivati da PLGA e suoi copolimeri con PEG (polietilenglicole) aventi vari gruppi funzionali terminali: acidi idrossamici, amminici e acidi carbossilici. I polimeri sintetizzati sono stati caratterizzati tramite test colorimetrici qualitativi, 1H-NMR, 13C-NMR, spettrometria IR e TGA. Sono state sintetizzate nanoparticelle polimeriche (PNPs), con le tecniche Oil/Water (O/W) e nanoprecipitazione (NP), basate sui polimeri ottenuti, aventi quindi funzioni acide, idrossamiche ed amminiche sulla superficie. Su queste PNPs è stato effettuata una decorazione superficiale con nanoparticelle metalliche di maghemite (CAN-Maghemite). Le nanoparticelle polimeriche sono state caratterizzate tramite DLS e delle PNPs decorate sono state ottenute immagini TEM. Sono riportati inoltre i test di viabilità cellulare delle nanoparticelle ottenute.

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L’argomento trattato in questo elaborato riguarda la natura e le applicazioni di una nuova classe di biomateriali: i peptidi auto-assemblanti. La perdita di funzione di un organo o di un tessuto rappresenta una problematica rilevante sia sotto il profilo clinico sia per i costi di gestione. I trapianti sono infatti tra le terapie più sofisticate e onerose economicamente, complicate da altri aspetti quali una strutturale insufficienza di donatori e la necessità che i soggetti trapiantati vengano sottoposti cronicamente a regimi terapeutici immunosoppressivi che aumentano eventuali effetti collaterali. La terapia sostitutiva basata su organi artificiali è invece gravata dalla durata limitata dei dispositivi, nonchè da un non trascurabile rischio infettivo. La medicina rigenerativa, che sembra essere una soluzione adeguata per ovviare a tutte queste problematiche, è un settore emergente che combina aspetti della medicina, della biologia cellulare e molecolare, della scienza dei materiali e dell’ingegneria al fine di rigenerare, riparare o sostituire i tessuti danneggiati. In questo panorama, il ruolo dei biomateriali sta diventando sempre più importante grazie alla loro varietà e alle loro funzioni emergenti. Tra i biomateriali innovativi più promettenti troviamo i peptidi auto-assemblanti. Dopo un'introduzione sui principi dell'ingegneria tissutale, la tesi si focalizza sui peptidi auto-assemblanti e sulle loro applicazioni in campo biomedico, ponendo l'attenzione, in particolar modo, sulla realizzazione di scaffold per la rigenerazione del tessuto osseo, cardiaco, cartilagineo e nervoso, e sulla loro applicazione per il rilascio controllato di farmaci.

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Ogni giorno nel mondo vengono eseguite migliaia di procedure chirurgiche per sostituire o riparare tessuti che sono stati danneggiati da malattie o traumi. L'ingegneria tissutale rappresenta una strategia alternativa che mira a rigenerare i tessuti danneggiati combinando cellule e biomateriali altamente porosi che fungano da impalcature (scaffolds). In questa tesi compilativa si presenta un approccio recentemente proposto per la rigenerazione del tessuto osseo. Saranno inizialmente descritte caratteristiche e proprietà dell'osso a livello macro e microscopico e il processo riparativo fisiologico. Si illustreranno quindi i principi dell'ingegneria tissutale, evidenziando i biomateriali utilizzabili, le cellule indicate per la rigenerazione e i rapporti funzionali tra di esse e lo scaffold che deve sostenerne la crescita. Successivamente si descriverà il concetto di ‘biomimetica’ dello scaffold e i metodi impiegati per migliorarne la funzionalità, imitando sia l'aspetto meccanico sia quello biologico della reale matrice ossea; verrà trattato infine un caso di scaffold biomimetico realizzato con nanocompositi, che appare un promettente sostitutivo dell'osso.

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L'ingegneria tissutale è una branca delle scienze biomediche che negli ultimi anni si sta sviluppando come mezzo risolutivo per numerose problematiche mediche. Un'applicazione di particolare importanza è il trattamento di patologie cardiovascolari, le quali sono una delle principali cause di morte nel mondo. La mancanza di tessuto autologo e i problemi legati alle terapie cardiache, hanno incentivato numerosi studi basati sulla ricerca di biomateriali adeguati alla realizzazione di tessuti sintetici sostitutivi. In questo ambito, il polibutilene succinato (PBS) riveste sicuramente un ruolo importante. La sua biocompatibilità insieme alla biodegradabilità, non sono però sufficienti a renderlo idoneo ad applicazioni miocardiche, a causa dell’elevata rigidità. Allo scopo di migliorare le proprietà meccaniche del PBS nell’ottica di un’applicazione nel campo della rigenerazione del tessuto cardiaco, ma senza andare a detrimento delle proprietà già buone, il presente lavoro di Tesi propone un nuovo copolimero a base di PBS. Tale materiale è stato ottenuto tramite reazione di estensione di catena di un blocco hard (PBS) e un blocco soft (costituito da un copolimero statistico P(BSNS)). Il materiale ottenuto è stato analizzato sia sottoforma di film che di scaffold. Dopo una prima caratterizzazione molecolare (1H-NMR e GPC), il copolimero multiblocco è stato sottoposto anche ad analisi termica (DSC e TGA), diffrattometrica (WAXS) e meccanica. Si è evidenziato un miglioramento della stabilità termica e soprattutto una diminuzione del modulo elastico unitamente all’aumento dell’allungamento a rottura, in particolare nello scaffold. E’ stata inoltre valutata la velocità di degradazione idrolitica, evidenziandone una riduzione rispetto all’omopolimero. I risultati ottenuti confermano il miglioramento delle proprietà non soddisfacenti del PBS, indicando il copolimero multiblocco, oggetto della presenti Tesi, come materiale più idoneo alle applicazioni sopracitate.

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Lo scopo di questa trattazione è quello di fornire una panoramica sui metodi di ingegnerizzazione dell’utero ad oggi sperimentati. L’obiettivo degli studi qui analizzati è quello di creare in vitro uno scaffold per l’utero umano con adeguate caratteristiche strutturali e determinati componenti al fine di permettere ai tessuti vicini di rigenerarsi e per poterne studiare le proprietà in vivo. Gli scaffold analizzati sono a base di collagene, fatti di materiali sintetici o costituiti dalle dECM. Per effettuare la decellularizzazione delle ECM sono stati impiegati detergenti come SDS e Triton X-100 o alta pressione idrostatica. Le impalcature realizzate sono state poi valutate per quanto riguarda le proprietà istologiche, IHC, strutturali e meccaniche e tramite angiografia è stata esaminata la conservazione delle reti vascolari negli scaffold dECM. I risultati hanno confermato l'efficacia del protocollo di decellularizzazione tramite HHP o l’utilizzo combinato di SDS e Triton X-100 per fornire scaffold dell’utero con caratteristiche e componenti della ECM simili all'utero nativo. Per quanto riguarda i materiali sintetici, i polimeri sono risultati particolarmente idonei date le loro caratteristiche, quali elevata porosità e proprietà biomeccaniche regolabili; per i materiali naturali invece, il collagene è stato quello più utilizzato e che ha portato ad ottimi risultati, anche in quanto componente principale dell’ECM. Gli studi in vivo hanno poi dimostrato la biocompatibilità e il potenziale rigenerativo degli scaffold e hanno suggerito un percorso di segnalazione come meccanismo di base per il processo rigenerativo. Tra i vari studi è stato analizzato anche il primo protocollo di decellularizzazione efficiente basato sulla perfusione per ottenere scaffold dell’intero utero umano. I risultati raccolti potrebbero essere impiegati in futuri studi di ingegneria del tessuto uterino umano che potrebbero portare allo sviluppo di nuovi trattamenti per pazienti sterili.

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Le lesioni del sistema nervoso periferico, causate da eventi traumatici o da patologie degenerative, costituiscono un danno che può portare alla perdita di specifiche funzionalità motorie o sensoriali. In questi casi, la terapia chirurgica è necessaria per riparare la perdita di continuità assonale. Il gold standard operatorio attuale è costituito dal trapianto nella sede lesionata di un nervo da donatore o dallo stesso soggetto affetto dal danno. Recentemente, un approccio basato su tecniche di ingegneria dei tessuti propone l’impianto di biomateriali modellati come condotti che favoriscano la rigenerazione assonale. Ne è un esempio chiaro un recente lavoro di ricerca, nel quale Cheng et al. propongono una strategia basata sull’impiego di scaffold piezoelettrici prodotti attraverso una tecnica di "casting annealing displacement " che utilizza Polivinilidenfluoruro (PVDF) e Policaprolattone (PCL). Confrontando in vitro scaffold in PCL, in PVDF e PCL/PVDF, in particolare analizzandone le proprietà piezoelettriche e quelle meccaniche, si rilevano i vantaggi della copolimerizzazione. Questi risultati di interesse vengono inoltre confermati dai risultati funzionali ottenuti con l’impianto in vivo in topi con una lesione di 15 mm al nervo sciatico.

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Nel mio elaborato di tesi dal titolo “Fabbricazione mediante elettrofilatura di scaffold compositi per il trattamento di difetti ossei” tratto la fisiologia del tessuto osseo, le cellule che lo compongono, i danni che esso può subire e il processo di riparazione spontaneo che si attua in caso di lesioni. Analizzo quindi differenti tipologie di frattura e le terapie chirurgiche e non-chirurgiche attualmente disponibili, con un occhio di riguardo nei confronti dell’ingegneria dei tessuti - che intende riparare il tessuto danneggiato mediante l’impianto di costrutti bioibridi costituiti da cellule a bordo di scaffold realizzati con biomateriali adeguati. In quest’ottica presento quindi un lavoro di ricerca pubblicato recentemente da Yuwono et al., nel quale viene presentato uno scaffold composito elettrofilato, caratterizzato da nanofibre polimeriche e caricato con particelle di idrossiapatite, che viene proposto come un eccellente candidato all’utilizzo in terapia.

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La maggiore richiesta energetica di questi anni, associata alla diminuzione delle riserve di combustibile fossile e ai problemi di inquinamento ambientale hanno spinto il settore scientifico verso la ricerca di nuovi dispositivi che presentino elevata efficienza e quantità di emissioni ridotta. Tra questi, le celle a combustibile (fuel cells) alimentate con idrogeno o molecole organiche come etanolo, acido formico e metanolo, hanno particolare rilevanza anche se attualmente risultano particolarmente costose. Una delle principali sfide di questi ultimi anni è ridurne i costi e aumentarne l'efficienza di conversione in energia. Per questo scopo molti sforzi vengono condotti verso l'ottimizzazione dei catalizzatori a base di Pt spostando l’attenzione verso sistemi nanostrutturati ad elevata attività catalitica e buona stabilità. Durante questo lavoro di tesi si è affrontato lo studio relativo alla preparazione di elettrodi modificati con PtNPs ottenute per elettrodeposizione, un metodo semplice ed efficace per poterne controllare i parametri di deposizione e crescita e per ottenere direttamente le nanoparticelle sulla superficie dell’elettrodo. Come materiale elettroattivo si è utilizzato un foglio di grafite, denominato (Pure Graphite Sheet = PGS). Tale superficie elettrodica, meno costosa e più conduttiva rispetto all’ITO, si presenta sotto forma di fogli flessibili resistenti ad alte temperature e ad ambienti corrosivi e quindi risulta conveniente qualora si pensi ad un suo utilizzo su scala industriale. In particolare è stato studiato come la variazione di alcuni parametri sperimentali quali: i) il tempo di elettrodeposizione e ii) la presenza di stabilizzanti tipo: KI, acido dodecil benzene sulfonico (DBSA), poli vinil pirrolidone (PVP) o poliossietilene ottilfenil etere (Triton-X100) e iii) la concentrazione degli stessi stabilizzanti, potessero influire sulle dimensioni ed eventualmente sulla morfologia delle PtNPs. in fase di elettrodeposizione. L’elettrosintesi è stata effettuata per via cronoamperometria. I film di PtNPs sono stati caratterizzati utilizzando tecniche di superficie quali microscopia a scansione elettronica (SEM) e Voltammetria Ciclica (CV). Al fine di valutare le capacità elettrocatalitiche delle diverse PtNPs ottenute si è studiata la reazione di ossidazione del metanolo in ambiente acido.

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In the past decade the study of superparamagnetic nanoparticles has been intensively developed for many biomedical applications such as magnetically assisted drug delivery, MRI contrast agents, cells separation and hyperthermia therapy. All of these applications require nanoparticles with high magnetization, equipped also with a suitable surface coating which has to be non-toxic and biocompatible. In this master thesis, the silica coating of commercially available magnetic nanoparticles was investigated. Silica is a versatile material with many intrinsic features, such as hydrophilicity, low toxicity, proper design and derivatization yields particularly stable colloids even in physiological conditions. The coating process was applied to commercial magnetite particles dispersed in an aqueous solution. The formation of silica coated magnetite nanoparticles was performed following two main strategies: the Stöber process, in which the silica coating of the nanoparticle was directly formed by hydrolysis and condensation of suitable precursor in water-alcoholic mixtures; and the reverse microemulsions method in which inverse micelles were used to confine the hydrolysis and condensation reactions that bring to the nanoparticles formation. Between these two methods, the reverse microemulsions one resulted the most versatile and reliable because of the high control level upon monodispersity, silica shell thickness and overall particle size. Moving from low to high concentration, within the microemulsion region a gradual shift from larger particles to smaller one was detected. By increasing the amount of silica precursor the silica shell can also be tuned. Fluorescent dyes have also been incorporated within the silica shell by linking with the silica matrix. The structure of studied nanoparticles was investigated by using transmission electron microscope (TEM) and dynamic light scattering (DLS). These techniques have been used to monitor the syntetic procedures and for the final characterization of silica coated and silica dye doped nanoparticles. Finally, field dependent magnetization measurements showed the magnetic properties of core-shell nanoparticles were preserved. Due to a very well defined structure that combines magnetic and luminescent properties together with the possibility of further functionalization, these multifunctional nanoparticles are potentially useful platforms in biomedical fields such as labeling and imaging.

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I nanomateriali presentano proprietà molto differenti dai corrispondenti materiali bulk; per questo motivo, negli ultimi anni, se ne è sempre più diffuso l’utilizzo. In particolare, recentemente ha suscitato grande interesse l’impiego di nanoparticelle bimetalliche, le cui proprietà ottiche, morfologiche e dimensionali possono essere modulate sulla base della composizione. L’interesse del mondo industriale allo studio di materiali con dimensioni nano-metriche deriva principalmente dalle loro possibili applicazioni su grande scala ed è quindi di fondamentale importanza la messa a punto di metodologie di sintesi versatili, facilmente scalabili ed a basso impatto ambientale. L’ottimizzazione della sintesi è un aspetto molto importante in quanto deve assicurare un accurato controllo di forma, dimensioni e composizione. A tale scopo è stata sviluppata una sintesi a basso impatto ambientale, in acqua, basata sull’azione riducente del sistema glucosio – NaOH, che permette di ottenere nanoparticelle stabili e con dimensioni omogenee. Nel corso dello studio il riscaldamento è stato effettuato mediante un sistema a microonde: una tecnologia affidabile e sicura che permette un riscaldamento rapido ed omogeneo. La tesi ha come scopo:• l’ottimizzazione e la caratterizzazione di nanosospensioni monometalliche di Pd mediante la sintesi già ottimizzata in lavori precedenti per i metalli: Au, Ag e Cu; •lo studio di sistemi bimetallici Pd/Cu e Pd/Au con morfologia di lega, ottenuti per co-riduzione dei sali precursori; •lo studio dell’attività catalitica delle nanoparticelle sintetizzate nella reazione di riduzione del 4-nitrofenolo a 4-amminofenolo mediante NaBH4; •lo studio della supportazione su carbone di Pd/Au per applicazioni elettrocatalitiche. Per poter studiare e valutare l’eventuale presenza di effetti sinergici tra i metalli coinvolti nella sintesi sono stati confrontati sistemi monometallici con sistemi bimetallici a differenti composizioni (Pd/Cu e Pd/Au). In particolare è stato possibile apprezzare un miglioramento delle prestazioni catalitiche per i sistemi bimetallici Pd/Au rispetto ai metalli di partenza, al contrario i sistemi bimetallici Pd/Cu mostrano un peggioramento dell’attività catalitica all’aumentare del contenuto di rame. La nanosospensione Pd/Au risultata con le maggiori prestazioni catalitiche, è stata supportata su carbone per applicazioni nel campo dell’elettrocatalisi. Da uno studio preliminare sulle tecniche di supportazione è emerso che il metodo migliore per depositare le nanoparticelle sul carbone è l’impregnazione fisica.

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La nanotecnologia è una scienza innovativa che sviluppa e utilizza materiali di dimensioni nanometriche (< 100 nm). Lo sviluppo e il mercato delle nanoparticelle in merito alle loro interessanti proprietà chimico‐fisiche, é accompagnato da una scarsa conoscenza relativa al destino finale e agli effetti che questi nano materiali provocano nell’ ambiente [Handy et al., 2008]. La metodologia LCA (Life Cycle Assessment – Valutazione del Ciclo di Vita) è riconosciuta come lo strumento ideale per valutare e gestire gli impatti ambientali indotti dalle ENPs, nonostante non sia ancora possibile definire, in maniera precisa, un Fattore di Caratterizzazione CF per questa categoria di sostanze. Il lavoro di questa tesi ha l’obbiettivo di stimare il Fattore di Effetto EF per nanoparticelle di Diossido di Titanio (n‐TiO2) e quindi contribuire al calcolo del CF; seguendo il modello di caratterizzazione USEtox, l’EF viene calcolato sulla base dei valori di EC50 o LC50 relativi agli organismi appartenenti ai tre livelli trofici di un ecosistema acquatico (alghe, crostacei, pesci) e assume valore pari a 49,11 PAF m3/Kg. I valori tossicologici utilizzati per il calcolo del Fattore di Effetto derivano sia da un’accurata ricerca bibliografica sia dai risultati ottenuti dai saggi d’inibizione condotti con n‐TiO2 sulla specie algale Pseudokirchneriella Subcapitata. La lettura dei saggi è stata svolta applicando tre differenti metodi quali la conta cellulare al microscopio ottico (media geometrica EC50: 2,09 mg/L, (I.C.95% 1,45‐ 2,99)), l’assorbanza allo spettrofotometro (strumento non adatto alla lettura di test condotti con ENPs) e l’intensità di fluorescenza allo spettrofluorimetro (media geometrica EC50: 3,67 mg/L (I.C.95% 2,16‐6,24)), in modo tale da confrontare i risultati e valutare quale sia lo strumento più consono allo studio di saggi condotti con n‐TiO2. Nonostante la grande variabilità dei valori tossicologici e la scarsa conoscenza sui meccanismi di tossicità delle ENPs sulle specie algali, il lavoro sperimentale e la ricerca bibliografica condotta, hanno permesso di individuare alcune proprietà chimico‐fisiche delle nanoparticelle di Diossido di Titanio che sembrano essere rilevanti per la loro tossicità come la fase cristallina, le dimensioni e la foto attivazione [Vevers et al., 2008; Reeves et al., 2007]. Il lavoro sperimentale ha inoltre permesso di ampliare l’insieme di valori di EC50 finora disponibile in letteratura e di affiancare un progetto di ricerca dottorale utilizzando il Fattore di Effetto per n‐ TiO2 nel calcolo del Fattore di Caratterizzazione.

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Lo scopo della seguente tesi è quello di illustrare la disposizione dei campioni di sistemi binari Mg Pd e di deposizioni singole di Ti, nell’abito di due progetti di ricerca, l’SSHS, Solide State Hydrogen Storage nell’ambito dell’Azione COST, e la produzione di titania (TiO2) per la fotocatalisi, sintetizzati in differenti reggimi di flusso di gas d’He, realizzando la crescita con il metodo IGC. Sono state illustrate le nuove proprietà e i metodi di formazione dei materiali nanostrutturati, per poi passare alla descrizione dell’apparato dove sono stati prodotti i campioni, con la conseguente spiegazione della progettazione del controllore di flusso dei sistemi di alimentazione e interfacciamento di quest’ultimo. Dopo un’accurata analisi al microscopio elettronico, `e stata descritta la morfologia dei campioni a due diversi reggimi di flusso di gas He, per i campioni di Mg Pd non sono state apprezzate differenze al variare del flusso, per il Ti, invece, si può notare una variazione morfologica legata alle dimensioni.