26 resultados para Fosfato de calcio amorfo
Resumo:
Gli acciai inossidabili austenitici presentano ottime caratteristiche che li rendono ideali in tutti quei settori in cui è richiesta un’elevata resistenza alla corrosione associata a caratteristiche estetiche e funzionali. L’acciaio AISI 316L risulta essere uno dei più studiati ed utilizzati, specie nell’industria alimentare e farmaceutica, dove leapparecchiature debbono poter essere sottoposte ad aggressive procedure di sanificazione. Tuttavia, la modesta resistenza meccanica e la bassa durezza superficiale di questo acciaio determinano un comportamento non soddisfacente dal punto di vista dell’usura da strisciamento in assenza di lubrificanti, situazione che si verifica sovente in molti macchinari dedicati a queste industrie. Tra le varie soluzioni, studiate per migliorare il suo comportamento tribologico, la cementazione a bassa temperatura (LowTemperature Carburizing, LTC) seguita dalla deposizione PE-CVD (Plasma-Enhanced Chemical Vapour Deposition) di un rivestimento di carbonio amorfo idrogenato (a-C:H), sembra essere molto promettente. In questo lavoro vengono analizzate le caratteristiche tribologiche dell’acciaio AISI 316L cementato a bassa temperatura e rivestito di carbonio amorfo idrogenato, tramite prove tribologiche di strisciamento non lubrificato in geometria di contatto pattino su cilindro. Sono state verificate, inoltre, le caratteristiche microstrutturali e meccaniche superficiali del rivestimento multistrato LTC/a-C:H tramite osservazioni morfologiche/topografiche, analisi in spettroscopia micro-Raman e misure di indentazione strumentata sulle superfici rivestite, seguite da analisi metallografia e misura dei profili di microdurezza Vickers in sezione trasversale. I risultati ottenuti dimostrano che, ai fini di contenere l’effetto negativo legato all’aumento di rugosità dovuto al trattamento LTC, è opportuno effettuare una lucidatura precedente al trattamento stesso, poiché effettuandola successivamente si rischierebbe dicomprometterne lo strato efficace. Inoltre, si osserva come il trattamento LTC incrementi le capacità del substrato di supportare il rivestimento a-C:H, portando ad un miglioramento delle prestazioni tribologiche, nelle prove di strisciamento non lubrificato. Infine, si dimostra come l’utilizzo di un rivestimento a base di carbonio amorfo idrogenato adeguatamente supportato permetta una riduzione dell’attrito (di oltre cinque volte) e dell’usura (di circa dieci ordini di grandezza) rispetto ai corrispondenti materiali non rivestiti.
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Il presente lavoro è stato svolto presso la struttura di Radioterapia del Policlinico S. Orsola - Malpighi e consiste nella caratterizzazione di un sistema di acquisizione per immagini portali (EPID) come dosimetro relativo bidimensionale da usare nei controlli di qualità sui LINAC. L’oggetto di studio è il sistema di acquisizione di immagini portali OPTIVUE 1000ST (Siemens), dispositivo flat panel di silicio amorfo (a-Si) assemblato all’acceleratore lineare Siemens Oncor. La risposta dell’EPID è stata analizzata variando i parametri di consegna della dose, mantenendo fissa la distanza fuoco-rivelatore. Le condizioni di stabilità, ottimali per lavorare, si hanno intorno alle 50 U.M. Dalle curve dei livelli di grigio ottenute risulta evidente che in diverse condizioni d’irraggiamento il sistema risponde con curve di Dose-Risposta differenti, pur restando nello stesso range di dose. Lo studio include verifiche sperimentali effettuate con l’OPTIVUE e usate per espletare alcuni controlli di qualità di tipo geometrico come la coincidenza campo luminoso – campo radiante e la verifica del corretto posizionamento delle lamelle del collimatore multilamellare. Le immagini portali acquisite verranno poi confrontate con quelle ottenute irraggiando tradizionalmente una CR (computed radiography), per la coincidenza e una pellicola radiocromica EBT 3, per l’MLC. I risultati ottenuti mostrano che, per il primo controllo, in entrambi i modi, si è avuta corrispondenza tra campo radiante e campo luminoso; il confronto fra le due metodiche di misura risulta consistente entro i valori di deviazioni standard calcolati, l’OPTIVUE può essere utilizzato efficacemente in tale controllo di qualità. Nel secondo controllo abbiamo ottenuto differenze negli errori di posizionamento delle lamelle individuati dai due sistemi di verifica dell’ordine di grandezza dei limiti di risoluzione spaziale. L’OPTIVUE è in grado di riconoscere errori di posizionamento preesistenti con un’incertezza che ha come limite la dimensione del pixel. Il sistema EPID, quindi, è efficace, affidabile, economico e rapido.
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Lo studio condotto in questa tesi ha lo scopo di esplorare possibili soluzioni alternative per aumentare la vita in esercizio di componenti per un contatto tribologico da strisciamento in motori idraulici. In particolare, per limitare l’usura e ridurre l’attrito fra i corpi a contatto, è stata presa in considerazione la deposizione di rivestimenti in carbonio amorfo idrogenato, appartenenti alla famiglia dei rivestimenti DLC (Diamond-Like Carbon), prodotti con tecnologia PACVD (Plasma Assisted Chemical Vapour Deposition), grazie alla collaborazione con la ditta STS srl presso la quale sono state prodotte ed in parte caratterizzate diverse tipologie di strati sottili a base carbonio-carbonio. Questa scelta è stata motivata dal fatto che i rivestimenti DLC combinano basso attrito ed alta resistenza ad usura, dato che l’elevata durezza (e resistenza ad usura) è data dalla presenza di un’elevata frazione di C ibridati sp3 (con struttura simil-diamante) fra loro interconnessi, mentre la tendenza al basso attrito contro la maggior parte degli antagonisti deriva dalla struttura lamellare (quindi a basso sforzo di taglio), tipica del C sp2 (simil-grafite), che permette lo scorrimento fra i piani basali. Nel corso del presente lavoro sono quindi stati presi in esame due gruppi di rivestimenti DLC, differenziati in base alla tipologia di interstrato impiegato per moderare le tensioni residue e migliorare l’adesione (CrN singolo strato o WC/C multistrato), depositati su acciaio 20MnV6 sottoposto preliminarmente a cementazione gassosa per ottenere una adeguata capacità di supporto del carico. Gli strati in esame sono stati caratterizzati dal punto di vista microstrutturale e meccanico (con prove sia di adesione e con prove di nanoindentazione). Successivamente, i materiali rivestiti sono stati sottoposti a prove tribologiche di laboratorio (block-on-ring) in condizioni di strisciamento non lubrificato, per effettuare una valutazione comparativa fra i rivestimenti ed identificare i meccanismi di usura prevalenti nelle diverse coppie tribologiche.
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La tesi ha come obiettivo un confronto tra giornalismo sportivo italiano e inglese sul tema dei Mondiali di calcio svoltisi nell'estate del 2014 in Brasile. Attraverso l'analisi di quindici articoli presi da alcuni dei quotidiani più letti in Italia e nel Regno Unito, vedremo come in due nazioni così appassionate di calcio si scrive di questo sport, in particolare in occasione di un evento di interesse transnazionale, sottolinenando affinità e differenze tra due lingue apparentemente lontane tra loro ma che scopriremo avere molti punti in comune.
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L’analisi del movimento umano mira alla raccolta di informazioni quantitative riguardo la meccanica del sistema muscolo-scheletrico durante l’esecuzione di un compito motorio. All’interno di questo contesto, la cinematica del passo rappresenta uno strumento d’indagine tra i più usati. Tra i diversi protocolli di analisi cinematiche si è affermato recentemente l’uso di sensori magnetico-inerziali. Il principale vantaggio di questi dispositivi rispetto alla tecnica tradizionalmente impiegata (la stereofotogrammetria) è che possono essere utilizzati al di fuori di un ambiente di laboratorio, rendendo meno vincolante la scelta del task motorio da analizzare. Lo stato dell’arte offre una molteplicità di studi basati sull’analisi del cammino e della corsa di atleti, professionisti o dilettanti, utilizzando sensori inerziali; nulla, però, è stato dedicato alla corsa con stampelle. In questo lavoro di tesi è stata dunque analizzata la corsa su stampelle di soggetti amputati (in particolare di atleti della Nazionale Italiana di Calcio Amputati). Dalla letteratura sono stati individuati tre metodi, ideati principalmente per la corsa di soggetti normodotati e in questa situazione riadattati per la corsa di soggetti con amputazione/malformazione di un arto inferiore, con i quali è stato possibile ricavare parametri temporali relativi al ciclo del passo; è stato inoltre progettato un nuovo metodo che permette di ricavare parametri temporali della corsa attraverso le fasi delle stampelle. L’elemento che contraddistingue questo studio è la presenza di un gold standard, dato da un riferimento video, con il quale sarà possibile determinare con più affidabilità quale metodo risulti più adeguato per l’analisi di questo tipo di corsa.
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Lo studio riportato in questa tesi ha come scopo l’osservazione e la comprensione dei processi molecolari associati alla deposizione di CaCO3 nei polimorfi di calcite e aragonite nel mollusco gasteropode Haliotis rufescens. In particolare l’attenzione si è focalizzata sullo strato glicoproteico (green layer) che si trova inserito all’interno dell’ipostraco o strato madreperlaceo. Studi precedenti suggeriscono l’ipotesi che il green layer sia una struttura polifunzionale che svolge un ruolo attivo nell’induzione di crescita dei cristalli di carbonato di calcio nella conchiglia. All’analisi microscopica il green layer si presenta come un foglietto trilaminato. Sugli strati esterni è depositata aragonite nella forma prismatica da una parte e sferulitica dall’altra. All’interno è racchiuso un core proteico, formato da glicoproteine e ricco di chitina. Questa struttura tripartita conferisce al guscio calcareo nuove proprietà meccaniche, come la resistenza alle fratture molto maggiore rispetto al minerale naturale. Il green layer è stato trattato in ambiente alcalino, l’unico in grado di solubilizzarlo. È stato ottenuto del materiale proteico che è stato caratterizzato utilizzando SDS-PAGE, colorato con Blu Comassie e all’argento per visualizzarne la componente peptidica. Il green layer è fluorescente, sono state quindi eseguite analisi spettroscopiche sull’estratto peptidico per determinarne le proprietà chimo fisiche (dipendenza dal pH dell’intensità di fluorescenza). Sono stati eseguiti esperimenti di crescita dei cristalli di CaCO3 in ambiente saturo di CaCl2 in assenza e presenza del peptide e in assenza e presenza di Mg++. I cristalli sono stati osservati al microscopio elettronico a scansione (SEM) e al microscopio confocale. Da un punto di vista spettroscopico si osserva che, eccitando l’estratto alcalino del green layer a 280 nm e 295 nm, lunghezze d’onda caratteristiche degli aminoacidi aromatici, si ottiene uno spettro di emissione che presenta una forte banda centrata a 440 nm e una spalla a circa 350 nm, quest’ultima da ascrivere all’emissione tipica di aminoacidi aromatici. L’emissione di fluorescenza dell’estratto dal green layer dipende dal pH per tutte le bande di emissione; tale effetto è particolarmente visibile per lo spettro di emissione a 440 nm, la cui lunghezza d’onda di emissione e l’intensità dipendono dalla ionizzazione di aminoacidi acidi (pKa = 4) e dell’istidina (pKa = 6.5 L’emissione a 440 nm proviene invece da un’eccitazione il cui massimo di eccitazione è centrato a 350 nm, tipica di una struttura policiclica aromatica. Poiché nessun colorante estrinseco viene isolato dalla matrice del green layer a seguito dei vari trattamenti, tale emissione potrebbe derivare da una modificazione posttraduzionale di aminoacidi le cui proprietà spettrali suggeriscono la formazione di un prodotto di dimerizzazione della tirosina: la ditirosina. Questa struttura potrebbe essere la causa del cross-link che rende resistente il green layer alla degradazione da parte di agenti chimici ed enzimatici. La formazione di ditirosina come fenomeno post-traduzionale è stato recentemente acquisito come un fenomeno di origine perossidativa attraverso la formazione di un radicale Tyr ed è stato osservato anche in altri organismi caratterizzati da esoscheletro di tipo chitinoso, come gli insetti del genere Manduca sexta. Gli esperimenti di cristallizzazione in presenza di estratto di green layer ne hanno provato l’influenza sulla nucleazione dei cristalli. In presenza di CaCl2 avviene la precipitazione di CaCO3 nella fase calcitica, ma la conformazione romboedrica tipica della calcite viene modificata dalla presenza del peptide. Inoltre aumenta la densità dei cristalli che si aggregano a formare strutture sferiche di cristalli incastrati tra loro. Aumentando la concentrazione di peptide, le sfere a loro volta si uniscono tra loro a formare strutture geometriche sovrapposte. In presenza di Mg++, la deposizione di CaCO3 avviene in forma aragonitica. Anche in questo caso la morfologia e la densità dei cristalli dipendono dalla concentrazione dello ione e dalla presenza del peptide. È interessante osservare che, in tutti i casi nei quali si sono ottenute strutture cristalline in presenza dell’estratto alcalino del green layer, i cristalli sono fluorescenti, a significare che il peptide è incluso nella struttura cristallina e ne induce la modificazione strutturale come discusso in precedenza. Si osserva inoltre che le proprietà spettroscopiche del peptide in cristallo ed in soluzione sono molto diverse. In cristallo non si ha assorbimento alla più corta delle lunghezze d’onda disponibili in microscopia confocale (405 nm) bensì a 488 nm, con emissione estesa addirittura sino al rosso. Questa è un’indicazione, anche se preliminare, del fatto che la sua struttura in soluzione e in cristallo è diversa da quella in soluzione. In soluzione, per un peptide il cui peso molecolare è stimato tra 3500D (cut-off della membrana da dialisi) e 6500 D, la struttura è, presumibilmente, totalmente random-coil. In cristallo, attraverso l’interazione con gli ioni Ca++, Mg++ e CO3 -- la sua conformazione può cambiare portando, per esempio, ad una sovrapposizione delle strutture aromatiche, in modo da formare sistemi coniugati non covalenti (ring stacking) in grado di assorbire ed emettere luce ad energia più bassa (red shift).
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Gli pteropodi sono molluschi marini planctonici diffusi globalmente a tutte le latitudini e hanno una storia geologica che abbraccia quasi tutto il Cenozoico. Rappresentano una parte consistente dello zooplancton marino e, un gruppo sistematico capace di estrarre una notevole quantità di carbonato di calcio dalle masse oceaniche. Da qui l’importanza che hanno ricevuto negli ultimi anni con gli studi sull’acidificazione e su come questa agisca sulle loro fragili conchiglie. Per questo motivo è importante conoscere anche i meccanismi eodiagenetici che possono permetterne o meno la conservazione nei fondali marini. L’analisi di un set mirato di campioni provenienti da profondità batiali del Mar Tirreno e del Mar Ionio fornisce alcuni elementi interessanti nell’ambito di questa tematica. L'analisi di dettaglio al microscopio ottico e a scansione sulla struttura dei gusci permette di individuare modificazioni microstrutturali imputabili a processi diagenetici precoci e l’utilizzo di materiale subfossile permette di escluderne una causa antropica.
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Negli ultimi 50 anni il mercato alimentare è stato caratterizzato da profondi cambiamenti influenzati soprattutto da evoluzioni sociali e da notevoli mutamenti delle abitudini alimentari (Riquelme et al., 1994). La costante diffusione dei grandi supermarket ed il recente interesse verso la salute e l’ambiente, nonché la modifica dello stile di vita da parte del consumatore, hanno portato le industrie alimentari a sviluppare nuovi metodi di conservazione e di distribuzione e tipologie di prodotti innovative, come i prodotti ortofrutticoli minimamente trasformati. La perdita di qualità dei prodotti ortofrutticoli minimamente trasformati è il risultato di complessi meccanismi chimici e biochimici che si traducono macroscopicamente in modificazioni a carico del colore, delle texture e delle caratteristiche organolettiche (Mencarelli & Massantini, 1994). A fronte dei suddetti fenomeni degradativi, in un contesto di incrementale aumento della domanda dei prodotti freschi, sani, ad elevata convenience e senza additivi chimici (Day, 2002) l’introduzione delle atmosfere protettive per la conservazione degli alimenti è risultata strategica per prolungare la shelf-life ed il mantenimento qualitativo dei prodotti freschi (Jeyas & Jeyamkondan, 2002). Le attuali tecnologie disponibili per le industrie alimentari permettono l’applicazione di condizioni di atmosfera modificata sia in fase di stoccaggio di prodotti ortofrutticoli sia in fase di condizionamento. Il primo obiettivo è generalmente la parziale rimozione dell’O2 e l’aumento dei livelli di CO2 nell’ambiente circostante il prodotto. Oltre ai gas usati tradizionalmente per la realizzazione delle atmosfere modificate, quali N2 e CO2, recentemente è aumentato l’interesse verso i potenziali effetti benefici di nuovi gas, quali argon (Ar) e protossido d’azoto (N2O). Questi ultimi, ora permessi in Europa per uso alimentare, sono risultati efficaci nell’inibizione della crescita microbica e delle reazioni enzimatiche degradative, a carico soprattutto del colore e della consistenza dei vegetali minimamente processati (Spencer, 1995; Kader et al., 1989; Watada et al., 1996). Premesso questo, in tale lavoro di tesi è stata effettuata una ricerca sugli effetti di N2, N2O e Ar e di differenti trattamenti ad immersione, noti come dipping (con acido ascorbico, acido citrico e cloruro di calcio), sul metabolismo di prodotti ortofrutticoli. In particolare, per ciò che concerne la parte sperimentale, gli obiettivi principali sono stati quelli di approfondire le potenzialità di tali gas e dipping nel mantenimento qualitativo (colore, consistenza, metabolismo respiratorio) e di verificare l’efficacia di interventi combinati di dipping e MAP (atmosfera modificata) nel prolungamento della shelf-life del prodotto. Questa sperimentazione è stata effettuata su due varietà di lattuga: una da cespo (Iceberg) e una da taglio (Lattughino).
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Il cemento è il materiale da edilizia più comune al mondo e le problematiche ambientali associate all’utilizzo ed al ciclo produttivo sono numerose (rilascio di gas serra, scelta delle materie prime, risparmio energetico) e fortemente impattanti. Tuttavia, nonostante la sua diffusione sia globale e le proprietà siano note da millenni vi sono ancora alcuni processi che non sono stati correttamente spiegati. In particolare non esiste una teoria unica e consolidata che descriva efficacemente la microstruttura delle fasi minerali del cemento che si sviluppano successivamente all'idratazione, e come esso di conseguenza interagisca con principi attivi, organici o inorganici, di cui è noto l’effetto accelerante sulla cinetica di indurimento. Questa tesi si pone l'obiettivo di condurre uno studio dell'idratazione del clinker finemente macinato (CFM - principale componente di molti cementi) focalizzato sull’interazione tra elementi chimici presenti nella matrice cementizia (Calcio, Ferro e Alluminio) ed additivi acceleranti (Trietanolammina, Triisopropanolammina). Il fenomeno è stato studiato tramite osservazione dell'andamento del rilascio dei suddetti ioni su cementi in via di idratazione e tramite utilizzo di tecniche di microscopia elettronica e di diffrazione di raggi X. L'analisi del rilascio di ioni, effettuata mediante spettroscopia ad assorbimento atomico, è stata condotta al fine di approfondire l'azione di trietanolammina e triisopropanolammina sulle dinamiche di idratazione dei CFM nelle fasi precoci di idratazione, al fine di confrontare queste dinamiche con processi che avvengono in fasi successive e che coinvolgono la formazione delle principali fasi amorfe e cristalline responsabili delle proprietà del materiale. Da indagini di diffrattometria e microscopia sono inoltre state estrapolate interessanti considerazioni circa le cinetiche che portano alla formazione delle fasi cristalline tipiche dell'idratazione del cemento (portlandite, ettringite) in presenza e assenza di additivi. Nel corso dello studio sono stati sintetizzati alcuni composti alternativi agli additivi commerciali, sviluppati a partire da building blocks provenienti da fonti rinnovabili, portando quindi l'attenzione sulla sostenibilità del processo di progettazione delle molecole, anche alla luce della degradazione in ambiente delle sostanze sintetizzate. Tali molecole sono attualmente in fase di test presso i laboratori di Italcementi (ITC Group).
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This work deals with a comparison of the catalytic behavior of several heterogeneous acid catalysts in the direct hydrolysis of an untreated softwood dust. Amongst the various catalysts investigated, some were characterized by relatively high yield to monosaccharides, such as a Zirconium phosphate and the reference Amberlyst 15. Conversely, some catalyst types, ie, Sn/W mixed oxide and Zirconia-grafted trifluoromethanesulphonic acid, were selective into glucose, since sugars derived from hemicellulose dissolution and hydrolysis were rapidly degraded. A detailed analysis of the reactivity of Zr/P/O was pursued, in the hydrolysis of both untreated and ball-milled microcrystalline cellulose; at 150°C and 3h reaction time, the catalyst gave high selectivity to glucose, with negligible formation of 5-hydroxymethylfurfural, and moderate cellulose conversion. After ball-milling of the cellulose, a remarkable increase of conversion was achieved, still with a high selectivity to glucose and very low formation of degradation compounds. The catalyst showed high affinity for β-1,4-glucans, as demonstrated by the activity in cellobiose hydrolysis into glucose.
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Nel presente lavoro di tesi magistrale sono stati depositati e caratterizzati film sottili (circa 10 nm) di silicio amorfo idrogenato (a-Si:H), studiando in particolare leghe a basso contenuto di ossigeno e carbonio. Tali layer andranno ad essere implementati come strati di passivazione per wafer di Si monocristallino in celle solari ad eterogiunzione HIT (heterojunctions with intrinsic thin layer), con le quali recentemente è stato raggiunto il record di efficienza pari a 24.7% . La deposizione è avvenuta mediante PECVD (plasma enhanced chemical vapour deposition). Tecniche di spettroscopia ottica, come FT-IR (Fourier transform infrared spectroscopy) e SE (spettroscopic ellipsometry) sono state utilizzate per analizzare le configurazioni di legami eteronucleari (Si-H, Si-O, Si-C) e le proprietà strutturali dei film sottili: un nuovo metodo è stato implementato per calcolare i contenuti atomici di H, O e C da misure ottiche. In tal modo è stato possibile osservare come una bassa incorporazione (< 10%) di ossigeno e carbonio sia sufficiente ad aumentare la porosità ed il grado di disordine a lungo raggio del materiale: relativamente a quest’ultimo aspetto, è stata sviluppata una nuova tecnica per determinare dagli spettri ellisometrici l’energia di Urbach, che esprime la coda esponenziale interna al gap in semiconduttori amorfi e fornisce una stima degli stati elettronici in presenza di disordine reticolare. Nella seconda parte della tesi sono stati sviluppati esperimenti di annealing isocrono, in modo da studiare i processi di cristallizzazione e di effusione dell’idrogeno, correlandoli con la degradazione delle proprietà optoelettroniche. L’analisi dei differenti risultati ottenuti studiando queste particolari leghe (a-SiOx e a-SiCy) ha permesso di concludere che solo con una bassa percentuale di ossigeno o carbonio, i.e. < 3.5 %, è possibile migliorare la risposta termica dello specifico layer, ritardando i fenomeni di degradazione di circa 50°C.
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La ricerca, negli ultimi anni, si è concentrata sullo studio di materiali con energy gap più ampio del silicio amorfo a-Si per ridurre gli assorbimenti parassiti all'interno di celle fotovoltaiche ad eterogiunzione. In questo ambito, presso l'Università di Costanza, sono stati depositati layers di silicon oxynitride amorfo a-SiOxNy. Le promettenti aspettative di questo materiale legate all'elevato optical gap, superiore ai 2.0 eV, sono tuttavia ridimensionate dai problemi intrinseci alla struttura amorfa. Infatti la presenza di una grande quantit a di difetti limita fortemente la conducibilita e aumenta gli effetti di degradazione legati alla luce. In quest'ottica, nella presente tesi, sono stati riportati i risultati di analisi spettroscopiche eseguite presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia di Bologna su campioni di silicon oxynitride nanocristallino nc-SiOxNy, analisi che hanno lo scopo di osservare come la struttura nanocristallina influisca sulle principali proprieta ottiche e sulla loro dipendenza da alcuni parametri di deposizione.
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Nel presente lavoro di tesi si è analizzata l’ossidazione catalitica per la valorizzazione di arabinosio a prodotti chimici. Per questa complessa serie di trasformazioni, si è studiata la reattività di nanoparticelle di oro supportate su niobio fosfato. Quindi, si è ipotizzato che la doppia funzionalità del catalizzatore così sintetizzato potesse favorire i due step alla base dell’intero processo: l’acidità del NbOPO4 è fondamentale per la prima disidratazione del monosaccaride a furfurale, mentre le condizioni ossidanti garantite da un’atmosfera di ossigeno e dalle nanoparticelle di oro hanno il ruolo di permettere una successiva ossidazione. Data l’instabilità del furfurale si propone di condurre una reazione one-pot (150°C, 10 bar di O2), che porti all’ossidazione in situ del furfurale, a sua volta prodotto dalla disidratazione dello zucchero. Purtroppo la bassa selettività del processo, nonostante gli accorgimenti adottati, evidenzia le considerevoli perdite di monosaccaride in reazioni indesiderate. Ulteriori studi saranno necessari al fine di migliorare la selettività del processo, analizzando il meccanismo di reazione ed intervenendo sulle condizioni di lavoro.
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I materiali per applicazioni fotovoltaiche hanno destato un interesse crescente nella comunità scienti�ca negli ultimi decenni. Le celle HIT (Het- erojunction Intrinsic Thin Layer ) sono dispositivi di ultima generazione che hanno raggiunto e�cienza elevata mantenendo bassi i costi di pro- duzione, e impiegano silicio amorfo (a-Si) come strato emettitore per il suo buon assorbimento della luce e silicio cristallino come regione attiva. La struttura amorfa del silicio presenta però una bassa conducibilità, oltre ad e�etti di degradazione che limitano considerevolmente la durevolezza di una cella. Per questo motivo si stanno cercando possibili alternative al silicio amorfo, in particolare strutture multifase e composti di silicio, ossigeno ed azoto. In questo lavoro sono esposti i risultati dell'analisi di sottili lay- er di Silicon Oxynitride ossigenato (SiOx Ny :H), in forma microcristallina, deposti tramite PECVD (P lasma-Enhanced Chemical Vapor Deposition) su vetro presso l'università di Costanza. La forma microcristallina è una distribuzione di agglomerati cristallini dell'ordine di grandezza di un mi- crometro in una matrice di silicio amorfo, e attualmente le sue proprietà ottiche ed elettroniche non sono ancora state studiate in maniera appro- fondita. Nonostante ciò, è invece evidente che la fase microstallina non presenta tanti difetti intrinseci come la forma amorfa e ne è quindi una val- ida alternativa. In questa ottica, si è svolto uno studio sperimentale delle proprietà ottiche di layers in forma microcristallina di SiOx Ny :H, quali la misura del gap energetico. I risultati sperimentali, volti a trovare la dipen- denza delle caratteristiche dai parametri di deposizione dei layers, hanno mostrato una riduzione del gap energetico con la concentrazione di N2 O, uno dei gas precursori utilizzati nella deposizione dei layers in camera di processo. In conclusione si può dire che il μc−SiOx Ny :H ha le buone carat- teristiche tipiche dei semiconduttori cristallini, che unite alla possibilità di regolare il valore del gap energetico in base alle scelte in fase di deposizione, gli conferisce buone prospettive per applicazioni in celle fotovoltaiche, come emettitore in celle ad eterogiunzione.