6 resultados para polishing slurry
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
Hepatitis E is an infectious viral disease with clinical and morphological features of acute hepatitis. The aetiological agent is the Hepatitis E virus (HEV). The disease represents an important Public Health problem in developing countries where is frequently epidemic and primarily transmitted by fecal-oral route. In the last few years, a certain number of sporadic cases have been also described in industrialized countries, Italy included. A swine HEV was first identified in 1997 and is now considered an ubiquitous virus. Human and swine strains from the same geographical region have shown to have a high level of nucleotidic omology and in experimental infections, the possibility of interspecific transmission of swine strains to humans and of human strains to non-human primates has been demonstrated. Furthermore, some seroepidemiological studies have demonstrated that people working in contact with swine have a higher risk to get infected than normal blood donors. Recently, cases of HEV hepatitis have been directly associated to the ingestion of uncooked tissues from pigs, wild boar or deer and today the disease is considered an emerging zoonosis. The aims of this thesis were: evaluate HEV prevalence in Italian swine herds (both in fattening and in breeding animals); investigate the possibility of finding HEV in livers used for human consumption; investigate if there is any correlation between HEV infection and the presence of macroscopical lesions; investigate HEV prevalence in a demographic managed wild boar population; phylogenetically analyse viral strains identified. During an internship period at Veterinary Laboratories Agency (Weybridge, UK), furthermore, swine samples at different stages of production and slurry lagoons have been analysed. Six swine herds located in North Italy have been sampled at different stage of production. The overall prevalence resulted 42%, and both breeding and fattening animals were positive for HEV infection. A longitudinal study has been conducted in a herd across all stages of production until the slaughtering age. Livers have been collected from the animals at the abattoir and 11.8% of them were positive for HEV infection. No correlations have been identified between HEV infection and macroscopical lesions in pigs affected by different pathological conditions. Of 86 wild boars tested 22 (25%) were positive for HEV. Of the swine tested in UK 21,5 % and 2 of the 9 slurry lagoons (22,2%) were positive for HEV infection. All the strains identified belonged to genotype 3 and showed high percentages of nucleotidic identity with humans and swine strains identified in Europe. The high prevalence detected in these studies confirms the widespread diffusion of HEV in swine populations in Italy and in UK. Phylogenetical analysis of identified strains, similar to those identified in autochthonous human hepatitis E cases of the same geographical area, confirm the hypothesis that pigs can be a font of zoonotical infection. The finding that a fraction of the livers inserted in the food chain are positive for HEV infection it’s of some concern for Public Health. The finding of a high HEV prevalence in all examined farms, together with the observation that infection may be sub-clinical and affect animals at slaughtering age, raise concern because of the possible risk of transmission of HEV to humans by either direct contact with infected pigs, indirect contact with environment and working instruments contaminated with pig feces, or ingestion of contaminated undercooked meat.
Resumo:
I policlorobifenili (PCB) sono inquinanti tossici e fortemente recalcitranti che contaminano suoli e sedimenti di acqua dolce e marini. Le tecnologie attualmente impiegate per la loro rimozione (dragaggio e trattamento chimoco-fisico o conferimento in discarica) sono molto costose, poco efficaci o ad alto impatto ambientale. L’individuazione di strategie alternative, di natura biologica, consentirebbe lo sviluppo di un processo alternativo più sostenibile. Nel processo di declorurazione riduttiva i congeneri di PCB a più alto grado di clorurazione, che sono i più tossici, recalcitranti e maggiormente tendenti al bioaccumulo, vengono utilizzati da alcuni microrganismi anaerobici come accettori finali di elettroni nella catena respiratoria e bioconvertiti in congeneri a minor grado di clorurazione, meno pericolosi, che possono essere mineralizzati da parte di batteri aerobi. La declorurazione riduttiva dei PCB è stata spesso studiata in colture anaerobiche di arricchimento in terreno minerale ottenute a partire da sedimenti di acqua dolce; questi studi hanno permesso di dimostrare che batteri del phylum dei Chloroflexi e appartenenti al genere Dehalococcoides o filogeneticamente facenti parte del gruppo dei Dehalococcoides-like sono i decloruranti. Sono tuttavia scarse le informazioni riguardanti l'occorrenza della declorurazione dei PCB in ambienti marini, nei quali l'alta salinità e concentrazione di solfati influenzano diversamente l'evoluzione delle popolazioni microbiche. In sedimenti contaminati della laguna di Venezia è stata osservata declorurazione sia dei PCB preesistenti che di congeneri esogeni; questi studi hanno permesso l'ottenimento di colture di arricchimento fortemente attive nei confronti di 5 congeneri di PCB coplanari. In questa tesi, a partire dalle colture capaci di declorurare i PCB coplanari, sono stati allestiti nuovi passaggi di arricchimento su Aroclor®1254, una miscela di PCB più complessa e che meglio rappresenta la contaminazione ambientale. Le colture sono state allestite come microcosmi anaerobici in fase slurry, preparati risospendendo il sedimento nell'acqua superficiale, ricreando in tal modo in laboratorio le stesse condizioni biogeochimiche presenti in situ; gli slurry sterili sono stati inoculati per avviare le colture. Per favorire la crescita dei microrganismi decloruranti e stimolare così la decloruraazione dei PCB sono stati aggiunti inibitori selettivi di metanogeni (Bromoetansulfonato o BES) e solfato-riduttori (molibdato), sono state fornite fonti di carbonio ed energia (eD), quali acidi grassi a corta catena e idrogeno, utilizzate di batteri decloruranti noti, e per semplificare la comunità microbica sono stati aggiunti antibiotici cui batteri decloruranti del genere Dehalococcoides sono resistenti. Con questo approccio sono stati allestiti passaggi di arricchimento successivi e le popolazioni microbiche delle colture sono state caratterizzate con analisi molecolari di fingerprinting (DGGE). Fin dal primo passaggio di arricchimento nei microcosmi non ammendati ha avuto luogo un'estesa declorurazione dell'Aroclor®1254; nei successivi passaggi si è notato un incremento della velocità del processo e la scomparsa della fase di latenza, mentre la stessa stereoselettività è stata mantenuta a riprova dell’arricchimento degli stessi microrganismi decloruranti. Le velocità di declorurazione ottenute sono molto alte se confrontate con quelle osservate in colture anaerobiche addizionate della stessa miscela descritte in letteratura. L'aggiunta di BES o molibdato ha bloccato la declorurazione dei PCB ma in presenza di BES è stata riscontrata attività dealogenante nei confronti di questa molecola. La supplementazione di fonti di energia e di carbonio ha stimolato la metanogenesi e i processi fermentativi ma non ha avuto effetti sulla declorurazione. Ampicillina e vancomicina hanno incrementato la velocità di declorurazione quando aggiunte singolarmente, insieme o in combinazione con eD. E' stato però anche dimostrato che la declorurazione dei PCB è indipendente sia dalla metanogenesi che dalla solfato-riduzione. Queste attività respiratorie hanno avuto velocità ed estensioni diverse in presenza della medesima attività declorurante; in particolare la metanogenesi è stata rilevata solo in dipendenza dall’aggiunta di eD alle colture e la solfato-riduzione è stata inibita dall’ampicillina in microcosmi nei quali un’estesa declorurazione dei PCB è stata osservata. La caratterizzazione delle popolazioni microbiche, condotte mediante analisi molecolari di fingerprinting (DGGE) hanno permesso di descrivere le popolazioni batteriche delle diverse colture come complesse comunità microbiche e di rilevare in tutte le colture decloruranti la presenza di una banda che l’analisi filogenetica ha ascritto al batterio m-1, un noto batterio declorurante in grado di dealogenare un congenere di PCB in colture di arricchimento ottenute da sedimenti marini appartenente al gruppo dei Dehalococcoides-like. Per verificare se la crescita di questo microrganismo sia legata alla presenza dei PCB, l'ultimo passaggio di arricchimento ha previsto l’allestimento di microcosmi addizionati di Aroclor®1254 e altri analoghi privi di PCB. Il batterio m-1 è stato rilevato in tutti i microcosmi addizionati di PCB ma non è mai stato rilevato in quelli in cui i PCB non erano presenti; la presenza di nessun altro batterio né alcun archebatterio è subordinata all’aggiunta dei PCB. E in questo modo stato dimostrato che la presenza di m-1 è dipendente dai PCB e si ritiene quindi che m-1 sia il declorurante in grado di crescere utilizzando i PCB come accettori di elettroni nella catena respiratoria anche in condizioni biogeochimiche tipiche degli habitat marini. In tutte le colture dell'ultimo passaggio di arricchimento è stata anche condotta una reazione di PCR mirata alla rilevazione di geni per dealogenasi riduttive, l’enzima chiave coinvolto nei processi di dealogenazione. E’ stato ottenuto un amplicone di lughezza analoga a quelle di tutte le dealogenasi note in tutte le colture decloruranti ma un tale amplificato non è mai stato ottenuto da colture non addizionate di PCB. La dealogenasi ha lo stesso comportamento di m-1, essendo stata trovata come questo sempre e solo in presenza di PCB e di declorurazione riduttiva. La sequenza di questa dealogenasi è diversa da tutte quelle note sia in termini di sequenza nucleotidica che aminoacidica, pur presentando due ORF con le stesse caratteristiche e domini presenti nelle dealogenasi note. Poiché la presenza della dealogenasi rilevata nelle colture dipende esclusivamente dall’aggiunta di PCB e dall’osservazione della declorurazione riduttiva e considerato che gran parte delle differenze genetiche è concentrata nella parte di sequenza che si pensa determini la specificità di substrato, si ritiene che la dealogenasi identificata sia specifica per i PCB. La ricerca è stata condotta in microcosmi che hanno ricreato fedelmente le condizioni biogeochimiche presenti in situ e ha quindi permesso di rendere conto del reale potenziale declorurante della microflora indigena dei sedimenti della laguna di Venezia. Le analisi molecolari condotte hanno permesso di identificare per la prima volta un batterio responsabile della declorurazione dei PCB in sedimenti marini (il batterio m-1) e una nuova dealogenasi specifica per PCB. L'identificazione del microrganismo declorurante permette di aprire la strada allo sviluppo di tecnologie di bioremediation mirata e il gene della dealogenasi potrà essere utilizzato come marker molecolare per determinare il reale potenziale di declorurazione di miscele complesse di PCB in sedimenti marini.
Resumo:
Enzyveba, a partially characterized complex consortium of not-adapted microorganisms developed through prolonged stabilization of organic wastes, was found to markedly intensify the aerobic remediation of aged PAH- and PCB-contaminated soil by acting as a source of exogenous specialized microorganisms and nutrients. Thus, Enzyveba was tested in the bioremediation of Diesel (G1) and HiQ Diesel (G2) contaminated soils under aerobic slurry-phase conditions by means of a chemical, microbiological, ecotoxicological integrated analytical procedure. The addition of Enzyveba resulted in a higher availability of cultivable specialized bacteria and fungi but this resulted in a slight intensification of soil remediation, probably because of the high content of nutrients and specialized microorganisms of the soil. In many cases, the biotreatability of soils impacted by diesel fuel is limited by their poor content of autochthonous pollutant-degrading microorganisms. Thus, bioaugmentation with stable and reproducible cultures with the required broad substrate specificity might be the solution for a successful remediation. Two microbial consortia, ENZ-G1 and ENZ-G2, were enriched from Enzyveba on G1 and G2. Both consortia consist of a similar composition of bacterial and fungal species. They exhibited a comparable and significant biodegradation capability by removing about 90% of 1 g/l of diesel fuel under liquid culture conditions. Given their remarkable biodegradation potential, richness of quite diverse microbes, stability and resistance after cryopreservation at -20 °C for several months, both consortia appear very interesting candidates for bioaugmentation on site. The mycoflora of a soil historically contaminated by high concentration of PCBs was characterised before, at the beginning and at the end of the biotreatment mentioned above. Several mitosporic fungi isolated from soil grew in presence of a mixture of three PCBs congeners when also glucose was provided. This is the first study in which 5 strains of mitosporic species able to biodegrade PCB are reported in the literature.
Resumo:
Lo scopo di questa tesi è stato la produzione di un elettrolizzatore ad ossidi solidi (SOEC) mediante tecniche economiche e facilmente industrializzabili. Fondamentale a questo scopo è stata la realizzazione di una semicella costituita da un anodo poroso a base di La0.8Sr0.2MnO3-Ce0.8Gd0.2O2-δ (LSM-GDC) ed un elettrolita denso a base di Ce0.8Gd0.2O2-δ (GDC). Le tecniche utilizzate per la produzione di questo sistema sono state il colaggio su nastro e la serigrafia. Anche se generalmente, le celle SOEC vengono prodotte catodo supportate, in questo studio, l’elemento supportante scelto è stato l’anodo poiché questo garantisce una migliore stabilità meccanica all’intera cella. Tale substrato è stato ottenuto mediante colaggio su nastro accoppiato con un metodo innovativo di sinterizzazione denominato sinterizzazione reattiva, processo che prevede la formazione della fase di interesse durante un unico trattamento termico di eliminazione degli additivi organici e consolidamento del manufatto finale. La membrana elettrolitica per l’ottenimento del bilayer anodo-elettrolita, è stata prodotta mediante sia serigrafia che colaggio su nastro. L’accurato studio dell’evoluzione di fase della polvere anodica, l’ottimizzazione della sospensione per colaggio su nastro e dei trattamenti termici hanno permesso l’ottenimento di anodi (fino a dimensioni di 10x10 cm2). Lo studio dei profili di sinterizzazione delle polveri anodica ed elettrolitica e dell’influenza della tecnica di formatura sulla sinterabilità dei layer elettrolitici prodotti hanno inoltre permesso l’ottenimento di una semicella planare costituita da un elettrodo poroso ed una membrana elettrolitica densa adatte per applicazioni SOEC.