4 resultados para colonne

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Negli ultimi anni, un crescente numero di studiosi ha focalizzato la propria attenzione sullo sviluppo di strategie che permettessero di caratterizzare le proprietà ADMET dei farmaci in via di sviluppo, il più rapidamente possibile. Questa tendenza origina dalla consapevolezza che circa la metà dei farmaci in via di sviluppo non viene commercializzato perché ha carenze nelle caratteristiche ADME, e che almeno la metà delle molecole che riescono ad essere commercializzate, hanno comunque qualche problema tossicologico o ADME [1]. Infatti, poco importa quanto una molecola possa essere attiva o specifica: perché possa diventare farmaco è necessario che venga ben assorbita, distribuita nell’organismo, metabolizzata non troppo rapidamente, ne troppo lentamente e completamente eliminata. Inoltre la molecola e i suoi metaboliti non dovrebbero essere tossici per l’organismo. Quindi è chiaro come una rapida determinazione dei parametri ADMET in fasi precoci dello sviluppo del farmaco, consenta di risparmiare tempo e denaro, permettendo di selezionare da subito i composti più promettenti e di lasciar perdere quelli con caratteristiche negative. Questa tesi si colloca in questo contesto, e mostra l’applicazione di una tecnica semplice, la biocromatografia, per caratterizzare rapidamente il legame di librerie di composti alla sieroalbumina umana (HSA). Inoltre mostra l’utilizzo di un’altra tecnica indipendente, il dicroismo circolare, che permette di studiare gli stessi sistemi farmaco-proteina, in soluzione, dando informazioni supplementari riguardo alla stereochimica del processo di legame. La HSA è la proteina più abbondante presente nel sangue. Questa proteina funziona da carrier per un gran numero di molecole, sia endogene, come ad esempio bilirubina, tiroxina, ormoni steroidei, acidi grassi, che xenobiotici. Inoltre aumenta la solubilità di molecole lipofile poco solubili in ambiente acquoso, come ad esempio i tassani. Il legame alla HSA è generalmente stereoselettivo e ad avviene a livello di siti di legame ad alta affinità. Inoltre è ben noto che la competizione tra farmaci o tra un farmaco e metaboliti endogeni, possa variare in maniera significativa la loro frazione libera, modificandone l’attività e la tossicità. Per queste sue proprietà la HSA può influenzare sia le proprietà farmacocinetiche che farmacodinamiche dei farmaci. Non è inusuale che un intero progetto di sviluppo di un farmaco possa venire abbandonato a causa di un’affinità troppo elevata alla HSA, o a un tempo di emivita troppo corto, o a una scarsa distribuzione dovuta ad un debole legame alla HSA. Dal punto di vista farmacocinetico, quindi, la HSA è la proteina di trasporto del plasma più importante. Un gran numero di pubblicazioni dimostra l’affidabilità della tecnica biocromatografica nello studio dei fenomeni di bioriconoscimento tra proteine e piccole molecole [2-6]. Il mio lavoro si è focalizzato principalmente sull’uso della biocromatografia come metodo per valutare le caratteristiche di legame di alcune serie di composti di interesse farmaceutico alla HSA, e sul miglioramento di tale tecnica. Per ottenere una miglior comprensione dei meccanismi di legame delle molecole studiate, gli stessi sistemi farmaco-HSA sono stati studiati anche con il dicroismo circolare (CD). Inizialmente, la HSA è stata immobilizzata su una colonna di silice epossidica impaccata 50 x 4.6 mm di diametro interno, utilizzando una procedura precedentemente riportata in letteratura [7], con alcune piccole modifiche. In breve, l’immobilizzazione è stata effettuata ponendo a ricircolo, attraverso una colonna precedentemente impaccata, una soluzione di HSA in determinate condizioni di pH e forza ionica. La colonna è stata quindi caratterizzata per quanto riguarda la quantità di proteina correttamente immobilizzata, attraverso l’analisi frontale di L-triptofano [8]. Di seguito, sono stati iniettati in colonna alcune soluzioni raceme di molecole note legare la HSA in maniera enantioselettiva, per controllare che la procedura di immobilizzazione non avesse modificato le proprietà di legame della proteina. Dopo essere stata caratterizzata, la colonna è stata utilizzata per determinare la percentuale di legame di una piccola serie di inibitori della proteasi HIV (IPs), e per individuarne il sito(i) di legame. La percentuale di legame è stata calcolata attraverso il fattore di capacità (k) dei campioni. Questo parametro in fase acquosa è stato estrapolato linearmente dal grafico log k contro la percentuale (v/v) di 1-propanolo presente nella fase mobile. Solamente per due dei cinque composti analizzati è stato possibile misurare direttamente il valore di k in assenza di solvente organico. Tutti gli IPs analizzati hanno mostrato un’elevata percentuale di legame alla HSA: in particolare, il valore per ritonavir, lopinavir e saquinavir è risultato maggiore del 95%. Questi risultati sono in accordo con dati presenti in letteratura, ottenuti attraverso il biosensore ottico [9]. Inoltre, questi risultati sono coerenti con la significativa riduzione di attività inibitoria di questi composti osservata in presenza di HSA. Questa riduzione sembra essere maggiore per i composti che legano maggiormente la proteina [10]. Successivamente sono stati eseguiti degli studi di competizione tramite cromatografia zonale. Questo metodo prevede di utilizzare una soluzione a concentrazione nota di un competitore come fase mobile, mentre piccole quantità di analita vengono iniettate nella colonna funzionalizzata con HSA. I competitori sono stati selezionati in base al loro legame selettivo ad uno dei principali siti di legame sulla proteina. In particolare, sono stati utilizzati salicilato di sodio, ibuprofene e valproato di sodio come marker dei siti I, II e sito della bilirubina, rispettivamente. Questi studi hanno mostrato un legame indipendente dei PIs ai siti I e II, mentre è stata osservata una debole anticooperatività per il sito della bilirubina. Lo stesso sistema farmaco-proteina è stato infine investigato in soluzione attraverso l’uso del dicroismo circolare. In particolare, è stato monitorata la variazione del segnale CD indotto di un complesso equimolare [HSA]/[bilirubina], a seguito dell’aggiunta di aliquote di ritonavir, scelto come rappresentante della serie. I risultati confermano la lieve anticooperatività per il sito della bilirubina osservato precedentemente negli studi biocromatografici. Successivamente, lo stesso protocollo descritto precedentemente è stato applicato a una colonna di silice epossidica monolitica 50 x 4.6 mm, per valutare l’affidabilità del supporto monolitico per applicazioni biocromatografiche. Il supporto monolitico monolitico ha mostrato buone caratteristiche cromatografiche in termini di contropressione, efficienza e stabilità, oltre che affidabilità nella determinazione dei parametri di legame alla HSA. Questa colonna è stata utilizzata per la determinazione della percentuale di legame alla HSA di una serie di poliamminochinoni sviluppati nell’ambito di una ricerca sulla malattia di Alzheimer. Tutti i composti hanno mostrato una percentuale di legame superiore al 95%. Inoltre, è stata osservata una correlazione tra percentuale di legame è caratteristiche della catena laterale (lunghezza e numero di gruppi amminici). Successivamente sono stati effettuati studi di competizione dei composti in esame tramite il dicroismo circolare in cui è stato evidenziato un effetto anticooperativo dei poliamminochinoni ai siti I e II, mentre rispetto al sito della bilirubina il legame si è dimostrato indipendente. Le conoscenze acquisite con il supporto monolitico precedentemente descritto, sono state applicate a una colonna di silice epossidica più corta (10 x 4.6 mm). Il metodo di determinazione della percentuale di legame utilizzato negli studi precedenti si basa su dati ottenuti con più esperimenti, quindi è necessario molto tempo prima di ottenere il dato finale. L’uso di una colonna più corta permette di ridurre i tempi di ritenzione degli analiti, per cui la determinazione della percentuale di legame alla HSA diventa molto più rapida. Si passa quindi da una analisi a medio rendimento a una analisi di screening ad alto rendimento (highthroughput- screening, HTS). Inoltre, la riduzione dei tempi di analisi, permette di evitare l’uso di soventi organici nella fase mobile. Dopo aver caratterizzato la colonna da 10 mm con lo stesso metodo precedentemente descritto per le altre colonne, sono stati iniettati una serie di standard variando il flusso della fase mobile, per valutare la possibilità di utilizzare flussi elevati. La colonna è stata quindi impiegata per stimare la percentuale di legame di una serie di molecole con differenti caratteristiche chimiche. Successivamente è stata valutata la possibilità di utilizzare una colonna così corta, anche per studi di competizione, ed è stata indagato il legame di una serie di composti al sito I. Infine è stata effettuata una valutazione della stabilità della colonna in seguito ad un uso estensivo. L’uso di supporti cromatografici funzionalizzati con albumine di diversa origine (ratto, cane, guinea pig, hamster, topo, coniglio), può essere proposto come applicazione futura di queste colonne HTS. Infatti, la possibilità di ottenere informazioni del legame dei farmaci in via di sviluppo alle diverse albumine, permetterebbe un migliore paragone tra i dati ottenuti tramite esperimenti in vitro e i dati ottenuti con esperimenti sull’animale, facilitando la successiva estrapolazione all’uomo, con la velocità di un metodo HTS. Inoltre, verrebbe ridotto anche il numero di animali utilizzati nelle sperimentazioni. Alcuni lavori presenti in letteratura dimostrano l’affidabilita di colonne funzionalizzate con albumine di diversa origine [11-13]: l’utilizzo di colonne più corte potrebbe aumentarne le applicazioni.

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Dopo aver introdotto lo status quaestionis sulla Didascalia apostolorum, segue la trascrizione del testo siriaco, la traduzione italiana corredata di note, una sinossi a quattro colonne (testo siriaco del manoscritto A e del manoscritto E, i frammenti latini e la loro traduzione). L'ultima parte della tesi riguarda l'analisi redazionale del testo, ovvero le fonti e le interpolazioni, a cui segue in ultimo un'ipotesi ricostruttiva.

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Il rachide è stato suddiviso in tre colonne da Denis: anteriore e centrale comprendono la metà anteriore del corpo vertebrale, la metà posteriore e l’inizio dei peduncoli, mentre la colonna posteriore comprende l’arco e i peduncoli stessi. In caso di resezione o lesione della colonna anteriore e media è indicata la ricostruzione. Diverse tecniche e materiali possono essere usati per ricostruire il corpo vertebrale. Innesti vascolarizzati, autograft, allograft sono stati usati, così come impianti sintetici di titanio o materiale plastico come il PEEK (Poly etere etere ketone). Tutti questi materiali hanno vantaggi e svantaggi in termini di proprietà intrinseche, resistenza meccanica, modulo di elasticità, possibilità di trasmissione malattie, capacità di fondersi con l’osso ospite o meno. Le soluzioni più usate sono le cage in titanio o carbonio, il PMMA ( Poli methil metacrilato), gli innesti ossei massivi. Si è effettuato uno studio di coorte retrospettivo paragonando due gruppi di pazienti oncologici spinali trattati da due chirurghi esperti in un centro di riferimento, con vertebrectomia e ricostruzione della colonna anteriore: un gruppo con cage in carbonio o titanio, l’altro gruppo con allograft massivo armato di innesto autoplastico o mesh in titanio. Si sono confrontati i risultati in termini di cifosi segmenterai evolutiva, fusione ossea e qualità di vita del paziente. Il gruppo delle cage in carbonio / titanio ha avuto risultati leggermente migliori dal punto di vista biomeccanico ma non statisticamente significativo, mentre dal punto di vista della qualità di vita i risultati sono stati migliori nel gruppo allograft. Non ci sono stati fallimenti meccanici della colonna anteriore in entrambi i gruppi, con un Fu tra 12 e 60 mesi. Si sono paragonati anche i costi delle due tecniche. In conclusione l’allogar è una tecnica sicura ed efficace, con proprietà meccaniche solide, soprattutto se armato con autograft o mesi in titanio.

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La tesi ha come oggetto il rinnovamento urbano che fu realizzato a Faenza per opera del suo signore Carlo II Manfredi tra il 1468 e il 1477, d’accordo con il fratello, il vescovo Federico. La prima opera realizzata da Carlo fu il portico a due livelli che dotò di una nuova facciata il suo palazzo di residenza, di origini medievali. Questa architettura sarebbe stata il preludio di un riordino generale della piazza principale della città, probabilmente allo scopo di ricreare un foro all’antica, come prescritto dai trattati di Vitruvio e di Alberti. L’aspetto originale del loggiato rinascimentale, desumibile da documentazione archivistica e iconografica, permette di attribuirlo con una certa probabilità a Giuliano da Maiano. Oltre alla piazza, Carlo riformò profondamente il tessuto urbano, demolendo molti portici lignei di origine medievale, rettificando le principali strade, completando la cerchia muraria. Federico Manfredi nel 1474 diede inizio alla fabbrica della Cattedrale, ricostruita dalle fondamenta su progetto dello stesso Giuliano da Maiano. L’architettura della chiesa ha uno stile largamente debitore all’architettura sacra di Brunelleschi, ma con significative differenze (come la navata definita da un’alternanza tra pilastri e colonne, o la copertura composta da volte a vela). L’abside della cattedrale, estranea al progetto maianesco, fu realizzata nel 1491-92 e mostra alcuni dettagli riconducibili alla coeva architettura di Bramante. A Faenza si realizza in un periodo di tempo brevissimo una profonda trasformazione del volto della città: loggiato, riforma della piazza, riordino delle strade, una nuova cattedrale, tutto contribuisce a dare lustro ai Manfredi e a fare di Faenza una città moderna e in cui si mettono in pratica, forse per la prima volta nell’Italia settentrionale, i dettami di Vitruvio e di Alberti.