222 resultados para Videogiochi analisi settore

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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The thesis aims at inquiring into the issue of innovation and organizational and institutional change in the public administration with regard to the increasingly massive adoption of participatory devices and practices in various arenas of public policies. The field of reference regards transformations of the types of public actions and regulation systems, concerning governance. Together with the crisis of the public function and of the role played by the insitutions what is emerging are different levels of governement, both towards an over national and a local direction, and a plurality of social interlocutors, followed by a post-bureaucratic pattern of the public administration that is opening itself in the direction of environment and citizens. The public adminstration is no longer considered an inert object within the bureaucratic paradigm but as a series of communicative processes, choices, cultures and practices that actively builds itself and the environment it interacts with. Therefore, the output of the public administration isn’t the simple service being supplied but the relationship enacted with the citizen, relationship that becomes the constituent basis of adminstrative processes. The intention of thesis is to take into consideration the relation between innovation of the public administration and participatory experimentations and implementations regarded as exchanges in which citizens and the public administration hold talks and debates. The issue of the organizational change of the public administration as output and effect of inclusive deliberative practices has been analysed starting from an institutionalist approach, in other words examining the constituent features of institutions, “rediscovering” them with regard to their public nature, their ability to elaborate collective values and meanings, the social definition of problems and solutions. The participatory device employed by the Forlì city council that involved enterprises and cultural associations of the area in order to build a participatory Table, has been studied through a qualitative methodology (participant observation and semi-strutctured interviews). The analysis inquired into the public nature both of the participatory device and the administrative action itself as well as into elements pertaining the deliberative setting, the regulative reference framework and the actors which took part in the process.

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Gli investimenti diretti esteri (IDE) giocano un ruolo importante nella crescita economica e nello sviluppo territoriale. Con il notevole aumento dei flussi IDE nel settore agroalimentare a livello mondiale l’attenzione si è concentrata sul dibattito relativo alle determinanti che spingono alla scelta di un territorio piuttosto che un altro. Non esiste ancora un lavoro definitivo ed univoco sulle determinanti degli IDE. Alcune delle più frequenti analisi sui fattori che influenzano gli IDE includono: l’entità del mercato, il costo del lavoro, i tassi di interesse, le barriere protezionistiche, tassi di cambio, predisposizione all’export, struttura del mercato, distanze geografiche, stabilità politica e affinità culturale. Questo lavoro si propone di analizzare le determinanti nel settore agroalimentare italiano sia teoricamente che empiricamente. A questo scopo è stata applica come base teorica il paradigma OLI di Dunning e i principi legati agli investimenti orizzontali al settore agroalimentare regionale italiano. Sono state esaminate le determinanti degli investimenti diretti inward in questo settore. Le risultanti suggeriscono una relazione positiva tra la presenza di attività di servizi e la presenza di IDE nelle diverse Regioni. In un Paese ad economia avanzata come l’Italia, strategie territoriali e di impresa basate sui costi e sul mercato non sono caratterizzanti per attrarre multinazionali straniere, mentre la dotazione di servizi e infrastrutture rappresentano un nuovo obiettivo su cui le Regioni devono puntare per aprire i territori alle sfide della globalizzazione. Questa ricerca unisce analisi statistica ed econometria e studio bibliografico per approfondire e comprendere la materia in oggetto e fornire nuovi elementi e spunti su cui discutere.

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L’analisi condotta nella tesi mira ad indagare le determinanti del debito delle piccole e medie imprese italiane: la domanda di ricerca è indirizzata a capire se la struttura finanziaria di queste ultime segue i modelli teorici sviluppati nell’ambito della letteratura di Corporate Finance o se, d’altro canto, non sia possibile prescindere dalle peculiarità delle piccole e medie imprese per spiegare il ricorso alle diverse fonti di finanziamento. La ricerca empirica effettuata nella dissertazione vuole essere un tentativo di coniugare le teorie di riferimento e le evidenze empiriche relative alle piccole e medie imprese italiane, analizzandone il comportamento attraverso lo studio del campione di dati fornito da Capitalia, relativo alla Nona Indagine per il periodo 2001-2003. Il campione in oggetto fa riferimento a circa 4000 imprese con più di 10 addetti, prevalentemente del settore manifatturiero. Per indagare le determinanti del debito nelle sue componenti più tradizionali, si sono prese in considerazione il debito commerciale e il debito bancario a breve termine come forme di finanziamento correnti mentre, tra le forme di finanziamento di medio-lungo periodo, le variabili usate sono state il ricorso al debito bancario a lungo termine e a strumenti obbligazionari. Inoltre, si è ricorso anche a misure più tradizionali di leva finanziaria, quali il rapporto di indebitamento, la proporzione tra debiti bancari, sia di breve che di lungo periodo, e l’ammontare dei finanziamenti esterni rispetto al valore dell’impresa, distinguendo anche qui, tra finanziamenti a breve e a lungo termine. L’analisi descrittiva ha mostrato il massiccio ricorso al debito bancario e, in generale, alle forme di indebitamento a breve. Le imprese di dimensioni minori, più giovani e opache tendono a ricorrere alle fonti interne e a forme di indebitamento a breve, mentre le imprese maggiormente dimensionate mostrano una struttura del debito più articolata. Questo ha suggerito la definizione di una diversa misura di debito, che tiene conto della complessità della sua struttura all’interno delle imprese, in base ad un ricorso di tipo gerarchico alle fonti di finanziamento: il grado di complessità dipende dalle tipologie e dalla quantità dei contratti di debito conclusi dall’impresa . E’ plausibile pensare che le imprese ricorrano prima alle fonti interne di finanziamento, perché prive di costi, e poi all’indebitamento nei confronti di diversi stakeholders: rispetto alla prossimità e alla facilità dell’ottenimento del finanziamento, è sembrato naturale pensare che un’impresa ricorra dapprima al debito commerciale, poi al debito bancario e solo infine all’emissione di obbligazioni, in un ordine gerarchico. Ne consegue che se un’impresa (non) ha contratto debiti con fornitori, banche e mercato, la complessità della struttura del suo debito è massima (nulla). L’analisi econometrica successiva è stata indirizzata in tre direzioni. In primis, l’analisi longitudinale dei dati è stata volta ad evidenziare se la struttura finanziaria delle PMI risponde ad un particolare modello teorico, in accordo con le teoria tradizionali di riferimento. In secondo luogo, l’analisi delle determinanti si è allargata allo studio degli aspetti peculiari delle imprese medio-piccole. Infine, si è indagato se, nell’ambito delle imprese di dimensioni minori, si osservano comportamenti omogenei oppure se determinate scelte nelle fonti di finanziamento sono da ricondurre all’esistenza di alcuni vincoli. Quindi, partendo dalla rassegna dei principali riferimenti nella letteratura, costituiti dalla Trade-off theory (Modigliani e Miller, 1963, De Angelo e Masulis, 1980, Miller, 1977), dalla Pecking order theory (Myers 1984, Myers e Majluf, 1984) e dalla Financial growth cycle theory (Berger e Udell, 1998), una prima serie di analisi econometriche è stata rivolta alla verifica empirica delle teorie suddette. Una seconda analisi mira, invece, a capire se il comportamento delle imprese possa essere spiegato anche da altri fattori: il modello del ciclo di vita dell’impresa, mutuato dalle discipline manageriali, così come il contesto italiano e la particolarità del rapporto bancaimpresa, hanno suggerito l’analisi di altre determinanti al ricorso delle diverse fonti di debito. Di conseguenza, si sono usate delle opportune analisi econometriche per evidenziare se la struttura proprietaria e di controllo dell’impresa, il suo livello di complessità organizzativa possano incidere sulla struttura del debito delle imprese. Poi, si è indagato se il massiccio ricorso al debito bancario è spiegato dalle peculiarità del rapporto banca-impresa nel nostro Paese, rintracciabili nei fenomeni tipici del relationship lending e del multiaffidamento. Ancora, si sono verificati i possibili effetti di tale rapporto sulla complessità della struttura del debito delle imprese. Infine, l’analisi della letteratura recente sulla capital structure delle imprese, l’approccio sviluppato da Fazzari Hubbard e Petersen (1988) e Almeida e Campello (2006 , 2007) ha suggerito un ultimo livello di analisi. La presenza di vincoli nelle decisioni di finanziamento, legati essenzialmente alla profittabilità, alla dimensione delle imprese, alle sue opportunità di crescita, e alla reputazione verso l’esterno, secondo la letteratura recente, è cruciale nell’analisi delle differenze sistematiche di comportamento delle imprese. Per di più, all’interno del lavoro di tesi, così come in Almeida e Campello (2007), si è ipotizzato che la propensione agli investimenti possa essere considerata un fattore endogeno rispetto alla struttura del debito delle imprese, non esogeno come la letteratura tradizionale vuole. Per questo motivo, si è proceduto ad un ultimo tipo di analisi econometrica, volta a rilevare possibili differenze significative nel comportamento delle imprese rispetto al ricorso alle fonti di finanziamento a titolo di debito: nel caso in cui esse presentino una dimensione contenuta, una bassa redditività e una scarsa reputazione all’esterno infatti, vi dovrebbe essere un effetto di complementarietà tra fonti interne ed esterne. L’effetto sarebbe tale per cui non sussisterebbe, o per lo meno non sarebbe significativa, una relazione negativa tra fonti interne ed esterne. Complessivamente, i risultati delle analisi empiriche condotte, supportano sia le teorie classiche di riferimento nell’ambito della disciplina della Corporate finance, sia la teoria proposta da Berger e Udell (1998): le variabili che risultano significative nella spiegazione della struttura del debito sono principalmente quelle relative alla dimensione, all’età, al livello e alla qualità delle informazioni disponibili. Inoltre, il ricorso a fonti interne risulta essere la primaria fonte di finanziamento, seguita dal debito. Il ricorso a fonti esterne, in particolare al debito bancario, aumenta quanto più l’impresa cresce, ha una struttura solida e la capacità di fornire delle garanzie, e ha una reputazione forte. La struttura del debito, peraltro, diventa più complessa all’aumentare della dimensione, dell’età e del livello di informazioni disponibili. L’analisi della struttura proprietaria e della componente organizzativa all’interno delle imprese ha evidenziato principalmente che la struttura del debito aumenta di complessità con maggiore probabilità se la proprietà è diffusa, se vi è un management indipendente e se la piramide organizzativa è ben definita. Relativamente al rapporto banca-impresa, i principali risultati mostrano che l’indebitamento bancario sembra essere favorito dai fenomeni di relationship lending e dal multiaffidamento. Tali peculiarità assumono tratti diversi a seconda della fase del ciclo di vita delle imprese della Nona Indagine. Infine, per quanto attiene all’ultima tipologia di analisi condotta, le evidenze empiriche suggeriscono che le piccole e medie imprese possano essere soggette a delle restrizioni che si riflettono nell’ambito delle loro politiche di investimento. Tali vincoli, relativi alla dimensione, ai profitti conseguiti e alla reputazione all’esterno, aiutano a spiegare le scelte di finanziamento delle PMI del campione.

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Affrontare l’analisi critica delle traduzioni italiane di Un amour de Swann di Marcel Proust implica necessariamente un attento esame dello stile esemplare di un autore, che ha modificato, in larga misura, la concezione del romanzo e della scrittura stessa; in secondo luogo significa considerare l’altrettanto complesso lavorio intellettuale rappresentato dalla traduzione, in qualità di atto critico fondamentale. Prenderemo in esame nel capitolo primo la genesi del TP, le sue specificità narratologiche e la ricezione critica francese e italiana, per comprendere appieno l’originalità di Proust rispetto al panorama letterario dell’epoca. Nella seconda parte del primo capitolo delineeremo un excursus lungo la storia di tutte le traduzioni italiane del romanzo, accordando particolare attenzione alla figura di ogni traduttore: Natalia Ginzburg (1946), Bruno Schacherl (1946), Armando Landini (1946), Oreste Del Buono (1965), Giovanni Raboni (1978), Maria Teresa Nessi Somaini (1981), Gianna Tornabuoni (1988), Eurialo De Michelis (1990) e il traduttore, rimasto anonimo, della casa editrice La Spiga Languages (1995). Nel secondo capitolo analizzeremo la peculiarità stilistica più nota dell’autore, la sintassi. I lunghi periodi complicati da un intreccio di subordinate e sciolti solo con il ricorso a vari nessi sintattici contribuiscono a rendere la sintassi proustiana una delle sfide maggiori in sede traduttiva. Nel capitolo successivo accorderemo attenzione all’eteroglossia enunciativa, espressa nei diversi idioletti del romanzo. In sede contrastiva affronteremo la questione della trasposizione dei niveaux de langue, per poter valutare le scelte intraprese dai traduttori in un ambito altamente complesso, a causa della diversità diafasica intrinseca dei due codici. All’interno del medesimo capitolo apriremo una parentesi sulla specificità di una traduzione, quella di Giacomo Debenedetti, effettuata seguendo una personale esegesi dello stile musicale e armonico di Proust. Riserveremo al capitolo quarto lo studio del linguaggio figurato, soffermandoci sull’analisi delle espressioni idiomatiche, che vengono impiegate frequentemente da alcuni personaggi. Rivolgeremo uno sguardo d’insieme alle strategie messe in atto dai traduttori, per cercare un equivalente idiomatico o per ricreare il medesimo impatto nel lettore, qualora vi siano casi di anisomorfismo. Analizzeremo nel quinto capitolo la terminologia della moda, confrontando il lessico impiegato nel TP con le soluzioni adottate nei TA, e aprendo, inevitabilmente, una parentesi sulla terminologia storica del settore. A compimento del lavoro presenteremo la nostra proposta traduttiva di un capitolo tratto dal saggio Proust et le style di Jean Milly, per mettere in luce, tramite la sua parola autorevole, la genialità e la complessità della scrittura proustiana e, conseguentemente, il compito ardimentoso e ammirevole che è stato richiesto ai traduttori italiani.

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La tesi propone un approccio semiotico ai videogiochi e indaga le relazioni tra videogioco, memoria e senso, a partire dall’analisi di un ampio corpus di videogiochi, trasversale rispetto ai generi. Il lavoro intende mostrare la proficuità di un incontro tra semiotica e videogiochi sotto un duplice punto di vista: da un lato i videogiochi, in quanto oggetti “nuovi”, rappresentano un buon banco di prova per la teoria e la metodologia semiotica; dall’altro lato la semiotica permette di comprendere meglio i videogiochi, ricostruendo i meccanismi semiotici che contribuiscono a generare gli effetti di senso tipici di questa forma testuale (es. immersività, interattività, flusso…). Il lavoro si propone quindi il duplice obiettivo di individuare le peculiarità del videogioco in quanto oggetto di analisi semiotica (cap. 1) e i meccanismi che in diversi generi videoludici portano alla creazione di effetti di senso peculiari e alla costruzione di una nuova memoria (capp. 3, 4, 5). Il primo capitolo è dedicato a una riflessione teorica e metodologica che intende preparare il campo per l’analisi, provando a “testare” modelli, concetti e strumenti più o meno assestati con lo scopo di riconoscere lo statuto semiotico dei videogiochi e di individuare il modo migliore per analizzarli semioticamente. Inoltre nel cap. 1 si affrontano, ancora in un’ottica generale, le dinamiche tra memoria del gioco e memoria del giocatore e l’importanza dei processi di apprendimento per l’interpretazione videoludica. Gli ultimi tre capitoli sono invece dedicati ai risultati delle analisi, condotte su un corpus ampio di videogiochi, affiancato da un corpus “di controllo” costituito da video di partite concrete, immagini user-generated, interfacce fisiche di gioco e “discorsi su” i videogiochi inseriti nel corpus principale. Il terzo capitolo individua i meccanismi semiotici che contribuiscono a costruire, de-costruire e ricostruire l’identità del giocatore nel corso della partita. Il quarto capitolo affronta la relazione tra tempo del gioco e tempo del giocatore, concentrandosi sulle modalità di configurazione del tempo in atto nei diversi generi videoludici. L’ultimo capitolo è dedicato all’approfondimento di un aspetto particolare della testualità videoludica: la capacità dei videogiochi di generare esperienze embodied, cioè esperienze ‘incarnate’ e ‘situate’.

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Il concetto di "core training" è ampiamente diffuso nelle moderne metodologie di allenamento, nonostante sia spesso collegato a pratiche da campo non pienamente supportate dalla ricerca scientifica. Il termine "core" identifica il "centro funzionale del corpo" in grado di garantire una "adeguata stabilità prossimale al fine di ottimizzare la mobilità distale", sostenendo il complesso lombo-pelvico e permettendo la connessione funzionale tra arti e tronco. La muscolatura del core, cositutita principalmente dalla regione addominale e paraspinale, è ben condizionabile dall'utilizzo di superfici instabili quali Bosu e Fitball, strumenti comuni nel settore sportivo e rieducativo ma sui quali esistono teorie e conoscenze altamente eterogenee. Obiettivo della presente tesi è, dunque, da un lato quello di confrontare una varietà di esercizi eseguibili su entrambe le superfici instabili precedentemente citate al fine di determinare le attivazioni muscolari a livello del "core", dall'altro quello di valutare gli effetti indotti da un "core training" di 8 settimane su parametri performance-specifici. Lo studio, effettuato su atleti aventi una elevata esperienza in tale settore, evidenzia valori elettromiografici superiori nella Fitball e Bosu rispetto al tappeto, seppure in maniera non significativa; circa il legame con aspetti prestativi, emerge invece come un allenamento specifico ad alto impatto nervoso, modulato secondo un target razionale, consenta di incrementare l'endurance della muscolatura addominale, l'equilibrio funzionale dinamico e la capacità di trasmissione di forze arti-tronco, giustificandone un utilizzo in vari settori dell'attività motoria.

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Studio del componente di supporto del cavo utensile per taglio di materiali lapidei. Analisi delle applicazioni di leghe superelastiche e delle modalità di realizzazione del cavo utensile complessivo in relazione a specifiche esigenze poste a livello industriale.

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Questo studio, che è stato realizzato in collaborazione con Hera, è un'analisi della gestione dei rifiuti a Bologna. La ricerca è stata effettuata su diversi livelli: un livello strategico il cui scopo è quello di identificare nuovi metodi per la raccolta dei rifiuti in funzione delle caratteristiche del territorio della città, un livello analitico che riguarda il miglioramento delle applicazioni informatiche di supporto, e livello ambientale che riguarda il calcolo delle emissioni in atmosfera di veicoli adibiti alla raccolta e al trasporto dei rifiuti. innanzitutto è stato necessario studiare Bologna e lo stato attuale dei servizi di raccolta dei rifiuti. È incrociando questi componenti che in questi ultimi tre anni sono state effettuate modifiche nel settore della gestione dei rifiuti. I capitoli seguenti sono inerenti le applicazioni informatiche a sostegno di tali attività: Siget e Optit. Siget è il programma di gestione del servizio, che attualmente viene utilizzato per tutte le attività connesse alla raccolta di rifiuti. È un programma costituito da moduli diversi, ma di sola la gestione dati. la sperimentazione con Optit ha aggiunto alla gestione dei dati la possibilità di avere tali dati in cartografia e di associare un algoritmo di routing. I dati archiviati in Siget hanno rappresentato il punto di partenza, l'input, e il raggiungimento di tutti punti raccolta l'obiettivo finale. L'ultimo capitolo è relativo allo studio dell'impatto ambientale di questi percorsi di raccolta dei rifiuti. Tale analisi, basata sulla valutazione empirica e sull'implementazione in Excel delle formule del Corinair mostra la fotografia del servizio nel 2010. Su questo aspetto Optit ha fornito il suo valore aggiunto, implementando nell'algoritmo anche le formule per il calcolo delle emissioni.

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Il pomodoro è una delle colture principali del panorama agro-alimentare italiano e rappresenta un ingrediente base della tradizione culinaria nazionale. Il pomodoro lavorato dall’industria conserviera può essere trasformato in diverse tipologie merceologiche, che si differenziano in base alla tecniche di lavorazione impiegate ed alle caratteristiche del prodotto finito. la percentuale di spesa totale destinata all’acquisto di cibo fuori casa è in aumento a livello globale e l’interesse dell’industria alimentare nei confronti di questo canale di vendita è quindi crescente. Mentre sono numerose le indagine in letteratura che studiano i processi di acquisto dei consumatori finali, non ci sono evidenze di studi simili condotti sugli operatori del Food Service. Obiettivo principale della ricerca è quello di valutare le preferenze dei responsabili acquisti del settore Food Service per diverse tipologie di pomodoro trasformato, in relazione ad una gamma di attributi rilevanti del prodotto e di caratteristiche del cliente. La raccolta dei dati è avvenuta attraverso un esperimento di scelta ipotetico realizzato in Italia e alcuni mercati esteri. Dai risultati ottenuti dall’indagine emerge che i Pelati sono la categoria di pomodoro trasformato preferita dai responsabili degli acquisti del settore Food Service intervistati, con il 35% delle preferenze dichiarate nell'insieme dei contesti di scelta proposti, seguita dalla Polpa (25%), dalla Passata (20%) e dal Concentrato (15%). Dai risultati ottenuti dalla stima del modello econometrico Logit a parametri randomizzati è emerso che alcuni attributi qualitativi di fiducia (credence), spesso impiegati nelle strategie di differenziazione e posizionamento da parte dell’industria alimentare nel mercato Retail, possono rivestire un ruolo importante anche nell’influenzare le preferenze degli operatori del Food Service. Questo potrebbe quindi essere un interessante filone di ricerca da sviluppare nel futuro, possibilmente con l'impiego congiunto di metodologie di analisi basate su esperimenti di scelta ipotetici e non ipotetici.

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Characteristics of modern food demand force retailers to acquire more information about product process along the food supply chain to ensure that product are in accordance with consumer preference. Therefore, the product process involves more information flows between buyer and supplier which requires collaborative efforts. These changes translate into several studies on the inter-organizational relationship in agri-food systems. Studies on inter-organizational relationships have been conducted in various academic disciplines, including sociology, psychology, law, economics, marketing, management, and combination of these. Inter-organizational relationships is an interaction between organizations which involved firms horizontally, as well as, vertically. In this study we deal with vertical, buyer-seller relationship which are sometimes referred to chain relationships. We define vertical business relationship in the agriculture-food based sector as “agri-food chain relationships”. The focus is on sustainable inter-organizational relationships in a way that they can be scientifically investigated. We study characteristics which ensure that a relationship is long-lasting and rewarding for all involved parties in the sardinian dairy. We test the theoretical model using structural equation modeling. The results suggest that the most important determinant for the relationships is technology and the price isn’t significant for the relationship governance.

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L’attuale rilevanza rappresentata dalla stretta relazione tra cambiamenti climatici e influenza antropogenica ha da tempo posto l’attenzione sull’effetto serra e sul surriscaldamento planetario così come sull’aumento delle concentrazioni atmosferiche dei gas climaticamente attivi, in primo luogo la CO2. Il radiocarbonio è attualmente il tracciante ambientale per eccellenza in grado di fornire mediante un approccio “top-down” un valido strumento di controllo per discriminare e quantificare il diossido di carbonio presente in atmosfera di provenienza fossile o biogenica. Ecco allora che ai settori applicativi tradizionali del 14C, quali le datazioni archeometriche, si affiancano nuovi ambiti legati da un lato al settore energetico per quanto riguarda le problematiche associate alle emissioni di impianti, ai combustibili, allo stoccaggio geologico della CO2, dall’altro al mercato in forte crescita dei cosiddetti prodotti biobased costituiti da materie prime rinnovabili. Nell’ambito del presente lavoro di tesi è stato quindi esplorato il mondo del radiocarbonio sia dal punto di vista strettamente tecnico e metodologico che dal punto di vista applicativo relativamente ai molteplici e diversificati campi d’indagine. E’ stato realizzato e validato un impianto di analisi basato sul metodo radiometrico mediante assorbimento diretto della CO2 ed analisi in scintillazione liquida apportando miglioramenti tecnologici ed accorgimenti procedurali volti a migliorare le performance del metodo in termini di semplicità, sensibilità e riproducibilità. Il metodo, pur rappresentando generalmente un buon compromesso rispetto alle metodologie tradizionalmente usate per l’analisi del 14C, risulta allo stato attuale ancora inadeguato a quei settori applicativi laddove è richiesta una precisione molto puntuale, ma competitivo per l’analisi di campioni moderni ad elevata concentrazione di 14C. La sperimentazione condotta su alcuni liquidi ionici, seppur preliminare e non conclusiva, apre infine nuove linee di ricerca sulla possibilità di utilizzare questa nuova classe di composti come mezzi per la cattura della CO2 e l’analisi del 14C in LSC.

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Lo scopo di questa tesi è quello di analizzare dapprima l’impatto ambientale di tali impianti e poi analizzare il contributo effettivo che oggi la tecnologia innovativa dei cicli Rankine organici può dare nella valorizzazione elettrica del calore di scarto di processi industriali, focalizzando l’obiettivo principalmente sulle turbine a gas ed eseguendo un caso di studio in un settore ancora poco esplorato da questa tecnologia, quello Oil&Gas. Dopo aver effettuato il censimento degli impianti a fonti fossili e rinnovabili, cogenerativi e non, presenti in Emilia-Romagna, è stato sviluppato un software chiamato MiniBref che permette di simulare il funzionamento di una qualsiasi centrale termoelettrica grazie alla possibilità di combinare la tecnologia dell’impianto con il tipo di combustibile consentendo la valutazione delle emissioni inquinanti ed i potenziali di inquinamento. Successivamente verranno illustrati gli ORC, partendo dalle caratteristiche impiantistiche e termodinamiche fino ad arrivare alla scelta del fluido organico, fondamentale per le performance del ciclo. Dopo aver effettuato una ricognizione dello stato dell’arte delle applicazioni industriali degli ORC nel recupero termico, verranno eseguite simulazioni numeriche per ricostruire gli ORC ed avere una panoramica il più completa ed attendibile delle prestazioni effettive di questi sistemi. In ultimo verranno illustrati i risultati di un caso di studio che vede l’adozione di recupero mediante ciclo organico in un’installazione esistente del settore Oil&Gas. Si effettuerà uno studio delle prestazione dell’impianto al variare delle pressioni massime e minime del ciclo ed al variare del fluido impiegato al fine di mostrare come questi parametri influenzino non solo le performance ma anche le caratteristiche impiantistiche da adottare. A conclusione del lavoro si riporteranno i risultati relativi all’analisi condotte considerando l’impianto ai carichi parziali ed in assetto cogenerativo.

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Il presente studio si colloca nell’ambito di una ricerca il cui obiettivo è la formulazione di criteri progettuali finalizzati alla ottimizzazione delle prestazioni energetiche delle cantine di aziende vitivinicole con dimensioni produttive medio-piccole. Nello specifico la ricerca si pone l’obiettivo di individuare degli indicatori che possano valutare l’influenza che le principali variabili progettuali hanno sul fabbisogno energetico dell’edificio e sull’andamento delle temperature all’interno dei locali di conservazione ed invecchiamento del vino. Tali indicatori forniscono informazioni sulla prestazione energetica dell’edificio e sull’idoneità dei locali non climatizzati finalizzata alla conservazione del vino Essendo la progettazione una complessa attività multidisciplinare, la ricerca ha previsto l’ideazione di un programma di calcolo in grado di gestire ed elaborare dati provenienti da diversi ambiti (ingegneristici, architettonici, delle produzioni agroindustriali, ecc.), e di restituire risultati sintetici attraverso indicatori allo scopo individuati. Il programma è stato applicato su un caso-studio aziendale rappresentativo del settore produttivo. Sono stati vagliati gli effetti di due modalità di vendemmia e di quattro soluzioni architettoniche differenti. Le soluzioni edilizie derivano dalla combinazione di diversi isolamenti termici e dalla presenza o meno di locali interrati. Per le analisi sul caso-studio ci si è avvalsi di simulazioni energetiche in regime dinamico, supportate e validate da campagne di monitoraggio termico e meteorologico all’interno dell’azienda oggetto di studio. I risultati ottenuti hanno evidenziato come il programma di calcolo concepito nell’ambito di questo studio individui le criticità dell’edificio in termini energetici e di “benessere termico” del vino e consenta una iterativa revisione delle variabili progettuale indagate. Esso quindi risulta essere uno strumento informatizzato di valutazione a supporto della progettazione, finalizzato ad una ottimizzazione del processo progettuale in grado di coniugare, in maniera integrata, gli obiettivi della qualità del prodotto, della efficienza produttiva e della sostenibilità economica ed ambientale.

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La tesi di dottorato ha ad oggetto il principio di consensualità nell’agere amministrativo, inteso quale principio generale dell’ordinamento, che regola un’azione della Pubblica amministrazione di necessità funzionalizzata al perseguimento dell’interesse pubblico. E’ pertanto sull’oscillazione problematica tra un rapporto duale e dicotomico, che ricorre tra la dimensione bilaterale dell’uso di moduli negoziali pubblico-privati aventi ad oggetto l’esercizio del potere pubblico, e la prospettiva generale e collettiva che sottintende la cura dell’interesse pubblico, che si riflette nell’elaborato. Materia di studio prescelta è, poi, il governo del territorio, settore dell’ordinamento ove più diffusamente si concludono accordi amministrativi tra Pubblica amministrazione e privati. In particolare, l’analisi è rivolta allo studio delle tanto nuove quanto problematiche fattispecie denominate accordi “a monte” delle prescrizioni urbanistiche, che rappresentano l’espressione più alta, al momento, del principio di consensualità. I problemi di ammissibilità giuridica posti da una parte della dottrina hanno richiesto una ricerca di un possibile fondamento positivo espresso per gli accordi “a monte”, anche al fine di mettere al riparo le leggi regionali che li disciplinano, da eventuali dubbi di legittimità costituzionale. Tale ricerca è stata condotta anche attraverso l’ausilio del diritto comparato. E’ così, stato possibile riscontrare anzitutto l’esistenza del principio di consensualità in un numero considerevole di Paesi, salve alcune eccezioni, alla cui analisi è stato dedicato ampio spazio di trattazione (in particolare, la Francia). Per altro verso, le analoghe esperienze giuridiche provenienti da altri Stati europei (in particolare, la Spagna) sono state d’ausilio per la finale elaborazione di un possibile modello di procedimento per la conclusione degli accordi “a monte”; mentre la constatazione di comuni giustificazioni dottrinali ha permesso l’elaborazione di una nuova possibile natura giuridica da riconoscere agli accordi in parola (accordi normativi) e la definizione di precise ricadute pratiche e giuridiche quanto al rapporto.