18 resultados para Traduzione Teatro Tedesco-italiano Strauß
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
Riconoscendo l’importanza delle traduzioni all’interno della cosiddetta repubblica democratica dell’infanzia, il lavoro analizza le prime traduzioni tedesche e italiane del classico della letteratura per l’infanzia I ragazzi della Via Pál di Ferenc Molnár, al fine di metterne in luce i processi non solo prettamente traduttivi, ma anche più ampiamente culturali, che hanno influenzato la prima ricezione del romanzo in due contesti linguistici spesso legati per tradizione storico-letteraria alla letteratura ungherese. Rispettando la descrizione ormai comunemente accettata della letteratura per ragazzi come luogo di interazione tra più sistemi – principalmente quello letterario, quello pedagogico e quello sociale –, il lavoro ricostruisce innanzitutto le dinamiche proprie dei periodi storici di interesse, focalizzando l’attenzione sulla discussione circa l’educazione patriottica e militare del bambino. In relazione a questa tematica si approfondisce l’aspetto della “leggerezza” nell’opera di Molnár, ricostruendo attraverso le recensioni del tempo la prima ricezione del romanzo in Ungheria e presentando i temi del patriottismo e del gioco alla guerra in dialogo con le caratteristiche linguistico-formali del romanzo. I risultati raggiunti – una relativizzazione dell’intento prettamente pedagogico a vantaggio di una visione critica della società e del militarismo a tutti i costi – vengono messi alla prova delle traduzioni. L’analisi critica si basa su un esame degli elementi paratestuali, sull’individuazione di processi di neutralizzazione dell’alterità culturale e infine sull’esame delle isotopie del “gioco alla guerra” e dei “simboli della patria”. Si mostra come, pur senza un intervento censorio o manipolazioni sensibili al testo, molte traduzioni italiane accentuano l’aspetto patriottico e militaresco in chiave pedagogica. Soprattutto in Italia, il romanzo viene uniformato così al contesto letterario ed educativo dell’epoca, mentre in area tedesca la ricezione nell’ambito della letteratura per ragazzi sembra aprire al genere del romanzo delle bande.
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Il progetto di ricerca che presentiamo nasce dalla virtuosa combinazione di teoria e prassi didattica nello spirito della ricerca-azione. Scopo del presente lavoro è elaborare un percorso didattico di formazione alla traduzione specializzata in ambito medico-scientifico, tecnico ed economico-giuridico per la combinazione linguistica spagnolo-italiano all’interno della cornice istituzionale concreta dell’università italiana oggi. La nostra proposta formativa si fonda su tre elementi: la ricognizione del mercato attuale della traduzione per la combinazione linguistica indicata, l’individuazione degli obiettivi formativi in base al modello di competenza traduttiva scelto, l’elaborazione del percorso didattico per competenze e basato sull’enfoque por tareas di traduzione. Nella progettazione delle modalità didattiche due sono gli aspetti che definiscono il percorso proposto: il concetto di genere testuale specializzato per la traduzione e la gestione delle informazioni mediante le nuove tecnologie (corpora, banche dati terminologiche e fraseologiche, memorie di traduzione, traduzione controllata). Il presente lavoro si articola in due parti: la prima parte (quattro capitoli) presenta l’inquadramento teorico all’interno del quale si sviluppa la riflessione intorno alla didattica della traduzione specializzata; la seconda parte (due capitoli) presenta l’inquadramento metodologico e analitico all’interno del quale si elabora la nostra proposta didattica. Nel primo capitolo si illustrano i rapporti fra traduzione e mondo professionale; nel secondo capitolo si presenta il concetto di competenza traduttiva come ponte tra la formazione e il mondo della traduzione professionale; nel terzo capitolo si ripercorrono le tappe principali dell’evoluzione della didattica della traduzione generale; nel quarto capitolo illustriamo alcune tra le più recenti e complete proposte didattiche per la traduzione specializzata in ambito tecnico, medico-scientifico ed economico-giuridico. Nel quinto capitolo si introduce il concetto di genere testuale specializzato per la traduzione e nel sesto capitolo si illustra la proposta didattica per la traduzione specializzata dallo spagnolo in italiano che ha motivato il presente lavoro.
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Questo lavoro si concentra su un particolare aspetto della sfaccettata ricerca scientifica di Johannes Kepler (1571-1630), ossia quello teorico-musicale. I pensieri dell’astronomo tedesco riguardanti tale campo sono concentrati – oltre che in alcuni capitoli del Mysterium cosmographicum (1596) ed in alcune sue lettere – nel Libro III dell’Harmonices mundi libri quinque (1619), che, per la sua posizione mediana all’interno dell’opera, tra i primi due libri geometrici e gli ultimi due astronomici, e per la sua funzione di raccordo tra la «speculazione astratta» della geometria e la concretizzazione degli archetipi geometrici nel mondo fisico, assume la struttura di un vero e proprio trattato musicale sul modello di quelli rinascimentali, nel quale la «musica speculativa», dedicata alla teoria delle consonanze e alla loro deduzione geometrica precede la «musica activa», dedicata alla pratica del canto dell’uomo nelle sue differenze, generi e modi. La tesi contiene la traduzione italiana, con testo latino a fronte, del Libro III dell’Harmonice, e un’ampia introduzione che percorre le tappe fondamentali del percorso biografico e scientifico che hanno portato alla concezione di quest’opera – soffermandosi in particolare sulla formazione musicale ricevuta da Keplero, sulle pagine di argomento musicale del Mysterium e delle lettere, e sulle riflessioni filosofico-armoniche sviluppate negli anni di ricerca – e offre gli elementi fondamentali per poter comprendere l’Harmonice mundi in generale e il Libro III in particolare. A ciò si aggiunge, in Appendice, la traduzione, anch’essa con testo latino a fronte, della Sectio V, dedicata alla musica, del Liber IX dell’Almagestum novum (1651) di Giovanni Battista Riccioli (1598-1671), interessante sia dal punto di vista della recezione delle teorie di Keplero che dal punto di vista della storia delle idee musicali.
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La tesi indaga l’esperienza del teatro comunitario, una delle espressioni artistiche più originali e pressoché sconosciute nel panorama teatrale novecentesco, che ha avuto in Argentina un punto di riferimento fondamentale. Questo fenomeno, che oggi conta cinquanta compagnie dal nord al sud del paese latinoamericano, e qualcuna in Europa, affonda le sue radici nella Buenos Aires della post-dittatura, in una società che continua a risentire degli esiti del terrore di Stato. Il teatro comunitario nasce dalla necessità di un gruppo di persone di un determinato quartiere di riunirsi in comunità e comunicare attraverso il teatro, con l'obiettivo di costruire un significato sociale e politico. La prima questione messa a fuoco riguarda la definizione della categoria di studio: quali sono i criteri che consentono di identificare, all’interno della molteplicità di pratiche teatrali collettive, qualcosa di sicuramente riconducibile a questo fenomeno. Nel corso dell’indagine si è rivelata fondamentale la comprensione dei conflitti dell’esperienza reale e l’individuazione dei caratteri comuni, al fine di procedere a un esercizio di generalizzazione. La ricerca ha imposto la necessità di comprendere i meccanismi mnemonici e identitari che hanno determinato e, a loro volta, sono stati riattivati dalla nascita di questa esperienza. L’analisi, supportata da studi filosofici e antropologici, è volta a comprendere come sia cambiata la percezione della corporeità in un contesto di sparizione dei corpi, dove il lavoro sulla memoria riguarda in particolare i corpi assenti (desaparecidos). L’originalità del tema ha imposto la riflessione su un approccio metodologico in grado di esercitare una adeguata funzione euristica, e di fungere da modello per studi futuri. Sono stati pertanto scavalcati i confini degli studi teatrologici, con particolare attenzione alle svolte culturali e storiche che hanno preceduto e affiancato l’evoluzione del fenomeno.
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Quando si parla di traduzione, si pensa spesso solo al risultato di un processo, valutato e analizzato come tale. Sembra ci si dimentichi del fatto che, prima di arrivare a quel risultato finale, il traduttore applica più o meno consapevolmente tutta quella serie di strumenti di analisi, critica, correzione, rilettura, riformulazione e modifica che rientrano nell’attività di revisione. A questa prima fase, di cui ogni traduttore fa esperienza nel lavorare alla propria traduzione, segue di norma una fase successiva in cui la traduzione è rivista da un’altra figura professionale della filiera editoriale (di solito, e auspicabilmente, un altro traduttore) e infine altre fasi ancora del processo di lavorazione e pubblicazione del testo tradotto. Oltre a essere un’attività cruciale di ogni attività di traduzione e processo editoriale, la revisione riveste anche un fondamentale ruolo didattico nella formazione dei traduttori. L’idea alla base di questo progetto di ricerca nasce dal bisogno di triangolare riflessioni e dati concreti sulla revisione provenienti dalla ricerca accademica, dalla pratica professionale e dall’esperienza didattico-formativa, in un triplice approccio che informa l’intero progetto, di cui si illustrano i principali obiettivi: • formulare una nuova e chiara definizione sommativa del termine “revisione” da potersi utilizzare nell’ambito della ricerca, della didattica e della prassi professionale; • fornire una panoramica tematica, critica e aggiornata sulla ricerca accademica e non-accademica in materia di revisione; • condurre un’indagine conoscitiva (tramite compilazione di questionari diversificati) sulla pratica professionale della revisione editoriale in Italia, allo scopo di raccogliere dati da traduttori e revisori, fornirne una lettura critica e quindi individuare peculiarità e criticità di questa fase del processo di lavorazione del libro tradotto; • presentare ipotesi di lavoro e suggerimenti su metodi e strumenti da applicare all’insegnamento della revisione in contesti didattici e formativi.
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INTRODUZIONE. Presentazione della ricerca e del metedo seguito per realizzarla. CAPITOLO PRIMO. Il contesto storico, politico e sociale di riferimento. - Storia della Siria, - La Siria politica e il conflitto israelo-palestinese - La società siriana: multiculturalismo, tradizione, islam. - Teatro e letteratura in Siria, e nel Bilad AlSham. CAPITOLO SECONDO. I testi. Traduzione integrale di due opere teatrali di Sa’d Allah Wannus. Breve presentazione. - “ Riti di segni e trasformazioni.”, (tukus al-isharat wa-l-tahawwulat), 1994. Il dramma si svolge nella Damasco del XIX secolo, dove un affare di morale e buon costume è il punto di partenza per la metamorfosi dei suoi protagonisti, mettendo a nudo le riflessioni, i desideri più intimi, le contraddizioni e le angosce di una società in crisi. Interessante l’analisi delle figure femminili di questa piece, le loro scelte, il loro ruolo nella società e soprattutto la presa di coscienza delle loro posizioni. - “ I giorni ubriachi.” , (Alayyam Almakhmura), 1997. Il ritratto di una famiglia siriana degli anni trenta. Due genitori, quattro figli, e un nipote che a distanza di anni decide di ripercorrere e raccontarci le loro storie.Una madre che vive tormentata dal suo spettro e che decide di abbandonare la propria famiglia e i propri figli per seguire un altro uomo. Un padre che tiene con violenza le redini delle proprie relazioni, e che rifiuta l’occidente in tutte le sue forme per restare aggrappato alle proprie tradizioni. Un figlio che sceglie l’ordine e la carriera militare, e che, incapace di risolvere il suo rapporto di dipendenza dalla madre, e di risolvere il conflitto tra la legge e un affetto quasi morboso, sceglie di suicidarsi. Un figlio che sceglie la via della perdizione, delle droghe, del furto e degli affari illegali, e che va incontro al successo e alla ricchezza... CAPITOLO TERZO. Biografia di Sa’d Allah Wannus, presentazione delle sue opere principali. Sa’d Allah Wannus (1941 – 1997) è sicuramente uno dei principali protagonisti nell’ambito del teatro arabo contemporaneo. Scrittore, critico, drammaturgo, riformatore, uomo impegnato politicamente, e infine essere umano nella lotta tra la vita e la morte (muore a 56 anni per tumore, dopo un lungo periodo di degenza). Mio intento è quello di analizzare l’opera di quest’autore, attraverso i suoi numerosi scritti e piece teatrali (purtroppo al giorno d’oggi ancora quasi interamente non tradotte dall’arabo), fino ad arrivare, attraverso queste, ad una lettura della società araba contemporanea, e al ruolo che il teatro assume al suo interno. Vita e opere di Sa’ad Allah Wannus. Nasce in Siria nel 1941 in un piccolo villaggio vicino alla città di Tartous, sulla costa mediterranea. Dopo aver terminato gli studi superiori, nel 1959, parte per Il Cairo (Egitto), per studiare giornalismo e letteratura. Rientra a Damasco nel 1964, lavorando al tempo stesso come funzionario al ministero della cultura e come redattore o giornalista in alcune riviste e quotidiani siriani. Nel 1966 parte per Parigi, dove studierà con Jean-Louis Barrault, e dove farà la conoscenza delle tendenze del teatro contemporaneo. Ha l’occasione di incontrare scrittori e critici importanti come Jean Genet e Bernard Dort, nonché di conoscere le teorie sul teatro di Brech e di Piscator, dai quali sarà chiaramente influenzato. In questi anni, e soprattutto in seguito agli avvenimenti del Maggio 1968, si sviluppa in modo determinante la sua coscienza politica, e sono questi gli anni in cui compone alcune tra le sue piece più importanti, come: Serata di gala per il 5 giugno (haflat samar min ajl khamsa huzayran) nel 1968, L’elefante, oh re del tempo! (al-fil, ya malik al-zaman!) 1969, Le avventure della testa del Mamelucco Jaber (Meghamarat ra’s al-mamluk Jabiir) 1970, Una serata con Abu-Khalil al- Qabbani (Sahra ma’a Abi Khalil Al-Qabbani) 1972, Il re è il re (al-malik uwa al-malik) 1977. Parallelamente porta avanti una intensa attività artistica e intellettuale. Soggiorna di nuovo in Francia e a Weimar, per portare a termine la sua formazione teatrale, fonda il Festival di teatro di Damasco, traduce e mette in scena numerosi spettacoli, scrive e pubblica numerosi articoli e una importante serie di studi sul teatro, intitolata: Manifesto per un nuovo teatro arabo (bayanat limasrah ‘arabi jadid) (1970). Scrive in numerose riviste e giornali e fonda la rivista La vita teatrale (al-hayyat al-masrahiyya), del quale sarà capo redattore. La visita del presidente egiziano Anouar Sadat a Gerusalemme nel 1977 e gli accordi di Camp David l’anno seguente, lo gettano in una profonda depressione. E’ l’inizio di un lungo periodo di silenzio e di smarrimento. Ritornerà a scrivere solamente nel 1989, con l’inizio della prima Intifada palestinese, scrive allora una piece teatrale intitolata Lo stupro (al-ightisab), dove presenta un’analisi della struttura dell’elite al potere in Israele. Questo testo apre una nuova epoca creativa, durante la quale Wannus compone alcuni testi molto importanti, nonostante la malattia e il cancro che gli viene diagnosticato nel 1992. Tra questi le pieces Miniature storiche (munamnamat tarakhiyya), nel 1993, e Rituali per una metamorfosi (tukus al-isharat wa-l-tahawwulat), nel 1994 e A proposito della memoria e della morte (‘an al-dhakira wa-l-mawt) nel 1996, una sua ultima opera in cui sono raccolti dei racconti, drammi brevi e una lunga meditazione sulla malattia e la morte. Nel 1997 l’UNESCO gli chiede di redigere il messaggio per la Giornata Mondiale del Teatro, che si tiene ogni anno il 27 marzo. Nel 1997, poche settimane prima della sua scomparsa, realizza insieme ad Omar Almiralay il film documentario Il y a tant de choses a reconter, una intervista in cui Wannus parla della sua opera, e del conflitto Israelo-Palestinese. Muore a 56 anni, il 15 maggio 1997, per un’amara coincidenza proprio il giorno anniversario della creazione di Israele. Wannus drammaturgo engagè: l’importanza del conflitto israelo palestinese nella sua opera. Un’analisi dell’influenza e dell’importanza che le opere di Wannus hanno avuto nel seno della società araba, e soprattutto il suo impegno costante nell’uso del teatro come mezzo per la presa di coscienza del pubblico dei problemi della società contemporanea. Punto cardine dell’opera di Wannus, il conflitto israelo palestinese, e il tentativo costante in alcune sue opere di analizzarne le cause, le strutture, le parti, i giochi di potere. E’ il simbolo di tutta la generazione di Wannus, e delle successive. Analisi delle illusioni e dei miti che la società araba ripropone e che Wannus ha cercato più volte di mettere a nudo. La lotta contro le ipocrisie dei governi, e il tentativo di far prendere coscienza alla società araba del suo ruolo, e delle conseguenze delle sue azioni. L’individuo, la famiglia, la società ... il teatro. Distruggere le apparenze per mettere a nudo l’essere umano nella sua fragilità. CONCLUSIONI. APPENDICE: Intervista con Marie Elias BIBLIOGRAFIA.
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La tesi ha per oggetto i tre copioni danteschi di Edoardo Sanguineti, Mario Luzi e Giovanni Giudici, traspositori, rispettivamente, di Inferno, Purgatorio e Paradiso, nell’ambito del progetto di drammaturgia della Commedia ideato e commissionato dai Magazzini negli anni 1989-1991. L’analisi dei copioni si basa sulle teorie espresse da Genette in Palinsesti, e si sviluppa come lettura comparativa fra ipotesto (Commedia) e ipertesti (riscritture). Contestualmente, viene approfondito il tema della ricezione di Dante nel Novecento, specie nelle forme della traduzione in immagini, e fornita un'interpretazione − alla luce delle acquisizioni della critica dantesca novecentesca e della narratologia − della duplice natura del poema, materia prima oscillante tra vocazione e resistenza alla trasposizione drammatica.
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la ricerca ha avuto per oggetto la ricostruzione della storia e del patrimonio della biblioteca privata specializzata di San Genesio fondata nel 1931 presso la Casa "Lyda Borelli" per artisti drammatici di Bologna. La biblioteca si presenta oggi come uno dei centri di documentazione teatrale più antichi e significativi del panorama italiano: oltre 10.000 monografie, per la maggior parte concernenti testi e studi specialistici, un fondo antico (pre 1831) di oltre 2.000 volumi, una ricca collezione di periodici sul mondo dello spettacolo in collezione completa, una raccolta di copioni teatrali manoscritti e dattiloscritti di oltre 1.000 unità. La biblioteca, inoltre, comprende l'archivio storico della Casa che conserva la documentazione riguardante la vita dell'Istituto dalla sua nascita, nel 1917, numerosi fondi aggregati appartenuti a rilevanti personaggi dello spettacolo e un patrimonio fotografico unico in Italia. La tesi sintetizza i due principali filoni di ricerca seguiti durante il percorso dottorale. Il primo è quello della ricognizione delle fonti archivistiche, sia interne sia esterne all'istituto, al fine di dettagliare la lunga storia della biblioteca San Genesio, mai oggetto di altra ricostruzione complessiva. Questo obiettivo è stato raggiunto mediante la consultazione dell'intero patrimonio documentario conservato presso l'Archivio storico di Casa "Lyda Borelli" e di numerosi fondi archivistici, concernenti attori e personaggi in rapporto con la Casa, presenti in altri istituti pubblici e privati. I documenti interni alla Casa sono stati intrecciati con altri con cui sono speculari, conservati in altre istituzioni. La seconda parte della ricerca si è concentrata sull'analisi del fondo librario antico. La ricchezza della collezione, costituita da oltre trecento testi teatrali pubblicati nel XVI e XVII secolo, ha offerto un ampio campione d'indagine per ricostruire l'evoluzione dell'editoria specializzata nei primi secoli della stampa tipografica. A tal fine è stato redatto un catalogo, in cui la descrizione bibliografica è accompagnata dall'analitica registrazione degli elementi paratestuali presenti, quali dediche, avvisi ai lettori, indici, errata corrige, marginalia, note di possesso ed ex libris, elementi oggetto di forte interesse nei più accreditati e moderni studi bibliologici e di storia del libro sia italiani sia stranieri. A completamento del catalogo sono stati compilati numerosi indici al fine di moltiplicare le chiavi d'accesso e di lettura del fondo (per autori secondari, luoghi di stampa, editori e tipografi, marche tipografiche e possessori), dotando il catalogo di un apparato fotografico dei frontespizi. Questi elementi aggiuntivi rendono l'elaborato un repertorio unico per le edizioni teatrali e una fonte importante per gli studiosi della stampa in antico regime tipografico.
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La ricerca si propone come studio teorico e analitico basato sulla traduzione letteraria e audiovisiva del genere diasporico, esemplificato nel romanzo The Namesake – L’omonimo di J. Lahiri e nel film The Namesake – Il destino nel nome di M. Nair. Si sviluppa, quindi, un doppio percorso di analisi, concentrandosi sulla traduzione interlinguistica di due modalità testuali differenti, quella letteraria (il testo narrativo) e quella audiovisiva (in particolare, il doppiaggio). L’approccio teorico è di stampo interdisciplinare, come risulta sempre più imprescindibile nel campo dei Translation Studies: infatti, si cerca di coniugare prospettive di natura più linguistica, quali i Descriptive Translation Studies (in particolare, Toury 1995) e lo sviluppo degli studi sui cosiddetti ‘universali traduttivi’, con approcci di stampo più culturalista, in particolare gli studi sulla traduzione post-coloniali, con le loro riflessioni sui concetti di ‘alterità’ e ‘ibridismo’. Completa il quadro teorico di riferimento una necessaria definizione e descrizione del genere diasporico relativo alla cultura indiana, in rapporto sia al contesto di partenza (statunitense) sia al contesto di arrivo (italiano) per entrambi i testi presi in considerazione. La metodologia scelta per l’indagine è principalmente di natura linguistica, con l’adozione del modello elaborato dallo studioso J. Malone (1988). L’analisi empirica, accompagnata da una serie di riflessioni teoriche e linguistiche specifiche, si concentra su tre aspetti cruciali per entrambe le tipologie testuali, quali: la resa della naturalezza dei dialoghi nel discorso letterario e in quello filmico, la rappresentazione del multiculturalismo e delle varietà linguistiche caratterizzanti i due testi di partenza e i numerosi riferimenti culturo-specifici delle due opere e la loro traduzione in italiano. Si propongono, infine, alcune considerazioni in ottica intersemiotica in relazione alle tre aree individuate, a integrazione dell’indagine in chiave interlinguistica.
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Di fronte al moltiplicarsi di episodi di commissariamento nella pubblica amministrazione italiana e in particolare nel settore culturale, la presente ricerca mira a comprendere gli obiettivi, le modalità di intervento ed i risultati raggiunti mediante la nomina di commissari straordinari. Si tratta di un intervento anomalo ed inusuale a livello internazionale (la stessa voce commissariamento risulta intraducibile in inglese), dove la ricerca di possibili termini di paragone, effettuata passando in rassegna la letteratura di disaster management, quella sul riaccentramento amministrativo e quella sugli interventi di turnaround nel settore pubblico, restituisce un quadro estremamente specifico del fenomeno, per lo più interno ai confini nazionali. Nello studio, caratterizzato da un forte approccio esplorativo e phenomenon driven, vengono analizzati quattro casi di commissariamento nel settore culturale italiano: due aree archeologiche (quella di Napoli e Pompei e quella di Roma e Ostia) e due Fondazioni Liriche (Teatro Carlo Felice di Genova e Arena di Verona). Dalla ricerca emerge un quadro profondamente critico delle gestioni commissariali. Gli obiettivi ambigui e l’elevata discrezionalità concessa al commissario non sono accompagnati da un’adeguata trasparenza nei processi di nomina, proroga e sostituzione dei commissari, con la prevalenza di rapporti di tipo personale o ‘feudale’. Dal punto di vista dei risultati il commissariamento non incide sulla routine dell’amministrazione ordinaria, rappresentando nel migliore dei casi una parentesi temporanea di buona gestione, o, nel peggiore, perseguendo interventi non legittimi rispetto ai valori professionali che regolano le organizzazioni analizzate. Se considerato alla luce del più generale processo di riforma in senso manageriale che ha coinvolto le istituzioni analizzate dalla fine degli anni ’90, il commissariamento esalta ed intensifica gli aspetti maggiormente critici dell’approccio italiano al New Public Management, in termini di scarsa trasparenza e accountability, elevata influenza della politica nei processi decisionali e generale incoerenza dei disegni di riforma.
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All’ascolto dell’incompiuto Matrimonio di Musorgskij, Borodin aveva sentenziato lapidariamente: «une chose manquée». Uguale commento viene riservato tuttora alla produzione operistica di Sergej Rachmaninov. In questo caso però non ci troviamo di fronte a un teatro rivoluzionario che si trova costretto a fare un passo indietro rispetto ai principi programmatici di cui si vuol far portatore, bensì a un potenziale inespresso, a un profilo drammaturgico mai giunto a piena maturazione. L’evidente eterogeneità della produzione operistica lasciataci in eredità dal compositore non permette infatti di determinarne con chiarezza le ‘linee guida’ e ne rende problematica la collocazione nel contesto musicale a lui coevo. Scopo della presente dissertazione è indagare l’apprendistato e il debutto operistico del compositore russo attraverso l’analisi di materiale documentario, testi letterari, partiture nonché delle fonti critiche in lingua russa, difficilmente accessibili per lo studioso italiano. Il cuore dell’elaborato è un’analisi dettagliata di Aleko, un atto unico presentato nel 1892 dal compositore come prova finale al corso di ‘Libera composizione’ del Conservatorio di Mosca. L’opera viene considerata nel suo complesso come organismo drammatico-musicale autonomo (rapporto fonte/libretto, articolazione interna, sistema delle forme, costellazione dei personaggi, distribuzione delle voci, ecc.), ma inquadrata al contempo nel più ampio contesto del teatro musicale coevo (recezione critica sia da parte della pubblicistica coeva sia da parte della storiografia musicale). Viene fornita in appendice un’edizione del libretto con traduzione a fronte. Incorniciano l’analisi dell’opera un capitolo in cui si offre una rilettura estetica del ‘caso Rachmaninov’ e un aperçu sulla produzione operistica matura del compositore, alla luce delle riflessioni proposte nel corso della dissertazione.
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Questo lavoro è imperniato sullo studio di uno dei melodrammi più interessanti della fine del XVII secolo: “Il carceriere di sé medesimo” di Lodovico Adimari (1644-1708) e Alessandro Melani (1639-1703), allestito per la prima volta a Firenze nel 1681, e ripreso nel giro di una ventina d’anni a Reggio (1684), a Bologna (1697) e a Vienna (1702). L’opera vanta un’origine drammatica di spicco: risale infatti alla commedia “Guardarse a sí mismo” di Pedro Calderón de la Barca (1600-1681) mediata dal “Geôlier de soi-mesme” di Thomas Corneille (1625-1709), e presenta qualità poetiche e musicali evidenti, assicurate dai nomi del poeta Lodovico Adimari e del compositore Alessandro Melani. A ciò si aggiungano una tradizione articolata in quattro allestimenti, nonché un elevato numero di testimoni superstiti: cinque edizioni del libretto (testimoniate da numerosi esemplari) e il numero fortunatissimo di tre partiture manoscritte, conservate a Parigi, Bologna e Modena. La tesi contiene l’edizione critica del “Carceriere di sé medesimo” di Adimari con tutte le varianti accumulatesi nella riedizione del libretto e nella copiatura della partitura, l’analisi del dramma, a partire dal confronto tra i testi di Calderón, Corneille e Adimari, e lo studio delle sue componenti drammatiche, formali e contenutistiche. Si aggiunge uno studio sul contesto storico-musicale degli allestimenti di Firenze, Reggio, Bologna e Vienna, nonché l’edizione dei restanti tre drammi di Adimari: la commedia “Le gare dell’amore e dell’amicizia” (1679), e il dramma per musica “L’amante di sua figlia” (1684).
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Il progetto di dottorato IMITES (Interpretación de la Metáfora entre ITaliano y ESpañol) si pone come obiettivo quello di analizzare l’interpretazione simultanea del linguaggio figurato nelle combinazioni italiano-spagnolo e spagnolo-italiano. Prevede l’analisi di una serie di dati estratti da discorsi pronunciati in italiano e spagnolo in occasione di conferenze tenutesi presso la Commissione europea, e le loro versioni interpretate in spagnolo e italiano rispettivamente. Le espressioni figurate contenute nei discorsi originali sono state allineate e messe a confronto con le versioni fornite dagli interpreti, con il duplice obiettivo di a) capire quali causano maggiori problemi agli interpreti e b) analizzare le strategie di interpretazione applicate da professionisti quali quelli della Direzione Generale Interpretazione (DG SCIC) della Commissione europea nell’interpretare metafore. Il progetto prevede anche la somministrazione di un questionario agli interpreti delle cabine spagnola e italiana del DG SCIC, con l’obiettivo di sondare la loro percezione delle difficoltà che sottendono all’interpretazione del linguaggio figurato, le indicazioni metodologiche ricevute (se del caso) dai loro docenti a tale riguardo e le strategie applicate nella pratica professionale. Infine, l’ultima fase del progetto di ricerca prevede la sperimentazione di una proposta didattica attraverso uno studio caso-controllo svolto su studenti del secondo anno della Laurea Magistrale in Interpretazione delle Scuole Interpreti di Forlì e Trieste. Il gruppo-caso ha ricevuto una formazione specifica sull'interpretazione delle metafore, mentre gruppo-controllo è stato monitorato nella sua evoluzione. L’obiettivo di questa ultima fase di ricerca è quello di valutare, da una parte, l’ “insegnabilità” di strategia per affrontare il linguaggio figurato in interpretazione simultanea, e, dall’altra, l’efficacia dell’unità didattica proposta, sviluppata in base all’analisi svolta su IMITES.