7 resultados para Short chain fatty acids

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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The gut microbiota (GM) is essential for human health and contributes to several diseases; indeed it can be considered an extension of the self and, together with the genetic makeup, determines the physiology of an organism. In this thesis has been studied the peripheral immune system reconstitution in pediatric patients undergoing allogeneic hematopoietic stem cell transplantation (aHSCT) in the early phase; in parallel, have been also explored the gut microbiota variations as one of the of primary factors in governing the fate of the immunological recovery, predisposing or protecting from complications such as the onset of acute graft-versus-host disease (GvHD). Has been demonstrated, to our knowledge for the first time, that aHSCT in pediatric patients is associated to a profound modification of the GM ecosystem with a disruption of its mutualistic asset. aGvHD and non-aGvHD subjects showed differences in the process of GM recovery, in members abundance of the phylum Bacteroidetes, and in propionate fecal concentration; the latter are higher in the pre-HSCT composition of non-GvHD subjects than GvHD ones. Short-chain fatty acids (SCFAs), such as acetate, butyrate and propionate, are end-products of microbial fermentation of macronutrients and distribute systemically from the gut to blood. For this reason, has been studied their effect in vitro on human DCs, the key regulators of our immune system and the main player of aGvHD onset. Has been observed that propionate and, particularly, butyrate show a strong and direct immunomodulatory activity on DCs reducing inflammatory markers such as chemokines and interleukins. This study, with the needed caution, suggests that the pre-existing GM structure can be protective against aGvHD onset, exerting its protective role through SCFAs. They, indeed, may regulate cell traffic within secondary lymphoid tissues, influence T cell development during antigen recognition, and, thus, directly shape the immune system.

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In this study we elucidate the role of polyunsaturated fatty acids (PUFAs) in the prevention of cardiovascular diseases, focusing the attention on their role in the modulation of acyl composition of cell lipids and of gene expression. Regarding this latter mechanism, the effectiveness of PUFAs as activators of two transcriptional factors, SREBPs and PPARs, have been considered. Two different model system have been used: primary cultures of neonatal rat cardiomyocytes and an human hepatoma cell line (HepG2). Cells have been supplemented with different PUFAs at physiological concentration, and special attention has been devoted to the main n-3 PUFAs, EPA and DHA. PUFAs influence on global gene expression in cardiomyocytes has been evaluated using microarray technique. Furthermore, since it is not fully elucidated which transcription factors are involved in this modulation in the heart, expression and activation of the three different PPAR isoforms have been investigated. Hepatocytes have been used as experimental model system in the evaluation of PUFAs effect on SREBP activity. SREBPs are considered the main regulator of cholesterol and triglyceride synthesis, which occur mainly in the liver. In both experimental models the modification of cell lipid fatty acid composition subsequent to PUFAs supplementation has been evaluated, and related to the effects observed at molecular level. The global vision given by the obtained results may be important for addressing new researches and be useful to educators and policy makers in setting recommendations for reaching optimal health through good nutrition.

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Negli ultimi anni, un crescente numero di studiosi ha focalizzato la propria attenzione sullo sviluppo di strategie che permettessero di caratterizzare le proprietà ADMET dei farmaci in via di sviluppo, il più rapidamente possibile. Questa tendenza origina dalla consapevolezza che circa la metà dei farmaci in via di sviluppo non viene commercializzato perché ha carenze nelle caratteristiche ADME, e che almeno la metà delle molecole che riescono ad essere commercializzate, hanno comunque qualche problema tossicologico o ADME [1]. Infatti, poco importa quanto una molecola possa essere attiva o specifica: perché possa diventare farmaco è necessario che venga ben assorbita, distribuita nell’organismo, metabolizzata non troppo rapidamente, ne troppo lentamente e completamente eliminata. Inoltre la molecola e i suoi metaboliti non dovrebbero essere tossici per l’organismo. Quindi è chiaro come una rapida determinazione dei parametri ADMET in fasi precoci dello sviluppo del farmaco, consenta di risparmiare tempo e denaro, permettendo di selezionare da subito i composti più promettenti e di lasciar perdere quelli con caratteristiche negative. Questa tesi si colloca in questo contesto, e mostra l’applicazione di una tecnica semplice, la biocromatografia, per caratterizzare rapidamente il legame di librerie di composti alla sieroalbumina umana (HSA). Inoltre mostra l’utilizzo di un’altra tecnica indipendente, il dicroismo circolare, che permette di studiare gli stessi sistemi farmaco-proteina, in soluzione, dando informazioni supplementari riguardo alla stereochimica del processo di legame. La HSA è la proteina più abbondante presente nel sangue. Questa proteina funziona da carrier per un gran numero di molecole, sia endogene, come ad esempio bilirubina, tiroxina, ormoni steroidei, acidi grassi, che xenobiotici. Inoltre aumenta la solubilità di molecole lipofile poco solubili in ambiente acquoso, come ad esempio i tassani. Il legame alla HSA è generalmente stereoselettivo e ad avviene a livello di siti di legame ad alta affinità. Inoltre è ben noto che la competizione tra farmaci o tra un farmaco e metaboliti endogeni, possa variare in maniera significativa la loro frazione libera, modificandone l’attività e la tossicità. Per queste sue proprietà la HSA può influenzare sia le proprietà farmacocinetiche che farmacodinamiche dei farmaci. Non è inusuale che un intero progetto di sviluppo di un farmaco possa venire abbandonato a causa di un’affinità troppo elevata alla HSA, o a un tempo di emivita troppo corto, o a una scarsa distribuzione dovuta ad un debole legame alla HSA. Dal punto di vista farmacocinetico, quindi, la HSA è la proteina di trasporto del plasma più importante. Un gran numero di pubblicazioni dimostra l’affidabilità della tecnica biocromatografica nello studio dei fenomeni di bioriconoscimento tra proteine e piccole molecole [2-6]. Il mio lavoro si è focalizzato principalmente sull’uso della biocromatografia come metodo per valutare le caratteristiche di legame di alcune serie di composti di interesse farmaceutico alla HSA, e sul miglioramento di tale tecnica. Per ottenere una miglior comprensione dei meccanismi di legame delle molecole studiate, gli stessi sistemi farmaco-HSA sono stati studiati anche con il dicroismo circolare (CD). Inizialmente, la HSA è stata immobilizzata su una colonna di silice epossidica impaccata 50 x 4.6 mm di diametro interno, utilizzando una procedura precedentemente riportata in letteratura [7], con alcune piccole modifiche. In breve, l’immobilizzazione è stata effettuata ponendo a ricircolo, attraverso una colonna precedentemente impaccata, una soluzione di HSA in determinate condizioni di pH e forza ionica. La colonna è stata quindi caratterizzata per quanto riguarda la quantità di proteina correttamente immobilizzata, attraverso l’analisi frontale di L-triptofano [8]. Di seguito, sono stati iniettati in colonna alcune soluzioni raceme di molecole note legare la HSA in maniera enantioselettiva, per controllare che la procedura di immobilizzazione non avesse modificato le proprietà di legame della proteina. Dopo essere stata caratterizzata, la colonna è stata utilizzata per determinare la percentuale di legame di una piccola serie di inibitori della proteasi HIV (IPs), e per individuarne il sito(i) di legame. La percentuale di legame è stata calcolata attraverso il fattore di capacità (k) dei campioni. Questo parametro in fase acquosa è stato estrapolato linearmente dal grafico log k contro la percentuale (v/v) di 1-propanolo presente nella fase mobile. Solamente per due dei cinque composti analizzati è stato possibile misurare direttamente il valore di k in assenza di solvente organico. Tutti gli IPs analizzati hanno mostrato un’elevata percentuale di legame alla HSA: in particolare, il valore per ritonavir, lopinavir e saquinavir è risultato maggiore del 95%. Questi risultati sono in accordo con dati presenti in letteratura, ottenuti attraverso il biosensore ottico [9]. Inoltre, questi risultati sono coerenti con la significativa riduzione di attività inibitoria di questi composti osservata in presenza di HSA. Questa riduzione sembra essere maggiore per i composti che legano maggiormente la proteina [10]. Successivamente sono stati eseguiti degli studi di competizione tramite cromatografia zonale. Questo metodo prevede di utilizzare una soluzione a concentrazione nota di un competitore come fase mobile, mentre piccole quantità di analita vengono iniettate nella colonna funzionalizzata con HSA. I competitori sono stati selezionati in base al loro legame selettivo ad uno dei principali siti di legame sulla proteina. In particolare, sono stati utilizzati salicilato di sodio, ibuprofene e valproato di sodio come marker dei siti I, II e sito della bilirubina, rispettivamente. Questi studi hanno mostrato un legame indipendente dei PIs ai siti I e II, mentre è stata osservata una debole anticooperatività per il sito della bilirubina. Lo stesso sistema farmaco-proteina è stato infine investigato in soluzione attraverso l’uso del dicroismo circolare. In particolare, è stato monitorata la variazione del segnale CD indotto di un complesso equimolare [HSA]/[bilirubina], a seguito dell’aggiunta di aliquote di ritonavir, scelto come rappresentante della serie. I risultati confermano la lieve anticooperatività per il sito della bilirubina osservato precedentemente negli studi biocromatografici. Successivamente, lo stesso protocollo descritto precedentemente è stato applicato a una colonna di silice epossidica monolitica 50 x 4.6 mm, per valutare l’affidabilità del supporto monolitico per applicazioni biocromatografiche. Il supporto monolitico monolitico ha mostrato buone caratteristiche cromatografiche in termini di contropressione, efficienza e stabilità, oltre che affidabilità nella determinazione dei parametri di legame alla HSA. Questa colonna è stata utilizzata per la determinazione della percentuale di legame alla HSA di una serie di poliamminochinoni sviluppati nell’ambito di una ricerca sulla malattia di Alzheimer. Tutti i composti hanno mostrato una percentuale di legame superiore al 95%. Inoltre, è stata osservata una correlazione tra percentuale di legame è caratteristiche della catena laterale (lunghezza e numero di gruppi amminici). Successivamente sono stati effettuati studi di competizione dei composti in esame tramite il dicroismo circolare in cui è stato evidenziato un effetto anticooperativo dei poliamminochinoni ai siti I e II, mentre rispetto al sito della bilirubina il legame si è dimostrato indipendente. Le conoscenze acquisite con il supporto monolitico precedentemente descritto, sono state applicate a una colonna di silice epossidica più corta (10 x 4.6 mm). Il metodo di determinazione della percentuale di legame utilizzato negli studi precedenti si basa su dati ottenuti con più esperimenti, quindi è necessario molto tempo prima di ottenere il dato finale. L’uso di una colonna più corta permette di ridurre i tempi di ritenzione degli analiti, per cui la determinazione della percentuale di legame alla HSA diventa molto più rapida. Si passa quindi da una analisi a medio rendimento a una analisi di screening ad alto rendimento (highthroughput- screening, HTS). Inoltre, la riduzione dei tempi di analisi, permette di evitare l’uso di soventi organici nella fase mobile. Dopo aver caratterizzato la colonna da 10 mm con lo stesso metodo precedentemente descritto per le altre colonne, sono stati iniettati una serie di standard variando il flusso della fase mobile, per valutare la possibilità di utilizzare flussi elevati. La colonna è stata quindi impiegata per stimare la percentuale di legame di una serie di molecole con differenti caratteristiche chimiche. Successivamente è stata valutata la possibilità di utilizzare una colonna così corta, anche per studi di competizione, ed è stata indagato il legame di una serie di composti al sito I. Infine è stata effettuata una valutazione della stabilità della colonna in seguito ad un uso estensivo. L’uso di supporti cromatografici funzionalizzati con albumine di diversa origine (ratto, cane, guinea pig, hamster, topo, coniglio), può essere proposto come applicazione futura di queste colonne HTS. Infatti, la possibilità di ottenere informazioni del legame dei farmaci in via di sviluppo alle diverse albumine, permetterebbe un migliore paragone tra i dati ottenuti tramite esperimenti in vitro e i dati ottenuti con esperimenti sull’animale, facilitando la successiva estrapolazione all’uomo, con la velocità di un metodo HTS. Inoltre, verrebbe ridotto anche il numero di animali utilizzati nelle sperimentazioni. Alcuni lavori presenti in letteratura dimostrano l’affidabilita di colonne funzionalizzate con albumine di diversa origine [11-13]: l’utilizzo di colonne più corte potrebbe aumentarne le applicazioni.

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Aims: Ripening evaluation of two different Pecorino cheese varieties ripened according either to a traditional method in plant and in cave. Different ripening features have been analyzed in order to evaluate the cave as possible ripening environment with the aim of obtaining a peculiar product which could also establish an added value to the cultural heritage of the local place in which it has been originally manufactured. Methods and Results: Chemical-physical features of Pecorino cheese have been initially analyzed into two different ripening environments and experimentations, among which: pH, weight reduction and subsequent water activity. Furthermore, the microbial composition has been characterized in relationship with the two different ripening environments, undertaking a variety of microbial groups, such as: lactic bacteria, staphylococci, yeasts, lactococci, enterobacteria, enterococci. Besides, an additional analysis for the in-cave adaptability evaluation has been the identification of biogenic amines inside the Pecorino cheese (2-phenilethylamine, putrescine, cadaverine, hystidine, tyramine, spermine and spermidine). Further analysis were undertaken in order to track the lipid profile evolution, reporting the concentration of the cheese free fatty acids in object, in relation with ripening time, environment and production. In order to analyse the flavour compounds present in Pecorino cheese, the SPME-GC-MS technique has been widely employed. As a result, it is confirmed the trend showed by the short-chain free fatty acids, that is to say the fatty acids which are mostly involved in conveying a stronger flavor to the cheese. With the purpose of assessing the protheolytic patterns of the above-mentioned Pecorino cheese in the two different ripening environments and testing methods, the technique SDS-PAGE has been employed into the cheese insoluble fraction, whereas the SDS-PAGE technique has been carried out into the cheese soluble portion. Furthermore, different isolated belonging to various microbial groups have been genotypically characterized though the ITS-PCR technique with the aim to identify the membership species. With reference to lactic bacillus the characterized species are: Lactobacillus brevis, Lactobacillus curvatus and Lactobacillus paraplantarum. With reference to lactococci the predominant species is Lactococcus lactis, coming from the employed starter used in the cheese manufacturing. With reference to enterococcus, the predominant species are Enterococcus faecium and Enterococcus faecalis. Moreover, Streptococcus termophilus and Streptococcus macedonicus have been identified too. For staphylococci the identified species are Staphyilococcus equorum, Staphylococcus saprophyfiticus and Staphylococcus xylosus. Finally, a sensorial analysis has been undertaken through on one side a consumer test made by inexperienced consumers, and on the other side through a panel test achieved by expert consumers. From such test Pecorino cheese ripened in cave were found to be more pleasant in comparison with Pecorino cheese ripened in plant. Conclusions: The proposed approach and the undertaken analysis showed the cave as preferential ripening environment for Pecorino cheese and for the development of a more palatable product and safer for consumers’ health.

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This PhD thesis is aimed at studying the possible pathways and the mechanisms that can trigger oxylipins biosynthesis, and particularly that of short chain aldehydes and alcohols, in Lactobacillus helveticus, also in the presence of oxidative stress, using a totally labelled linoleic acid as precursor. In plants and fungi these molecules, involved in defence mechanisms against pathogens and in communication systems, derive from the oxidation of cellular unsaturated fatty acids (UFAs) and their accumulation is associated with stress exposure. Since some oxylipins are produced also by lactobacilli, it is possible to hypothesize that a metabolic pathway from UFAs to oxylipins, similar to what happens in plants and fungi, is present also in lactic acid bacteria. The results obtained pointed out that some volatile molecules are the result of UFAs catabolism, since they appear only when cells are incubated in their presence. Labelled linoleic acid is integrated in the membrane and subsequently transformed into aldehydes and alcohols, whose extent and carbon atoms number depend on stress exposure. The enzymes responsible for this metabolic pathway in plants and fungi (e.g. lipoxygenase, dioxygenase) seem to be absent in Lactobacillus helveticus and in other lactobacilli. Proteomic analyses show the over expression of many proteins, including thioredoxin reductase (part of the bacterial oxidative defence system), mainly in cells grown with linoleic acid without oxidative stress exposure, confirming that linoleic acid itself induces oxidative stress. 6 general oxidoreductases (class including dioxygenases and peroxidase) were found and therefore a deeper investigation on them could be productive in elucidating all steps involved in oxylipins biosynthesis in bacteria. Due to the multiple role of oxylipins (flavouring agents, antimicrobial compounds and interspecific signalling molecules) the identification of genes involved and regulating factors should have an important biotechnological impact, also allowing the overproduction of selected bioactive molecules.