3 resultados para Seno-Cáncer

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Se realizaron tres estudios cualitativos que tuvieron como propósito conocer las representaciones que ha construido la población general, los pacientes oncológicos y los profesionales de la salud, sobre el cáncer, la quimioterapia y el trasplante de médula ósea y realizar un análisis sobre las semejanzas y diferencias entre ellos. Se realizó en la ciudad de Bogotá (Colombia) con 55 personas: 20 pacientes con cáncer en proceso de trasplante de médula ósea, 20 personas no diagnosticadas con cáncer y 15 personas que trabajan en la atención de pacientes con cáncer. Se realizó una entrevista en profundidad con todos los participantes y asociaciones libres, clásicas y por sustitución sobre las palabras “cáncer”, “quimioterapia” y “trasplante de médula”. Los datos conseguidos se analizaron a la luz de la Teoría de las Representaciones Sociales (TRS). El análisis de la información siguió la técnica de análisis cualitativo de contenido para encontrar significados simbólicos y construir, denominar y definir categorías. Para los tres grupos el cáncer es una enfermedad terrible, que puede llevar a la muerte. El personal de salud y la población general creen que la enfermedad genera terror, angustia y miedo. Los pacientes tienen conciencia de la gravedad y del temor consecuente por una enfermedad que lo cambia todo, produce sufrimiento, dolor, obliga a depender de alguien y puede conducir a la muerte. El personal de salud considera que los pacientes lo pueden vivir como un castigo y la población general que puede ser la consecuencia de estilos de vida poco saludables. Para todos, la quimioterapia es un tratamiento para la enfermedad, que por un lado presenta efectos colaterales difíciles y visibles y que producen sentimientos negativos de temor y de angustia y al mismo tiempo constituye una opción y posibilidad de curación. El Trasplante de Médula Ósea representa para todos una oportunidad.

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L’ipotesi di fondo su cui si basa l’intero lavoro è che il dolore oncologico debba essere riconosciuto come “malattia nella malattia”: non si può considerare tale dolore mero “sintomo” del cancro ma esperienza totale che coinvolge l’intera persona. Il dolore oncologico è carico di valenze e significati personali, è associato a rappresentazioni sociali e, come ogni malattia, è disease, illness e sickness. Partendo da questo presupposto, la dissertazione si è posta come obiettivo generale quello di studiare il dolore oncologico tra le donne con tumore al seno, le sue componenti sociali, psicologiche, individuali oltre che fisiche; si è voluto inoltre studiare la specificità del vissuto e dei significati associati all’esperienza dolorosa. Il lavoro è articolato in due parti fondamentali, una teorica ed una empirica. La prima presenta un inquadramento dei principali concetti della sociologia della salute riguardanti il dolore. Per quanto riguarda la parte empirica, si è fatto ricorso ad una ricerca mista, fatta di metodi misti e fondata su un approccio metodologico di natura integrativa che si avvale di tecniche quantitative e qualitative. La parte quantitativa si basa su una parte dei dati della ricerca nazionale ESOPO - Epidemiological Study of Pain in Oncology. Dall’intero campione sono state isolate le sole donne con tumore al seno (n=846). Si è proceduto quindi allo studio di tale campione, alle elaborazioni statistiche con il programma SPSS e all’interpretazione dei risultati. Per quanto riguarda la parte qualitativa, invece, è stata condotta un’analisi delle fonti che si è avvalsa di un approccio netnografico: è stata condotta un’osservazione non intrusiva di 12 blog scritti da donne con tumore al seno, con lo scopo di indagare le narrazioni di malattia, i vissuti personali, i significati di dolore e malattia e le loro ripercussioni sulla vita quotidiana.

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Background: sebbene la letteratura recente abbia suggerito che l’utilizzo degli impianti corti possa rappresentare una alternative preferibile alle procedure di rigenerazione ossea nelle aree posteriori atrofiche, perché è un trattamento più semplice e con meno complicazioni, esistono solo pochi studi a medio e lungo termine che abbiano comparato queste tecniche. Scopo: lo scopo di questo studio retrospettivo è quello di valutare se gli impianti corti (6-8 mm) (gruppo impianti corti) possano presentare percentuali di sopravvivenza e valori di riassorbimento osseo marginali simili a impianti di dimensioni standard (≥11 mm) inseriti contemporaneamente ad una grande rialzo di seno mascellare. Materiali e Metodi: in totale, 101 pazienti sono stati inclusi: 48 nel gruppo impianti corti e 53 nel gruppo seno. In ciascun paziente da 1 a 3 impianti sono stati inseriti e tenuti sommersi per 4-6 mesi. I parametri clinici e radiografici valutati sono: i fallimenti implantari, le complicazioni, lo stato dei tessuti molli, e il riassorbimento osseo marginale. Tutti i pazienti sono stati seguiti per almeno 3 anni dal posizionamento implantare. Risultati: il periodo di osservazione medio è stato di 43.47 ± 6.1 mesi per il gruppo impianti corti e 47.03 ± 7.46 mesi per il gruppo seno. Due su 101 impianti corti e 6 su 108 impianti standard sono falliti. Al follow-up finale, si è riscontrato un riassorbimento osseo medio di 0.47 ± 0.48 mm nel gruppo impianti corti versus 0.64 ± 0.58 mm nel gruppo seno. Non sono presenti differenze statisticamente significative fra i gruppi in termini di fallimenti implantari, complicazioni protesiche, tessuti molli, e riassorbimento osseo. Il gruppo seno ha presentato, invece, un maggior numero di complicazioni chirurgiche. Conclusioni: entrambe le tecniche hanno dimostrato un simile tasso di successo clinico e radiografico, ma gli impianti corti hanno ridotto il numero di complicazioni chirurgiche.