46 resultados para REANIMACION CARDIACA
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
La terapia di resincronizzazione cardiaca (TRC) è un presidio non farmacologico che riduce la mortalità e la morbosità nei pazienti con scompenso refrattario alla terapia medica. La maggior parte dei dati riguardanti gli effetti della TRC coinvolgono i pazienti con le indicazioni consolidate seguenti: classe NYHA III-IV, ritardo della conduzione ventricolare (QRS>opp= 20 msec), disfunzione sistolica ventricolare sinistra (frazione di eiezione ventricolare sinistra >opp= 35%) e ritmo sinusale (RS). Mentre è noto che la fibrillazione atriale permanente (FA) sia presente in una porzione consistente dei pazienti con scompenso cardiaco, vi sono pochi dati riguardanti la sopravvivenza e gli effetti a lungo-termine della TRC in pazienti con scompenso cardiaco e fibrillazione atriale (FA); la maggior parte degli studi sono osservazionali ed hanno dimostrato che la TRC potrebbe conferire dei benefici a corto e medio termine anche in pazienti con FA permanente. Solo recentemente un ampio studio osservazionale ha descritto che, a lungo-termine, la TRC migliora significativamente la capacità funzionale, la frazione di eiezione e induce il rimodellamento inverso del ventricolo sinistro solamente in quei pazienti con FA dove la TRC viene combinata con l’ablazione del nodo atrio-ventricolare (NAV). La strategia ablativa del NAV infatti conferendo una stimolazione completa e costante, permette di eliminare gli effetti del ritmo spontaneo di FA (ritmo irregolare e tendenzialmente tachicardico) cheinterferisce in maniera importante con la stimolazione biventricolare in particolare durante gli sforzi fisici. Sulla base di queste premesse il presente studio si propone di valutare gli effetti a lungo-termine della TRC su pazienti con scompenso cardiaco e FA permanente focalizzando su due aspetti principali: 1) confrontando la sopravvivenza di pazienti con FA permanente rispetto ai pazienti in RS; 2) confrontando la sopravvivenza di pazienti in FA suddivisi secondo la modalità di controllo della frequenza con somministrazione di farmaci antiaritmici (gruppo FA-farm) oppure mediante controllo ablazione del NAV (gruppo FA-abl). Metodi e risultati: Sono presentati i dati di 1303 pazienti sottoposti consecutivamente ad impianto di dispositivo per la TRC e seguiti per un periodo mediano di 24 mesi. Diciotto pazienti sono stati persi durante il follow-up per cui la popolazione dello studio è rappresentata da una popolazione totale di 1295 pazienti di cui 1042 in RS e 243 (19%) in FA permanente. Nei pazienti con FA il controllo della frequenza cardiaca è stato effettuato mediante la somministrazione di farmaci anti-aritmici (gruppo FA-farm: 125 pazienti) oppure mediante ablazione del NAV (FA-abl: 118 pazienti). Rispetto ai pazienti in RS, i pazienti in FA permanente erano significativamente più vecchi, più spesso presentavano eziologia nonischemica, avevano una frazione di eiezione più elevata al preimpianto, una durata del QRS minore e erano più raramente trattati con un defibrillatore. Lungo un follow-up mediano di 24 mesi, 170/1042 pazienti in RS e 39/243 in FA sono deceduti (l’incidenza di mortalità a 1 anno era di 8,4% e 8,9%, rispettivamente). I rapporti di rischio derivanti dall’analisi multivariata con il 95% dell’intervallo di confidenza (HR, 95% CI) erano simili sia per la morte per tutte le cause che per la morte cardiaca (0.9 [0.57-1.42], p=0.64 e 1.00 [0.60-1.66] p=0.99, rispettivamente). Fra i pazienti con FA, il gruppo FA-abl presentava una durata media del QRS minore ed era meno frequentemente trattato con il defibrillatore impiantabile rispetto al gruppo FA-farm. Soli 11/118 pazienti del FA-abl sono deceduti rispetto a 28/125 nel gruppo FA-farm (mortalità cumulativa a 1 anno di 9,3% e 15,2% rispettivamente, p<0.001), con HR, 95% CI per FA-abl vs FA-farm di 0.15 [0.05-0.43],,p<0.001 per la mortalità per tutte le cause, di 0.18 [0.06-0.57], p=0.004 per la mortalità cardiaca, e di 0.09 [0.02-0.42], p<0.002 per la mortalità da scompenso cardiaco. Conclusioni: I pazienti con scompenso cardiaco e FA permanente trattati con la TRC presentano una simile sopravvivenza a lungo-termine di pazienti in RS. Nei pazienti in FA l’ablazione del NAV in aggiunta alla TRC migliora significativamente la sopravvivenza rispetto alla sola TRC; questo effetto è ottenuto primariamente attraverso una riduzione della morte per scompenso cardiaco.
Resumo:
Lo scompenso cardiaco è una sindrome clinica complessa di notevole prevalenza ed incidenza nella popolazione generale, con elevata mortalità e morbidità. Le numerose alterazioni strutturali e funzionali che lo caratterizzano sono in grado di generare contemporaneamente diversi tipi di alterazioni del ritmo: dalle tachiaritmie ventricolari/sopraventricolari alle turbe della conduzione dell’impulso con bradi-aritmie e dissincronie di contrazione. La cardioversione della fibrillazione atriale e la resincronizzazione cardiaca rappresentano due terapie elettriche molto importanti in tale contesto. Le modificazioni emodinamiche, funzionali e neuro-ormonali indotte da tali trattamenti, tanto in acuto che a medio/lungo termine, possono generare numerose informazioni sulla fisio-patologia di questa sindrome. Il progetto scientifico alla base del presente manoscritto è costituito da due studi volti ad affrontare separatamente le tematiche accennate. Il primo studio è stato focalizzato sulle modificazioni indotte in 38 pazienti dalla terapia di resincronizzazione cardiaca sui parametri di circolazione periferica. I risultati ottenuti evidenziano come il trattamento consenta un incremento del flusso muscolare, soprattutto in chi presenterà un rimodellamento ventricolare inverso. La diversa eziologia sottostante (ischemica vs. non ischemica) appare influenzare i parametri relativi alla circolazione periferica tanto in acuto, quanto in cronico. Il diverso comportamento in merito alle variabili della circolazione periferica nelle valutazioni seriate suggerisce che la terapia di resincronizzazione cardiaca abbia, principalmente nei pazienti responders, effetti non solo “centrali”, e che essi non siano puramente meccanici ma mediati da fattori probabilmente di natura neuro-ormonale. Il secondo studio si è occupato della cardioversione elettrica esterna di fibrillazione atriale, un’aritmia che presenta strette relazioni con l’insufficienza cardiaca. 242 pazienti sono stati sottoposti a cardioversione elettrica esterna con onda bifasica, utilizzando due 1 diverse configurazioni di erogazione dell’energia: antero-posteriore con patch adesivi e antero-apicale con piastre standard. Il ripristino del ritmo sinusale è stato ottenuto in oltre l’80% dei pazienti già col primo shock a 120J. Sebbene fra le due metodiche non si evidenzi una significatività in termini di efficacia, i risultati ottenuti suggeriscono che la scelta della specifica configurazione di shock dovrebbe prendere in considerazione anche alcune variabili biometriche: peso, altezza e superficie corporea del paziente. Il ripristino ed il mantenimento del ritmo sinusale inducono un’importante modificazione della concentrazione di NT-pro-BNP. Un’elevata attivazione neuro-ormonale pre-procedura predispone alle recidive a medio-lungo termine, mentre le recidive nel breve-medio periodo appaiono influenzate da tale fattore solo in corso di profilassi anti-aritmica per il mantenimento del ritmo sinusale. In conclusione i risultati del progetto di ricerca sottolineano come trattamenti mirati a parametri strettamente cardiaci (ritmo e conduzione dell’impulso) siano in grado di determinare importanti modificazioni sugli equilibri emodinamici e neuro-ormonali dell’intero organismo, confermando la stretta relazione tra questi parametri e l’evoluzione del quadro clinico.
Resumo:
Several studies showed that sleep loss/fragmentation may have a negative impact on cognitive performance, mood and autonomic activity. Specific neurocognitive domains, such as executive function (i.e.,prefrontal cortex), seems to be particularly vulnerable to sleep loss. Pearson et al.(2006) evaluated 16 RLS patients compared to controls by cognitive tests, including those particularly sensitive to prefrontal cortical (PFC) functioning and sleep loss. RLS patients showed significant deficits on two of the three PFC tests. It has been recently reported that RLS is associated with psychiatric manifestations. A high prevalence of depressive symptoms has been found in patients with RLS(Rothdach AJ et al., 2000). RLS could cause depression through its adverse influences on sleep and energy. On the other hand, symptoms of depression such as sleep deprivation, poor nutrition or lack of exercise may predispose an individual to the development of RLS. Moreover, depressed patients may amplify mild RLS, making occasional RLS symptoms appear to meet threshold criteria. The specific treatment of depression could be also implicated, since antidepressant compounds may worsen RLS and PLMD(Picchietti D et al., 2005; Damsa C et al., 2004). Interestingly, treatments used to relieve RLS symptoms (dopamine agonists) seem to have an antidepressant effects in RLS depressed patients(Saletu M et al., 2002&2003). During normal sleep there is a well-regulated pattern of the autonomic function, modulated by changes in sleep stages. It has been reported that chronic sleep deprivation is associated with cardiovascular events. In patients with sleep fragmentation increased number of arousals and increased cyclic alternating pattern rate is associated with an increase in sympathetic activity. It has been demonstrated that PLMS occurrence is associated with a shift to increased sympathetic activity without significant changes in cardiac parasympathetic activity (Sforza E et al., 2005). An increased association of RLS with hypertension and heart disease has been documented in several studies(Ulfberg J et al., 2001; Ohayon MM et al., 2002).
Resumo:
Background: Cardiovascular disease (CVD) is a common cause of morbidity and mortality in childhood chronic kidney disease (CKD). Left ventricular hypertrophy (LVH) is known to be one of the earliest events in CVD development. Left ventricular diastolic function (DF) is thought to be also impaired in children with CKD. Tissue Doppler imaging (TDI) provide an accurate measure of DF and is less load dependent than conventional ECHO. Aim: To evaluate the LV mass and the DF in a population of children with CKD. Methods: 37 patients, median age: 10.4 (3.3-19.8); underlying renal disease: hypo/dysplasia (N=28), nephronophthisis (N=4), Alport (N=2), ARPKD (N=3), were analyzed. Thirty-eight percent of the patients were on stage 1-2 of CKD, 38% on stage 3, 16% on stage 4. Three patients were on dialysis. The most frequent factors related to CVD in CKD have been studied. LVH has been defined as a left ventricular mass index (LVMI) more than 35.7 g/h2,7. Results: Twenty-five patients (81%) had a LVH. LVMI and diastolic function index (E’/A’) were significantly related to the glomerular filtration rate (p<0.003 and p<0.004). Moreover the LVMI was correlated with the phosphorus and the hemoglobin level (p<0.0001 and p<0.004). LVH was present since the first stages of CKD (58% of patients were on stages 1-2). Early-diastolic myocardial velocity was reduced in 73% of our patients. We didn’t find any correlation between LVH and systemic hypertension. Conclusion: ECHO evaluation with TDI is suggested also in children prior to dialysis and with a normal blood pressure. If LVH is diagnosed, a periodic follow-up is necessary with the treatment of the modifiable risk factors (hypertension, disturbances of calcium, phosphorus and PTH, anemia ).
Resumo:
Obiettivo: studio longitudinale di una coorte di gravidanze gemellari e valutazione di eventuali correlazioni tra specifici parametri cardiaci materni ed esito sfavorevole della gravidanza. Metodi: Sono state arruolate in modo prospettico donne con gravidanze gemellari, sottoposte a controlli seriati della funzione cardiaca materna ( 20-23 settimane; 26-29 settimane e 30-33 settimane). Le pazienti in cui il parto si è verificato prima della 34°settimana compiuta di gestazione sono state escluse a priori dallo studio. Specifici parametri cardiaci campionati sono stati confrontati tra il gruppo di gravidanze con esito positivo ed il gruppo di pazienti che hanno sviluppato complicanze nel corso della gravidanza quali: preeclampsia o ipertensione gestazionale, basso peso alla nascita ( SGA: peso neonatale di uno o entrambi i feti < 5° centile per l’epoca di gestazione). Risultati: sono state incluse nello studio 28 gravidanze gemellari,di cui 8 complicate. Durante ogni visita abbiamo osservato un aumento significativo della gittata cardiaca ( CO ) e sistolica ( SV ) ed una caduta delle resistenze vascolari totali ( TVR ) nelle gravidanze gemellari normali vs complicate. Inoltre, CO, pressione arteriosa (BP), frequenza cardiaca ( HR ) e TVR son rimaste invariate nel corso dei controlli ambulatoriali per le gravidanze con esiti sfavorevole, mentre mostravano modificazioni significative ( CO, HR e BDP in aumento; TVR in diminuzione ) nel gruppo di pazienti con esito favorevole della gravidanza. Conclusioni: La valutazione longitudinale della funzione cardiaca materna sembra dimostrare una significativa differenza tra i valori dei parametri cardiaci materni delle gravidanze multiple non complicate, rispetto a quelle complicate da preeclampsia o neonati SGA.
Resumo:
Solo il 60% dei candidati alla resincronizzazione cardiaca risponde in termini di rimodellamento ventricolare inverso che è il più forte predittore di riduzione della mortalità e delle ospedalizzazioni. Due cause possibili della mancata risposta sono la programmazione del dispositivo e i limiti dell’ approccio transvenoso. Nel corso degli anni di dottorato ho effettuato tre studi per ridurre il numero di non responder. Il primo studio valuta il ritardo interventricolare. Al fine di ottimizzare le risorse e fornire un reale beneficio per il paziente ho ricercato la presenza di predittori di ritardo interventricolare diverso dal simultaneo, impostato nella programmazione di base. L'unico predittore è risultato essere l’ intervallo QRS> 160 ms, quindi ho proposto una flow chart per ottimizzare solo i pazienti che avranno nella programmazione ottimale un intervallo interventricolare non simultaneo. Il secondo lavoro valuta la fissazione attiva del ventricolo sinistro con stent. I dislocamenti, la soglia alta di stimolazione del miocardio e la stimolazione del nervo frenico sono tre problematiche che limitano la stimolazione biventricolare. Abbiamo analizzato più di 200 angiografie per vedere le condizioni anatomiche predisponenti la dislocazione del catetere. Prospetticamente abbiamo deciso di utilizzare uno stent per fissare attivamente il catetere ventricolare sinistro in tutti i pazienti che presentavano le caratteristiche anatomiche favorenti la dislocazione. Non ci sono più state dislocazioni, c’è stata una migliore risposta in termini di rimodellamento ventricolare inverso e non ci sono state modifiche dei parametri elettrici del catetere. Il terzo lavoro ha valutato sicurezza ed efficacia della stimolazione endoventricolare sinistra. Abbiamo impiantato 26 pazienti giudicati non responder alla terapia di resincronizzazione cardiaca. La procedura è risultata sicura, il rischio di complicanze è simile alla stimolazione biventricolare classica, ed efficace nell’arrestare la disfunzione ventricolare sinistra e / o migliorare gli effetti clinici in un follow-up medio.
Resumo:
Objectives: to define in patients undergoing surgery for mitral regurgitation (MR) the risk of thrombo-embolic complications, particularly ischemic stroke (IS) compared to that in the general population. Background: MR is frequent, occurs mostly in the elderly and guidelines recommend surgery in asymptomatic patients but IS risks are unknown. Methods: in 1344 patients (65±12 years) consecutively operated for MR (procedures: 897 valve repair, MRep; 447 valve replacement, 231 mechanical, MVRm; 216 biological, MVRb), thrombo-embolic complications particularly IS (diagnosed by a neurologist) during follow-up were assessed early (<30 days), mid-term (30-180 days) and long-term (180 days). Results: IS occurred in 130 patients and IS or transient ischemic attack in 201. IS rates were 1.9±0.4% and 2.7±0.5%, at 30 and 180 days and 8.1±0.8% at 5 years. IS rates were lowest after MRep vs. MVRb and MVRm (6.1±0.9, 8±2.1 and 16.1±2.7% at 5 years, p<0.001). Comparison to IS expected rates in the population showed high risk within 30 days of surgery (Risk-ratio 41[26-60], p<0.001 but p>0.10 between procedures) and moderate risk after 30 days (risk-ratio 1.7 overall, p<0.001; 1.3 for MRep, p=0.07; 0.98 for MVRb, p=0.95; 4.8 for MVRm, p<0.001). Beyond 180 days, IS risk declined further and was not different from the general population for MRep (1.2, p=0.30) and for MVRb (0.9, p=0.72). Risk of IS or transient ischemic attack was higher than the general population in all groups up to 180 days. The risk of bleeding beyond 30 days was lowest in MRep vs. MVRb and MVRm (7±1, 14±4 and 16±3% at 10 years, p<0.001). Conclusion: thrombo-embolic complications after MR surgery are both reason for concern and encouragement. IS risk is notable early, irrespective of the procedure performed, but long-term is not higher than in the general population after MRep and MVRb. Preference for MRep should be emphasized and trials aimed at preventing IS should be conducted to reduce the thrombo-embolic and hemorrhagic risk in patients undergoing surgery for MR.