32 resultados para Numismática romana

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Il lavoro è una rassegna di fonti letterarie antiche, greche e latine fino alla fine del II sec. d.C., della Liburnia, ossia la regione storica intorno al golfo del Quarnaro, comprese le isole. Oltre ad un’analisi dei singoli passi degli autori citati al termine di ogni città o altro luogo geografico indicato si trova una scheda riassuntiva in cui si fa il punto dei dati che derivano dalle fonti citate, per vedere in che cosa esse sono utili per tracciare un quadro complessivo dell’abitato nell’epoca antica. Naturalmente, per procedere ad un lavoro di questo genere, si fa un costante confronto con gli altri tipi di fonti presenti, in gran parte quelle archeologiche ed epigrafiche, necessarie per la storia sociale ed istituzionale delle località in questione. Laddove i toponimi non indichino città, ma altri luoghi piuttosto si dedica spazio alla localizzazione geografica in situazione spesso di contraddizione tra la dottrina, non sempre recente ed aggiornata con le ultime scoperte epigrafiche, in particolare di cippi confinari. Scopo finale della tesi è appunto quello di verificare luogo per luogo quali progressi possano essere fatti, per definire in modo preciso da un lato la geografia fisica della regione e dall’altro la storia istituzionale e la Romanizzazione dei centri, che non fu uniforme ed organica.

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Studio dell'amministrazione romana della Raetia

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Il presente lavoro è incentrato sulla raccolta e l’analisi dell’instrumentum fittile inscriptum – in particolare laterizi, dolia, lucerne, ceramica fine da mensa, anfore e tappi d’anfora - rinvenuto a Modena e nel suo territorio. L’attenzione è stata concentrata sul materiale bollato e, per quanto riguarda le anfore, anche sullo studio degli esemplari recanti tituli picti. Si è proceduto ad una raccolta di tutto il materiale edito, a cui si è aggiunto lo studio di un’ingente quantità di reperti provenienti da due recenti scavi suburbani: quello presso il Parco Novi Sad, che si segnala soprattutto per la ricchezza del materiale anforico, e quello di Viale Reiter, ove sono venuti alla luce numerosi scarti di cottura di lucerne a canale recanti le firme di alcuni dei più noti produttori di tali oggetti nel mondo romano. A ciascuna categoria di instrumentum è stato dedicato un capitolo, corredato di tabelle in cui è stato raccolto tutto il materiale considerato; inoltre, per i reperti del Parco Novi Sad e di Viale Reiter, è stato realizzato un catalogo corredato di riproduzioni grafiche e fotografiche. Per quanto concerne le iscrizioni dipinte, un capitolo è stato dedicato a quelle presenti sulle anforette adriatiche da pesce; quanto ai tituli picti su anfore di morfologia betica per il trasporto di salse di pesce è stato effettuato un confronto con esemplari rinvenuti in due scavi inediti a Parma, che presentano significative analogie col materiale modenese. Dall’analisi dell’instrumentum inscriptum di Mutina, pur consapevoli dei limiti insiti in una ricerca incentrata unicamente su tale tipo di materiale, è emersa un’immagine della colonia, tra la tarda età repubblicana ed il I sec. d.C., congruente con quella delineata dalle fonti letterarie, dall’epigrafia lapidaria e dai rinvenimenti archeologici, ossia di una città di notevole importanza e ricchezza.

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La tesi riguarda la concessione di spazi di proprietà pubblica a privati, intesi come singole persone o enti, quali ad esempio i collegi, da parte delle autorità cittadine. Le fonti a disposizione per indagare tale pratica burocratica sono quasi totalmente di natura epigrafica, per lo più attestanti l’espressione locus datus decreto decurionum, variamente abbreviata, o formule similari. Questo aspetto della vita civica è stata cursoriamente oggetto di studio in diversi contributi, ma si tratta di articoli che circoscrivono il tema, analizzandolo in relazione a ristrette aree geografiche, oppure considerandone determinati aspetti (ad esempio l’ambito sacro o quello funerario). Si è perciò ritenuto utile proseguire questa linea di ricerca affrontando uno studio di più ampio raggio, che comprenda la documentazione epigrafica dell’intero territorio italico (costituito dalle undici regioni augustee ad esclusione di Roma), per tutte le tipologie testuali (iscrizioni sacre, funerarie, onorarie, su opera pubblica, exempla decreti), allo scopo di formulare osservazioni più precise e puntuali sulla procedura burocratica in esame, pur con tutti i limiti noti a chi affronti questo genere di indagine. Tra le conclusioni raggiunte, è emerso come durante il I-II sec. d.C. vi fosse la tendenza a concedere, sporadicamente, dei loca sepulturae extraurbani a membri delle famiglie delle élites cittadine, anche donne e fanciulli, mentre il foro e le altre aree pubbliche interne alla città erano soprattutto utilizzate direttamente dai decurioni per l’elevazione di dediche e statue. Nel corso del II sec. d.C., con massima diffusione nell’età antonina e poi in quella severiana, prese invece piede l’uso privato a scopo onorario degli spazi pubblici siti all’interno delle città, ovvero in aree prima pressoché precluse all’intervento di singoli cittadini: familiari e liberti, collegi e altri organismi commissionavano statue dedicate prevalentemente agli amministratori locali, magistrati cittadini spesso divenuti anche cavalieri.

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La presente ricerca affronta lo studio della formazione delle realtà urbane nell'area dell'antico Ager Gallicus, grossomodo corrispondente all'attuale territorio delle Marche settentrionali. Nel quadro della colonizzazione romana il fenomeno urbano rappresenta, infatti, l'elemento cardine nell'organizzazione di un territorio. Per tale ragione, si è scelto di condurre un lavoro finalizzato alla comprensione dei tempi e dei modi che portarono alla formazione dei municipi e delle colonie nella strutturazione romana del territorio, cercando anche di comprendere le scelte insediative alla base delle singole forme strutturali. L'analisi della genesi e dello sviluppo del fenomeno urbano nell'ager Gallicus ha come obiettivo ultimo l'approfondimento della conoscenza sulla colonizzazione e romanizzazione in area medio adriatica. La ricerca si articola in: uno stato dell'arte delle più recenti interpretazioni storiografiche; una sintesi sulle cosiddette “forme della conquista” (frequentazioni “precoloniali”, realtà santuariali, fondazioni coloniarie, realtà proto-urbane legate all'agro); una dettagliata e aggiornata schedatura storico-archeologica e urbanistico-topografica delle singole realtà urbane dell'ager Gallicus (le colonie di Sena Gallica, Pisaurum, Fanum Fortunae e Aesis, e i municipi di Forum Sempronii, Suasa e Ostra, e Sentinum); una parte conclusiva dove, mettendo a confronto gli elementi alla base della definizione urbana delle realtà esaminate, vengono delineati e sintetizzati i principali modelli di formazione delle città nell'ager Gallicus così individuati (fondazione coloniaria; fondazione coloniaria preceduta da una fase precoloniale nella forma di conciliabulum; nucleo di aggregazione precedente (conciliabulum) scelto quale polo di riferimento del popolamento sparso nel territorio al momento delle distribuzioni viritane; centro di servizio creato in funzione di assegnazioni di terre ai coloni). Infine, viene tracciato un quadro complessivo della romanizzazione dell'ager Gallicus, che, in estrema sintesi, si configura come un processo progressivo di occupazione del territorio rispecchiato dallo sviluppo stesso del fenomeno urbano, ma che si differenzia dalle aree limitrofe o dall'area cisalpina per alcune importanti dinamiche etnico-demografiche.

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Una breve introduzione sulla storia del mosaico: dalle origine alle sue evoluzione tipologiche e tecnologiche nel tempo, di come si organizzavano le antiche botteghe del mosaico e le suddivisione dei compiti tra il pictor imaginarius, pictor parietarius e il musivarius (la gerarchia) all’interno di essi; la tecniche esecutiva per la messa in opera dei mosaici pavimentali romani. Visto che i mosaici si trovano a Suasa, quindi è stata riassunta la storia della città romana di Suasa con le sua varie fase edilizie, con maggior approfondimenti per gli edifici che presentano pavimentazione a mosaico: in primo luogo è la domus dei Coiedii contenente più di diciotto pavimenti in opus tessellatum. Il secondo è quello del così detto Edificio 4 (ancora inedito e di incerta natura e destinazione) portato in luce solo parzialmente con due settore a mosaico. Successivamente è stato effettuato in maniera dettagliata lo studio dello stato di conservazione dei vani musivi che sono state oggetto in senso stretto dei varie interventi conservativi, sia nella domus dei Coiedii (vano AU, oecus G e vano BB) che in Edificio 4 (vano A e vano D), evidenziando così le diverse morfologie di degrado in base “Normativa UNI 11176/2006 con l’aiuto della documentazione grafica ed fotografica. Un ampio e complessivo studio archeometrico-tecnologico dei materiali impiegati per la realizzazione dei musaici a Suasa (tessere e malte) presso i laboratori del CNR di Faenza.. Sono stati prelevati complessivamente 90 campione da tredici vani musivi di Suasa, di cui 28 campione di malte, comprese tra allettamento e di sottofondo,42 tessere lapidee e 20 tessere vitree; questi ultimi appartengono a sette vani della domus. Durante l’operazione del prelevo, è stato presso in considerazione le varie tipologie dei materiali musivi, la cromia ed le morfologie di degrado che erano presente. Tale studio ha lo scopo di individuare la composizione chimico-mineropetrografico, le caratteristiche tessiturali dei materiali e fornire precisa informazione sia per fine archeometrici in senso stretto (tecnologie di produzione, provenienza, datazione ecc.), che come supporto ai interventi di conservazione e restauro. Infine si è potuto costruire una vasta banca dati analitici per i materiali musivi di Suasa, che può essere consultata, aggiornata e confrontata in futuro con altri materiali proveniente dalla stessa province e/o regione. Applicazione dei interventi conservativi: di manutenzione, pronto intervento e di restauro eseguiti sui vani mosaicati di Suasa che presentavano un pessimo stato di conservazione e necessitavano l’intervento conservativo, con la documentazione grafica e fotografica dei varie fase dell’intervento. In particolare lo studio dei pregiatissimi materiali marmorei impiegati per la realizzazione dell’opus sectile centrale (sala G) nella domus dei Coiedii, ha portato alla classificazione e alla schedatura di sedici tipi di marmi impiegati; studio esteso poi al tessellato che lo circonda: studio del andamento, tipologie dei materiali, dei colore, dimensione delle tessere, interstizio ecc., ha permesso con l’utilizzo delle tavole tematiche di ottenere una chiara lettura per l’intero tessellato, di evidenziare così, tutti gli interventi antiche e moderni di risarciture, eseguiti dal II sec. d.C. fio ad oggi. L’aspetto didattico (teorico e pratico) ha accompagnato tutto il lavoro di ricerca Il lavoro si qualifica in conclusione come un esempio assai significativo di ricerca storicoiconografiche e archeometriche, con risultati rilevanti sulle tecnologie antiche e sui criteri di conservazione più idonei.

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The dissertation aims to provide an overview of some aspects of everyday life in Roman Britain in general and in the area of Hadrian’s Wall in particular. In a preliminary description, the writer addresses the complex topic related to the genesis of borders as the fulfillment of the expansionist parable of Rome, and as the space manifestation of the sunset of the idea of an imperium sine fine. Then the thesis passes to examine, in subsequent chapters, first the religious theme in its peculiar indigenous component and in the cultural practices triggered by the process of Romanization, secondly the question whether is possible to study everyday life in the northernmost province of the Empire through a discussion of the civilian settlements in proximity to military sites. This issue is drawn especially thanks to the analysis of the so-called Vindolanda tablets, which constitute a valuable evidence of a lively environment both under human and social respect. Before giving an indication of the specific bibliography, the work offers a number of appendices which elaborate part of the information which has been supplied in the previous sections. Mention of the epigraphic repertoires and literary and antiquarian sources is finally made.

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This work analyzes the role of roman provincial fleets, mainly through the use of military diplomas. All the evidence has been collected, ordered and commented with special attention to the role of diplomas as official documents for the study of the naval provincial garrisons in the Ist and IInd centuries A.D.. Problems deriving from diplomas as still imperfect proofs for a full reconstruction of the history of roman fleets have been registered. Epigraphic evidence has been also taken into account to describe the history of the fleets.

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My research tells about the origins of Rome. I think that Rome became a civil community under king Tullus Hostilius who transformed a federation of villages in a city. Perhaps he retook a project of his grandfather, Hostus Hostilius. I think also that the tradition on the early Rome was elaborated by Servius Tullius’ court and his motivations must be researched in the relations between this king and Tarquin’s dynasty. Finally I formulated some particular theories on the comitia centuriata and their evolution and on the international politic of Servius Tullius.

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Abstract Il tema delle infrastrutture, intese come parte dell’architettura dello spazio urbano e del territorio, assume un ruolo centrale in molti progetti contemporanei e costituisce la ragione di questa ricerca. E’ preso in esame, in particolare, il tracciato extraurbano della via Emilia, antica strada consolare romana la cui definizione risale al II sec. a.C., nel tratto compreso tra le città di Rimini e Forlì. Studiare la strada nel suo rapporto con il territorio locale ha significato in primo luogo prendere in considerazione la via Emilia in quanto manufatto, ma anche in quanto percorso che si compie nel tempo. Si è dunque cercato di mostrare come, in parallelo all’evoluzione della sua sezione e della geometria del suo tracciato, sia cambiata anche la sua fruizione, e come si sia evoluto il modo in cui la strada viene “misurata”, denominata e gestita. All’interno di una riflessione critica sulla forma e sul ruolo della strada nel corso dei secoli la Tesi rilegge il territorio nella sua dimensione di “palinsesto”, riconoscendo e isolando alcuni momenti in cui la via Emilia ha assunto un valore “simbolico” che rimanda alla Roma imperiale. La perdita del significato via Emilia, intesa come elemento di “costruzione” del territorio, ha origine con il processo di urbanizzazione diffusa che ha investito il territorio extraurbano a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. La condizione attuale della strada, sempre più congestionata dal traffico veicolare, costituisce la premesse per una riflessione sul futuro della sua forma e degli insediamenti che attraversa. La strategia proposta dagli Enti locali che prevede il raddoppio della strada, con la costruzione della via Emilia Bis, non garantisce solo un potenziamento infrastrutturale ma rappresenta l’occasione per sottrarre al tracciato attuale la funzione di principale asse di comunicazione extraurbana. La via Emilia potrebbe così recuperare il ruolo di itinerario narrativo, attraverso la configurazione dei suoi spazi collettivi, l’architettura dei suoi edifici, il significato dei suoi monumenti, e diventare spazio privilegiato di relazione e di aggregazione. The theme of urban infrastructures, thought as part of the design of urban space and territory, has a central role in several contemporary projects and is the reason of this research. The object of the study is the extra urban route of the via Emilia, an ancient roman road which has been defined in the II century b. C., in its stretch between the cities of Rimini and Forlì. Studying the road in its relationship with the local environment has meant first of all considering the via Emilia as an “artefact” but also as a path that takes place over time. The aim of this research was also to demonstrate how its fruition has changed together with the evolution of the section and geometry of the route, and how the road itself is measured, named and managed. Within a critical approach on the shape and on the role played by the road through the centuries, this Essay reinterprets the territory in its dimension of “palimpsest”, identifying and isolating some periods of time when the via Emilia assumed a symbolic value which recalls the Imperial Rome. The loss of the meaning of the via Emilia, intended as an element that “constitutes” the territory originates from a process of diffused urbanization, which spread in the extra urban environment from the end of the second world war. The actual condition of the road, more and more congested by traffic, is the premise of a reflection about the future of its shape and of the settlements alongside. The strategy proposed by the local authorities, that foresees to double the size of the road, building the via Emilia Bis, not only guarantees an infrastructural enhancement but also it represents an opportunity to take off from the road itself the current function of being the principal axis of extra urban connection. In this way the via Emilia could regain its role as a narrative itinerary, through the configuration of its public spaces, the architecture of its buildings, the meaning of its monuments, and then become a privileged space of relationship and aggregation.

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I viaggi e gli studi compiuti in Croazia, Montenegro e Bosnia Erzegovina in occasione della Tesi di Laurea hanno costituito l’occasione per comprendere quanto sia consistente il retaggio di Roma antica sulla sponda orientale dell’Adriatico. Nello stesso tempo si è potuto constatare che, per diversi motivi, dal punto di vista prettamente scientifico, la ricchezza di questo patrimonio archeologico aveva sino allora trovato soltanto poche occasioni di studio. Da qui la necessità di provvedere a un quadro completo e generale relativo alla presenza romana in un territorio come quello della provincia romana di Dalmatia che, pur considerando la sua molteplicità geografica, etnica, economica, culturale, sociale e politica, ha trovato, grazie all’intervento di Roma, una sua dimensione unitaria, un comune denominatore, tanto da farne una provincia che ebbe un ruolo fondamentale nella storia dell’Impero. Il lavoro prende le mosse da una considerazione preliminare e generale, che ne costituisce quasi lo spunto metodologico più determinante: la trasmissione della cultura e dei modelli di vita da parte di Roma alle altre popolazioni ha creato un modello in virtù del quale l’imperialismo romano si è in certo modo adattato alle diverse culture incontrate ed assimilate, dando vita ad una rete di culture unite da elementi comuni, ma anche profondamente diversificate per sintesi originali. Quella che pare essere la chiave di lettura impiegata è la struttura di un impero a forma di “rete” con forti elementi di coesione, ma allo stesso tempo dotato di ampi margini di autonomia. E questo a cominciare dall’analisi dei fattori che aprirono il cammino dell’afflusso romano in Dalmatia e nello stesso tempo permisero i contatti con il territorio italico. La ricerca ne analizza quindi i fattori:il diretto controllo militare, la costruzione di una rete viaria, l’estensione della cittadinanza romana, lo sviluppo della vita locale attraverso la formazione di una rete di municipi, i contatti economici e l’immigrazione di genti romanizzate. L’analisi ha posto in evidenza una provincia caratterizzata da notevoli contraddizioni, che ne condizionarono – presso entrambi i versanti del Velebit e delle Alpi Dinariche – lo sviluppo economico, sociale, culturale e urbanistico. Le profonde differenze strutturali tra questi due territori rimasero sempre presenti: la zona costiera divenne, sotto tutti i punti di vista, una sorta di continuazione dell’Italia, mntre quella continentale non progredì di pari passo. Eppure l’influenza romana si diffuse anche in questa, così che essa si pote conformare, in una certa misura, alla zona litoranea. Come si può dedurre dal fatto che il severo controllo militare divenne superfluo e che anche questa regione fu dotata progressivamente di centri amministrati da un gruppo dirigente compiutamente integrato nella cultura romana. Oltre all’analisi di tutto ciò che rientra nel processo di acculturazione dei nuovi territori, l’obiettivo principale del lavoro è l’analisi di uno degli elementi più importanti che la dominazione romana apportò nei territori conquistati, ovvero la creazione di città. In questo ambito relativamente periferico dell’Impero, qual è il territorio della provincia romana della Dalmatia, è stato dunque possibile analizzare le modalità di creazione di nuovi centri e di adattamento, da parte di Roma, ai caratteri locali dell’insediamento, nonché ai condizionamenti ambientali, evidenziando analogie e differenze tra le città fondate. Prima dell’avvento di Roma, nessuna delle regioni entrate a far parte dei territori della Dalmatia romana, con la sola eccezione della Liburnia, diede origine a centri di vero e proprio potere politico-economico, come ad esempio le città greche del Mediterraneo orientale, tali da continuare un loro sviluppo all’interno della provincia romana. In altri termini: non si hanno testimonianze di insediamenti autoctoni importanti che si siano trasformati in città sul modello dei centri provinciali romani, senza aver subito cambiamenti radicali quali una nuova pianificazione urbana o una riorganizzazione del modello di vita locale. Questo non significa che la struttura politico-sociale delle diverse tribù sia stata cambiata in modo drastico: almeno nelle modeste “città” autoctone, nelle quali le famiglie appaiono con la cittadinanza romana, assieme agli ordinamenti del diritto municipale, esse semplicemente continuarono ad avere il ruolo che i loro antenati mantennero per generazioni all’interno della propria comunità, prima della conquista romana. Il lavoro mette compiutamente in luce come lo sviluppo delle città nella provincia abbia risentito fortemente dello scarso progresso politico, sociale ed economico che conobbero le tribù e le popolazioni durante la fase pre-romana. La colonizzazione greca, troppo modesta, non riuscì a far compiere quel salto qualitativo ai centri autoctoni, che rimasero sostanzialmente privi di concetti basilari di urbanistica, anche se è possibile notare, almeno nei centri costieri, l’adozione di tecniche evolute, ad esempio nella costruzione delle mura. In conclusione questo lavoro chiarisce analiticamente, con la raccolta di un’infinità di dati (archeologici e topografici, materiali ed epigrafici, e desunti dalle fonti storiche), come la formazione della città e l’urbanizzazione della sponda orientale dell’adriatico sia un fenomeno prettamente romano, pur differenziato, nelle sue dinamiche storiche, quasi caso per caso. I dati offerti dalla topografia delle città della Dalmatia, malgrado la scarsità di esempi ben documentati, sembrano confermare il principio della regolarità degli impianti urbani. Una griglia ortogonale severamente applicata la si individua innanzi tutto nelle città pianificate di Iader, Aequum e, probabilmente, anche a Salona. In primis nelle colonie, quindi, ma non esclusivamente. Anche numerosi municipi sviluppatisi da insediamenti di origine autoctona hanno espresso molto presto la tendenza allo sviluppo di un sistema ortogonale regolare, se non in tutta l’area urbana, almeno nei settori di più possibile applicazione. Ne sono un esempio Aenona, Arba, Argiruntum, Doclea, Narona ed altri. La mancanza di un’organizzazione spaziale regolare non ha tuttavia compromesso l’omogeneità di un’attrezzatura urbana tesa alla normalizzazione, in cui i componenti più importanti, forum e suoi annessi, complessi termali, templi dinastici e capitolia, si avviano a diventare canonici. Le differenze più sensibili, che pure non mancano, sembrano dipendere dalle abitudini delle diverse etnie, dai condizionamenti topografici e dalla disponibilità finanziaria dei notabili. Una città romana non può prendere corpo in tutta la sua pienezza solo per la volontà del potere centrale. Un progetto urbanistico resta un fatto teorico finché non si realizzano le condizioni per cui si fondano due fenomeni importantissimi: uno socio-culturale, che consiste nell’emergenza di una classe di notabili “fortunati” desiderosi di dare a Roma dimostrazioni di lealtà, pronti a rispondere a qualsiasi sollecitazione da parte del potere centrale e addirittura ad anticiparlo; l’altro politico-amministrativo, che riguarda il sistema instaurato da Roma, grazie al quale i suddetti notabili possono godere di un certo potere e muoversi in vista della promozione personale nell’ambito della propria città. Aiuti provenienti dagli imperatori o da governatori provinciali, per quanto consistenti, rimangono un fatto non sistematico se non imprevedibile, e rappresentano comunque un episodio circoscritto. Anche se qualche città risulta in grado di costruire pecunia publica alcuni importanti edifici del quadro monumentale, il ruolo del finanziamento pubblico resta relativamente modesto. Quando la documentazione epigrafica esiste, si rivela che sono i notabili locali i maggiori responsabili della costruzione delle opere pubbliche. Sebbene le testimonianze epigrafiche siano scarse e, per la Dalmatia non sia possibile formulare un quadro completo delle committenze che favorirono materialmente lo sviluppo architettonico ed artistico di molti complessi monumentali, tuttavia è possibile osservare e riconoscere alcuni aspetti significativi e peculiari della provincia.