20 resultados para Nanocompósitos. Montmorilonita. Poli (metacrilato de metila)
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
Il rachide è stato suddiviso in tre colonne da Denis: anteriore e centrale comprendono la metà anteriore del corpo vertebrale, la metà posteriore e l’inizio dei peduncoli, mentre la colonna posteriore comprende l’arco e i peduncoli stessi. In caso di resezione o lesione della colonna anteriore e media è indicata la ricostruzione. Diverse tecniche e materiali possono essere usati per ricostruire il corpo vertebrale. Innesti vascolarizzati, autograft, allograft sono stati usati, così come impianti sintetici di titanio o materiale plastico come il PEEK (Poly etere etere ketone). Tutti questi materiali hanno vantaggi e svantaggi in termini di proprietà intrinseche, resistenza meccanica, modulo di elasticità, possibilità di trasmissione malattie, capacità di fondersi con l’osso ospite o meno. Le soluzioni più usate sono le cage in titanio o carbonio, il PMMA ( Poli methil metacrilato), gli innesti ossei massivi. Si è effettuato uno studio di coorte retrospettivo paragonando due gruppi di pazienti oncologici spinali trattati da due chirurghi esperti in un centro di riferimento, con vertebrectomia e ricostruzione della colonna anteriore: un gruppo con cage in carbonio o titanio, l’altro gruppo con allograft massivo armato di innesto autoplastico o mesh in titanio. Si sono confrontati i risultati in termini di cifosi segmenterai evolutiva, fusione ossea e qualità di vita del paziente. Il gruppo delle cage in carbonio / titanio ha avuto risultati leggermente migliori dal punto di vista biomeccanico ma non statisticamente significativo, mentre dal punto di vista della qualità di vita i risultati sono stati migliori nel gruppo allograft. Non ci sono stati fallimenti meccanici della colonna anteriore in entrambi i gruppi, con un Fu tra 12 e 60 mesi. Si sono paragonati anche i costi delle due tecniche. In conclusione l’allogar è una tecnica sicura ed efficace, con proprietà meccaniche solide, soprattutto se armato con autograft o mesi in titanio.
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By the end of the 19th century, geodesy has contributed greatly to the knowledge of regional tectonics and fault movement through its ability to measure, at sub-centimetre precision, the relative positions of points on the Earth’s surface. Nowadays the systematic analysis of geodetic measurements in active deformation regions represents therefore one of the most important tool in the study of crustal deformation over different temporal scales [e.g., Dixon, 1991]. This dissertation focuses on motion that can be observed geodetically with classical terrestrial position measurements, particularly triangulation and leveling observations. The work is divided into two sections: an overview of the principal methods for estimating longterm accumulation of elastic strain from terrestrial observations, and an overview of the principal methods for rigorously inverting surface coseismic deformation fields for source geometry with tests on synthetic deformation data sets and applications in two different tectonically active regions of the Italian peninsula. For the long-term accumulation of elastic strain analysis, triangulation data were available from a geodetic network across the Messina Straits area (southern Italy) for the period 1971 – 2004. From resulting angle changes, the shear strain rates as well as the orientation of the principal axes of the strain rate tensor were estimated. The computed average annual shear strain rates for the time period between 1971 and 2004 are γ˙1 = 113.89 ± 54.96 nanostrain/yr and γ˙2 = -23.38 ± 48.71 nanostrain/yr, with the orientation of the most extensional strain (θ) at N140.80° ± 19.55°E. These results suggests that the first-order strain field of the area is dominated by extension in the direction perpendicular to the trend of the Straits, sustaining the hypothesis that the Messina Straits could represents an area of active concentrated deformation. The orientation of θ agree well with GPS deformation estimates, calculated over shorter time interval, and is consistent with previous preliminary GPS estimates [D’Agostino and Selvaggi, 2004; Serpelloni et al., 2005] and is also similar to the direction of the 1908 (MW 7.1) earthquake slip vector [e.g., Boschi et al., 1989; Valensise and Pantosti, 1992; Pino et al., 2000; Amoruso et al., 2002]. Thus, the measured strain rate can be attributed to an active extension across the Messina Straits, corresponding to a relative extension rate ranges between < 1mm/yr and up to ~ 2 mm/yr, within the portion of the Straits covered by the triangulation network. These results are consistent with the hypothesis that the Messina Straits is an important active geological boundary between the Sicilian and the Calabrian domains and support previous preliminary GPS-based estimates of strain rates across the Straits, which show that the active deformation is distributed along a greater area. Finally, the preliminary dislocation modelling has shown that, although the current geodetic measurements do not resolve the geometry of the dislocation models, they solve well the rate of interseismic strain accumulation across the Messina Straits and give useful information about the locking the depth of the shear zone. Geodetic data, triangulation and leveling measurements of the 1976 Friuli (NE Italy) earthquake, were available for the inversion of coseismic source parameters. From observed angle and elevation changes, the source parameters of the seismic sequence were estimated in a join inversion using an algorithm called “simulated annealing”. The computed optimal uniform–slip elastic dislocation model consists of a 30° north-dipping shallow (depth 1.30 ± 0.75 km) fault plane with azimuth of 273° and accommodating reverse dextral slip of about 1.8 m. The hypocentral location and inferred fault plane of the main event are then consistent with the activation of Periadriatic overthrusts or other related thrust faults as the Gemona- Kobarid thrust. Then, the geodetic data set exclude the source solution of Aoudia et al. [2000], Peruzza et al. [2002] and Poli et al. [2002] that considers the Susans-Tricesimo thrust as the May 6 event. The best-fit source model is then more consistent with the solution of Pondrelli et al. [2001], which proposed the activation of other thrusts located more to the North of the Susans-Tricesimo thrust, probably on Periadriatic related thrust faults. The main characteristics of the leveling and triangulation data are then fit by the optimal single fault model, that is, these results are consistent with a first-order rupture process characterized by a progressive rupture of a single fault system. A single uniform-slip fault model seems to not reproduce some minor complexities of the observations, and some residual signals that are not modelled by the optimal single-fault plane solution, were observed. In fact, the single fault plane model does not reproduce some minor features of the leveling deformation field along the route 36 south of the main uplift peak, that is, a second fault seems to be necessary to reproduce these residual signals. By assuming movements along some mapped thrust located southward of the inferred optimal single-plane solution, the residual signal has been successfully modelled. In summary, the inversion results presented in this Thesis, are consistent with the activation of some Periadriatic related thrust for the main events of the sequence, and with a minor importance of the southward thrust systems of the middle Tagliamento plain.
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La tesi si pone come finalità quella di analizzare un comprensorio territoriale dal punto di vista insediativo, cercando di coglierne le peculiarità e i mutamenti nel lungo periodo attraverso un uso incrociato di fonti scritte e archeologiche. La ricerca ha preso avvio dall’analisi del Saltopiano, uno dei distretti di ambito rurale che si ritrova nelle fonti tra IX-XII secolo, in passato già affrontato dalla storiografia specialmente in relazione all’organizzazione istituzionale delle aree rurali tra Longobardia e Romania durante i secoli altomedievali. Attraverso l’esame delle fonti scritte edite si è cercato di ricostruire il quadro dell’organizzazione territoriale, partendo dalla disamina dei centri di potere laici ed ecclesiastici che a questa area avevano rivolto il proprio interesse patrimoniale e politico, ma proponendo in modo analitico i dati che forniscono indicazioni dirette in relazione all’organizzazione insediativa e quindi alla gestione del territorio dal punto di vista socioeconomico. E’ stato posto in risalto il carattere di un insediamento rurale a maglie larghe, secondo la scansione in fundi e la presenza di poli di accentramento importanti come pievi, castra, vici e con una compresenza, per quanto ristretta a pochi esempi significativi, di altre forme di organizzazione come la curtis e la massa. Con la prosecuzione dello studio del territorio in senso diacronico, prima la scomparsa del riferimento al Saltopiano, poi la progressiva conquista del contado da parte del Comune di Bologna ha determinato un vero e proprio mutamento nell’approccio di analisi. E’ stato dato spazio all’analisi di fondi inediti (conservati principalmente all’Archivio di Stato di Bologna) e specificamente legati alla realtà territoriale studiata. In primo luogo, sono stati esaminati gli estimi del contado (Galliera e Massumatico), una fonte già frequentata in passato da altri studiosi, soprattutto con un interesse dal punto di vista demografico e economico. Nel caso specifico, sono stati estrapolati dalle prime rilevazioni fiscali del 1235 e del 1245 e poi da quelle di primo Trecento i dati che restituiscono l’organizzazione del territorio in modo concreto. Partendo dalle riflessioni di studi svolti in passato, che avevano considerato il fondamentale inserimento di importanti famiglie cittadine nella gestione sempre più ampia dei beni agricoli nel contado è stata avviata l’analisi di un altro fondo inedito, quello dei registri del Vicariato di Galliera (in particolare quelli concernenti la denuncia dei “danni dati” sulle proprietà agricole), da cui emerge in modo evidente la presenza di famiglie come i Guastavillani, i Caccianemici, i Lambertini. Tali dati, in associazione a quelli tratti dagli estimi, hanno fornito elementi essenziali per la comprensione del territorio rurale nel suo complesso e nei rapporti di interdipendenza tra le diverse componenti sociali. Una terza parte della tesi è dedicata nella sua totalità all’analisi delle fonti materiali che forniscono dati per lo studio dell’insediamento medievale nel territorio compreso tra gli attuali comuni di S. Pietro in Casale e Galliera. Partendo da alcune ricerche preliminari compiute negli anni ’90 del secolo scorso, è stato impostato un progetto di ricerca archeologica articolatosi in due campagne di ricognizione di superficie e in una prima campagna di scavo tramite sondaggio presso la torre di Galliera, al fine di ricavare dati di prima mano in un’area pressoché inesplorata dal punto di vista archeologico. Nonostante i limiti riscontrati dal punto di vista pratico, a causa del terreno fortemente alluvionato, si sono raccolti dati specifici che aiutano a inquadrare questo comprensorio e a confrontarlo con altre aree della regione e in particolare del comitato bolognese studiate in ricerche analoghe, mettendone in evidenza le specificità e le caratterizzazioni. Inoltre, alcune importanti persistenze materiali (un sistema di torri di cui rimangono alcuni esempi ancora conservati in alzato) hanno permesso di gettare luce sul valore commerciale e quindi strategico dell’area, soprattutto in funzione del passaggio delle merci lungo una via fluviale fondamentale tra XIII-XIV secolo nel collegare Ferrara a Bologna.
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La ricerca indaga le dinamiche socio - economiche in atto in rapporto con le trasformazioni territoriali e valuta in quale misura la pianificazione territoriale ed urbanistica sia in grado di soddisfare le attuali esigenze nella gestione del territorio, urbanizzato e non. La riflessione parte dalla necessità di capire come un territorio possa conservare vitalità nel momento in cui si ritrova all’interno di un sistema di dinamiche che non si rivolge più ad ambiti di riferimento vicini (fino ad una decina d’anni fa la competitività veniva misurata, generalmente, tra regioni contermini, al massimo con riferimento ai trend nazionali), ma che necessita di confrontarsi per lo meno con le realtà regionali europee, se non, per certi versi, con la scala mondiale, globale appunto. La generalità della tematica ha imposto, di conseguenza, l’individuazione di un case book al quale riferirsi così da approfondirla attraverso una conoscenza diretta di un preciso ambito territoriale. È stato scelto, quale esemplificazione, il territorio della regione Veneto, con particolare riferimento all’area centrale. La ragione di tale scelta è da individuarsi, oltre che in motivi meramente strumentali, nel fatto che il Veneto, tra le regioni italiane, tuttora si configura come un territorio soggetto a forti trasformazioni indotte dalle dinamiche socio - economiche. Infatti da un primo periodo veneto, legato alla costruzione dell’armatura territoriale articolata su una molteplicità di poli diffusi sul territorio, si è passati al Secondo Veneto, quello della diffusione produttiva, dei capannoni, della marmellata urbanistica, del consumo del suolo. L’epoca attuale risponde poi ad un Terzo Veneto, un periodo forse di transizione verso un nuovo assetto. Il punto di partenza è stato dunque quello della delimitazione dell’area di riferimento, attraverso il riconoscimento di quei caratteri territoriali che la contraddistinguono da altre aree all’interno della regione stessa e su scala europea. Dopo una prima descrizione in chiave descrittiva e storico - evolutiva rivolta alla comprensione dei fenomeni in atto (diffuso e frammentazione insediativa tra i principali) si è passati ad una lettura quantitativa che consentisse, da un lato, di comprendere meglio alcuni caratteri della Regione e, dall’altro, di confrontarla con la scala globale, che si è scelto essere per la realtà considerata quella dell’Unione Europea. Le problematiche, i punti di forza e di debolezza emersi hanno consentito di formulare alcune ipotesi volte al miglioramento del territorio dell’area centrale veneta attraverso un processo che individuasse, non solo gli attori interessati alla trasformazione, ma anche gli strumenti maggiormente idonei per la realizzazione degli stessi. Sono emerse così le caratteristiche che potrebbe assumere il Quarto Veneto, il Veneto che verrà. I temi trattati spaziano dall’individuazione dei metodi di governance che, tramite il processo di visioning, siano in grado di individuare le priorità, di definire l’intensità d’uso, la vocazione dei luoghi e chi siano gli operatori interessati, all’integrazione tra i valori della storia e della cultura territoriale con i nuovi modi del fare (nuove tecnologie), fino all’individuazione di strumenti di coesione economica, sociale e territoriale per scongiurare quei rischi di disgregazione insiti nella globalizzazione. La ricerca si è dunque concretizzata attraverso un approccio euristico alla problematica delle trasformazioni territoriali, in cui il tema della scala di riferimento (locale - globale), ha consentito di valutare esperienze, tecniche e progetti volti al raggiungimento di livelli di sviluppo territoriale ed urbano sostenibili.
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La tesi analizza il rapporto tra pratiche sociali, modelli di insediamento e morfologia urbana in due casi di costruzione di un tessuto urbano operaio che si prestano ad una stimolante comparazione. Da un lato abbiamo degli immigrati verso un polo industriale dell’area metropolitana milanese (Sesto San Giovanni), dall’altro un bacino minerario vallone (La Louvière). Si tratta di contesti di inserimento in aree industriali profondamente differenti dal punto di vista della morfologia sociale e dell’organizzazione territoriale, che profilano spazi ibridi tra rurale e urbano in profonda e rapida trasformazione, a causa del massiccio afflusso di manodopera immigrata. Le profonde differenze tra le due aree consentono di mettere alla prova dell’analisi comparata concetti e percorsi storici dell’integrazione, del tessuto sociale che la presuppone, della cittadinanza, della costruzione delle identità collettive in modo da superare stereotipe dicotomie tra rurale/urbano, tradizione/moderno, integrazione/conflitto. La tesi sviluppa un’analisi parallela dei due casi lungo un crinale argomentativo unitario che si apre con una ricerca sui flussi migratori e i contesti di approdo delle migrazioni. Nei primi due capitoli viene delineato il contesto economico, sociale e territoriale nel quale si inseriscono i due processi migratori. Per il caso belga, si analizzano il ciclo economico dell’industria carbonifera, il processo di spopolamento della Vallonia, l’avvio dei flussi migratori al termine della seconda guerra mondiale e i meccanismi che li hanno presieduti, vale a dire una migrazione contrattata tra i due governi che spostavano migranti provenienti da poche e selezionate località, rendono conto del primo dei due flussi. Per quanto riguarda il caso interno, viene delineato il contesto della rapida urbanizzazione che porta una serie di comuni contermini al capoluogo lombardo ad entrare nell’orbita metropolitana, qualificandosi come poli periferici di un’area vasta e perdendo la riconoscibilità come nuclei urbani indipendenti. Delineato questo quadro generale, la tesi affronta la questione delle abitazioni e delle forme urbane che assumono queste due mete di migrazione. Per quanto riguarda La Louvière, è ricostruito il duro impatto con il mondo del lavoro nelle miniere e le miserevoli condizioni abitative dei primi immigrati, l’assenza di una iniziativa pubblica nel settore abitativo fino al 1954, solo debolmente compensata dalle iniziative patronali, e la fase invece della seconda metà degli anni ‘50 che porta alla stabilizzazione degli immigrati italiani nell’area. Di Sesto San Giovanni viene ricostruita la complessa transizione a moderna periferia urbana, a partire da insediamenti di tipo rurale, passando attraverso le «Coree» e l’iniziativa pubblica, locale e nazionale, nonché l’intervento edilizio delle grandi imprese industriali che operavano nel suo territorio. L’intervento urbanistico nella cintura metropolitana milanese era al centro di un vivace dibattito sulla pianificazione urbanistica a livello intercomunale che dà luogo a ricerche e studi sulla condizione abitativa. Nell’ultima parte della ricerca, si approfondiscono gli aspetti sociali e culturali del percorso di insediamento e di integrazione nel tessuto urbano. E’ in questa parte che vengono maggiormente utilizzate le fonti orali – sempre opportunamente affiancate e confrontate con altri documenti – al fine di individuare la percezione di sé, della propria identità, le relazioni con altri gruppi sociali, i cambiamenti che la migrazione e l’incontro con la città e l’industria portano nei ruoli di genere, nelle prospettive di vita, nei desideri e nei progetti di questi migranti. Rilevando le peculiarità di due esperienze sociali di migrazione che a partire da contesti di partenza molto simili e portando perlopiù dei contadini ad incontrare città di un mondo lontano, la comparazione profila dinamiche sociali, identitarie e politiche profondamente diverse nei bacini minerari valloni e nella metropoli del miracolo.
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Much effort has been devoted in the recent years to the investigation of optically active polythiophenes characterized by the presence of a chiral moiety linked to the 3-position of the aromatic ring. In addition to their potential technological applications as materials for enantioselective electrodes and membranes, chiral poly(thiophene)s offer the possibility of studying the structural changes accompanying the transition from the disordered state by following the variation of their chiroptical properties by circular dichroism (CD). In solution of a good solvent, that kind of polythiophenes doesn’t display any optical activity arising from the presence of dissymmetric conformation of the backbone, as shown by circular dichroism (CD) spectra. When the macromolecules begin to aggregate, as it occurs e.g. by addition of a poor solvent, or lowering the solution temperature, or when the macromolecules are assembled in the solid state as thin films obtained by solution casting or spin coating, significant CD bands are observed in the spectral region related to the electronic absorptions of the aromatic polythiophene chromophore. These CD bands are indicative of a chiral macromolecule arrangement of one prevailing chirality. The synthesis of -substituted polythiophenes can be carried out starting from the corresponding -substituted mono- or oligomeric thiophenic monomers under regioselective or regiospecific conditions in order to minimize or avoid the formation of head-to-head dyads unfavourably affecting the presence of coplanar conformations of thiophene rings as a consequence of steric interactions between the side-chain substituents, both in solution and in the solid state. To this regard, non-symmetrically substituted monomers require therefore to perform the polymerization in the presence of highly demanding catalysts and reaction condition, whereas with symmetrically substituted oligothiophenic monomers containing the -substituents located far apart from the reacting sites, it is instead possible to obtain regioregular macromolecules by adopting more simple and economic polymerization methods, such as, e. g., the chemical oxidative polymerization with iron (III) trichloride. In order to verify how the polymer structure affects its optical activity, further poly-3-alkylthiophenes, substituted by an enantiomerically pure chiral alkyl group, namely poli[3,3”-di[2((S)-(+)-2-methylbutoxy)ethyl]-2,2’:5’,2”-terthiophene] (PDMBOETT), poli[3,3’di[2((S)-(+)-2-methylbutoxy)ethyl]-2,2’-bitiofene] (PDMBOEBT), poli[3,3””-didodecyl-4’,3”’-di(S)-(+)-2-methylbutyl-2,2’:5’,2”:5”,2”’:5”’,2””-quinquethiophene (PDDDMBQT) have been synthesized and characterized by instrumental techniques. The spectroscopic behaviour of thin films of poly(DDDMBQT) has been investigated in the solid state under different sample preparation procedures. It was also compared with the behaviour of polymers previously made. The experimental results are interpreted in terms of influence of the side-chain substituents on the extent of planarity of the polymeric chains and the formation of optically active chiral aggregates. In recent years conjugated block copolymers have received considerable attention. It is well known that conjugated block copolymers composed of two electronically different blocks can have morphologic and optical properties, that differ from those of their homopolymers. A recent study has also shown that the electronic properties and the supramolecular organization of one conjugated block can also be influenced by the other block. In order to study better this behavior, a new conjugated block copolymers, composed of a regioregular hydrophylic block and a regioregular hydrophobic block namely poli[3[2-(2-metossietossi)etossi]metiltiofene]-co- poli[3(1-octilossi)tiofene], has been synthesized and characterized.
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Poco più di dieci anni fa, nel 1998, è stata scoperta l’ipocretina (ovvero orexina), un neuropeptide ipotalamico fondamentale nella regolazione del ciclo sonno-veglia, dell’appetito e della locomozione (de Lecea 1998; Sakurai, 1998; Willie, 2001). La dimostrazione, pochi mesi dopo, di bassi livelli di ipocretina circolanti nel liquido cefalo-rachidiano di pazienti affetti da narcolessia con cataplessia (Mignot 2002) ha definitivamente rilanciato lo studio di questa rara malattia del Sistema Nervoso Centrale, e le pubblicazioni a riguardo si sono moltiplicate. In realtà le prime descrizioni della narcolessia risalgono alla fine del XIX secolo (Westphal 1877; Gélineau 1880) e da allora la ricerca clinica è stata volta soprattutto a cercare di definire il più accuratamente possibile il fenotipo del paziente narcolettico. Accanto all’alterazione del meccanismo di sonno e di veglia, e dell’alternanza tra le fasi di sonno REM (Rapid Eye Movement) e di sonno non REM, sui quali l’ipocretina agisce come un interruttore che stimola la veglia e inibisce la fase REM, sono apparse evidenti anche alterazioni del peso e del metabolismo glucidico, dello sviluppo sessuale e del metabolismo energetico (Willie 2001). I pazienti narcolettici presentano infatti, in media, un indice di massa corporea aumentato (Dauvilliers 2007), la tendenza a sviluppare diabete mellito di tipo II (Honda 1986), un’aumentata prevalenza di pubertà precoce (Plazzi 2006) e alterazioni del metabolismo energetico, rispetto alla popolazione generale (Dauvilliers 2007). L’idea che, quindi, la narcolessia abbia delle caratteristiche fenotipiche intrinseche altre, rispetto a quelle più eclatanti che riguardano il sonno, si è fatta strada nel corso del tempo; la scoperta della ipocretina, e della fitta rete di proiezioni dei neuroni ipocretinergici, diffuse in tutto l’encefalo fino al ponte e al bulbo, ha offerto poi il substrato neuro-anatomico a questa idea. Tuttavia molta strada separa l’intuizione di un possibile legame dall’individuazione dei reali meccanismi patogenetici che rendano conto dell’ampio spettro di manifestazioni cliniche che si osserva associato alla narcolessia. Lo studio svolto in questi tre anni si colloca in questa scia, e si è proposto di esplorare il fenotipo narcolettico rispetto alle funzioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-periferia, attraverso un protocollo pensato in stretta collaborazione fra il Dipartimento di Scienze Neurologiche di Bologna e l’Unità Operativa di Endocrinologia e di Malattie del Metabolismo dell’Ospedale Sant’Orsola-Malpighi di Bologna. L’ipotalamo è infatti una ghiandola complessa e l’approccio multidisciplinare è sembrato essere quello più adatto. I risultati ottenuti, e che qui vengono presentati, hanno confermato le aspettative di poter dare ulteriori contributi alla caratterizzazione della malattia; un altro aspetto non trascurabile, e che però verrà qui omesso, sono le ricadute cliniche in termini di inquadramento e di terapia precoce di quelle alterazioni, non strettamente ipnologiche, e però associate alla narcolessia.
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Numerosi studi hanno mostrato come i meccanismi epigenetici di regolazione della cromatina svolgano un ruolo centrale nel controllare la trascrizione genica. E’ stato infatti dimostrato che complessi inibitori come SWI/SNF e gli enzimi ad esso associati quali istone deacetilasi (HDAC) e protein arginin-metiltrasferasi (PRMT), siano coinvolti nel controllo della crescita, differenziazione e proliferazione cellulare. Diversi studi hanno mostrato come i meccanismi epigenetici di controllo della trascrizione genica svolgano un ruolo di primo piano nel promuovere la sopravvivenza cellulare in leucemie/linfomi di derivazione dai linfociti B come la leucemia linfatica cronica, il linfoma mantellare ed i linfomi associati al virus di Epstein-Barr (EBV). Tuttavia, molto poco e’ conosciuto circa i meccanismi epigenetici di controllo della trascrizione che divengono operativi e che contribuiscono al processo di trasformazione dei linfociti B. PRMT5 e’ un enzima che di-metila specificamente residui argininici sugli istoni (H) 3 (H3R8) ed 4 (H4R3). PRMT5 ed HDAC lavorano in concerto per reprimere la trascrizione di specifici geni oncosoppressori. In questo progetto sono stati studiati i meccanismi e le conseguenze dell’iperespressione di PRMT5 durante il processo di trasformazione dei linfociti B indotto da EBV, e’ stata dimostrata l’importanza di questo enzima nel processo di trasformazione, e sono stati studiati nuovi metodi per inibirne l’espressione/attivita’. In particolare si e’ dimostrato che l’espressione di PRMT5 e’ ridotta o assente in linfociti B normali (o attivati da stimoli fisiologici) ed elevata in linee cellulari linfoblastoidi immortalizzate o completamente trasformate. Elevati livelli citosolici di PRMT5 sono detectabili dopo 4 giorni dall’infezione di linfociti B normali con EBV, PRMT5 e’ detectabile a livello nucleare, dove esercita la sua funzione repressoria la trascrizione, a partire dal giorno 8. L’utilizzo di specifici small interference RNAs (siRNA) in linee cellulari linfoblastoidi ha permesso di dimostrare la riduzione dell’espressione di PRMT5, la riduzione della metilazione degli istoni target di PRMT5, inibizione della proliferazione cellulare e abbassamento della soglia di sensibilita’ cellulare a stimoli pro-apoptotici. Esperimenti di co-immunoprecipitazione cromatinica hanno permesso di evidenziare che in queste cellule PRMT5 e’ parte di un complesso proteico a funzione inibitoria e che questo complesso si lega alla regione promotrice di specifici geni oncosoppressori quali ST7, GAS e NM23, inibendone la trascrizione. Si e’ inoltre provveduto a sviluppare una categoria di inibitori allosterici di PRMT5: l’attivita’ terapeutica/la specificita’ in vitro e la modalita’ di somministrazione ottimale in modelli murini di linfoma non-Hodgkin, sono in corso di valutazione.
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Le terapie convenzionali per le malattie da aumentato riassorbimento osseo sono limitate dalla tossicità sistemica, bassa biodisponibilità farmacologica e scarsa aderenza alle terapie. In questo studio sono stati considerati approcci terapeutici innovativi basati su composti naturali e sintetici. I) Valutazione dell'attività biologica di composti naturali. Evidenze sperimentali hanno dimostrato l’attività antiproliferativa ed antiapoptotica di piante della Medicina ayurvedica. Queste proprietà sono sfruttabili nel trattamento di malattie da aumentato riassorbimento osseo, come l'osteoporosi. Per chiarire i possibili effetti terapeutici di questi composti, sono stati studiati i decotti di Rubia cordifolia, Hemidesmus indicus, Emblica officinalis, ed Asparagus racemosus. Hemidesmis indicus si è dimostrato il più efficace. II) Valutazione dell'attività biologica di composti sintetici. I bisfosfonati (BP) sono farmaci capaci di legarsi alle superfici minerali ossee e all’idrossiapatite, nei siti di rimodellamento osseo. Poiché i BP inibiscono la funzione degli osteoclasti, sono convenzionalmente impiegati nel trattamento di malattie da aumentato riassorbimento osseo, come l'osteoporosi. Tuttavia, gli elevati costi e gli effetti collaterali legati alla somministrazione determinano una scarsa aderenza al trattamento condizionandone l’efficacia. Scopo di questo studio è stato quello di valutare l'attività biologica di BP chimicamente innovativi, meno tossici e sintetizzati con strategie catalitiche semplificate ed ecocompatibili, in modo da ridurre i costi di produzione. È stato valutato l’effetto citotossico e antiosteoclastico dei composti e confrontato con quello dei BP comunemente impiegati in clinica (neridronato, pamidronato e alendronato). I risultati sono stati considerati raggiunti qualora fossero identificati BP di nuova sintesi non citotossici e capaci di conservare almeno il 90% della capacità dei substrati di base di inibire il riassorbimento osseo. Tutti i composti di nuova sintesi sono risultati meno tossici del BP convenzionale, anche a concentrazioni più elevate ed i più efficaci sono stati un BP coniugato con acido biliare, un BP aromatico contenente azoto ed un BP alifatico contenente zolfo.
Una grande narrazione del capitalismo: potere e scienze sociali nel pensiero politico di Daniel Bell
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Questa tesi punta a ricostruire il pensiero politico di Bell tra il secondo dopoguerra e la metà degli anni Settanta. In tale arco cronologico, la riflessione politica di Bell si profila, per usare una formula di Jean-François Lyotard, come una «grande narrazione» del capitalismo. Nel complesso, cioè, l’opera di Bell appare come una storia sociologica del capitalismo, che nella fine delle ideologie registra l’apogeo del fordismo e, in seguito, ne mette in luce le trasformazioni in senso post-industriale, indagando le ricadute che tali mutamenti implicano sul piano dei rapporti di potere e della legittimazione del sistema. Nell’ottica di Bell, pertanto, il capitalismo non costituisce soltanto un sistema economico, ma la forma specifica attraverso cui si dispiega la società nel suo complesso, attivando una serie di rapporti di potere mediante i quali gli individui vengono coordinati e subordinati. Una siffatta concezione del capitalismo agisce immediatamente la questione del potere e solleva un interrogativo a esso connesso: «che cosa tiene insieme una società?». Una domanda che attraversa la traiettoria intellettuale di Bell e, sia pure declinata mediante una terminologia sociologica, riflette in realtà l’ambizione delle scienze sociali di farsi teoria politica. Esse si presentano quindi come teoria politica della modernità, nella misura in cui distinguono il potere sociale dal potere politico e, al tempo stesso, instaurano tra i due poli una tensione dialettica produttiva. Mettendo a fuoco la concettualizzazione del potere nell’opera di Bell si analizzeranno le mutazioni nel rapporto tra Stato e società negli Stati Uniti durante la Golden Age del capitalismo. In particolare, si metterà in luce nella grande narrazione di Bell l’ascesa e il declino di un ordine istituzionale che, alla metà degli anni Settanta, appare percorso da molteplici tensioni politiche e sociali che preannunciano l’avvento dell’età globale e il bisogno di una nuova “scala” di governo.
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Tanchirasi (TNKS) è un membro della superfamiglia delle PARP (Poli ADP-Ribosio Polimerasi). TNKS è coinvolta nella stabilizzazione della subunità catalitca del complesso proteico DNA-PK (protein chinasi DNA-dipendente), la DNA-PKcs. Questa proteina è fondamentale per il corretto funzionamento del meccanismo di riparo del DNA chiamato "Saldatura Non Omologa delle Estremità" (NHEJ). La deplezione di TNKS induce una degradazione della DNA-PKcs e una maggiore sensibilità alle radiazioni ionizzanti (RI). TNKS è inoltre un regolatore negativo di axina e di conseguenza un attivatore del pathway di WNT; l'inibizione quindi di TNKS induce anche una inibizione del pathway di WNT. Alterazioni in questo signalling si riscontrano frequentemente nel Medulloblastoma (MB), il tumore cerebrale embrionale più comune dell'infanzia. La radioterapia post-operatoria risulta essere molto efficacia in questa neoplasia, ma causa gravi effetti collaterali e un terzo dei pazienti presenta radioresistenza intrinseca. Un'importante sfida per la ricerca è quindi l'aumento della radiosensibilità tumorale. In questo lavoro, abbiamo studiato gli effetti dell'inibizione farmacologica di TNKS in linee cellulari di MB umano, mediante la small molecule XAV939, potente e specifico inibitore di TNKS. Il trattamento con XAV939 induce una consistente inibizione della capacità proliferativa e clonogenica, non correlata ad un aumento della mortalità cellulare, indicando una bassa tossicità legata alla molecola. Il co-trattamento di XAV939 e RI (γ-ray, dose 2 Gy) causa una ulteriore inibizione della proliferazione cellulare e della capacità di formare colonie. Abbiamo inoltre constatato, mediante Neutral Comet Assay, una minore efficacia nel riparo del DNA in cellule irradiate trattate con XAV939, indicando un effettivo aumento della radiosensibilità in cellule di MB trattate con l'inibitore di TNKS. L'aumentata mortalità cellulare in cellule tumorali trattate con XAV939 e RI ha confermato la nostra ipotesi. Il nostro studio in vitro indica come TNKS possa essere un utile target terapeutico per rendere più efficace l'attuale terapia contro il MB.
Resumo:
Although bacteria represent the simplest form of life on Earth, they have a great impact on all living beings. For example the degrader bacterium Pseudomonas pseudoalcaligenes KF707 is used in bioremediation procedures for the recovery of polluted sites. Indeed, KF707 strain is know for its ability to degrade biphenyl and polychlorinated biphenyls - to which is chemotactically attracted - and to tolerate the oxydative stress due to toxic metal oxyanions such as tellurite and selenite. Moreover, in bioremediation processes, target compounds can be easily accessible to KF707 through biofilm formation. All these considerations suggest that KF707 is such a unique microorganism and this Thesis work has been focused on determining the molecular nature of some of the peculiar physiological traits of this strain. The genome project provided a large set of informations: putative genes involved in the degradation of aromatic and toxic compounds and associated to stress response were identified. Notably, multiple chemotactic operons and cheA genes were also found. Deleted mutants in the cheA genes were constructed and their role in motility, chemotaxis and biofilm formation were assessed and compared to those previously attributed to a cheA1 gene in a KF707 mutant constructed by a mini-Tn5 transposon insertion and which was impaired in motility and biofilm development. The results of this present Thesis work, taken together, were interpreted to suggest that in Pseudomonas pseudoalcaligenes KF707 strain, multiple factors are involved in these networks and they might play different roles depending on the environmental conditions. The ability of KF707 strain to produce signal molecules possibly involved in cell-to-cell communication, was also investigated: lack of a lux-like QS system - which is conversely widely present in Gram negative bacteria – keeps open the question about the actual molecular nature of KF707 quorum sensing mechanism.